Amiche e amici, ci stiamo per lasciare alle spalle quest’anno che credo in pochi rimpiangeranno, a parte Amazon, Netflix, Deliveroo, le industrie farmaceutiche, il governo Conte bis che ha avuto almeno un motivo per rimanere in sella, gli agorafobici, Roberto Burioni, le imprese di pompe funebri, i supermercati, quelli che adorano lavorare al computer in mutande, i fanatici negazionisti ed i fanatici catastrofisti, gli studenti con poca voglia di studiare, gli apprendisti pizzaioli e gli chef improvvisati.
La Cina da cui tutto è partito ne è uscita per prima; gli altri hanno imparato poco o niente, e così stiamo andando avanti a colpi di zone rosse nell’attesa del vaccino salvifico.
Ma non è di questo che voglio parlare, il mondo ha vissuto crisi ben più gravi, guerre, carestie, pestilenze, e siamo ancora qui in sette miliardi e sono convinto che andremo avanti ancora per un bel po’; quello che è cresciuto non è il pericolo ma la paura di morire, specialmente nelle zone del benessere, e quindi ci rincresce lasciare questa “valle di lacrime” come se fossimo indispensabili: ma siamo formichine in mezzo ad altre formichine, e nemmeno solidali le une con le altre se è vero che quelle ricche stanno facendo incetta di vaccini lasciando agli altri le fialette vuote.
Devo constatare che non ci sono più le belle zone rosse di una volta, poco fa sono uscito per andare all’Esselunga e in giro c’erano parecchie auto e il supermercato era pieno. Io ho preso le ultime cosette assolutamente non essenziali, delle tigelle per accompagnare i salumi, salamelle da fare in umido al posto del cotechino che a qualcuno in casa non piace, noci da sgranocchiare mentre si farà qualche gioco da tavola in attesa della mezzanotte. Probabilmente lo Scarabeo, io preferirei il Monopoli ma sono in minoranza. Da anni comunque il capodanno in casa nostra si è svalutato, da quando i figli sono cresciuti: era bello trovarsi con i cognati e altri amici e sparare petardi dal mio balcone verso il condominio di fronte, un anno specialmente avevamo preso una scatola di razzi Katjuscia e glieli abbiamo buttati sul tetto: che ridere! L’anno scorso, per dire, siamo andati insieme a degli amici a vedere un film insulso con Ficarra e Picone e tra l’altro non avevamo prenotato i posti così ci siamo dovuti sparpagliare per la sala; poi ognuno a casa propria per il brindisi, che tristezza.
L’altro giorno andando ad un funerale (troppi, quest’anno, e senza nemmeno Covid) siamo passati vicino alla piazza d’armi dove di solito in questo periodo stazionava qualche circo, piazzale desolatamente vuoto; il funerale dicevo (il padre novantenne di un amico, morto di vecchiaia e per la pena della perdita quest’estate di un figlio più o meno della mia età) è stato partecipato, pure troppo tanto che alla fine c’è stato un bel po’ di assembramento, ed ho pensato che c’erano delle fondate ragioni se ad un certo punto la partecipazione ai funerali è stata vietata. Io come sapete dovrei essere immune, ma non si sa mai…
A proposito di immune ho letto su un trafiletto del Corriere della Sera (che ho comprato solo per le uscite gratis di Monet e Botticelli del compianto Philippe Daverio) che anche chi l’ha già avuto potrà vaccinarsi, senza conseguenze. Mentre ancora non è chiaro se chi si vaccina può contagiare gli altri, spero lo scoprano al più presto altrimenti bisognerebbe mettere in quarantena anche i vaccinati prima di farli andare in giro…
Ieri sera con una coppia di amici siamo andati a fare una passeggiata in città. Gli anni scorsi era tutto un tripudio di luci, giochi di luce sui monumenti più importanti e nelle piazze più suggestive; quest’anno ovviamente solo le lampadine luminose sulle vie principali e qualche negozio volenteroso. Passando vicino a quei ristoranti chiusi mi sono chiesto se davvero non si potesse fare diversamente, credo proprio di sì. Come illuminazione l’amministrazione ha messo dei grossi riflettori dentro la torre della porta principale d’ingresso alla città, che sparano un fascio di luce verso il cielo: come a dire butta giù un’occhio, che abbiamo bisogno…

Stasera, alle 18, canteremo il Te Deum. I motivi per farlo sono tanti, prima di tutto quello di esserci per cantarlo. Il cenone è quasi pronto, la bottiglia è in frigo (champagne, me l’hanno regalata qualche mese fa e bisogna tirargli il collo).
Brinderò a tutti gli amici, alla felicità ed alla salute: in mezzo ci sarete anche voi, amiche e amici. Buon Anno!
