Alluci ed altre estremità

La suprema intelligenza che presiede all’invio delle e-mail dopo avermi bersagliato per mesi, come vi ho informato, di profferte da educate e benintenzionate signorine dell’Est Europa, visto che non c’era trippa per gatti ha iniziato a bombardarmi con proposte commerciali di altro tenore.

Le offerte coprono un ampio spettro di bisogni, e vanno da:

  1. cura miracolosa dell’alluce valgo; ci ho messo un po’ a capire cosa fosse questo alluce valgo e ora che l’ho capito temo che le mie estati in spiaggia non saranno più le stesse e sarò ossessionato da questi fastidiosi inestetismi;
  2. cura miracolosa della micosi delle unghie, di questo sono abbastanza informato, purtroppo è una delle complicazioni della chemioterapia, promettere soluzioni miracolose mi pare azzardato;
  3. prolungamento miracoloso dell’erezione con garanzia di durata congrua;
  4. allungamento miracoloso dell’organo riproduttivo (dell’uomo, specifichiamo), fino a 7 (sette!) centimetri, con metodi naturali, grazie ad un ritrovato dal nome evocativo di Penirium.

Sorvolando sui punti a) e b), per i punti rimanenti non so se qualche rimostranza o lamentela sul mio conto sia giunta all’orecchio della suprema intelligenza di cui sopra, nel qual caso me ne corruccerei.

Tra l’altro, in epoca in cui tutti sono diventati medici e ognuno dice la sua sulla validità e l’opportunità delle vaccinazioni, questi mi sembrano i mali minori.
Io ricordo che a noi ci vaccinavano contro il vaiolo (debellato grazie alle vaccinazioni) e la poliomielite; la vaccinazione era obbligatoria ed era una specie di iniziazione, specialmente quella del vaiolo, con quel pennino che andava a incidere il braccio. Ora fanno i tatuaggi, ridicoli! Noi si che avevamo un tatuaggio come si deve. Il mio assomiglia vagamente ad un teschio, e ne vado molto fiero.

L’altro giorno ho visto un filmato, non so se di bufala si tratti, in cui delle operose operaie cinesi iniettano nei  gamberi destinati all’esportazione una strana sostanza gelatinosa. L’operazione serve ad aumentarne artificialmente il peso ottenendo quindi un guadagno truffaldino. D’ora in poi me ne guarderò bene dal frequentare quegli allettanti all-you-can-eat a 9 euro e 90 centesimi!

Il procedimento di gonfiaggio dei gamberetti, forse complici le bottiglie di Falanghino e Barbaresco che ci siamo scolati abbiamo degustato la sera stessa con degli amici, non mi ha lasciato dormire serenamente creando delle strane associazioni; mi attanagliava il dubbio che l’aumento del volume avvenisse a scapito, come dire, della consistenza; a meno che il liquido iniettato non abbia un funzionamento analogo a certi termostati, per chi è pratico di idraulica, nei quali la cera contenuta all’aumentare della temperatura si scioglie espandendosi e andando ad aprire la valvola dell’acqua fredda. Un’informazione corretta dovrebbe evidenziare che un conto è iniettarsi la sostanza al polo ed un’altra all’equatore.

Per la durata, invece,  la pillola miracolosa promette, a seguito di seri studi, di allungarla fino al 76% in più e beneficiare quindi di una svolta di 180° nella vita di coppia. Tenendo presente che il 76% di zero resta sempre zero, avrei anch’io dei rimedi naturali da suggerire: il primo consiste nel ripassare le tabelline partendo da quella dell’undici e andando avanti; anche il pensare alle bollette di fine mese può aiutare ma non al mutuo, che lì c’è il rischio che la fantasia avvizzisca, per così dire.

A proposito di cazzoni, voglio vedere con che faccia gli amici americani continueranno a dare del patetico pagliaccio all’illuminato e moderato presidente della Corea del Nord, dopo quello che si sono messi loro in casa.

Letta la lista dei paesi messi al bando, mi sorprende che manchino Arabia Saudita ed Emirati Arabi, da dove proveniva la maggior parte degli attentatori delle Torri Gemelle. Mi preoccupa anche che in cima alla lista sia stato posto l’Iran: non vorrei fosse il preludio ad una bella campagna di bombardament esportazione della democrazia di cui non mi pare abbiamo il bisogno.

Concluderei con un appello ai tanti italo-americani, soprattutto a quelli che grazie a Tremaglia hanno ottenuto la possibilità di mettere il becco anche nelle faccende di casa nostra: ma insomma, dal 1994 in poi le nostre vicende non vi hanno insegnato niente? E cavolo, state un po’ più attenti!

(121 – continua)

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Beato te che non capisci un cavolo

Chi l’avrebbe detto appena qualche anno fa che in poco tempo avremmo avuto gli strumenti per collegarci in tempo reale con vecchi compagni di asilo, commilitoni di cui avevamo perso le tracce, compaesani sparsi per il mondo e parenti desaparecidos?

Ricordo che un giorno il mio vecchio capo, di fronte all’esplosione dell’Internet, mi chiese che ne pensassi e che cosa ci avremmo potuto fare. Con la mia consueta sagacia risposi come nella réclame del Chinamartini: “Düra minga, düra no”. Con questo si capisce perché io sono io e Zuckerberg è Zuckerberg.

Gente di cui non abbiamo sentito la mancanza per decenni, cordialmente ricambiati, ricompare nella nostra vita grazie alla potenza del social network, reclamando per ciascuno un pezzo della nostra esistenza: ti ricordi la maestra tale?  ti ricordi il professor talaltro? ed il capitano tizio? e il collega sempronio?
Gente di cui avevamo perso le tracce, che magari già all’epoca non sopportavamo, riemerge dall’angoletto polveroso in cui era stata relegata per chiederci l’amicizia. Tutti si aspettano che tu sia rimasto uguale a quello che loro ricordano tu fosti; cosa impossibile, perché anche ammettendo che  lo avessero capito veramente bisogna vedere se lo ricordano correttamente, e cosa ricorderebbero poi? Quello che apparivi o volevi apparire, la tua immagine in un’epoca in cui forse nemmeno tu lo sapevi, chi eri.

Io ad esempio ho attraversato tutte le superiori fregandomene dei compagni di classe. Esclusi due o tre, gli altri mi stavano tutti o antipatici e nemmeno cordialmente, o francamente sulle scatole. Cosa pensassero di me non mi tangeva; non vedevo l’ora di prendere il mio trenino e di tornarmene a casa alla mia vita vera. Erano alieni, come io lo ero per loro: contenti reciprocamente. Che amicizia volete chiedermi, che quando era l’ora di essere amici veramente ci siamo schifati?

Così si ha a che fare con degli sconosciuti; con persone con le quali si è condiviso un tratto di strada ma delle quali si ignora tutto.
Si cerca così di capire come la pensano dai post, dai commenti, ma l’esercizio diventa impegnativo perché anche dall’altra parte scatta lo stesso meccanismo; per non sbagliare ci sono degli argomenti che è meglio evitare in assoluto, me ne sono fatto un elenchino come promemoria al quale cercherò di attenermi il più possibile.

Argomenti di cui assolutamente non parlare per non perdere le amicizie:

  • Politica
  • Grigliate di carne
  • Omosessuali
  • Ruberie della Juventus
  • Immigrati
  • Gnocca (con le donne)
  • Religione
  • Libri (per non apparire troppo intellettuali)
  • Teatro (vedi Libri)

Argomenti di cui si può parlare senza paura di perdere amicizie:

  • Gatti
  • Cani
  • Vacanze preferibilmente al mare
  • Gnocca (con gli uomini)
  • Cibo (limitandosi agli antipasti, primi e dolci; secondi a base di carne e pesce da evitare)
  • Vittorie dell’Inter (non molto spesso)
  • Malattie esantematiche dei bambini
  • La Casta
  • Musica, fingendo competenza
  • Allarme caldo / Allarme freddo a seconda della stagione

Seguendo questo semplice vademecum si avrà la certezza di apparire un perfetto coglione, come del resto tutti ricordano si fu stati: ma le amicizie saranno salve.

(110 – continua)

p.s.:
mi sono cimentato con forme verbali di cui non sono sicuro al 100%. Spero di averne sbagliate almeno la metà, anche questo aiuterebbe nella considerazione e stima generale.

china-martini

Sarà vero? (che dopo miss Finlandia avremo un Papa nero?)

Stamattina mi stavo recando, come di consueto, a prendere il trenino che mi avrebbe portato al lavoro (per quanto si possa definire lavoro il digitare su di una tastiera, c’è gente che lo fa tutto il giorno gratis e ci si diverte pure), con il cervello in stand-by a causa del freddo pungente che imponeva di attivare la modalità risparmio energetico, modalità peraltro cara come ormai saprete agli ingegneri informatici di cui mi glorio di non far parte, quando con la coda dell’occhio notavo una sagoma rosa che stava accelerando per raggiungermi.

Essendo della generazione obbligata meritoriamente, alle elementari, ad indossare il fiocco blu, non amo avere gente ansimante alle spalle, perciò ho aumentato l’andatura rendendomi conto però che anche l’inseguitore allungava il passo. Un po’ infastidito ho allora rallentato, e mi sono girato per vedere se fosse qualcuno di mia conoscenza: il volto che è apparso mi era sconosciuto, ma vi ho visto impresso sopra il sollievo. “Mi scusi, stazione andale bene?” ha chiesto educatamente la faccetta cinese presente sotto il cappuccio rosa.

Non escludo mi sia sfuggito involontariamente un sorrisetto, essendomi passata fugacemente in mente la patata dell’altro giorno; la ragazza l’ha preso come un segno di cordialità, e si è predisposta per percorrere l’ultimo pezzo di strada insieme. Ho cercato di intavolare un discorso ma il suo vocabolario di italiano, sebbene più ampio del mio di cinese, non permetteva grossi dialoghi; ho capito comunque che andava a Milano e non per studiare ma per lavorare. Notando con il mio abituale acume che continuava a guardarsi intorno, ed a un certo punto le ho chiesto se cercasse qualcuno.

La ragazza annuendo decisamente come chi dice no in cinese, ha provato a spiegare ma la mia bocca aperta nonostante il freddo deve averla convinta che non stessi afferrando il nocciolo del discorso; allora ha brandito il telefonino ed ha iniziato a digitare vorticosamente; mi ha fatto vedere quello che aveva scritto, ma li per lì per mia ignoranza non sono riuscito a decifrare gli ideogrammi, e quando ho fatto presente che il cinese non era nelle mie disponibilità la ragazza mi ha fatto notare che sotto c’era la traduzione: ah, google transletol! La frase risultante tuttavia era incomprensibile quasi come i segni : “correre per pista nera”. Le ho chiesto se dovesse andare a sciare, anche se mi sembrava priva della necessaria attrezzatura; a gesti più che a versi ho capito allora che era contenta di fare la strada insieme perché aveva paura di essere seguita da una brutta faccia, una faccia nera.

Quando eravamo bambini, per spaventarci, ci si diceva che se non facevamo i buoni sarebbe venuto l’Uomo Nero a prenderci e portarci via. Ora, data la dimestichezza con genti di tutti i colori, credo che la minaccia non sortirebbe più alcun effetto; non sapevo comunque che persino in Cina l’uomo nero fosse brandito come minaccia contro i fanciulli.

Nel ’76 Paolo Villaggio interpretò “Il signor Robinson, mostruosa storia d’amore e d’avventure”, una boiata pazzesca come avrebbe ammesso anche il suo Fantozzi, che tuttavia aveva il pregio di mostrare una statuaria Zeudi Araya nei panni di una Venerdì con cui tutti avremmo voluto condividere un’isola deserta.

Se non ne fosse stata impedita dal fatto di essere cittadina eritrea, nessuno di noi avrebbe avuto da ridire se la signora Araya si fosse presentata al concorso di Miss Italia; come nella boxe, l’arbitro avrebbe interrotto l’incontro e le avrebbe assegnato la vittoria per manifesta superiorità!

Tale manifesta superiorità invece non era così evidente, almeno per i miei gusti, nella ragazza di origine nigeriana che ha vinto il concorso di Miss Helsinki (non Miss Finlandia come avevano esagerato autorevoli giornali. Una parolina ai giornalisti: spesso non sembra che vi prendiate la briga di verificare le notizie che pubblicate. Così perdete ancora più di credibilità, però: a prendere un’Ansa e rilanciarla sono buoni tutti). Tralascio dietrologie politiche, e ricordo che in Italia una miss Italia nera l’abbiamo avuta nel ’96, la bella dominicana Denny Mendez, molto meglio di Miss Helsinki ma molto al di sotto di Zeudi, nella mia personale classifica.

Mi è poi venuto un dubbio: ma da che giuria è stata eletta miss Helsinki? Non sarà mica stata votata telematicamente? Non ci sarà lo zampino degli hacker russi? Oppure è stata votata da un campione registrato, sulla falsariga delle parlamentarie dei pentastellati, dove con una manciata di voti di parenti ci si può candidare a deputato o senatore? Se è così, credo che le elezioni vadano immediatamente invalidate, e mi candido insieme ad un manipolo di obiettivi e incorruttibili esperti per presenziare alla rinnovata tenzone. Helsinki, aspettaci!

(119 – continua)

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Globalizzati sul pianerottolo di casa

Quando sono arrivato nel quartiere dove abito, nell’87, c’erano parecchi negozietti. Macellerie, frutta e verdura, alimentari, formaggi, fotografo; sono spariti quasi tutti, resiste qualche bar di cui una buona metà dei  gestori è cinese, qualche lavanderia, un barbiere e qualche parrucchiera che fanno sempre più fatica a resistere alla concorrenza orientale. In compenso sono fioriti i centri massaggio, tutti cinesi, dove prima o poi dovrò decidermi a fare una capatina, giusto per rendermi conto.

Riguardo questi centri, una amica mi ha raccontato di una sua amica che, entrata per farsi massaggiare, si è sentita proporre dalla cortese addetta, tra le varie opzioni a listino, un “leccàle patata” che l’ha lasciata interdetta. Tra l’altro sono negozi aperti 24 ore su 24, anche di notte a chiamata, non si sa mai uno abbia bisogno di un massaggio all’improvviso, è un servizio molto utile a mio avviso.

In piazza spicca un fiorentissimo negozio di parrucchiere unisex, dove per 8 euro ti tagliano i capelli e per 10 fanno anche lo shampoo con tanto di massaggio della cute. Il turnover degli addetti è molto elevato; la formazione, abbastanza approssimativa, consiste nel mulinare il più velocemente possibile la macchinetta elettrica; ciononostante l’ultima volta che sono andato sono stato fortunato perché mi ha servito una signora che doveva avere un background da sarta, perlomeno le forbici le sapeva usare. I parrucchieri cinesi conoscono solo due parole: colto o lungo. In genere però prima partono a tagliare e poi chiedono che misura si vuole, ma a quel punto è tloppo taldi.

Un generi alimentari a dire la verità è rimasto, lo gestisce un turco. Ha una politica di prezzi aggressiva e concorrenziale anche se sospetto che adotti un doppio listino, uno per i connazionali ed uno per gli stranieri che saremmo noi. A volte fa finta di non capire, come quando gli chiedi uno sconto; ultimamente si è messo anche a vendere tappeti, diversificando così il business. Mi ha sorpreso la sua ignoranza riguardo il sapone di Aleppo, che pure avevo acquistato ad Istanbul; ma forse da loro si chiama in un altro modo.

La nostra chiesa è semivuota e frequentata per lo più da anziani; in compenso c’è un vivace centro islamico, frequentato più che altro da maghrebini, da dove i suddetti turchi si tengono alla larga perché loro con gli arabi non vogliono avere niente a che fare e quindi per non dare confidenza si sono fatti il loro, di centro islamico.
L’unico sprazzo di vita che si manifesta nella nostra chiesa è quando, una volta al mese, vi si ritrovano due comunità africane, congolesi e ghanesi: il nostro coretto partecipa entusiasta, spaziando dal lisanga allo swahili senza problemi ne vergogna.

C’era un forno, che ha chiuso i battenti l’anno scorso. Faceva anche pizze e focacce; ora per quello ci sono due pizzerie da asporto, entrambe di egiziani, che affiancano alla produzione della vera pizza napoli dei succulenti panini al kebab. Vendono alcolici senza problemi e maneggiano senza imbarazzi prosciutto e salame: nessun imam avrà da ridire? No, perché giusto ieri leggevo di un telepredicatore che in Turchia si è scagliato contro il gioco degli scacchi, dichiarandolo più peccaminoso del gioco d’azzardo. Di scacchi so poco, ma non immaginavo che portassero all’inferno. Mentre invece, e qui non posso che concordare riallacciandomi alla patata di cui sopra, lo stesso telepredicatore sostiene in polemica con un suo collega che l’Islam non vieta il sesso orale.

Un mio vicino, leghista della prima ora, ha sposato una ucraina, che gli ha portato in casa anche il fratello. Padroni a casa nostra! Sosteneva da celibe. Sarà ancora dello stesso avviso? A giudicare dal cagnolino che porta a spasso tutte le sere, c’è da dubitarne.

Un coetaneo di mio figlio e compagno di elementari e medie, figlio di genitori africani, è un campione di basket ed è in nazionale. Il suo professore di ginnastica lo diceva che sarebbe arrivato in alto, ha avuto l’occhio lungo.

Un altro mio vicino è italiano ma rastafariano. Il nostro anziano parroco rimase un po’ confuso quando si presentò a benedire casa, vicino Pasqua, e questi gli disse: “No guardi, sono di un’altra religione, Rastafariano”. Sconcertato rispose : “Piacere, io sono il parroco”, e mi sa che sia ancora convinto che Rastafariano sia il cognome di quel bizzarro signore.

E sono passati solo trent’anni! Chissà tra altri trenta come saremo, spero di esserci per vederlo. Intanto sento un dolorino alla schiena, quasi quasi vado a farmi fare un massaggio.

(118 – continua)

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Pure i chirghisi ci si mettono?

Pare che l’autore della strage di Capodanno a Istanbul sia un chirghiso. Non è arrivato in Turchia con un barcone ma con un regolare volo di linea dalla Chirghisia, con tanto di moglie al seguito.

Chi, come me, fino ad oggi era ignaro dell’esistenza del Kirghizistan e tutto sommato aveva vissuto discretamente bene, poteva essere scusato dal fatto che fino al 1991 questa repubblichetta faceva parte dell’Unione Sovietica; e come tante altre di quelle repubblichette non si capisce cosa ci abbia guadagnato dall’indipendenza.

Una volta, in una partitella di allenamento, contendendo la palla ad un amico un po’ robustino gli diedi una spallata che lo fece cadere lungo disteso. Il volo fu abbastanza comico e invece di continuare l’azione mi fermai a ridere con le mani sui fianchi; al che il mio amico si mise a sedere, mi guardò addolorato e mi rivolse una domanda che mi fece quasi vergognare: “O Giò, pure tu te ce mitti?” che voleva dire che da me non se lo sarebbe mai aspettato.

Ora la stessa domanda la rivolgo ai chirghisi: Pure voantri ve ce mettete? E mo’ basta! Tra ceceni, afghani, kazaki, uzbeki, ossezi, transnistriani, non se ne può più! Allora aveva ragione la buonanima di Iosif Vissarionovič Džugašvili in arte Stalin a prendervi tutti a mazzate in testa!

In Italia abbiamo vissuto una lunga stagione del terrore. Stragi fasciste, lotta armata (o terrorismo rosso, a seconda della parte da cui si guardava), attentati palestinesi, stragi mafiose. Spesso intrecciate tra di loro, e con gli altri “misteri” non ancora chiariti e che mai si chiariranno. Per destabilizzare, si diceva, quando al contrario servivano a stabilizzare.

In giugno ed in novembre 2015 in Turchia ci sono state due elezioni. Nella prima il partito di governo aveva perso la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento. Nella seconda l’ha riconquistata. Nel mezzo ci sono stati due grandi attentati rivendicati dall’Isis, che hanno colpito stranamente soprattutto giovani e oppositori, e la ripresa dei bombardamenti contro il Pkk quando si pensava piuttosto che si arrivasse a qualche accordo; la reazione ottenuta, prevedibile, è stata di altri attentati.

La lezione, insomma, la conosciamo. La Turchia, non c’è bisogno che lo dica io, è un paese bellissimo. Storia, cultura, arte, natura, mare, c’è tutto quello che si può desiderare. Istanbul è meravigliosa. Quando tutta questa follia finirà, e spero di non essere troppo vecchio allora, mi piacerebbe davvero molto tornare. Chirghisi permettendo.

 

stalin