Olena regina d’Abissinia – 27

Nella stanza da bagno della suite presidenziale dell’albergo Hilton, che si affaccia sull’avenue Menelik II, l’arteria principale del centro nuovo di Abbis Abeba, o Addis Ababa per i puristi, Gilda squazza nell’enorme vasca Jacuzzi godendosi i benefici dell’idromassaggio, riempiendo l’ambiente di schiuma e bolle a causa del bagnoschiuma a base di burro di argan, bicarbonato, acido ialuronico e moringa col quale adora detergersi e del quale non lesina la dose. La capitana d’azienda si diverte giochicchiando con un asciugamano, mettendoselo in testa strabuzzando gli occhi e poi immergendosi sott’acqua fingendo di essere una premier ad un dibattito parlamentare, per poi riemergere e sibilare un irriverente “pochette!”, con tanto di ditino puntato verso un immaginario avversario politico¹.
Come se si fosse sentito chiamato in causa, quello che a buona ragione potrebbe considerarsi uno dei principali cultori italiani della pochette (sempre che cultori sia politicamente corretto) si materializza nella stanza levitando, annunciando la sua presenza con un discreto tossicchiare.
Gilda, lungi dal coprire quelle grazie che le hanno fatto guadagnare il soprannome di Calva Tettuta, si raddrizza nella vasca e si rivolge con apprensione a James, il maggiordomo, il quale più che dalle poppe prepotenti è attirato dal tono esotico degli orecchini pendenti con piume di metallo martellato, piume colorate laccate di smalto, sfumature di pietre di cristallo, vetro e resina, in una composizione esplosiva che gli ricordano il carnevale di Rio del 2017, passato folleggiando con la mulatta Flora dos Santos, regina del samba, nata Octavio Frangipan.
«James, ci sono notizie di Svengard? E’ sparito da stamattina. Non dovrebbe andare in giro così, il clima non è adatto alla sua costituzione. Quello è nordico, la pelle gli si arrossa facilmente, poi gli vengono le vesciche e mi tocca sparmargli la cremina. Non vorrei che si fosse portato via qualche canna da Sciasciamanna e sia andato a fumarsela da qualche parte, se si addormenta lo ritroviamo abbrustolito come San Lorenzo sulla graticola. O era San Sebastiano? Comunque un santo.»
«Stamattina ho incrociato il signor Svengard che stava uscendo, indossava una tuta da ginnastica ed una headband² colorata per raccogliere i capelli, un insieme molto elegante. Mi ha detto che sarebbe andato a fare un po’ di jogging al vicino parco dell’Unità, dove c’è anche lo zoo, magari è andato a visitarlo» ipotizza il butler.
«C’è uno zoo qua vicino? Poteva avvisarmi, quell’asino. Avrei potuto accompagnarlo, l’ultima volta che sono andata in uno zoo è stato nel 1992 a Milano, mi ci portò la buonanima (si fa per dire) di Evaristo poco prima che gli ambientalisti lo facessero chiudere. Chissà che fastidio gli davano quegli animali in gabbia! C’era perfino una giraffa, pensa, chissà che fine avrà fatto. Sai James, mi sarebbe tanto piaciuto creare uno zoo anche nel parco di Villa Rana, con gli animali liberi di scorrazzare, ma l’amministratore mi ha detto che i permessi da chiedere sarebbero stati troppi ed inoltre difficilmente avremmo trovato una assicurazione che ci avrebbe coperto sul rischio di danni a terzi. Non capisco che danni possa fare un leone in libertà, non è mica un cinghiale! E’ incredibile quanti lacci e lacciuoli imbriglino la libera impresa» conclude Gilda, corrucciando la bocca.

Intanto nonna Pina, nella spa dell’albergo, prona sul lettino del centro massaggi si sta sottoponendo alle cure dell’addetto, un ragazzotto di una venticinquina d’anni, alto poco meno di un metro e ottanta, con denti d’avorio che spiccano sulla carnagione scura.
«Un po’ più di energia, ragazzo, guarda che non mi spezzo mica. E vai un poco più in giù, quelli che sembrano due sacchettini vuoti una volta erano delle belle chiappe, sai?» lo esorta la vegliarda, con la sua voce gracchiante.
«Ma quali sacchettini, vuole scherzare, madame? Lei è tonica come una cinquantenne» mente clamorosamente il massaggiatore.
«Ragazzo, tu stai puntando decisamente al podio degli adulatori. Ammetto di non essere ancora del tutto decrepita, ma se mi avessi visto a cinquant’anni, caro mio, la differenza l’avresti notata eccome. Posso sapere come ti chiami?»
«Mi chiamo Abbay, madame, che in amarico vuol dire “possente come il fiume Nilo”»
«Ma non mi dire» commenta nonna Pina, interessata. «Senti, carino, non ti piacerebbe venire qualche mese in Italia? Assunzione a tempo determinato, capirai, alla mia età posso crepare da un momento all’altro, ma stai tranquillo che ti lascerei una bella liquidazione. Un bel centro estetico ti andrebbe bene³?»
«Quello di venire in Italia è sempre stato il mio sogno» confessa Abbay «però se non le dispiace al posto del centro estetico preferirei una palestra»
«Vada per la palestra. Dopo buttiamo giù due righe, un contrattino ci vuole, non pensare che ti farò lavorare in nero» ridacchia la ultracentenaria. «Ma prima, se non hai niente in contrario, vorrei una dimostrazione di quel “possente”. Sai come si dice in Brianza, pagare moneta vedere cammello»
Abbay, mostrando di conoscere bene i detti arabi, si allontana qualche passo dal lettino, e con un gesto naturale lascia cadere l’asciugamani che teneva legato alla vita.
«Per essere un cammello ha due belle gobbe» commenta la mummia improvvisamente ringalluzzita. «I cammelli però di solito non hanno la proboscide» constata la vegliarda, scendendo dal lettino leccandosi i baffi.

Mentre Gilda esce dalla vasca, venendo inglobata dall’accappatoio che il solerte maggiordomo le porge, dal cellulare parte la suoneria che riproduce Tuta Gold di Mahmood, suscitando a James un brivido si raccapriccio. Gilda si precipita a rispondere, rischiando di scivolare sul pavimento bagnato.
«Pronto, Svengard? Si può sapere dove ti sei cacciato, è tutta la mattina che ti sto cercando» esagera la Calva Tettuta, riconoscendo il numero del chiamante. La voce che risponde però non è del suo amato.
«Signora Quacquarini? Mi stia a sentire attentamente: il suo amico è in mano nostra. Se vuole rivederlo tutto intero, deve venire domani mattina alle 10 al cimitero, qui ad Addis Abeba. Porti un milione di euro, e non faccia parola di questa conversazione con la polizia»
«Ma chi siete?» chiede Gilda, sorpresa più che altro dall’essere stata chiamata signora Quacquarini. «Avete rapito Svengard? Farete meglio a non torcergli un capello»
«Lei non è nelle condizioni di minacciare» la avvisa l’uomo, avvicinando a Svengard, legato su una sedia, e mollandogli un ceffone. Il norreno tuttavia non è uomo da intimidirsi per così poco «Gilda, non preoccuparti per me, non cedere a questi schifosi» fa appena in tempo a dire prima di beccarsi un altro ceffone.
«Se si rifiuta, prima gli taglieremo un orecchio. Poi il resto.»
«Va bene, va bene, verrò» cede Gilda «ma non fategli del male. Avete detto al cimitero? Ma quale cimitero, non so nemmeno quanti cimiteri ci siano ad Addis Abeba»
«Al cimitero militare italiano. Alle 10, e niente scherzi» ripete l’uomo, e riattacca.

Gilda rimane qualche secondo pensierosa, con James che, avendo sentito tutta la conversazione, è in attesa di ordini.
«Che caro Sven, non è vero James? Ha detto di non preoccuparsi per lui. Ma certo che mi preoccupo, mica posso permettere che gli taglino un orecchio, o peggio. Chiama l’amministrazione, per favore, e digli di farmi recapitare un milione di euro per domattina. Loro sanno dove prenderli» rassicura il maggiordomo, che dubbioso stava alzando un sopracciglio.
«Ah, James?»
«Sì, signora?»
«Mi sentirei più tranquilla se Natascia potesse essere dei nostri. Che ne diresti di rintracciarla?»

¹ Ogni riferimento ad una certa presidente donna, madre, italiana e cristiana è puramente casuale.
² E’ una fascia elastica per raccogliere i capelli. Ma headband fa molto più figo.
³ Ogni riferimento al centro estetico che un defunto ex premier avrebbe regalato alla presunta nipote di Mubarak è puramente casuale.

17 pensieri su “Olena regina d’Abissinia – 27

    • Frivolezza mezza bellezza. O era altezza? Una Pasqua molto bagnata, passata a gozzovigliare nonostante la forma fisica me lo sconsigliasse. Ora poltrisco sul divano, da perfetto pacifista come da ritratto della nostra premier. Unico neo non avevamo ne colomba né uovo: quando c’erano bambini la tavola ne era piena, ora tra glicemie colesteroli intolleranze (non solo culinarie) nessuno ci ha pensato e c’era una misera pastiera. Che tristezza! Tanti auguri Sal, a presto!

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  1. mi unisco ai complimenti per lo spumeggiante nuovo capitolo.

    naturalmente per un purista come me, che è stato nel posto, ma non direbbe mai Addis Abeba, come un qualunque colonizzatore italico, qualche citazione di luoghi suscita ricordi personali qua e là.

    ma resisto alla tentazione di allegare il link quanto meno al video col miserando giardino zoologico di Addis, come era nel 2005… 😉

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    • Allegalo, per favore! Purtroppo io non ho riprese dello zoo di Milano, che credo sia l’unico che io abbia visto in vita mia (gli zoo safari nati molto dopo in Lombardia, Piemonte e Veneto non contano…). Nonostante fossi già grande lo stupore era ancora genuino, qualche animale in gabbia faceva pena ma in generale non provavo questa sensazione di oppressione. Comunque ormai è passato; dalle cartine che vedo, ad Addis Ab(a)ba lo zoo dovrebbe ancora esserci, magari si fanno meno problemi di noi…

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      • caro gio, ci resterai malissimo. il paese era in totale sfacelo, io ci ero arrivato tre giorni dopo un colpo di stato e una strage di studenti universitari. lo zoo in pratica non esisteva più. ma visto che insisti, ecco quello che riuscii a riprendere di quello che era rimasto.

        la mia Addis Ababa era molto diversa da quella che descrivi tu, ma certamente sono passati vent’anni o quasi…

        certo, che non credo tu abbia mai dato un’occhiata al mio reportage, per documentarti, ahha,

        ti mando comunque un video di consolazione, sempre di quei giorni, dai.

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        • No no, io avevo visto il tuo video sull’Etiopia, anche quello dove avevi fatto un mix… È che la memoria è quello che è, lo zoo ad esempio non lo ricordavo. Anche l’Etiopia sta diventando una meta turistica, ho appena visto un catalogo, chissà che un giorno… il mondo diventa o un enorme campo di battaglia o una enorme Disneyland, una via di mezzo sarà ancora possibile?

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          • be’, i video su Addis Ababa sono parecchi, più che sull’Etiopia, direi, che in realtà non ho visto, tranne la capitale. ma sono soprattutto video di un paio di serate musicali.

            ecco, direi, fra tutti i paesi del mondo visti, che l’Etiopia è quello dove la musica ha un ruolo centrale (assieme a Cuba), forse perché le altre forme di espressione artistica sono poverissime.

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