Dato che quest’anno di andare in vacanza non se ne parla, o meglio la mia testa si rifiuta di entrare nell’ottica, ho dovuto accettare un piccolo compromesso, più o meno come quelli che il nostro Presidente Conte ha dovuto inghiott… ehm accettare in Europa, e cioè di fare delle piccole vacanzine mordi e fuggi, qualche fine settimana lungo, giusto per staccare dalla routine quotidiana e soprattutto avere una scusa per uscire di casa.
Al mare nemmeno a parlarne, anche perché le spiagge più vicine sarebbero in Liguria ma tra lavori in corso e interruzioni probabilmente si farebbe prima ad arrivare in Sicilia e allora vada per la montagna, che ci ossigeniamo ed è tutta salute per i polmoni; l’idea originaria era per il Trentino, ma visti i prezzi ci siamo rivolti dall’altra parte, ovvero la Val d’Aosta. Come sapete non è che io sia un amante della natura, preferisco le opere dell’uomo quando sono ben fatte; per questo non ho cercato un alloggio in qualche paesino montano ma nel capoluogo, Aosta, ottima base di partenza per ogni tipo di escursione. Sapevate che in Val d’Aosta ci sono ben 101 tra castelli e forti? Io no, fino a tre giorni fa avevo visitato solo il Forte di Bard, una fortezza difensiva con una storia molto interessante; da domenica posso aggiungere alla lista anche il castello di Fénis, dimora nobiliare, restaurata nel tempo prima da un privato, poi dallo Stato Italiano che l’ha poi ceduto alla Regione Autonoma.
Venerdì appena arrivati siamo saliti (in auto, preciso) al Gran San Bernardo, passo obbligato per i pellegrini che seguivano la via francigena; giornata stupenda, sole splendente fino a qualche centinaio di metri dalla sommità del colle, dove si era posata una unica nuvola dispettosa. Non si vedeva un accidente e faceva un freddo barbino (7 gradi!). Ci siamo fiondati nel piccolo museo del cane (San Bernardo), sperando che qualcuno di quei compassionevoli animali ci rifocillasse con il contenuto delle fiaschette che una volta portavano al collo. Poveri animali, con il Covid i visitatori non possono accarezzarli e non gli si può dare da mangiare, si vede che hanno l’aria un po’ triste e si chiederanno se è colpa loro: no amici, voi non c’entrate niente, siamo noi che abbiamo combinato tutto questo casino. Come pure far sciogliere i ghiacciai, ma quello è un altro discorso (o è lo stesso)?

A dire la verità la scelta di Aosta era stata anche dettata dal fatto che c’erano già due nostri amici in vacanza, e siccome con lui siamo abbastanza in sintonia per quanto riguarda cibo e bevande mentre le nostre consorti sono più attente alla dieta abbiamo pensato di spalleggiarci a vicenda per poterci dedicare alle specialità culinarie valdostane. Per questo, scappati velocemente dal freddo, siamo scesi verso valle e ci siamo fermati in un grazioso paesino, Étroubles, che fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia, ha delle opere d’arte sparse all’aperto e tanti, tanti fiori; attrezzature sportive di prim’ordine che hanno suscitato l’invidia del mio amico, che a tempo perso è allenatore di una squadretta di calcio oratoriale ed è sempre alle prese con penurie di tutti i tipi. Non ho detto che la strada per salire al Gran San Bernardo è bellissima e il confronto con le strade di casa mia è impietoso: ci siamo chiesti se il merito sia della Regione Autonoma, ma secondo me non è tanto un problema di risorse, pure importante per carità, ma di come queste risorse si usano e di chi le usa: non è colpa dei valdostani se qua i soldi li hanno spesi per autostrade inutili, eventi effimeri, rotonde su rotonde, ospedali nuovi che hanno ridotto i posti letto e alla prova dei fatti del Covid si sono rivelati anche non adeguati… magari da loro non ha spadroneggiato per un quarto di secolo una lobby d’affari ciellino-leghista-forzitaliota… va bè adesso smetto altrimenti dite che sono vetero, del resto lo sostengono anche i miei amici, forse è vero.

Venerdì sera abbiamo mangiato nell’albergo dove pernottavano i nostri amici, alberghetto a conduzione familiare praticamente sopra al Ponte Romano: fonduta, involtini e scaloppina alla valdostana. Senza infamia e senza lode anche se il proprietario è molto simpatico e ci ha mostrato la collezione di fotografie, tra cui molti calciatori dell’Inter e un Gino Bartali che avrebbe fatto piangere mio padre. Ve l’ho già raccontato mi pare che uno dei pochi libri che ha comprato mio padre è stata la biografia di Gino Bartali autografata da lui medesimo, e ricordo ancora l’emozione con cui si avvicinò ad uno degli idoli della sua giovinezza per farsi firmare la copia. Non che mio padre non leggesse, eh! Tutti i giorni il giornale, poi L’Espresso quando era un signor settimanale; finché la testa l’ha sorretto si è sempre tenuto informato di quello che succedeva per il mondo, ma quella che riempiva la casa di libri era mia madre…

Sabato l’abbiamo passato tutto ad Aosta, non voglio fare il Turista per Caso elencando monumenti e musei ma consiglio solo, se ne avete l’occasione, di visitarla. Il Criptoportico, il chiosco e gli affreschi nascosti della Collegiata di Sant’Orso, la Cattedrale, valgono decisamente il costo del biglietto. Aosta fondata dai romani, cardo e decumano, i monumenti che ricordano gli splendori del passato nonché un delizioso museo archeologico. Una curiosità, i resti dell’anfiteatro sono stati inglobati da alcune case che sono dentro un convento; per visitarli basta suonare alle suorine che di solito sono molto amichevoli ma stavolta la guardiana nonostante i tentativi di corruzione non ci ha fatto entrare: col Covid non si passa.
A proposito di Covid: per prenotare un ristorante per sabato sera ho dovuto fare una decina di telefonate, tutti pieni; sinceramente non mi pare ci fosse questo gran distanziamento, la sera in giro c’era un sacco di gente ed io per sicurezza la mascherina la mettevo anche se non obbligatoria, ma ero pressoché l’unico. Speriamo bene. Ad ogni buon conto come antisettico mi sono procurato una bottiglia di Genepy, di solito la compro alla Fiera dell’Artigianato a Milano ma dato che quest’anno difficilmente si terrà ne ho approfittato.
La nostra stanza, in un B&B in pieno centro in un palazzo storico, al quarto piano senza ascensore (i Beni Culturali non lo permettono, ci ha detto il gestore) era bella ma rumorosa: per uno strano fenomeno acustico si sentiva ogni bisbiglio di chi c’era in strada e, non potendo chiudere le finestre dato che l’aria condizionata non si poteva accendere (norme Covid) abbiamo sperato che la stanchezza vincesse il rumore. Cosa che è successa solo in parte dato che fino alle due di notte degli sfaccendati hanno continuato a bivaccare (il padrone, lievemente razzista, ci aveva detto che lì da loro le regole si fanno rispettare, alle 23-23:30 i locali chiudono, la polizia passa spesso per controllare, e non ci sono parcheggiatori o venditori di fiori abusivi: tutte balle cari amici. La polizia passerà pure ma probabilmente va a letto alle 23; se funzionano gli autovelox come diceva il caro gestore che tra l’altro ho dovuto pagare in contanti _ ma non dovrebbe essere tutto tracciabile per queste attività?_ lo scoprirò se mi arriveranno multe a casa) e così sabato ho comprato dei tappi per le orecchie. Avete mai usato dei tappi per le orecchie? Non funzionano, o almeno i miei non hanno funzionato. Se non altro potrò scaricarle dalle tasse, in quanto dispositivi medici.
A sera dopo i tristi tentativi di prenotare un ristorante caratteristico ci siamo dovuti adattare ad una grigliata di carne internazionale, dove per ogni taglio era indicata con una bandierina la sua provenienza. Famo a fidasse, come dicono i veri aostani: comunque era buona, e l’abbondante digestivo finale ha dato una mano.
Domenica, lasciata Aosta, siamo andati al vicino Castello di Fénis dove avevamo prenotato per le 10 (in questo periodo bisogna prenotare tutto) e siamo arrivati al pelo; intanto che cercavo parcheggio ho spedito mio figlio di corsa a bloccare l’ingresso, cosa che ha fatto egregiamente data anche la stazza. Visita gradevole ma troppo breve: col fatto che sono stati costretti a ridurre i gruppi cercano di velocizzare le visite… il castello di Fénis è uno dei pochi arredati ma i mobili non sono originali del sito, anche se dell’epoca: lo Stato li ha recuperati in diversi posti, restaurati e messi lì in mostra, con un effetto un po’ strano perché in una stanza ad esempio ci sono una decina di cassapanche.
Lasciamo la Val d’Aosta e passiamo in Piemonte, destinazione Santuario di Oropa: una preghierina alla Madonna Nera non farà male, ci siamo detti: la Basilica Nuova è chiusa per restauri ed è una cosa che fa pensare, dato che è stata completata nel ’65; il cemento armato, come nel caso del Ponte Morandi, evidentemente non è fatto per durare nei secoli, per fortuna i Romani hanno utilizzato altro perché altrimenti ora avremmo solo mucchietti di polvere da ammirare. A proposito di polvere, mi ero dimenticato che nei secoli bui il marmo dei monumenti non solo era depredato ma bruciato per farne calce: allora i monumenti antichi non erano considerati opere d’arte, ma depositi di materiale edile a buon mercato. Chissà fra duemila anni come la penseranno di quello che lasciamo noi… Al Santuario comunque c’era un sacco di gente, anche perché attaccato c’è un Parco Avventura dove le famiglie portano i bambini a fare Tarzan; sacro e profano, ristoranti e immaginette sacre, non fa per me ma già lo sapevo.

Infine siamo andati a Biella, con l’intenzione di prendere un caffè ed una fetta di torta. I nostri amici ci avevano descritto Biella con un “carina” che lasciava ben sperare, ma in realtà ora come ora non saprei trovare un motivo per tornarci a meno che qualcuno non mi suggerisca un buon ristorante; persino la gentile barista quando le ho chiesto che cosa ci fosse di bello da vedere ha guardato smarrita la cameriera per poi rispondere un desolato “niente” col quale giustificava tra l’altro il cartello “Vendesi attività” che campeggiava davanti al bancone.

Comunque amiche e amici almeno a Biella a nessuno viene in mente di vietare gli aquiloni come in Egitto, o di riconsacrare come moschea quella Santa Sofia nata come Basilica Cristiana che da quasi cento anni era stata destinata da Ataturk a Museo; ci fosse poi bisogno di moschee in quel paese, quando a due passi c’è quel capolavoro che è la Moschea Blu…
Ma ecco che deraglio ancora (o raglio, fate voi); mi sono dilungato eccessivamente, non era mia intenzione ma una parola tira l’altra, spero di non avervi annoiato troppo… alla prossima! (non vacanza)…
