Carràmba che sorpresa!

Come diceva l’Ispettore Rock nella famosa pubblicità della brillantina Linetti degli anni ’50 e ’60, “anch’io ho commesso un errore…”.

Qualche anno fa, sull’onda dell’esplosione di facebook, mi iscrissi a questo social network ed ebbi modo di constatarne la straordinaria potenza come strumento di distruzione di massa dei cervelli e di ricettacolo di ogni fuori di testa del pianeta. Pertanto a poco a poco me ne sono allontanato, limitandomi a darci un’occhiata ogni tanto ed a mettere qualche like qua e là, specialmente a foto di vacanze e bottiglie di vino.
Ogni tanto degli sconosciuti e sconosciute mi chiedono l’amicizia ma l’amicizia, come la fiducia (tanto per restare in tema di réclame) è una cosa seria, perciò l’ho sempre centellinata ed accordata solo a persone che conoscevo o con le quali mi sentivo in sintonia.

A questo allontanamento ha contribuito anche il mio telefonino, che avendo una versione vecchia di Windows Phone non supporta più la app di facebook, e quindi la sera a casa dovrei accendere il computer, collegarmi etc… cosa che faccio di rado e di malavoglia, dato che di computer ne ho abbastanza di giorno.

L’altro giorno però, tra le richieste che di solito casso senza entrare nel merito, solitamente di signorine evidentemente entusiaste della mia foto sul profilo, che peraltro è di qualche annetto fa, e desiderose di intrattenere una proficua e fruttuosa corrispondenza, ne è arrivata una di una certa Albertina, dalla Francia, che mi ha colpito e spiazzato.
Una bella ragazza senz’altro, bionda con occhi chiari, decisamente di aspetto francese, con una bella bambina; poiché nel mio lavoro ho avuto a che fare con banche francesi ho pensato che potesse essere qualche collega, ma il nome non mi diceva niente; oppure qualche amica di conoscenti francesi ai quali per qualche strano motivo facebook mi avesse presentato come amicizia comune; oppure, dato che recentemente ho fatto stampare “Ferragosto con Olena” su un negozio online scoprendo poi che questo era francese, che sia stata addirittura un’impiegata di questa società, colpita dalla copertina (fatta da un professionista che dovrebbe decidersi a farmi diventare presto nonno).

Rassicuro (o deludo) tutti, il libro non è in vendita. L’ho fatto stampare in poche copie per regalarlo agli amici a Natale (qualcuno lo baratterebbe con una bottiglia, ma con quello che l’ho pagato non avrei preso nemmeno una bottiglia di moscatello delle giostre…) e per tenermelo in libreria per i nipoti, che potranno dire quanto il nonno fosse rimbambito ancora da relativamente giovane.

Contravvenendo quindi alle mie stesse regole ed ai più elementari principi di opportunità e prudenza, ho concesso alla ragazza l’amicizia (con restrizioni, che credo significhi che non può scrivere sul mio profilo senza il mio permesso, ma non ne sono sicuro) ripromettendomi appena possibile di andare a capire chi è questa Albertina.

Capirete quindi il mio imbarazzato e disappunto quando, collegato finalmente alla nuova amicizia, non mi sono trovato di fronte la slanciata Albertina ma un tozzo ed ingrugnito Nkono Kakame (o giù di lì: diciamo che ero rimasto abbastanza con la bocca aperta e non ho afferrato benissimo il nome) che mi guardava beffardo e minaccioso. Non era possibile pensare ad un caso di cambiamento di sesso, tipo Bradley Manning diventato Chelsea per intenderci: anche perché il nostro Albertino era decisamente troppo scuro. Mi sono affrettato a revocare l’amicizia al simpatico Kakame, e non vorrei che la decisione sia equivocata come dettata da razzismo: ho parecchi amici neri ma non simpatizzo per i Kakame che si presentano come Albertine, posso incolpare l’ambiente frequentato se questo mio lato del carattere sembrerà antipatico e fuori moda.

inter9

Del resto: basta saperlo! Un mio ex-collega torinese, di cui vi ho già parlato come lusingatore, non si è fatto scrupoli di frequentare un trans, e me ne ha anche magnificato la femminilità, la sensibilità, la dolcezza: tutti i gusti son gusti, amico caro, ma sarebbe un po’ difficile per un ragazzo all’antica come il sottoscritto trascurare alcuni dettagli non proprio secondari.

Addio dunque dolce Albertina! Poteva essere una bella amicizia, ma è finito tutto in Kakame.

linetti

Beato te che non capisci un cavolo

Chi l’avrebbe detto appena qualche anno fa che in poco tempo avremmo avuto gli strumenti per collegarci in tempo reale con vecchi compagni di asilo, commilitoni di cui avevamo perso le tracce, compaesani sparsi per il mondo e parenti desaparecidos?

Ricordo che un giorno il mio vecchio capo, di fronte all’esplosione dell’Internet, mi chiese che ne pensassi e che cosa ci avremmo potuto fare. Con la mia consueta sagacia risposi come nella réclame del Chinamartini: “Düra minga, düra no”. Con questo si capisce perché io sono io e Zuckerberg è Zuckerberg.

Gente di cui non abbiamo sentito la mancanza per decenni, cordialmente ricambiati, ricompare nella nostra vita grazie alla potenza del social network, reclamando per ciascuno un pezzo della nostra esistenza: ti ricordi la maestra tale?  ti ricordi il professor talaltro? ed il capitano tizio? e il collega sempronio?
Gente di cui avevamo perso le tracce, che magari già all’epoca non sopportavamo, riemerge dall’angoletto polveroso in cui era stata relegata per chiederci l’amicizia. Tutti si aspettano che tu sia rimasto uguale a quello che loro ricordano tu fosti; cosa impossibile, perché anche ammettendo che  lo avessero capito veramente bisogna vedere se lo ricordano correttamente, e cosa ricorderebbero poi? Quello che apparivi o volevi apparire, la tua immagine in un’epoca in cui forse nemmeno tu lo sapevi, chi eri.

Io ad esempio ho attraversato tutte le superiori fregandomene dei compagni di classe. Esclusi due o tre, gli altri mi stavano tutti o antipatici e nemmeno cordialmente, o francamente sulle scatole. Cosa pensassero di me non mi tangeva; non vedevo l’ora di prendere il mio trenino e di tornarmene a casa alla mia vita vera. Erano alieni, come io lo ero per loro: contenti reciprocamente. Che amicizia volete chiedermi, che quando era l’ora di essere amici veramente ci siamo schifati?

Così si ha a che fare con degli sconosciuti; con persone con le quali si è condiviso un tratto di strada ma delle quali si ignora tutto.
Si cerca così di capire come la pensano dai post, dai commenti, ma l’esercizio diventa impegnativo perché anche dall’altra parte scatta lo stesso meccanismo; per non sbagliare ci sono degli argomenti che è meglio evitare in assoluto, me ne sono fatto un elenchino come promemoria al quale cercherò di attenermi il più possibile.

Argomenti di cui assolutamente non parlare per non perdere le amicizie:

  • Politica
  • Grigliate di carne
  • Omosessuali
  • Ruberie della Juventus
  • Immigrati
  • Gnocca (con le donne)
  • Religione
  • Libri (per non apparire troppo intellettuali)
  • Teatro (vedi Libri)

Argomenti di cui si può parlare senza paura di perdere amicizie:

  • Gatti
  • Cani
  • Vacanze preferibilmente al mare
  • Gnocca (con gli uomini)
  • Cibo (limitandosi agli antipasti, primi e dolci; secondi a base di carne e pesce da evitare)
  • Vittorie dell’Inter (non molto spesso)
  • Malattie esantematiche dei bambini
  • La Casta
  • Musica, fingendo competenza
  • Allarme caldo / Allarme freddo a seconda della stagione

Seguendo questo semplice vademecum si avrà la certezza di apparire un perfetto coglione, come del resto tutti ricordano si fu stati: ma le amicizie saranno salve.

(110 – continua)

p.s.:
mi sono cimentato con forme verbali di cui non sono sicuro al 100%. Spero di averne sbagliate almeno la metà, anche questo aiuterebbe nella considerazione e stima generale.

china-martini

Una donna per amico

Nel secolo scorso era ritenuto disdicevole che una donna si proponesse ad un uomo come amica. Autorevoli correnti di pensiero escludevano che tra i due sessi potesse esistere contatto disinteressato; lo stesso Lucio Battisti, se vogliamo, già nel ’78 era costretto a maledirsi constatando che le sue buone intenzioni stavano vacillando.

Pur essendo un convinto sostenitore della suddetta teoria, con l’avanzare dell’età anche questa convinzione si è andata ammorbidendo; tuttavia non sono ancora nella condizione di non poter dare il cattivo esempio, perciò cerco di astenermi dal dare buoni consigli.

L’altro giorno, su Facebook, mi è arrivata la richiesta di amicizia di una sconosciuta. Una bella ragazza, all’apparenza. Dico all’apparenza, perché come sappiamo dietro qualsiasi profilo social potrebbe celarsi un’identità del tutto diversa da quella che si mostra; e così una procace modista venticinquenne olandese potrebbe in realtà rivelarsi un baffuto muratore sessantenne calabrese; niente di male se piace il genere, altrimenti alla prova dei fatti la sorpresa non sarebbe delle più divertenti.

Un mio carissimo ex-collega, denominato affettuosamente pendulino, ha una visione arcaica del rapporto uomo-donna. La concezione di molestia non lo tange; ci prova con tutte e indistintamente, belle o brutte, giovani o attempate, sposate o nubili; pratica la pesca a strascico piuttosto che la pesca all’amo, per chi è pratico di vermi.

Non essendo bello, almeno per i miei gusti, e non compensando questa sua carenza con un adeguato conto in banca, ad essere sinceri non è al top dell’indice di gradimento femminile; i gruppi di lavoro misti non gli si addicono, per la sua predisposizione a piazzarsi alle spalle delle colleghe dove tende ad ansimare affannosamente; anche i colleghi comunque non amano averlo alle spalle. Le segretarie, alle quali rivolge apprezzamenti non richiesti e scarsamente graditi, al suo apparire arricciano il naso in un sorrisetto di compatimento.

La signorina (almeno spero) che mi ha chiesto l’amicizia, mai vista prima in vita mia, apparentemente e al netto dei baffoni avrà avuto meno di trenta anni. Non ignoro che ci siano anche professioniste che utilizzano lo strumento per promuovere le proprie attività, d’altronde la pubblicità è l’anima del commercio. Ma, come direi ad un piazzista di Folletti Vorwerk che bussasse alla porta: la ringrazio, ma non ho bisogno di niente. Piuttosto la indirizzerei, se me lo richiedesse, verso l’amico pendulino, dove troverebbe senz’altro pane per i propri denti.

Ora, io non credo sia necessario avere una donna per amico; ma nemmeno come nemico però: e invece tutti i giorni ormai si sente di squilibrati che uccidono la moglie/compagna/fidanzata (più spesso ex, non essendo capaci di accettare non già la fine dell’amore o dell’affetto o della relazione, ma il semplice fatto di esser stato lasciato); non capisco perché se proprio vogliono ammazzare qualcuno non comincino da se stessi.

“Ho perso la testa”, ho sentito dire al disgraziato che ha ucciso la ex fidanzata e poi le ha dato fuoco (e c’è da sperare per la sventurata che l’ordine delle azioni sia stato veramente questo): per perderla avrebbe dovuto averla, ragionamento che non fa una grinza e sul quale si basano ordinamenti giuridici adottati in paesi non meno civili del nostro, come Cina e Stati Uniti, per affermare che di teste come quelle se ne può fare tranquillamente a meno.

La donna non si tocca nemmeno con un fiore: niente da fare, anche qua bisogna ripartire dai fondamentali.

(99. ad un passo dalla meta)

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