Te Deum

Amiche e amici, ci stiamo per lasciare alle spalle quest’anno che credo in pochi rimpiangeranno, a parte Amazon, Netflix, Deliveroo, le industrie farmaceutiche, il governo Conte bis che ha avuto almeno un motivo per rimanere in sella, gli agorafobici, Roberto Burioni, le imprese di pompe funebri, i supermercati, quelli che adorano lavorare al computer in mutande, i fanatici negazionisti ed i fanatici catastrofisti, gli studenti con poca voglia di studiare, gli apprendisti pizzaioli e gli chef improvvisati.

La Cina da cui tutto è partito ne è uscita per prima; gli altri hanno imparato poco o niente, e così stiamo andando avanti  a colpi di zone rosse nell’attesa del vaccino salvifico.

Ma non è di questo che voglio parlare, il mondo ha vissuto crisi ben più gravi, guerre, carestie, pestilenze, e siamo ancora qui in sette miliardi e sono convinto che andremo avanti ancora per un bel po’;  quello che è cresciuto non è il pericolo ma la paura di morire, specialmente nelle zone del benessere, e quindi ci rincresce lasciare questa “valle di lacrime” come se fossimo indispensabili: ma siamo formichine in mezzo ad altre formichine, e nemmeno solidali le une con le altre se è vero che quelle ricche stanno facendo incetta di vaccini lasciando agli altri le fialette vuote.

Devo constatare che non ci sono più le belle zone rosse di una volta, poco fa sono uscito per andare all’Esselunga e in giro c’erano parecchie auto e il supermercato era pieno. Io ho preso le ultime cosette assolutamente non essenziali, delle tigelle per accompagnare i salumi, salamelle da fare in umido al posto del cotechino che a qualcuno in casa non piace, noci da sgranocchiare mentre si farà qualche gioco da tavola in attesa della mezzanotte. Probabilmente lo Scarabeo, io preferirei il Monopoli ma sono in minoranza. Da anni comunque il capodanno in casa nostra si è svalutato, da quando i figli sono cresciuti: era bello trovarsi con i cognati e altri amici e sparare petardi dal mio balcone verso il condominio di fronte, un anno specialmente avevamo preso una scatola di razzi Katjuscia e glieli abbiamo buttati sul tetto: che ridere! L’anno scorso, per dire, siamo andati insieme a degli amici a vedere un film insulso con Ficarra e Picone e tra l’altro non avevamo prenotato i posti così ci siamo dovuti sparpagliare per la sala; poi ognuno a casa propria per il brindisi, che tristezza.

L’altro giorno andando ad un funerale (troppi, quest’anno, e senza nemmeno Covid) siamo passati vicino alla piazza d’armi dove di solito in questo periodo stazionava qualche circo, piazzale desolatamente vuoto; il funerale dicevo (il padre novantenne di un amico, morto di vecchiaia e per la pena della perdita quest’estate  di un figlio più o meno della mia età) è stato partecipato, pure troppo tanto che alla fine c’è stato un bel po’ di assembramento, ed ho pensato che c’erano delle fondate ragioni se ad un certo punto la partecipazione ai funerali è stata vietata. Io come sapete dovrei essere immune, ma non si sa mai…

A proposito di immune ho letto su un trafiletto del Corriere della Sera (che ho comprato solo per le uscite gratis di Monet e Botticelli del compianto Philippe Daverio) che anche chi l’ha già avuto potrà vaccinarsi, senza conseguenze. Mentre ancora non è chiaro se chi si vaccina può contagiare gli altri, spero lo scoprano al più presto altrimenti bisognerebbe mettere in quarantena anche i vaccinati prima di farli andare in giro…

Ieri sera con una coppia di amici siamo andati a fare una passeggiata in città. Gli anni scorsi era tutto un tripudio di luci, giochi di luce sui monumenti più importanti e nelle piazze più suggestive; quest’anno ovviamente solo le lampadine luminose sulle vie principali e qualche negozio volenteroso. Passando vicino a quei ristoranti chiusi mi sono chiesto se davvero non si potesse fare diversamente, credo proprio di sì. Come illuminazione l’amministrazione ha messo dei grossi riflettori dentro la torre della porta principale d’ingresso alla città, che sparano un fascio di luce verso il cielo: come a dire butta giù un’occhio, che abbiamo bisogno…

Stasera, alle 18, canteremo il Te Deum. I motivi per farlo sono tanti, prima di tutto quello di esserci per cantarlo. Il cenone è quasi pronto, la bottiglia è in frigo (champagne, me l’hanno regalata qualche mese fa e bisogna tirargli il collo).  

Brinderò a tutti gli amici, alla felicità ed alla salute: in mezzo ci sarete anche voi, amiche e amici. Buon Anno!

Chiunque l’abbia creata ha fatto un buon lavoro

Voglio lo Sputnik!

Ed anche questo strano Natale di isolamento è passato, non ci siamo assembrati, o almeno non più di tanto, e siamo persino stati morigerati nelle libagioni; dal canto mio sono stato aiutato in questo dal mal di stomaco che mi coglie periodicamente e nei momenti meno opportuni, ed ha visto bene di farsi vivo per la Vigilia forse in concomitanza del fatto di non avere ancora visto accreditato sul conto corrente il compenso di settembre:  somatizzo, evidentemente, la mia consorte mi invita a non pensarci (che mica muori di fame, aggiunge), il cervello concorda ma lo stomaco mica tanto. Peccato, perché quei due chiletti che avevo perso con il Covid li avrei riacquistati volentieri sotto le feste, ma me li terrò di riserva per tempi migliori.  

Per raggiungere mia suocera a Natale, dato che abita in un paese vicino, siccome in famiglia siamo in tre ci siamo dovuti dividere e raggiungerla separatamente; stessa cosa i miei cognati per Santo Stefano e idem gli altri cognati la domenica successiva. Lo spirito del decreto non era proprio questo ma ci sembrava stupido doverci dividere proprio per le feste, ma più stupido ancora rischiare di prendere una multa… in giro comunque pochissima gente, si erano organizzati tutti.

Per inciso e senza acrimonia verso nessuno quest’anno non ho ricevuto nemmeno un regalo, nemmeno un pigiama o un dopobarba: con tutto quello che succede nel mondo stai a pensare ai regali mi dicono, e ci mancherebbe! Anzi a dire la verità un amico mi ha regalato una cravatta gialla con stampe di leoncini, cosa che mi ha fatto rimpiangere la bottiglia di prosecco che invece gli ho destinato: alla prima tombola di beneficenza cercherò di sbolognarla, almeno un ambo dovrebbe valere…

A proposito di mal di stomaco, il 10 dicembre avrei dovuto fare una gastroscopia, prenotata in settembre; non sarei comunque potuto andare perché come ricorderete ero ancora in isolamento, ma ad ogni modo l’ospedale l’aveva cancellata d’ufficio come tutti gli esami non urgenti per fare spazio al Covid; come abbiamo già detto quest’anno o ci si ammala di Covid o conviene star bene perché tutto il resto è passato in second’ordine. Ho tentato di prendere un nuovo appuntamento, le prime date utili sono a luglio. Roba da farsi venire l’ulcera!

Oggi ha fatto una bella nevicata, fino all’ora di pranzo; era da un bel pezzo che non ne buttava giù così, sui tetti ce n’è una ventina di centimetri. Il sindaco ieri ha invitato a non spostarsi se non per motivi di assoluta necessità, qui tra Covid e neve va a finire che non si esce più di casa; i commercianti speravano in questi tre giorni di recuperare qualche entrata ma dovranno aspettare ancora.  Un signore , nel condominio di fronte al mio, ha passato tutta la mattinata a spalare: se non avessi avuto da lavorare sarei rimasto volentieri a guardarlo (avevate pensato ad aiutarlo?), niente di più rilassante che guardare chi lavora…  In casi come questi si apprezza il lavoro da casa: se fossi andato a Milano, ammesso di arrivare, non so se sarei tornato a casa, e quando.

E’ iniziata la vaccinazione! I telegiornali finalmente potranno smetterla di parlare di quanti tamponi e quanti morti ci sono al giorno, e cominciare a fare informazione sui vaccini. Se ancora si ricordano come si fa informazione, visto che finora il taglio è: vaccinatevi perché altrimenti siete dei traditori e dei fetusi. Su quanti vaccini, come sono fatti, controindicazioni, poco o niente. Il mio piccolo sondaggio personale dice che il 100% di anziani non ci pensa manco per le palle di vaccinarsi (campione: 2 persone, mia madre e mia suocera. Largo ai giovani, dicono). Grandi polemiche perché il presidente della regione De Luca si è fatto vaccinare: ma scusate, invece di elogiarlo perché ha dato il buon esempio, gli andate a rompere le scatole? De Magistris, poi, il sindaco di Napoli, che quando De Luca metteva restrizioni si affrettava a criticarle, per poi piangere e chiedere al governo di chiudere tutto.

Io comunque in questi giorni ho riflettuto: dato che la mia amica infermiera mi ha detto che il vaccino io lo avrò per ultimo dato che il Covid l’ho già avuto,  ho deciso di aspettare che arrivi il vaccino Sputnik, quello bello, solido, fatto alla vecchia maniera, come le vecchie Fiat a Togliattigrad, mica quelli che paciugano l’Rna. Che saranno pure innocui, ma io aspetterei una venticinquina di anni per esserne certi…

Amiche e amici, in questi giorni non ho fatto quasi niente di quello che mi ripromettevo, i lavori vanno a rilento ma non dispero. Qualcosa per la pensione dovrò pur lasciarmelo…

Infermiere entusiaste dopo la vaccinazione

Olena à Paris – 28

Gilda, con indosso una tuta di cotone organico di color rosa antico, dopo aver compiuto due volte il periplo del parco di villa Rana come riscaldamento, raggiunta la collinetta degli eroi così chiamata in quanto vi sono sepolti i resti dei portalettere che hanno avuto la sfortuna di avventurarsi nel boschetto sottostante ai tempi in cui era abitato da una tribù di pigmei antropofagi, si ferma un attimo per riprendere fiato con le mani ai fianchi, flettendo in avanti il busto che l’ha resa famosa come Calva Tettuta, ma il battito di mani dell’esperto istruttore la richiama subito all’ordine.
«Pausa, generale, non ce la faccio più, non sono più una ragazzina!» chiede comprensione Gilda, con un pizzico di civetteria.
«Pausa non buona, laffledda muscoli. Il movimento non deve essere intellotto di colpo, deve fluile a valle come acqua di solgente che scolle velso il male»
«Se non mi siedo un attimo un colpo prenderà a me, generale Po» protesta la vedova Rana. «E poi oggi non sono dell’umore adatto»
«Capisco, la peldita della vecchia signola ha colpito molto tutti quanti. Facciamo cinque minuti di pausa» concede il cinese.
«In realtà, Po, non è tanto quello che mi preoccupa. Non vorrei sembrare cinica, se è questa la parola giusta, ma in fondo aveva più di cento anni, da quanto sappiamo è morta senza soffrire, quanto voleva campare ancora? Io ci metterei la firma»
«Allola cosa la cluccia, signora?» chiede l’ultraottuagenario Po, toccandosi gli attributi senza darlo a vedere.
«Po, ho bisogno di un tuo consiglio»
«Se posso, signola, glielo dalò volentieli. Devo pelò avveltilla che se si tlatta di questioni di cuole sono un po’ allugginito. Ligualda il glande uomo del Nold?» chiede l’antico combattente, riferendosi all’amante norreno di Gilda.
«Il glan… no, non si tratta di Svengard. Povera stella, a lui basta dargli qualche albero da tagliare e una bella cavalcata di notte ed è a posto. Un paio di volte l’ho sorpreso mentre leggeva un libro di nascosto e mi sono preoccupata, ma poi quando ho visto che si trattava di fiabe islandesi mi sono tranquillizzata»
«Allola cosa la angustia, signola?»
«Po, mi hanno offerto una piccola fortuna per vendere l’azienda. Non l’ho fatto, non so se più per tigna che per razionalità. La responsabilità di tutte queste persone pesa sulle mie spalle… e se avessi sbagliato? Se dovesse andar male, e questa gente perdesse il lavoro per una mia impuntatura? A volte penso di non essere all’altezza, io non ho il pelo sullo stomaco come Biscuit, o come l’aveva Evaristo… ogni giorno sembra di essere in guerra, ma io non sono tagliata per questo… Po, che devo fare?» chiede la vedova Rana, preoccupata.
Il cinese Po, l’ultima delle guardie del corpo dell’ultimo Imperatore cinese, raddrizza le spalle e scruta l’orizzonte, come cercarvi un lontano passato.
«Si può perdere tutto, ma non si deve perdere l’onore. L’onore è quello che conta. Io avrei potuto abbandonare l’Imperatore al suo destino, come hanno fatto in tanti, nessuno avrebbe potuto biasimarmi. Ma chi sarebbe stato quell’uomo che ogni giorno avrei guardato allo specchio? Un vile, un traditore, un opportunista. Lei non ha bisogno di pelo sullo stomaco, il suo pelo è al posto giusto… io non credo affatto che lei non sia tagliata per la battaglia, signora. Lei è una donna speciale ed una brava imprenditrice. Qual’è la donna che vuol vedere quando si specchia?»
«Po, ma tu hai pronunciato le erre!» constata Gilda, sorpresa.
«Quali elle?» chiede Po, sopreso a sua volta.
Gilda rimane assorta qualche secondo, poi alza il mento, fiera.
«Grazie, Po, anche se non ho afferrato tutto, le tue parole mi hanno rincuorato. Tutto quello che ho l’ho guadagnato con anni di lavoro duro e non lo lascerò in mano a degli squali senza combattere.»
«Bene» dice Po, con un sorriso di compiacimento «Allola liprendiamo allenamento. Pausa finita»

«E’ incredibile…»
James, arrivato a Buenos Aires dopo un volo di tredici ore con l’Air Force Rana e di altre quattro con un elitaxi, senza nemmeno un attimo per riposarsi è stato portato immediatamente nel magazzino del deposito di Tres Lomas. Alla vista del contenuto della decina di casse che Olena ha aperto per fargliele visionare, rimane a bocca aperta.
«Allora, cuosa tu dice?» lo incalza la russa.
«Un attimo, per la miseria, fammi riprendere fiato!» protesta James, ancora incredulo.
Gira qualche minuto intorno ai quadri, si avvicina per esaminarli meglio, scuotendo la testa… «Impossibile…» dice tra sé e sé.
«Cuosa impossibile?» chiede Olena, impaziente.
James reprime l’istinto di dare una rispostaccia, si avvicina ad uno dei quadri ed inizia a spiegare.
«Natascia, io non sono un critico d’arte, ma se questi quadri sono quello che sembrano, non dovrebbero essere qui…»
«Perché tu dice questo?» lo interroga la siberiana.
«Perché si tratta di quadri spariti durante la seconda guerra mondiale, che erano considerati perduti, distrutti dai bombardamenti o trafugati dai tedeschi e finiti in qualche caveau in Svizzera o magari nella stessa Germania, o in Unione Sovietica dopo la caduta del Reich… senza offesa, naturalmente» precisa James, vedendo l’angolo sinistro della bocca di Olena corrucciarsi, come sempre quando si parla di Unione Sovietica. «Se fossero autentici staremmo parlando di valore inestimabile, vedi quello? E’ un Raffello, “Ritratto di giovane uomo”, si trovava a Cracovia, fu confiscato dai tedeschi e non se ne seppe più nulla… e quello un Caravaggio, “Ritratto di una cortigiana”, lo si credeva bruciato nell’incendio della Flakturm Friedrichshain, a Berlino, poco dopo la fine della guerra… e quello è un Van Gogh, quell’altro un Cezanne…»
James prende fiato e si asciuga il sudore con la pochette in seta stampata con una fantasia di amorini, poi continua:
«Natascia, mi pare che questa faccenda sia un po’ troppo grande per noi. Questo è un patrimonio dell’umanità, dobbiamo farlo studiare, stimare, dobbiamo avvisare le autorità…»
Olena ferma James e lo fissa con uno sguardo che non ammette repliche:
«Niet autorità. Io, sono l’autorità»

Il pollastrone delle feste

Amiche e amici, mi porto avanti con gli auguri dato che nei prossimi giorni questa rubrichetta chiuderà per ferie; oltre alle libagioni voglio dedicarmi ad altri progettini come scrivere qualche nuovo capitolo di Olena à Paris,  possibilmente portando la storia anzi le storie a conclusione, e riordinare le commedie per ragazzi che ho scritto negli ultimi dieci anni per raccoglierle in un libro che mi regalerò per il compleanno e lascerò in eredità ai posteri.

Ieri mi ha divertito la pubblicità di un noto supermercato del suo “pollastrone delle feste”; lì per lì me ne sono venuti in mente diversi di pollastroni ma quello che metto nella foto di apertura penso sia in questo momento il più adatto.

Un pollastrone lo metto anche in coda al post, come omaggio alle amiche che ne hanno fatto espressamente richiesta; di pollastre quest’anno ne ho messe parecchie, non vorrei essere accusato di sessismo…

Tanti auguri dunque, di Buon Natale  e Felice Anno Nuovo; e se non proprio felice, che almeno non sia disastroso come questo che sta passando…

Sta rispondendo ad una chiamata di Zeus
ops… mi è scappata

La variante inglese

Amiche e amici, il Natale si sta avvicinando a grandi passi, lo scorso weekend è stato l’ultimo utile per regali inutili e spese superflue; in città è andata meglio della scorsa settimana anche perché il tempo era brutto ed è scesa meno gente, inoltre l’amministrazione comunale aveva istituito dei percorsi obbligatori per i pedoni, dei sensi unici insomma, e quindi gli assembramenti più gravi sono stati evitati.

Mi sono tenuto alla larga dal centro storico ma con l’intenzione di dare il mio modesto contributo allo spirito natalizio mi sono recato in un mercato di produttori biologici che si svolge ogni sabato negli spazi messi a disposizione dai frati Comboniani; non ho comprato niente ma ho riflettuto sull’assurdità di un’economia per cui giganti come Amazon guadagnano miliardi facendo correre milioni di formichine a consegnare pacchi in ogni angolo della terra, e poi ci sono questi eroici resistenti che tirano la carretta prendendo freddo a vendere mele di forma strana o miele prodotto da laboriose api che estraggono la linfa da fiori di  piante in via di estinzione. Comunque, per dare anche un contributo all’Oratorio, mi sono fatto confezionare un bel cesto per l’amico Gianni in segno di riconoscenza per avermi assistito mentre la mia dottoressa latitava.

Sabato c’è stato il presepio vivente in versione ridotta, dentro al Duomo ed alla presenza di pochi intimi, per lo più autorità; con che coscienza poi presiedano al presepio dopo aver emesso ordinanze di sgombero e senza aver allestito i necessari ricoveri per i senzatetto, lo sanno solo loro. Presepio organizzato come sempre molto bene dal gruppo di Comunione e Liberazione che apprezzo almeno in questo, oltre al bel coro molto preparato e nutrito (di cantori) anche se quest’anno, per ragioni di distanziamento, si sono dovuti presentare con una selezione .

A proposito di cantori, domenica sono tornato al mio coretto, accolto con una piccola Ola di gioia; a quest’ora gli altri anni avremmo preparato almeno un paio di canti nuovi, quest’anno ci accontenteremo di Tu scendi dalle stelle e Astro del Ciel, che il popolo comunque gradisce sempre. Ho constatato che la voce che era già poca se non altro non è diminuita, mentre il fiato quello è ancora da recuperare, ci vorranno delle lunghe passeggiate…

Babbo Natale ci ha fatto il regalo anticipato ed ha portato questa cosiddetta variante inglese  del virus; gli esperti sono preoccupati perché sembra più contagiosa della versione “base”, tra l’altro gli inglesi si sono ben guardati dal dare l’allarme quando l’hanno scoperta e così l’hanno fatta sparpagliare in tutta Europa: grazie tante, eh! Ma quand’è che ve ne andate finalmente e ve ne rimanete chiusi nella vostra isoletta? Adesso voli cancellati, tamponi a go-go, ovviamente quando i buoi sono scappati. Sembra quasi ci sia un regista che si diverte, appena si vede una luce in fondo al tunnel, a spostare il tunnel…

Domenica a pranzo da mia suocera si è pianificato il prossimo pranzo di Natale: scongiurato il pericolo di lasciare sola la vegliarda, che sarebbe comunque sopravvissuta benissimo, le disposizioni ministeriali permettono la presenza di due familiari non conviventi alla volta; dalle previsioni sembra che sforeremo solo di qualche unità. Niente a che vedere con i quindici dell’anno scorso…

Ieri pomeriggio per scambiarci i saluti con qualche coppia di amici ci siamo dati appuntamento in campo neutro, ovvero in un bar fuori mano con tavoli all’aperto, dove ci siamo potuti sedere separatamente (massimo in quattro); per fortuna non faceva troppo freddo altrimenti se pure scampavamo al Covid il raffreddore sarebbe stato assicurato. E il pandoro con la crema al mascarpone mangiato in compagnia, il punch al mandarino, le praline al cioccolato, chi ce li ristornerà? Ci siamo ripromessi, quando se ne uscirà perché prima o poi se ne uscirà, di ripartire da dove ci siamo lasciati il 7 marzo fatidico: a Novara a mangiare la paniscia…

Ed è l’augurio che voglio fare a tutti, amiche e amici, che si possa tutti quanti al più presto mangiare la paniscia a Novara con chi ci è più caro…

una pregevole variante della paniscia

Olena à Paris – 27

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale centinaia di tedeschi, qualcuno responsabile di crimini di guerra, grazie a complicità varie riuscì a fuggire dalla Germania occupata e rifugiarsi in Sudamerica, dove erano già presenti numerosi connazionali e dove alcuni governi non erano troppo schizzinosi con i nazisti, sia pure ex; di questi fuggiaschi una buona parte trovò accoglienza in Argentina. Per la verità già durante la guerra c’era stato un certo viavài tanto che negli archivi di una nota banca a Buenos Aires recentemente si sono ritrovati i i conti di ben dodicimila tedeschi scappati, per lo più con beni depredati agli ebrei.

A Tres Lomas la battaglia si è conclusa, i superstiti si sono arresi e sono stati presi in consegna dagli uomini di Juanito: quello che li aspetta non è la prigione ma un lungo periodo come sorveglianti di bovini, sorvegliati a loro volta da sorveglianti di uomini. Nella stanza al secondo piano, sventrata da un razzo lanciato da uno degli antichi montoneros, Olena, Juanito e Osvaldo sono rimasti soli.
«Muchas gracias don Juan, senza di voi e dei vostri uomini non sarebbe stato facile uscire di qua»
«E’ stato un vero piacere, señorita, mi avete fatto ritornare giovane e mi avete dato l’opportunità di suonarle a quei banditi per cui lavoravano i miei nipoti, spero abbiano capito la lezione» risponde Juanito, orgoglioso. Poi, indicando l’uomo accasciato sulla sedia:
«E di lui, che ne facciamo?»
Olena abbassa lo sguardo verso Osvaldo, con un misto di delusione e disprezzo.
«Lasciatelo libero, don Juan»
«Libero, señorita? Siete sicura? Ha tradito una volta, lo farà ancora…»
«Si, liberatelo» conferma Olena, poi freddamente si rivolge ad Osvaldo:
«Vattene. E ricorda che fortuna passa una volta sola»
Osvaldo guarda i due, incerto, temendo una trappola. Si alza in piedi e si avvia all’uscita con circospezione, poi si gira cercando di dare una spiegazione:
«Capitano, io…»
«Vattene!» ripete la russa, puntandogli la pistola alla testa. Osvaldo indietreggia fino ad arrivare alle scale, dopodiché si dà ad una fuga precipitosa.
«Possiamo fidarci?» chiede Juanito
«Io crede che sì» afferma Olena, serrando le mascelle.

Allontanatosi Osvaldo, Olena dice a Juanito:
«E ora scopriamo cosa c’è di così prezioso in questo deposito da difendere con un piccolo esercito»
«I miei compañeros hanno setacciato i tre piani e non hanno trovato niente» comunica Juanito «se c’è qualcosa dev’essere nei sotterranei»
«Allora andiamo a controllare, don Juan» dice Olena, avviandosi.
I due scendono fino al piano interrato e attraversano un lungo corridoio, alla fine del quale si trovano di fronte un ostacolo.
«Una porta blindata, c’era da aspettarselo» afferma Olena.
«Un caveau?» si chiede Juanito.
«Così sembra» risponde Olena, avvicinatasi a studiare la serratura. «Combinazione manuale a otto cifre, vecchiotta ma efficace» dichiara la russa.
«Faccio venire qualche esperto?» si offre l’ottuagenario. «Mio cugino Pedro, la pecora nera della famiglia, è un maestro della lancia termica»
«Non c’è bisogno, gracias» risponde Olena, estraendo dallo zainetto due panetti di esplosivo plastico che piazza sui cardini e sulla serratura della porta blindata. Assicurati all’esplosivo i detonatori, suggerisce:
«Meglio se ci allontaniamo» e appena giunti a distanza di sicurezza, aziona il telecomando.
Quando il fumo e la polvere si sono diradati i due, passando sopra la porta blindata riversa a terra, entrano in quello che supponevano fosse il caveau, ma con loro meraviglia si trovano in un grande locale che assomiglia più ad un magazzino, con lunghe corsie suddivise da alti ripiani metallici su cui sono stipate delle casse di legno.
«Ma che posto è questo? Sembra di essere all’Ikea» esclama Juanito, stupito. «E’ un deposito di armi?»
«Lo scopriremo subito» risponde la siberiana, sollevando una cassa e poggiandola a terra; poi facendo leva con il coltello, riesce a schiodare il coperchio ed aprirla.
«Un quadro?» constata Juanito, sorpreso.
«Si, quadri» conferma Olena, girando lo sguardo intorno e cercando di valutare l’entità della fortuna lì immagazzinata.
«Dovremo denunciarli al Governo, alla Sovrintendenza alle Belle Arti…» ipotizza Juanito.
«Non ancora don Juan, non ancora» lo ferma Olena, alla quale balena in testa un piano. «Per ora mettete delle guardie a sorvegliare l’ingresso, poi vedremo il da farsi»
Uscita all’aperto, Olena estrae il telefono satellitare e compone un numero.

«Pronto, qui casa Rana. Chi parla?» risponde una voce nota.
«Io fatina da capelli turchini, tu piccolo Finuocchietto, bambino cattivo?»
«Natascia!» esclama James il maggiordomo. «A parte che la favola parla di Pinocchio con la P e tu non hai i capelli turchini, si può sapere dove ti sei andata a cacciare? Perché non ti sei fatta viva, l’abbiamo dovuto sapere dal consolato della povera signora Pina!» la rimprovera James.
«Lascia stare adesso babushka» lo interrompe Olena. «Tu sempre vantato di essere esperto di arte, sì?»
«Esperto, insomma, me ne intendo abbastanza ma… che c’entra questo, adesso? Si può sapere dove sei?»
«Tu prende immediatamente aereo per Buenos Aires, io aspetta te domani mattina»
«Buenos Aires, domani? Ma che stai dicendo, sei impazzita? Qui stiamo preparando un funerale, e tu mi parli di arte? Ma piuttosto sbrigati a venire qua, e porta con te la salma!» sbotta James, perdendo per un attimo il consueto aplomb.
«Tu non chiamare salma babushka Pina!» lo rimbecca Olena.
«E come devo chiamarla? Salma, defunta, deceduta, cara estinta, morta, insomma devi riportarla qua immediatamente! E, se vuoi saperlo, la signora Gilda è molto contrariata con te» la informa James con un pizzico di perfidia.
«Niet, io non posso spiegare ora, ma non posso muovere da qui. Tu viene domani, e avrai tua salma» dice Olena, e tronca la comunicazione.
Rimane un attimo a guardare il telefono, poi con un sorrisetto dice tra sè: «Se tu vuole salma, salma avrai, non c’è problema»

In Zimbabwe non hanno di questi problemi!

Amiche e amici, oggi ho fatto un altro passetto verso la normalità nell’anormalità, ovvero sono tornato a fare la spesa alla Coop; alle 8 di mattina c’è pochissima gente ed escluderei quindi di essermi preso là il Covid. Mi sembra che ci siano meno offerte del solito: non è che siccome il governo dà indietro il 10% sulla spesa questi risparmiano sulle offerte? Il panettone comunque l’ho preso, a colazione va benissimo; quest’anno grazie al Covid non abbiamo avuto i panettoni già dopo ferragosto, come succede di solito. Le cassiere adesso hanno anche il compito di piazzare prodotti: l’altra volta mi hanno offerto le patatine di gastronomia, stavolta uno spicchio di panettone del reparto dolci, io prenderei tutto ma per difendermi devo dire che ho l’ordine di prendere solo quello che c’è sulla lista e in questa maniera trovo anche il modo di farmi compatire un po’. Che voi sappiate, perché il sale viene messo nei posti più impensabili? Ho dovuto chiederlo tre volte a tre addetti diversi per trovare un pacco di sale grosso.

Mentre scrivo la radio annuncia che il presidente francese Macron è positivo anche lui al Covid, chissà chi gliel’avrà attaccato, magari il presidente egiziano che ha omaggiato della Legion d’Onore?

Ieri sono andato in biblioteca a restituire tre libri, che avevo preso a settembre e con i quali mi ero documentato su Perón e Evita: fare lo scrittore anche se per gioco è una faticaccia! In biblioteca mi hanno misurato la temperatura e fatto lasciare i libri in un cestone all’ingresso, dove rimarranno in quarantena per 48 ore. Avevo capito male, i prelievi non sono sospesi ma ancora attivi, però bisogna prenotare on line e recarsi a prendere i libri quando si ha l’appuntamento, un po’ come dal dottore. Già che c’ero ho fatto un giro in centro, se non fosse per le mascherine sembrerebbe una giornata normale: gente in giro, ma niente assembramenti. Se ci fossero i turisti sarebbe un’altra musica, anche perché adesso ci sarebbero i mercatini di Natale, la pista di pattinaggio in piazza, i giochi di luce su palazzi e monumenti (questi ovviamente di sera…). Sono andato anche in libreria, e alla cassa c’era una decina di persone in fila, quest’anno mi sa che si faranno regali utili.  

L’altroieri avevo accennato allo Zimbabwe, e curiosando qua e là ho visto che la loro aspettativa di vita media è di 47 anni, che corrisponde più o meno alla nostra età media (ora sui 45): vuol dire che se avessimo avuto la sfortuna di nascere in Zimbabwe metà degli italiani non ci sarebbe già più. Questo lo dico non per parlar male dello Zimbabwe, che anzi non è nemmeno uno dei peggiori paesi dell’Africa, ma solo per tenermi a mente che al mondo c’è gente che sta molto peggio di noi, nonostante il coronavirus: lì ad esempio la gente ancora muore a frotte per l’Aids, per mancanza di prevenzione e di cure…

Ieri sera puntata di Alberto Angela su Caravaggio, interessantissima finché le palpebre sono rimaste aperte; sono rimasto sveglio fino ad Artemisia Gentileschi, grande pittrice, che subì uno stupro da parte del suo maestro che venne denunciato dieci mesi dopo dal padre, quando lo stupratore si rifiutò di sposare la figlia come promesso; Artemisia, che non voleva nemmeno sporgere denuncia, nel processo dovette difendersi come se la colpevole fosse lei: sono passati quattrocento anni ma certe volte sembra che la storia non vada avanti…

Come sapete sono un sostenitore dell’utilità dei termovalorizzatori intanto che non riusciremo a mangiare i rifiuti che produciamo; il nostro è molto utile perché alimenta il teleriscaldamento che fornisce acqua calda per il riscaldamento di migliaia di abitazioni ed ha permesso di eliminare le caldaie molto più inquinanti; ha però degli inconvenienti e sono che ha la brutta abitudine di guastarsi in inverno e specialmente quando fa freddo, come adesso: sono qui a digitare con un pile da montagna e peccato che non ho i guanti con le mezze dita; questo naturalmente non è per sfortuna ma perché la manutenzione che andrebbe fatta nei mesi caldi è tralasciata, in stile Autostrade. E questa sarebbe anche una partecipata pubblica, ma cosa fanno quelli che dovrebbero indirizzare e controllare? Abbiamo la bella abitudine di litigare sui massimi sistemi ma nel frattempo di far andare in malora le cose che abbiamo vicine, non si capisce perché mai gli amici europei dovrebbero darci dei soldi…

Che tra l’altro potremmo prendere almeno in parte a chi ce li ha: perfino la Bolivia e l’Argentina hanno messo una tassa sui grandi patrimoni, da noi è tabù, deprimerebbe l’economia ancora di più, dicono, allontanerebbe gli investitori istituzionali: tutte baggianate, ma parliamone un’altra volta con calma, che adesso vado a fare una passeggiata fuori per scaldarmi!

Peggio del previsto!

Amiche e amici, ieri il giornale locale apriva con il titolo cubitale “PEGGIO DEL PREVISTO” intendendo con questo dire che domenica si è riversata in città, complice la bella giornata, una tale quantità di persone bastevoli ad ingrassare il virus ed ahimé le terapie intensive per i mesi a venire. Soddisfatti dell’afflusso ovviamente negozianti baristi e ristoratori, un po’ meno i sanitari che con ogni probabilità dovranno prendersi cura degli incauti. Chi è causa del suo mal pianga se stesso recita l’antico adagio, e non ci si venga poi a lamentare se per Natale e Capodanno dovremo rimanere tappati in casa.

L’isolamento mi ha lasciato le gambe molli, e quindi mi sono imposto di fare un paio di passeggiate al giorno sottraendo qualche ora al lavoro; ieri ne ho approfittato per andare a tagliare i capelli che erano ormai in condizioni pietose dall’amico Leo, di cui vi ho già parlato. E’ stato contentissimo di vedermi, tra l’altro gli ho riportato un bottiglione che mi aveva dato l’anno scorso pieno d’olio arrivato dalla Calabria, produzione propria del fratello fatto con olive spremute a freddo: era stato un azzardo perché in casa ho dei palati fini e in caso di mancato gradimento avrei dovuto assumerlo tutto da solo (tre litri) magari un cucchiaio alla volta al mattino, perché Leo mi ha detto che è un toccasana per la gola, fortunatamente però è piaciuto e non mi sono dovuto sacrificare. Questa cosa del cucchiaio d’olio al mattino comunque non è una bufala: anche mia suocera lo fa ed anche la nostra amica nigeriana e a giudicare dal loro stato di salute, male non fa… tornando a Leo, che è in pensione già da anni ma continua a lavorare più che altro per passare il tempo, mi ha detto che in questa seconda ondata ha perso parecchi clienti, e con persi si intende per sempre infatti a parte me e pochi altri infatti l’età media della clientela è abbastanza elevata, tanti li andava a servire anche in casa, e sembra ci sia stata una morìa. Anche lui non l’ho trovato in formissima, non tanto fisicamente quanto mentalmente: nel suo negozio di solito c’era sempre qualche sfaccendato con il quale parlare di calcio o di donne o di politica, roba da negozio di barbiere insomma, ma tutto questo tempo passato da solo lo sta avvilendo. Tra l’altro non ricordava i nomi di un paio di calciatori degli anni ‘60, brutto segno.

Stamattina invece, prima di andare in banca dove avevo un appuntamento per ritirare la nuova carta ricaricabile dato che la vecchia è in scadenza, sono tornato finalmente da Giuseppe l’edicolante. Gli ho chiesto quando potrò avere il cashback di tutti i giornali che gli compro, si è offerto di rifondermi con un calendario vietato ai minori che come risarcimento sarebbe anche gradito ma di difficile consultazione in quanto non saprei dove appenderlo. A proposito di ricaricabile le commissioni di ricarica sono raddoppiate, prima pagavo 0,50€ e da oggi con la nuova 1€: gratta un po’ di qua, un po’ di là, così si fanno i milioncini… a me le banche danno da mangiare perciò non posso lamentarmi più di tanto, ma un aumento del 100% non sembra anche a voi leggermente sopra l’inflazione?

Più tardi andrò in biblioteca a consegnare tre libri che avevo preso in prestito a settembre, l’addetta è stata molto gentile e mi ha spiegato che per le consegna non c’è problema, per i nuovi prestiti invece al momento è tutto fermo. Per me poco male, con i miei ritmi avrei da leggere ancora per anni, mi sono arenato anche con I misteri della Jungla nera, quindi potrei fare a meno sia di comprarli che di prenderli in prestito ma qualcosina finirò per prenderlo, magari in qualche bancarella dell’usato per beneficenza, è un vizio.

Direi di finirla qui, voi che ne dite? Domani magari parliamo anche di chi sta sicuramente peggio di noi, tipo quelli dello Zimbabwe che hanno miniere da cui estraggono tonnellate d’oro ma la stragrande della popolazione si “puzza di fame”: e noi ci accaloriamo perché non possiamo prendere lo spritz…

Finalmente libero!

Amiche e amici, sabato mattina ho avuto il responso al terzo tampone e stavolta è stato fausto: negativo! Come notizia è positiva, e vuol dire che dopo 28 giorni di isolamento posso uscire dalla stanzetta e tornare alle consuete abitudini. Vagheggiavo questo momento e nella mia fantasia mi vedevo pronto a darmi alla fuga, in stile Papillon: niente di tutto questo, fuori faceva freddo, mi sono spaventato e sono rimasto lo stesso in casa: sindrome di Stoccolma, mi sarò innamorato del virus?

Venerdì era passato nell’attesa, anzi a dir la verità ero stato parecchio preso con il lavoro; un mio collega romano, forse condizionato dai miei racconti, di ritorno da qualche giorno di ferie in Friuli con un po’ di mal di gola si è precipitato in farmacia a farsi fare il tampone veloce, fortunatamente negativo.

Sabato è passato cercando di cancellare questo periodo: la stanza d’isolamento è stata ribaltata e disinfettata, tutte le lenzuola asciugamani coperte cuscini pigiami insomma tutta la stoffa con cui sono venuto a contatto è finita sul balcone a decontaminarsi; la finestra è rimasta spalancata per due ore, per far uscire il residuo d’aria cattiva eventualmente rimasto, quest’ultima operazione non mi ha giovato granché perché quando ho ripreso il mio posto al computer, smanioso di mettermi in pari con i conti di casa, devo aver preso un po’ freddo e la sera ho iniziato a starnutire. Ho sistemato il vino appena arrivato in cantina, diciamo che al momento potrei superare anche una eventuale terza ondata; ho anche fatto i conti di quanto ho speso quest’anno di vino e mi si sono drizzati i capelli, già dritti di loro perché dovrò andare al più presto a tagliarli: chi vende vino non può certo lamentarsi del lockdown…

Cosa che invece fanno i benzinai, che hanno annunciato uno sciopero dalle 19 di domani a mercoledì; sicuramente quest’anno per loro è stato un anno magro, e mi sembra protestino perché la loro categoria non è rientrata tra quelle aventi diritto ai ristori; magari girando a loro un po’ degli utili indebitamente incamerati negli anni scorsi da Società Autostrade, qualcosa potrebbero recuperare.

Oggi, per tornare come dicevo alle vecchie abitudini, pranzo a casa di mia suocera: la Lombardia è da oggi zona gialla e quindi siamo potuti sconfinare nel paese in cui lei vive, a sette chilometri da qui; sembra che il governo sia orientato per Natale a permettere gli spostamenti almeno tra piccoli Comuni limitrofi, dove per piccoli si intende con meno di 5.000 persone; è abbastanza assurdo infatti che uno possa spostarsi per tutta Milano che ha più di un milione e quattrocentomila abitanti e non possa farlo tra due paesini che si toccano…  

Mia moglie sabato ha provato a fare la prima operazione di cashback dal panettiere. Bene, questo ha messo fuori un bel cartello “no cashback”. Sembra che per i piccoli esercizi ci sia un costo aggiuntivo che non tutti possono permettersi, io nella mia ignoranza pensavo che bastasse avere un Pos e invece non è così: le società che gestiscono i Pos devono aver fatto una convenzione con lo Stato, e l’aggiornamento dei sistemi viene in parte ribaltato ai commercianti, così però succede che una parte del cashback non la paga lo Stato ma i commercianti stessi, e come al solito saranno favoriti i più grandi, i supermercati o chi vende articoli già di per se stessi costosi… c’è anche la questione del costo per operazione, anche se ho visto che diverse società hanno deciso di non far pagare commissioni fino a 10 euro di spesa, però su loro iniziativa volontaria, sarebbe stato meglio imporglielo… ricordo anni fa a Goteborg, in Svezia, le carte erano accettate anche per le spese più minute dappertutto e addirittura dei negozi accettavano solo carte, niente contante… c’è anche una polemica sul fatto che tanti italiani sono stati disposti a dare i propri dati per i benedetti 150 euro quando magari si erano rifiutati di installare la app Immuni per non essere “tracciati”: in realtà io credo che ormai lo Stato non abbia più nessun bisogno che gli diamo i dati, ce li ha già… mia moglie ha registrato il Bancomat e le è bastato mettere il suo codice fiscale perché già le apparisse senza il bisogno di aggiungere nient’altro: ci siamo capiti, no?

Tornando a casa da mia suocera un grande fila di auto, chi in entrata e chi un uscita dalla città; ieri mio cognato che lavorava in città mi ha detto che in giro c’era una folla, evidentemente anticipando la zona gialla; è ovvio che pagheremo caro pagheremo tutto, come si diceva una volta. Entro l’estate pare che verremo vaccinati tutti (almeno chi vorrà, anche se c’è chi pensa di rendere il vaccino obbligatorio; non per fare la parte del no-vax ma non sono d’accordo su quest’ultima impostazione, considerando anche la fretta con cui questi vaccini sono stati fatti).

Non sono ancora andato a trovare il mio amico edicolante perché a mia volta sono andato ad inaugurare il cashback all’Esselunga comprando il giornale locale: domani chiederò a Giuseppe se ha intenzione di mettere il Pos, ma mi aspetto già la risposta… le notizie sono deprimenti: l’Egitto ha deciso di tenere ancora in prigione Patrick Zaki, ed è una vergogna; sulla vicenda di Giulio Regeni le nubi si stanno squarciando e quello che si sapeva fin dall’inizio è ormai certo, ovvero che il ricercatore è stato sequestrato e ucciso dall’apparato di sicurezza (i servizi segreti) di quel paese; nel contempo Macron riceve con tutti gli onori il presidente egiziano El-Sisi a cui sta vendendo un fracco di armi come noi peraltro, che gli abbiamo venduto due fregate per 1,2 miliardi di euro: se non lo facevamo noi l’avrebbe fatto qualcun altro si dirà, ed a chiederne conto si passa per anime belle: ma abbiamo visto nel passato tanti personaggi passare in poco tempo dallo status di stimati presidenti a quello di efferati dittatori pur continuando a fare esattamente le stesse cose che facevano prima, vedi Saddam o Gheddafi, chissà che prima o poi il vento giri anche per lui.

Ma la notizia che più mi ha addolorato è stata la morte di Paolo Rossi, il centravanti dell’Italia mundial dell’82, i mondiali con Pertini ad esultare sugli spalti del Santiago Bernabeu di fianco a re Juan Carlos, dell’urlo di Tardelli, della parata sulla linea di Zoff contro il Brasile, di Bearzot e la sua pipa… non avevo ancora 23 anni, fu un’estate felice resa ancora più felice da questa vittoria anche (e forse soprattutto, che nel calcio non si vince ai punti, bisogna segnare) grazie ai goal di Pablito, con il suo senso della posizione, la sua velocità, la sua scaltrezza, di questo ragazzo che incantava oltre che per la bravura per la simpatia, l’umiltà, il sorriso… Giustamente in questi giorni viene ricordato ovunque abbia giocato con commozione: per me quella fu l’ultima estate spensierata, poi vennero il lavoro, l’amore, la famiglia… qualcuno ha descritto quel momento come un’uscita corale dagli anni bui degli anni ’70, ma su questo non sono affatto d’accordo, fu una parentesi, un bel sogno: nemmeno due mesi dopo a Palermo in Via Carini la mafia uccideva il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo, ed il buio divenne ancora più profondo.

Ma bando ora alle tristezza, amiche e amici: rallegriamoci per quanto abbiamo oggi, ieri è passato e domani ha da venire; stasera minestrone, e da domani cominceremo a pensare ai regali!

E rifacciamo ‘sto tampone

Amiche e amici, sono in coda in attesa di fare il terzo tampone. Sono arrivato in anticipo e sono stato fregato: i prelievi riprendono alle 12:30, e io sono qui dalle 11:10… l’appuntamento lo avevo alle 12:33 (precisissimi questi di ATS Insubria) ma sono partito prima perché per il primo tampone avevo fatto più o meno un’ora di fila; invece oggi nessuno, e questo doveva insospettirmi. Il punto di prelievo è transennato e ho solo due auto davanti… un ragazzo, forse uno degli infermieri, ci dice che stamattina hanno fatto i prelievi ma è arrivato il Laboratorio (saranno quelli di Napoli) a prendere le provette e quindi si sono dovuti fermare. Che jella! Si dovrebbe rimanere con i motori spenti ma fuori ci sono sei gradi e dopo un po’ fa freddo, così ogni tanto il motore lo accendo, ci mancherebbe solo di raffreddarsi. Per fortuna, memore degli insegnamenti della mamma, ho fatto la pipì prima di uscire… spero almeno che stavolta sia quella buona e venga negativo ‘sto maledetto.

Anche perché pare che da domenica la Lombardia tornerà ad essere gialla: a me sembra follia, ma se sarò pieno di anticorpi potrò tuffarmi impavido nella folla ed attivare il Cashback. A proposito sono riuscito a registrarmi, tutto abbastanza facile. Ieri in una intervista al TG uno ha risposto al giornalista che gli chiedeva se si fosse registrato: di questi tempi, se qualcuno ti dà indietro un po’ di soldi, non è male…

In Gran Bretagna hanno iniziato a vaccinare le persone, ci sono stati un paio di casi di reazioni allergiche ma lievi; del resto stanno sperimentando dal vivo, qualcosa bisogna aspettarsi… la Regina ha detto che si vaccinerà ma in privato, senza riflettori: secondo me la furbona aspetterà di vedere prima che succede, e chi può biasimarla?

Adesso vi lascio che mi si stanno gelando le dita: speriamo che si congeli anche il virus…