Après moi le déluge (stai sereno…)

Con grande strombazzamento mediatico il nostro giovane (beato lui) presidente del consiglio ha dato il via alla campagna referendaria per il si alle “riforme” costituzionali.

Sono prevenuto, lo ammetto, ma è più forte di me:  quando vedo statisti del calibro di un Renzi, Verdini o Alfano, con rispetto parlando, e prima di loro un Berlusconi o un Calderoli, ma persino un D’Alema per dire, mettersi a pasticciare con la Costituzione scritta da gente di ben altra levatura mi prudono le mani.

Sarà forse perché, anche se sono passati parecchi anni, ricordo di aver giurato due volte di essere ”fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina e onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”: non me ne vanto eccessivamente, ma nemmeno me ne vergogno.

Non che voglia esser preso ad esempio, ma il mio approccio è quello che ho sempre cercato di insegnare ai colleghi più giovani che con entusiasmo si accingono a stravolgere un programma che fa il suo lavoro da anni: se vuoi toccarlo devi essere sicuro che funzioni meglio, altrimenti è meglio che lo lasci così com’è, almeno non fai danni.

Non entro, per ora, nel merito della “riforma”, della quale peraltro quello che ci tengono a far sapere i sostenitori è: a) se non passa premier e vice si dimettono _ e già questo, di per se, per molti potrebbe costituire un valido motivo per non farla passare _ b) chi vota contro non è figlio di Maria non è figlio di Gesù quando muore va laggiù c) se non passa, il paese cadrà in un baratro di ingovernabilità e inciuci.

Sono venticinque anni ormai che ci rompono l’anima con questa storia della governabilità. Il proporzionale non andava bene, passiamo al maggioritario; il maggioritario non basta, andiamo verso il bipolarismo; il bipolarismo non regge, rafforziamo i poteri del governo.

Amici cari, sarebbe ora di essere onesti ed ammetterlo: il problema non è di governabilità, ma di governanti; il difetto, come sempre, sta nel manico.

Stendiamo un velo pietoso sul periodo berlusconiano: il cui capolavoro politico, peraltro, è stato quello di sparpagliare propri uomini per ogni dove, ivi compreso a capo del principale partito avversario. Ma, solo per rimanere nell’attualità: se tu metti a ministro degli esteri un Gentiloni, sempre con rispetto parlando, te la prendi con la Costituzione? Se metti Dracula a guardia dell’Avis, vedi una certa ministra con amico interessato agli appalti pubblici, la colpa è della Costituzione? Se la tua vice ha il babbo nel CDA di una banca fallimentare, e tu stranamente ti metti a legiferare sulle suddette banche, la Costituzione c’entra qualcosa?

O piuttosto c’entrano le regole bislacche del maggior partito di governo attuale, dove strateghi come Parisi e Veltroni hanno istituito quell’americanata delle primarie che permettono di far eleggere il proprio segretario anche da chi al proprio partito non è iscritto, come se i tifosi dell’Inter indicassero a Berlusconi (sempre lui) il centravanti da comprare per il Milan?

Detto ciò, e lo dico affettuosamente al nostro giovane premier, come lui affettuosamente lo disse al suo predecessore Enrico Letta: stai sereno. Questo paese, con i suoi pregi e i suoi difetti,  c’era prima di te e continuerà ad esserci anche dopo; abbiamo passato tempi belli e superato tempi anche più bui di questi, con e grazie a questa Costituzione.

Il diluvio, nonostante voi, non arriverà.

(97. continua)

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Cuba! Libre…?

Rimasi molto colpito, tempo fa, da un esempio che l’allora lider maximo cubano Fidel Castro fece a Gianni Minà, che lo intervistava a proposito del modo di vivere occidentale: se tutti gli indiani andassero in bagno  come voi, il mare sarebbe coperto di carta igienica. Ammetto di non essermi  mai posto, fino a quel momento, il problema di come gli altri popoli si pulissero il didietro, dando per scontato che esistesse un solo modo logico, il nostro; è vero che mio padre mi raccontava di quando da ragazzi capitasse, nelle loro scorribande per campi, di mangiare frutta acerba ed a cagione di ciò essere costretti ad utilizzare delle foglie larghe: ma era un’eccezione.

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Ad esempio, pochi mesi fa in Turchia le autorità religiose hanno approvato l’uso della carta igienica, in mancanza di acqua corrente.  Istintivamente tendo a diffidare delle religioni che vogliono imporre comportamenti sessuali e alimentari, in questo caso poi si vuole esagerare: da sotto le coperte, a tavola, al bidet, non c’è un attimo di tregua.

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Non voglio certo fare una dissertazione, tra l’altro poco elegante, sull’argomento. E’ solo per dire che non è detto che quello che a qualcuno sembra giusto e scontato lo sia altrettanto per gli altri.

Tornando a Cuba, ho apprezzato molto che Obama, dopo aver annunciato la fine dell’embargo decennale, abbia colà spedito degli anziani rockettari per convincere la popolazione che non correrà rischi nel passare dall’economia socialista al capitalismo consumista: i cubani, se sono avveduti, se ne guarderanno bene dallo scambiare i loro sigari e la loro salsa con Mc Donald’s e Coca Cola. E’ un po’ quello che noi abbiamo fatto per anni con l’Unione Sovietica, bombardandoli con Al Bano e Toto Cutugno, per fargli credere che fossimo inoffensivi: dagli e dagli, alla fine ci hanno creduto.

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L’apertura probabilmente avrà degli effetti collaterali: ad esempio la concorrenza per cercar moglie a Cuba sarà più agguerrita e di conseguenza l’ultima spiaggia di qualche nostrano cuore solitario si allontanerà. In genere i patti erano: io ti sposo, sto con te il tempo di prendere la cittadinanza, poi ti lascio e amici come prima. A me sembra un contratto vantaggioso per tutti, una forma peculiare di leasing; le clausole scritte in piccolo andrebbero lette bene, però: da nessuna parte si assicura che una salsera cubana venticinquenne rimanga vita natural durante con un imbianchino brianzolo di mezza età (men che meno con un programmatore).

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A proposito di mezza età mi chiedevo l’altro giorno, leggendo di quell’uomo che di punto in bianco a 50 anni ha lasciato moglie e ben 14 (quattordici) figli, se non fosse veleggiato verso l’isola caraibica. La soglia dei cinquant’anni, chi c’è passato lo sa, è particolarmente temibile. Capita di guardarsi indietro e chiedersi che caspita si sia combinato; pochi possono aspettarsi di averne davanti altrettanti  per recuperare il tempo perduto. Nel caso specifico mi sembra che il protagonista si sia dato abbastanza da fare, non dovrebbe patire di eccessivi rimpianti; tra l’altro, avendo a disposizione una squadra di calcio con tanto di riserve, avrebbe potuto attrezzarsi per una carriera da Mister.

article-1358654-0D434280000005DC-849_1024x615_largeSpero ardentemente che il fuggitivo non decida di andare per il mondo a spargere ancora figli: le risorse del pianeta sono limitate, e se i cinesi invidiosi di tanta fertilità iniziassero anche loro a riprodursi senza freni? Amico, dacci un taglio!

(96. continua)

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p.s.
Le immagini sono tutte prese da Internet. A Cuba non ci sono mai stato, e a questo punto penso che non ci andrò più, ma mai dire mai. Un mio amico ci andò in viaggio di nozze, e passò tutto il tempo in camera d’albergo. Non a fare quello che pensate voi, maliziosi. Aveva preso un’insolazione. Sua moglie però intanto andava in spiaggia. C’erano dei validi bagnini, a quanto pare.

 

 

 

Toglietegli la bottiglia

Pur essendo di natura fiducioso nel genere umano, mi capita ogni tanto di dovermi ricredere dalle mie stesse convinzioni. L’ultima volta, anche se devo ammettere di essere stato incauto, è stato un paio di giorni fa, quando ho preteso di discutere di cose serie su Fessbuc. Assurdità, lo riconosco: lo strumento andrebbe usato esclusivamente per condividere foto delle vacanze o aforismi di dubbia paternità, nonché storie pietose di cuccioli maltrattati, insulti vegani ai carnivori o viceversa grandangoli di enormi grigliate. Insomma, derogando alla semplice regola di buonsenso che vieterebbe di uscire da questo seminato, ho commentato un post che parlava di un centro di accoglienza per immigrati di 274 persone, che diceva di non avere avuto sostanzialmente problemi tranne che con cinque nigeriani che i responsabili avevano dovuto allontanare perché volevano spaccare tutto, esprimendo le seguenti opinioni: a) secondo me stiamo alimentando un mercato dell’accoglienza tutt’altro che virtuoso. Sono spuntate come funghi Coop e Onlus che si spartiscono fatturati non trascurabili: la qual cosa dovrebbe indurre a chiederci se ci sia un vero interesse a che questi numeri calino, quanto invece che aumentino il più possibile; b) sia come sia, se i nigeriani intemperavano, avevano fatto bene ad allontanarli.

Apriti cielo. Nell’ordine mi sono beccato: del becero; dell’ignorante; del correo dei misfatti della Chiesa Cattolica (?); del frate.

Che sia ignorante sono il primo a dirlo. Non si può sapere tutto; nello specifico, trattandosi di Africa e di cause delle migrazioni tuttavia mi sentivo abbastanza preparato, e la valutazione mi è sembrata abbastanza ingenerosa; sulla Nigeria sono abbastanza ferrato, non tanto quanto il Congo e il Ruanda ma generalmente oltre la media di gran parte dei miei conoscenti.

Sul becero non me la sento di negare del tutto, a condizione di mettersi d’accordo sul significato: politicamente scorretto? Nostalgico? Xenofobo? Ammetto che alcune mie posizioni recenti, riguardanti ordine e disciplina, hanno spinto mio figlio a sospettare che nascondessi nell’armadio fez e camicia nera; se diventare con l’età sempre più intolleranti verso ipocriti e maleducati vuol dire essere beceri, sarò becero.

L’epiteto “frate” mi è stato lanciato come un’offesa, anche se non mi risulta che lo sia: credo comunque si sia trattato di un equivoco, dovuto al fatto che sulla foto del profilo FB indosso una tunica da signorotto medievale. Mi sembrava di dominio comune che l’abito non facesse il monaco, dovrò mettere una didascalia. Il significato comunque era che uno vestito in quel modo non può fare dei gran ragionamenti; ma anche pensare che uno vestito in quel modo non possa fare gran ragionamenti non è un gran ragionamento. Fare il frate comunque, come ho già detto, rimane una mia aspirazione.

Sul come si sia finiti a parlare dei crimini della chiesa cattolica in rapporto alle migrazioni attuali, per quanto si possano trovare spiegazioni storiche, va ricondotto al titolo di questo post, ovvero che ad un certo punto del pranzo, quando lo zio picchiatello inizia a parlare troppo, bisogna allontanare la bottiglia del rosso.

Dopodiché, chi ha più testa la usi: è inutile fare a cappellate con i piccioni, come si dice al mio paese; ho salutato la compagnia, e non-amici come prima.

(95. continua, se non disturbo)

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