Dedico questo pezzo ad un amico alpino, classe 1932.
Nonna Pina scruta le lontane montagne innevate. Un velo di tristezza le offusca per un attimo la vista, ma subito si riprende e rischiara la voce, sciogliendo il groppo che le si è formato in gola. Lentamente, a voce bassa, si rivolge ad Olena:
«Natascia, te l’avevo mai detto che ho un fratello in Russia?»
Lo straccio con il quale Olena sta pulendo la sua arma rimane a mezz’aria e la russa, sorpresa, si volta verso la centenaria.
«Davvero, Babushka? Non sapevo voi avete fratello, dove trovare lui?»
Nonna Pina ignora la domanda, e seguendo il filo dei suoi pensieri inizia a raccontare:
«Eh sì, sono già settantacinque anni che è in Russia»
«Settantacinque anni Babushka? Deve essere molto anziano anche lui, allora»
«Al contrario Natascia, il mio fratellino è molto giovane»
«Non capisco, signora, come può essere giovane? Deve avere…» – Olena, confusa, fa due calcoli – «… deve avere almeno cento anni!»
«E pensare che non volevo farlo partire… come è buffa la vita»
Olena si siede in silenzio, con le gambe incrociate, per non disturbare nonna Pina nei suoi ricordi.
«Mario è più piccolo di me di cinque anni… io del ’14, lui del ’19. Quando entrammo in guerra, fu arruolato negli alpini. Io mi offrii di fargli ottenere un posto al sicuro qua, in Italia, sfruttando le mie conoscenze… ma lui niente, non volle, testardo. “Con che faccia potrei guardare i miei amici”, mi disse… dovevi vederlo che figurino, con la sua bella divisa ed il cappello con la penna nera in testa! A quel tempo si era anche fatto crescere un pizzetto, le ragazze ci andavano pazze, ma lui non si voleva legare, troppo presto diceva, mi voglio godere la vita…» Pina prende fiato, e sospira.
«La guerra doveva durare poco… e invece… qualche mese dopo la sua divisione venne mandata in Albania, e da lì in Grecia. E poi in Russia…»
Pina, ormai persa nella sua storia, continua quasi parlando a se stessa:
«Alpini in Russia… che follia! Loro che amano le montagne, a combattere nelle sterminate pianure russe…»
Olena annuisce, ripensando ai racconti dei suoi genitori.
«E’ stata grande tragedia per tutti, Babushka…»
Pina muove una mano nell’aria con fastidio, a scacciare parole che suonano ormai vuote.
«Gli alpini sul Don… il crollo del fronte, la ritirata, l’accerchiamento…»
«Soldati italiani si batterono come leoni, ma quella era nostra Patria, Babushka…» osserva Olena con rispetto.
«Ah, lo so, lo so!» dice orgogliosamente nonna Pina «Non ce l’ho mica con i tuoi compagni, sai, Natascia? Hanno fatto quello che andava fatto, quando c’è chi ti vuole imporre la sua presenza con le armi. E nemmeno il mio Mario ce l’aveva con loro, sai? Combatteva perché doveva, per portare a casa la sua pelle e quella dei compagni»
«Guerra brutto affare, Babushka…»
«E poi venne quel 26 gennaio del ’43… russi dietro, russi davanti… dovevano sfondare, o sarebbero morti tutti. Che potevano fare? E la divisione del mio Mario, la Tridentina, attaccò…a Nicolajevka»
Pina si ferma, gli occhi appena visibili sotto la fitta rete di rughe delle palpebre. Fissa Olena negli occhi, cercandovi un riflesso del gelo di quel gennaio.
«Sei mai stata a Nikolajevka, Natascia?»
«No, Babushka. Io vengo da Siberia, quattromila chilometri lontana»
Nonna Pina sorride amara:
«Quattromila chilometri… e noi pensavamo di invadervi…» poi con un tono dolce, fragile:
«Natascia, ti posso chiedere un favore?»
«Certo Babushka, tutto quanto volete»
«Quando quest’affare sarà finito, mi accompagni da Mario? Mettiamo un fiore e torniamo»
Olena alza il volto al sole, con gli occhi blu straordinariamente lucidi.
«Io prometto voi di si, Babushka»
La nonna, soddisfatta, sorride, si batte una mano su una coscia e dice:
«D’accordo, allora. Ah, e naturalmente viene anche James. Lui ci sa fare con i fiori»