Seduti ad un tavolo del bar Chicco d’Oro in Piazza della Riforma, nel centro di Lugano a pochi passi dal lungolago, Gilda ancora sconcertata sorseggia una tisana al salopardo dall’inconfondibile colore dorato che ben si abbina con gli orecchini creoli che le adornano i graziosi lobi.
«James caro, temo di non capirci più niente. Mio nonno ha avuto un figlio da un’abissina, ma ti pare possibile? E questa storia dei matrimoni temporanei è veramente assurda, pensavo che roba del genere si facesse solo a Las Vegas!»
«Purtroppo signora» risponde il maggiordomo distogliendo a fatica lo sguardo dai monili pendenti della padrona «la pratica era abbastanza comune, anche il giornalista Indro Montanelli ammise di averci fatto ricorso da giovane ufficiale. Sembra che fosse anzi considerata una pratica di igiene, piuttosto che frequentare prostitute con il pericolo di contrarre malattie veneree. Ad un certo punto però, con l’introduzione delle leggi razziali, i matrimoni misti furono formalmente vietati anche se continuarono per un certo periodo. Non c’è da meravigliarsi quindi se anche suo nonno si sia adeguato alla prassi del tempo»
«Mio nonno, diciamocelo pure James, era un vero figlio del suo tempo, per non dire di qualcos’altro. Pensa che la povera nonna, che era poi la sua seconda moglie, mi raccontava che quello sconsiderato partì volontario per l’Africa lasciando la prima moglie incinta e con tre bambini piccoli; quando si ripresentò, a guerra finita, la moglie era morta di parto e i bambini sparpagliati tra zii e parenti. Così non sapendo che pesci pigliare cercò una donna che facesse da madre ai suoi figli e trovò mia nonna, che aveva 35 anni ed era considerata ormai una zitella. Ma mia nonna non si limitò a quel ruolo, sia chiaro, lei fu una moglie vera ed oltre a crescere i figli del marito ebbe da lui un altro figlio: mio padre»
«Mi scusi se mi permetto, signora» chiede educatamente il maggiordomo «ma se suo nonno ha avuto altri figli come mai lei è rimasta l’unica erede?»
«Purtroppo morirono tutti nell’epidemia di asiatica del ’57, una vera tragedia, finirono anche sul giornale. In effetti io non li ho mai conosciuti. Mia nonna e mio padre invece si salvarono, una bella fortuna!» conclude la Calva Tettuta, e riprende:
«Comunque adesso abbiamo un bel problema, non è vero James? L’atto parla chiaro»
«Effettivamente signora le clausole sembrano abbastanza stringenti» ammette il maggiordomo, leggendo la copia del testamento.
“Io sottoscritto Tafari Maconnèn, negus neghesti con il nome di Hailé Selassié, imperatore d’Etiopia, nel pieno possesso delle mie facoltà, proprietario presso la Bank of London del deposito fiduciario numero HS-8991 e della cassetta di sicurezza numero HS-C2812, lascio questi averi agli eredi viventi di mia nipote Mariam Maconnèn ed agli eredi viventi dell’italiano da cui ha avuto un figlio, in modo che le ferite causate possano rimarginarsi e le famiglie possano riunirsi. Il testamento sarà effettivo solo quando gli eredi, alla presenza di testimoni, si incontreranno e renderanno omaggio alla tomba di mia nipote nel cimitero di Addis Abeba. In fede, eccetera eccetera…”
«Fin qui tutto bene, vero James? Peccato che il notaio abbia detto che quel lontano cugino sia sparito. E dove andiamo a trovarlo adesso? Non ho nemmeno l’abbigliamento adatto per la savana. Per curiosità mi piacerebbe conoscerlo, magari si scopre tutta una tribù di Quacquarini. Ma alla fine, non per essere venali, di quanto stiamo parlando? Non vorrei che sia più la spesa che l’impresa.» ragiona la pratica imprenditrice.
«Il notaio parlava di un valore aggiornato assai cospicuo, signora. Si tratta di circa 88 miliardi di sterline, o 100 miliardi di euro»
«Fréchete!» esclama Gilda rispolverando il vernacolo serrapetronese. «Hai voglia a impastare ravioli per arrivare a cento miliardi! A questo punto direi di affidarci ad un’entità superiore, sei d’accordo caro?»
«Credo che la decisione sia quasi obbligata, signora» concorda James.
«Bene, allora» conferma la Calva Tettuta, levando il suo richiamo verso una bionda statuaria avvolta da una lunga pelliccia turchese seduta qualche tavolino indietro.
«Natascia? Sei mai stata in Etiopia?»
