Amiche e amici, le cose vanno per il meglio; oggi ha fatto il tampone anche mia moglie, così se risulterà negativa già da sabato potrà uscire. La regola infatti è che i conviventi possono fare il tampone dopo dieci giorni dall’apertura della segnalazione per l’infetto (che sarei io); la segnalazione è stata fatta il 16, e quindi oggi 26 sono stati chiamati a fare il tampone. La mia dottoressa deve essersi sbagliata nel fare la richiesta perché stranamente mio figlio non è stato chiamato: ho provato a chiamare il numero verde di ATS Insubria ma dopo un bel po’ di attesa il risponditore automatico mi ha detto di lasciare un messaggio.
Devo dire che gli automatismi funzionano abbastanza bene, tra mail e telefonino, ma se si vuole parlare con qualcuno in carne ed ossa è parecchio più difficile.
Ad ogni modo, anche se non avessero potuto fare il tampone, dopo quattordici giorni (senza avere sintomi) sarebbero potuti uscire lo stesso; considerando che per l’esito ci vorranno un paio di giorni, vorrà dire che (toccando ferro) mia moglie potrà uscire sabato anziché lunedì. Se tutto questo sia logico e non sia invece meglio fare i tamponi a tutti non lo so; del resto un tampone negativo oggi non impedisce di averlo positivo domani, ma almeno ad un certo punto è una certezza: o si o no.
Stamattina ho lavorato qualche ora e avrei potuto continuare anche oggi pomeriggio ma non voglio strafare; voglio godermi il pomeriggio di relax tra scribacchiare, leggiucchiare e guardare i colori fuori dalla finestra; ci sono delle macchie che mi danno fastidio, e precisamente il bianco delle parabole, soprattutto quelle piazzate sui balconi piuttosto che sui tetti, che tutto sommato mi sembra la destinazione naturale. Non ce ne sono moltissime, ne ho contate una dozzina, ma disturbano il mio senso estetico; ne ho vista una piazzata in un balcone al quinto piano di un condominio lontano, e sullo stesso balcone c’è una bicicletta; ho pensato a quei poveracci che si sono portati la bicicletta al quinto piano probabilmente per paura che gliela fregassero, oppure proprio perché l’avevano fregata loro; e vicino la parabola, immacolata, a pochi passi da una tapparella tutta storta e mi sono chiesto che priorità avrà quell’uomo, che fatica per portare al quinto piano una bicicletta ma non si degna di sistemare la tapparella della casa in cui vive.
La sera ho preso l’abitudine di guardarmi un film, dopo cena. Su Raiplay ne propongono di belli, completamente gratis; per la verità ci sarebbe anche Chili che sta facendo il “Black Friday” e ne propone una lista a soli 1,20€. L’altro ieri mi sono visto “The Homesman” con Tommie Lee Jones, una storia cruda di pionieri e pazzia; ieri sera ho visto “Cold Blood” con Jean Reno, una storia cruda di killer e vendetta: stasera magari passerò a qualcosa di più leggero, non vorrei che tutta questa crudità mi rimanesse sullo stomaco… la cosa più bella è che, mentre in TV la prima serata ormai inizia dopo le 21:30, io a quell’ora ho quasi finito la visione e sono pronto ad andare a letto.
E’ morto Diego Armando Maradona, quasi mio coetaneo: ne ha fatte da benedir la luna e le ha pagate tutte sulla sua pellaccia; è stato uno dei più grandi artisti del pallone e questo per me resterà per sempre; ha subito grandi torti ed ha reagito sempre da uomo, a Barcellona nel 1983 un macellaio basco di nome Goikoetxea gli spezzò una caviglia e si pensava che la carriera fosse finita; nel 1990 tutto lo stadio Olimpico lo fischiò, colpevole di aver eliminato l’Italia in semifinale, quando l’Italia in realtà si era eliminata da sola, e lui reagì da par suo sibilando quell’“Hijios de puta” che è rimasto agli annali; ha distrutto da solo l’Inghilterra, ai mondiali dell’86, con uno dei più bei gol di tutti i tempi, partendo dalla sua metà campo e scartando lo scartabile; e infine con il famoso gol di mano, “la mano de Dios”, che aveva vendicato la sconfitta argentina nella guerra delle Malvinas di quattro anni prima, sconfitta peraltro benedetta perché diede fine alla dittatura militare… a Napoli aveva trovato il suo habitat naturale, in anni in cui in Italia giocavano i campioni più forti del mondo: e che fine abbiamo fatto dopo allora, come abbiamo fatto a ridurci così? Non ci saranno altri Maradona, perché tutto si è omogeneizzato, tutto si è livellato, i calciatori si “gestiscono” e giocano fino a quarant’anni, i manager spadroneggiano e per i proprietari delle squadre il calcio è un prodotto come un altro, per far soldi o alla peggio per scaricarlo dalle tasse; rivoglio Maradona, grasso, flaccido, provocatore, attaccabrighe, politicamente scorretto, puttaniere e cocainomane, basta con questi fighetti tutti uguali, che fanno tutti gli stessi movimenti, le stesse giocate, le stesse dichiarazioni: ridatemi Maradona, e la vedremo una volta per tutte se Maradona è davvero meglio ‘e Pelè; ridatemi Maradona, hijios de puta, che di altri così non ne vedrò mai più.
