È andato, senza storie, senza lamenti, come è sempre vissuto. Ne ha passate tante che oggi si fa fatica a crederci, adesso la commozione non me lo permette ma dovrò metterle in fila, una dietro l’altra… ciao babbo, ciao Nino.
Mese: giugno 2020
Cronachette della fase tre (19-22 giugno)
Finalmente delle bellissime giornate, il solstizio d’estate si è presentato nel modo migliore; sabato sera abbiamo interrotto il rituale della pizza perché siamo andati a festeggiare i trent’anni di matrimonio di una coppia di amici, aperitivo nel loro giardino; a norma eravamo fuorilegge, non siamo congiunti ed era un piccolo assembramento, dato che eravamo una decina; abbiamo mantenuto per quanto possibile le distanze di sicurezza, è un po’ buffo ma ci siamo adattati. Io ho contribuito alla bisboccia con soppressa veneta e prosecco, molto apprezzati, ed ho poi distribuito delle copie autografate di “Una birra per Olena”, queste meno gradite ma accettate unicamente per stima personale. Probabilmente nessuno di loro la leggerà ma confiderà che alla mia scomparsa possa diventare un caso letterario.
Come previsto il primo sabato dall’apertura della frontiera c’è stato l’assalto degli svizzeri ai supermercati italiani; turisti alimentari, sono ridotti male, poveri svizzerotti.
Bei segnali di ritorno alla normalità: festeggiamenti in piazza per la vittoria del Napoli sulla Juventus in Coppa Italia (con gustosissimo scambio di invettive Salvini – De Luca: quest’ultimo è ormai uno dei miei idoli, dovrò metterlo nell’altarino che sapete, tra Mourinho e Trapattoni…); le spiagge affollate, con famiglie molto allargate; del resto non si dice che con soli sei passaggi si può conoscere qualsiasi persona del mondo? Gratta gratta magari siamo tutti imparentati, per via di Eva…
Anche per il lavoro si prospetta un ritorno; dalla prossima settimana i dipendenti inizieranno a tornare nelle rispettive sedi, a Roma al 50%, a Milano il 32%; vuol dire che, se di un gruppo fanno parte in dieci, ne torneranno cinque alla volta. Per i consulenti come me ancora non si sa, come ho detto prima di settembre non mi aspetto novità. Mi sto comunque rompendo le scatole, lo smart working o lavoro a distanza (che sia intelligente è tutto da vedere) non è un modo di lavorare che mi piaccia e mi auguro davvero che non passi questa idea malsana della bellezza del lavoro segregato, con la scusa che uno se lo può gestire come vuole. Balle grosse come case, per uno che se lo può gestire ce ne sono mille che devono sottostare alle regole che gli vengono imposte, con in più tutte le scomodità del lavorare da casa. Qualcuno pensa che sia normale anzi auspicabile lavorare così, abolendo i rapporti fisici, eliminare buona parte della comunicazione, specialmente quella non verbale; vivere in una bolla che finisce nei confini della propria abitazione… solidarizzo con il sindaco Sala: basta con questo smart working!
Il sottopassaggio invece è tornato ad essere una schifezza, ma dove li trovano tutti questi guanti?
Sembra che sia al lavoro una task force, a cui ha dato vita la Durex insieme alla Anlaids, per studiare gli effetti della pandemia sulla sessualità e per dare delle linee guida per una sessualità consapevole ai tempi del virus. Durex è preoccupatissima perché si aspettava che durante l’isolamento coatto il consumo dei contraccettivi salisse alle stelle invece con loro grande delusione la gente si è buttata su pizze e pane fatto in casa e il sesso dopo un primo momento di entusiasmo ha avuto un calo verticale. Come risollevarlo? Come primi consigli si raccomanda di evitare gli assembramenti anche a letto che secondo me è una buona abitudine, poca brigata vita beata, e di evitare le posizioni dove ci si respira troppo addosso.
Amiche e amici, con l’augurio che possiate mettere al più presto in pratica queste sane regole di comportamento vi auguro una buona serata, che da parte mia cercherò di onorare con orecchiette cime di rape e salsiccia, vermentino sardo e naturalmente la replica di Montalbano. A presto!
Olena à Paris – 12
«James, ti confesso che sono un po’ emozionata. Non me l’aspettavo, sai? Addirittura un invito personale, chissà perché proprio me, non mi pare di aver fatto niente di particolare…» dice Gilda, dando un’ultima occhiata al trucco e premurandosi che la scollatura sia bene in evidenza.
«Se posso esprimere il mio parere, signora, lei è troppo modesta. Dato il consesso, si tratterà sicuramente di un riconoscimento alle sue capacità imprenditoriali. Il Presidente vorrà conoscere la sua opinione in merito alla ripresa…»
«Tu dici, James? Non mi starai un tantino adulando? Non so se sono all’altezza, come sai sono più portata per la pratica che per la teoria, e lì ci saranno un sacco di cervelloni e professoroni. Come ci si rivolge tra l’altro al Presidente, Eccellenza andrà bene? Non vorrei fare brutta figura… E questo vestito, dici che è adeguato all’occasione?»
«Presidente andrà benissimo signora, ed in quanto all’abito mi sembra che il blazer morbido color lavanda sopra il top glitterato e paillettato rappresenti quel giusto mix di classico e attuale, di morbidezza e decisione indispensabili alla manager e donna moderna» dichiara il maggiordomo, con un filo d’invidia.
«Come rassicuri tu rassicurano in pochi, James caro. Tra l’altro il Presidente ha buon gusto nel vestire, non è vero?»
«Sicuramente, signora, incidentalmente ci serviamo dallo stesso stilista»
«Davvero, James, anche lui veste Girifalchi? Mi sembrava infatti, quelle pochette mi erano familiari»
«Il Presidente ne possiede una bella collezione, purtroppo per motivi istituzionali può indossare solo quelle a tinta unita»
«Bè, è un peccato, vero James? Qualche barchetta o pesciolino non avrebbe sfigurato. Bene, allora andiamo, vuoi caro?» dice Gilda, sistemandosi la bandana in seta stampata con figure di piccoli cupidi che si rincorrono.
«Prego, signora, faccio strada» dice James, aprendo il grande portone del salone delle cerimonie di Villa Pamphilj.
Gilda si ferma un attimo sulla soglia, permettendo ai numerosi partecipanti di ammirare quelle grazie per cui è nota come Calva Tettuta; dopo aver misurato il gradimento della parte maschile, si avvia verso il gruppetto di rappresentanti del sesso cosiddetto debole, e le saluta con esagerata cordialità:
«Ma guarda guarda, ci siete proprio tutte… Ursula, Angela, Christine, Kristalina… ma che bella sorpresa! Angela ti trovo un po’ sciupatella, non mangi? Domani ti faccio spedire un camion di agnolotti al sanguinaccio, mi raccomando eh?»
«Danke Gilda, ma io essere a tieta, manciare solo insalata e kvauti»
«Non essere sciocca Angela, non puoi andare avanti con quella roba, una della tua costituzione! Accetta almeno un carico di olive ascolane»
«Fa bene, allora molte krazie Gilda»
«Di niente, figurati. Scusate un attimo eh, ragazze? Vado a salutare il Presidente»
Il Presidente, in un impeccabile completo blu, è girato di spalle e riordina sul grande tavolo degli oratori i fogli del suo discorso; Gilda si avvicina fino ad arrivare alla distanza opportuna e poi tossicchia, per attirarne l’attenzione.
«Eccell… ehm, Presidente, sono qua, mi ha mandata a chiamare?»
Il Presidente, al vibrare del cinguettio della Calva Tettuta ha come un soprassalto. Poggia i fogli sul tavolo, si raddrizza e si gira, lentamente.
Sul volto di Gilda si dipinge la sorpresa, e poi l’orrore, mentre il Presidente inizia a ridere irrefrenabilmente, e con lui tutta la sala.
«Aahhh!!!!» urla Girla, terrorizzata. «Evaristo!!!»
Gilda si sveglia, sudata, con il respiro affannato ed il cuore in gola. Dalle persiane filtra appena una striscia di luce notturna; con una mano tocca Svengard che addormentato al suo fianco gode il meritato sonno e tirato un sospiro di sollievo sta per rimettersi a dormire quando, dall’angolo della stanza, un’ombra luminescente non attira la sua attenzione.
«Aahh!!» ristrilla Gilda, stavolta sveglia. «Evaristo, per la miseria, mi stavi facendo prendere un colpo! Lo vuoi capire che sei morto? Andato, defunto, kaputt, devi toglierti dalle scatole! Guarda che lo faccio, eh! Domani chiamo l’esorcista! Si può sapere che vuoi?»
«Perché disturbi il mio sonno? Ci sono segreti che devono rimanere tali! Lascia stare l’Argentina!» intima lo spettro.
«Fino a prova contraria chi disturba il sonno degli altri sei tu, mi pare!» protesta Gilda. «Perché non ti rendi utile, se proprio devi stare tra le scatole? Segreti, ma di che segreti vai blaterando? Procurami almeno qualche numero da giocare al lotto, anche da fantasma non servi a niente!» strilla la Calva Tettuta.
Il fantasma, scuotendo la testa dolentemente si allontana indietreggiando, seguito dalle contumelie della ex-moglie finché, arrivato alla parere di fondo, si avvolge nel suo tabarro e scompare.
«E non farti vedere più!» gli urla dietro Gilda, tirandogli una ciabatta di pelo.
Olena à Paris – 11
«Natascia, lasciatelo dire, senza offesa» dice nonna Pina guardando l’uomo inginocchiato «Dove hai imparato a tagliare i capelli? Gli hai lasciato tutte scalette, per non parlare dei tagli che ha in testa e di quell’orecchio mezzo staccato. Ci toccherà chiamare il veterinario per fargli mettere qualche punto» conclude la vegliarda scuotendo la testa.
«Colpa sua, io avevo detto lui di non muovere sua testa» risponde Olena, alzando le spalle.
«Senti, giovanotto» riprende nonna Pina amichevolmente «facciamo così: adesso tu ci dici che volevate da noi e noi forse vi lasciamo andare, va bene? Oppure Natascia ricomincia e ti dà un’altra spuntatina»
«Vi ho detto che non so niente, dovete credermi! Noi dovevamo solo seguirvi e riferire, non conosciamo questo Carlos, non l’abbiamo mai visto, veniamo sempre contattati per telefono!»
«Seguirci e riferire al telefono, ma certo» ripete nonna Pina comprensiva. «Dunque siete una specie di esploratori, dei boy scouts, dico bene? Bè, allora è tutto chiaro, deve esserci stato un fraintendimento. Non pare anche a te, Natascia? Ma dimmi una cosa, il cannone che portavi alla cintura a che ti serviva, a segnare il mezzogiorno¹? Natascia, tagliagli l’altro orecchio»
«Molto vuolentieri, babushka» risponde la russa, accingendosi a dare una passata contropelo al malcapitato; prima che questo inizi a protestare però un uomo anziano in sella ad uno splendido criollo dal mantello falbo² fa il suo ingresso nel cortile spianando un fucile da caccia:
«¿Lo que pasa?» chiede l’uomo, deciso.
Tutti si girano lentamente verso il nuovo arrivato; Olena allargando le braccia gli rivolge un sorriso, mentre nonna Pina gli punta contro il Kalashnikov.
«Ma che sta succedendo? E che state facendo ai miei nipoti?» ripete l’uomo, puntando il fucile ora sull’una ora sull’altra. Poi, incrociando lo sguardo di nonna Pina, un ricordo lontano affiora alla sua mente; abbassa il fucile, si sporge in avanti e strizza gli occhi per mettere meglio a fuoco, e infine chiede:
«¿Eres doña Eusebia?» poi, vedendo la meraviglia dipingersi negli occhi della centenaria, continua: «Donna Eusebia, sono Juanito, vi ricordate di me?»
Nonna Pina raddrizza la schiena sconcertata e fissa la sorgente di quel saluto inaspettato, finché una luce le si accende negli occhi .
«Juanito?» chiede ancora incredula. «Juanito la pulce… sei proprio tu? Mio Dio, come hai fatto a riconoscermi, Pulce? Saranno passati…»
«Ottant’anni, donna Eusebia, ottant’anni. Ma voi siete ancora bellissima»
All’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, nonna Pina si trovava in tournée in Argentina con la compagnia di varietà di Tazio Martelloni, compagnia di cui era la vedette assoluta con il nome d’arte di Wanda del Rio, nome che evocava spiagge e passioni esotiche; tra attori, ballerini e orchestra si trattava di una cinquantina di elementi che avevano attraversato insieme tutto il paese anche se con trattamenti assai diversi, le star in alberghi lussuosi e i comprimari in pensioncine o locande tanto che spesso qualche ballerina e ballerino non disdegnava di farsi ospitare da qualche ammiratore focoso. Per il gran finale a Buenos Aires la compagnia era attesa al famoso teatro Grand Splendid, più di mille posti, e l’accoglienza si prospettava entusiastica, dato che la capitale era, e lo è ancora, una delle città con più abitanti di origine italiana al mondo. Fino a quel momento in Argentina della guerra si erano sentite solo le eco, più che altro attacchi a navi mercantili per tagliare i rifornimenti ai nemici, da una parte e dall’altra; aveva fatto scalpore l’affondamento o meglio l’autoaffondamento della corazzata tedesca Admiral Graaf davanti al Rio della Plata, ma gli argentini ne erano stati solo spettatori. Wanda era al massimo del suo fulgore e i rotocalchi erano pieni di foto del sorriso languido e delle “rotondità” della soubrette, la quale però pur senza darlo a vedere era preoccupata perché le fasciature e gli abiti di scena facevano omai fatica a nascondere l’incipiente maternità dato che era infatti incinta di sei mesi di un ballerino della troupe, Emilio Pallavicini³, relazione che i due tenevano segreta per non compromettere la carriera di Wanda. Il Ministero degli Affari Esteri del Regno d’Italia era guidato da Galeazzo Ciano, conte di Cortellazzo e Buccari, genero del Duce; gli interessi italiani richiedevano che l’Argentina si schierasse con l’Asse o quantomeno rimanesse neutrale ed a questo scopo il Ministero manteneva una fitta rete di informatori e finanziava personalità politiche, imprenditoriali e militari considerate amiche. A questo scopo si utilizzavano ovviamente anche le associazioni degli emigranti, che godevano di un vasto seguito e disponevano di un buon potere economico; anche gli artisti potevano dare una mano, dato che spesso venivano invitati a presenziare a pranzi, feste, ricevimenti, convivi in cui tra un bicchiere e l’altro, un approccio e l’altro, qualche ospite si lasciava andare a qualche confidenza, magari per far colpo sull’interlocutore; e così Wanda ed Emilio, non avrebbero saputo dire nemmeno loro se più per convinzione che per per spirito d’avventura, si ritrovarono ad ascoltare e riferire: a fare le spie, insomma.
¹ Riferimento al cannone del Gianicolo che segna il mezzogiorno ai romani, o se preferite al cannone di Brunate che segna il mezzogiorno ai comaschi.
² Il criollo è un tipico cavallo dei gauchos; il mantello falbo è grigio argentato con zebrature degli arti.
³ Cfr. “Niente sushi per Olena” – 2018
Cronachette della fase tre (18 giugno)
Ormai sono diventato una scheggia a far spesa: 30 minuti netti dall’ingresso all’uscita, prendendo tutti gli articoli della lista. Ho dovuto protestare per far aggiungere qualche alimento salvavita come carne o affettato; la verdura come è noto mi è preclusa perché “non sono capace di sceglierla”, mentre bene o male al bancone della macelleria basta chiedere… niente alcool e niente guanti, ormai lo scrivo solo per la cronaca. Avete visto la nuova pubblicità della Coop in televisione, con quella parete di verde verticale? Ecco, quello è il nostro negozio. Bello, no? Però non c’è l’alcool, peccato.
L’altro giorno ha fatto notizia un articolo di un quotidiano spagnolo, tal Abc, di ambienti conservatori e monarchici (cosa sarà, una sorta di OP spagnolo?), che parlava di un finanziamento di 3 milioni e mezzo di euro che nel 2010 Maduro, fino a prova contraria l’ultimo presidente venezuelano eletto dal popolo, avrebbe dato a Casaleggio per il sostegno al progetto 5S. Sinceramente non mi pare che i 5S siano ‘sti gran socialisti da meritare l’appoggio dei boliviani; strano che Abc non abbia tirato in ballo Fidel Castro o magari Kim Jong-un. Abbiamo già parlato dello stato della nostra informazione, ma mi chiedo ancora: ha senso rilanciare notizie così farlocche senza uno straccio di documento che le suffraghi? Non perché ci siano di mezzo i 5S, intendiamoci, per wuanto mi riguarda se anche quei soldi li avessero presi avrebbero fatto bene, ma mi pare probabile quanto una sovvenzione di Bill Gates… intendiamoci, non è che sia appassionato delle vicende interne 5S nè dei loro travagli: hanno avuto un’opportunità storica ma in gran parte non erano all’altezza, né di destra né di sinistra non è un programma, è solo confusione: ci vuole tempo a costruire una classe dirigente… E se si è rivoluzionari bisogna far saltare le teste, con i clic si fa poco.
Iniziano ad arrivare mail e offerte per vacanze, viaggi e villeggiature; quest’anno confesso di non essere molto ispirato, magari qualche giretto in Italia in macchina, ma niente di che; tra l’altro sono in ballo con un impianto dentale (non mio) che mi costerà come una piccola utilitaria (avete sentito a proposito di quella catena spagnola che ha chiuso lasciando tanti pazienti senza denti e senza soldi? Si, perché spesso dato l’importo delle cure propongono un finanziamento con qualche società di prestiti: quindi, anche se loro scappano, le rate alla finanziaria bisogna comunque continuare a pagarle… se uno ha la possibilità è meglio pagare “a stato di avanzamento lavori” almeno se scappano non ci si rimette proprio tutto) perciò quest’anno faremo vacanze con impianto. Una volta non c’erano queste possibilità: una bella protesi e via… sembra che i croati siano specializzati in questi tipi di interventi, spesso offrono anche viaggio e soggiorno per andare a farsi rimettere i denti; io l’avrei anche fatto, dato che i denti non erano i miei, e tra l’altro la pubblicità metteva in mostra delle belle infermiere, ma alla fine abbiamo optato per lo studio di fiducia.
Vorrei parlare di statue abbattute ma servirebbe più spazio; posso capire che quando c’è un cambiamento turbolento di regime i simboli di quello vecchio vadano abbattuti, ma dopo anni o secoli mi sembra ridicolo. Ad esempio mi dispiacque molto quando un paio di anni fa a Budapest decisero di rimuovere la statua di Imre Nagy, comunista che si era opposto all’invasione sovietica nel 1958, e pagò con la vita (io ho fatto in tempo a vederla, per fortuna); dopo sessant’anni è stato ancora vittima, stavolta della furia iconoclasta di Orbàn, in nome di un anticomunismo fuori tempo e contesto; perché contestualizzare vorrebbe dire ammettere che l’Ungheria nella seconda guerra mondiale ha aiutato Hitler ad invadere l’Unione Sovietica, e dunque non ci si poteva aspettare molta comprensione dopo appena tredici anni dalla fine della guerra, con tante ferite ancora aperte…
Per la miseria, e gli Stati Generali? Non ne ho parlato nemmeno oggi. Sarà che sotto sotto non me ne frega niente perché mi aspetto già come andrà a finire? E a voi, amiche e amici? Va bè, vediamo domani cosa avranno combinato… buon pomeriggio!
Cronachette della fase tre (17 giugno)
Sembra non voglia più smettere di piovere; non bastasse, da tre giorni verso sera si scatena un temporale con grandinata, ieri mia moglie era fuori in macchina ed ero molto preoccupato. Lei dice per la macchina, ma non è (del tutto) vero. Stamattina per la prima volta dall’inizio di questa storia non sono riuscito a fare la passeggiata fino all’edicola, pioveva troppo; allora ho preso l’occasione ed ho fatto il cavaliere, ho accompagnato in auto mia moglie al lavoro e poi sono andato a prendere il giornale. L’amico Giuseppe se la prende comoda, un pendolare gli tiene il posto permettendogli di andare a fare colazione; questo pendolare, un mio amico di origine abruzzese, lavora al Comune di Milano ma non può fare lo smart working e nel periodo del lockdown, dato che è anche volontario della Croce Azzurra, ha scelto di prendersi una stanza a Milano piuttosto che tornare a casa e rischiare di contagiare gli anziani genitori. Probabilmente, essendo juventino e berlusconiano, sono stati i genitori a chiedergli cortesemente di starsene lontano invece di averlo tra le balle tutto il giorno, ma questa è solo una mia illazione.
Segnali di normalità: l’altro giorno in Italia c’è stato il primo morto in un incidente con il monopattino; era un sessantenne, ci sono rimasto male perché non pensavo che qualcuno della mia età potesse scegliere questo mezzo di locomozione. A mio avviso è molto pericoloso, adatto forse per strade senza buche, e molto rischioso nel traffico. Occorrerà infilare qualche norma ad hoc nel codice stradale, penso. L’altra notizia invece è che operaio scendendo dal tetto su cui stava lavorando è caduto e si è infilzato su un paletto della vicina recinzione, morto sul colpo. Perché queste notizie allegre, direte? Solo perché in questo periodo sembrava che si dovesse morire solo di Covid, e invece no, purtroppo si muore di tutto e non è che scampati dal virus non ci possa cadere un vaso in testa. Questo per essere ottimisti, del resto anche Lazzaro dopo essere resuscitato di qualcosa è poi morto, è la vita.
Ieri sera ho chiamato come al solito a casa, ha risposto la signora che assiste qualche ora i miei, quando non ci sono i miei fratelli (santi); mio padre mi ha salutato, forse scambiandomi per il dottore, dicendo che non lo facevano mangiare, che tenerezza. Chissà che mi inventerò io, se arriverò alla sua età. Ma vale la pena poi arrivarci?
A proposito di pendolari, l’altra sera un ragazzo nigeriano, un rider, uno di quelli che porta a casa la roba da mangiare schizzando in bicicletta di qua e di là, non ha potuto prendere il treno di ritorno da Milano a Como perché Trenord, avendo ravvisato un incremento del numero di questi ragazzi, ha ritenuto di limitare le biciclette che possono salire. Stiamo parlando di mezzanotte, l’ultimo treno utile, il ragazzo ha dato in escandescenze, è stato portato in questura e ne è uscito con qualche contusione. Riflettiamo sul fatto che mentre tutti erano chiusi in casa e questi continuavano a portare da mangiare erano degli eroi; che il numero è cresciuto perché tantissima gente è in casa a lavorare in smart working e non ha tempo e voglia per cucinare (prendete me: prima uscivo dall’ufficio e tutto quello che dovevo fare era andare in mensa e scegliere tra tre primi, tre secondi eccetera: adesso per lo più insalata e affettato…) e che tantissimi arrivano dai paesi o dalle città limitrofe, che devono fare? Devono mangiare anche loro, o no? E’ stato proposto di lasciare le biciclette in deposito. Si, bella idea, chi lo paga? Questi guadagnano due lire e devono pagare il deposito? Senza contare che la bicicletta magari gli serve a tornare a casa, una volta arrivati in stazione… insomma, è un po’ come il monopattino: a problemi nuovi ci vogliono soluzioni nuove…
Perbacco, mi sono accorto di non aver parlato di Stati Generali: ma non saranno anche questi Stati Generali? O tutti dovranno incatenarsi davanti a Villa Pamphili per farsi ascoltare?
Facciamo così: diamoci appuntamento a domani e dedichiamoci a risolvere i problemi del paese, o addirittura del pianeta. Che ne dite, amiche e amici, si può fare? A domani, allora.
Cronachette della fase tre (16 giugno)
Devo dire che, rispetto ai giorni della fase due, ora per terra si vedono molti meno guanti abbandonati. Non è che siano aumentati il senso civico o la frequenza delle pulizie: è solo che i guanti non si trovano, e quindi si tende a riutilizzarli. Ai fini igienici è una stupidaggine perché l’utilità dei guanti monouso si ha solo se li si usa appunto una volta sola, ma se si va in giro a toccare a destra e sinistra tanto vale che si usino le mani nude, almeno quelle le si può lavare… in questo senso penso che l’Oms abbia ragione quando ne sostiene l’inutilità. Io ad esempio da un mesetto, ovvero da quando non si trovano più, continuo a disinfettare l’ultimo paio che mi è rimasto, per fortuna lo uso solo quando prendo il bus e lo faccio ormai di rado… anche diversi supermercati non mettono più i guanti all’ingresso, ma dei sacchettini che si devono infilare alle mani e che io perdo regolarmente perché per mantenerli indossati bisognerebbe avere le mani palmate, escrescenza che sfortunatamente l’uomo non ha ancora sviluppato, con poche eccezioni. A proposito di supermercati il rispetto della distanza è ormai un optional, la paura è passata e quindi la gente tende ad ammassarsi come ai bei tempi. A mia cognata addirittura una consumatrice compulsiva ha strappato di mano una piantina di geranio che stava valutando, altro che saremo tutti più buoni…
Da ieri gli svizzeri possono tornare a fare acquisti in Italia: grande giubilo tra i commercianti comaschi che si aspettano un grande afflusso. Parecchi svizzeri vengono a far spesa in Italia perché da questa parte della frontiera alimentari, vestiario ed altro costano meno; grazie a questo turismo sono fioriti un sacco di supermercati tanto che la frequenza pro capite da queste parti credo sia una delle maggiori al mondo. Ne abbiamo bisogno? Non credo, considerando che in gran parte si tratta di catene straniere. In compenso i comaschi riprendono a far benzina in Svizzera, che costa un po’ meno nonostante lo sconto che la Regione applica a chi abita abbastanza vicino alla frontiera (come me, per capirci). Curioso questo modo di essere patriottici andando a portare soldi nei paesi vicini: se ognuno rimanesse a casa propria non sarebbe meglio?
A proposito di svizzeri oggi ho letto che nell’ottobre scorso su un treno tra San Gallo e Lucerna è stata ritrovata una valigia piena d’oro (170.000 euro di valore); da allora il proprietario non si è fatto vivo per richiederne la restituzione. Amici, non siate timidi! A chi non è mai capitato di perdere una valigia piena d’oro, non c’è da vergognarsene. Ricordo quel mio amico sbadato che dimenticò sul treno un portatile appena comprato; quando gli chiesi se fosse soddisfatto del nuovo acquisto sbiancò e corse in Stazione Centrale dove ovviamente non trovò niente; per una settimana tempestò di telefonate l’ufficio oggetti smarriti ma del suo portatile nemmeno il caricatore. Mi chiedo se qualcuno abbia mai trovato qualcosa nell’ufficio oggetti smarriti, io ci ho provato un paio di volte con degli ombrelli ma devono avermi letto in faccia che ero senza speranza e mi hanno liquidato senza complimenti.
In città è stato chiuso il dormitorio per i senza tetto. Normale, succede tutti gli anni finita l’emergenza freddo; quest’anno a causa del Covid la Caritas l’aveva gestito ben oltre la scadenza. Peccato che i senza tetto aumentino sempre ed una sistemazione non si vuol trovare, il Comune trascina la questione da più di un anno e adesso la gente è per strada. Preoccupata per il decoro urbano persino una componente della maggioranza di centrodestra (FdI) si è mobilitata: siamo umani, perbacco, diamo un tetto a questi barboni! Quindi hanno tirato fuori dal cilindro un posto già attrezzato, peccato che per soli 30 dei 70 posti che servirebbero: e gli altri? Senza contare che tra l’annuncio e la effettiva soluzione chissà quanto tempo passerà: non si sa ancora chi gestirà questa struttura, chi pagherà le spese… per gli immigrati non in regola ovviamente si prospetta la solita soluzione: rimpatriamoli! Ma dico io, se non l’ha fatto il vostro amico Salvini come pensate di farlo adesso, che di mezzo c’è anche il Covid, chi pensate se li riprenda? Questo è voler nascondere la testa sotto la sabbia e far finta che i problemi non esistano, anzi spostarli un po’ più in là. La chicca poi è che hanno anche cercato di dare la colpa alla Caritas perché ha cessato il servizio, dopo che da mesi chiedeva una soluzione…
Domani amiche e amici cercheremo di dare il nostro contributo fattivo per gli Stati Generali, che ne dite? Buona giornata, intanto…
Cronachette della fase tre (10-15 giugno)
Le scuole sono finite in tutta Italia, tranne che per chi deve dare gli esami, un anno strano con i tre mesi finali, quelli in cui si tirano le fila dell’anno, passati in casa. Non era facile, non era scontato, tanti maestri e professori lodevolmente si sono dati un gran daffare per organizzare e tenere le lezioni a distanza; anche in questo ci sono privilegiati, non tutti hanno una cameretta dove rinchiudersi per seguire le lezioni con tranquillità ma magari deve condividere gli spazi con genitori e fratelli, chi ha un collegamento internet veloce e chi magari ce l’ha lento o non ce l’ha affatto, chi ha un computer aggiornato e chi no (o magari non ce l’ha)… la scuola non dovrebbe essere un ulteriore terreno di crescita per le disuguaglianze, dunque i nostro legislatori dovrebbero pensare, nella scuola nuova che si profila, anche a fornire i mezzi necessari agli alunni che ne sono sprovvisti invece di regalare soldi a John Elkann. I miei nipoti più piccoli comunque non la pensano come me, anzi, stanno facendo il tifo perché il virus a settembre riprenda alla grande…
Questa settimana, per la prima volta in vita mia, ho provato i 4 salti in padella al posto del risotto pronto. Il risotto ci sembrava ormai invernale, anche se fa più freddo adesso che a marzo: ravioli di zucca al ragù bianco. Pensavo peggio, si lasciano mangiare, ma penso che l’esperimento finirà qua. In Coop ancora niente guanti e niente alcool, a dire la verità l’alcool è introvabile dappertutto ed una nostra conoscente ha detto che in una farmacia ha visto un cartello dove lo vendevano a 5 euro al litro. A questo punto allora propongo di usare la benzina, dato che il prezzo è calato; mi chiedo come sia possibile una cosa del genere, hai voglia a dire di stare attenti, distanziarsi, se poi non si trovano i minimi presidi igienici! Ma dico, qualcuno di quelli che dovrebbero controllare un giretto per i supermercati non lo fa mai?
Sembra che abbiamo venduto una fregata (intesa come nave militare) all’Egitto. Non che mi scandalizzi, lo fanno tutti non saremo proprio noi gli ultimi fessi a non approfittarne; mi sfugge leggermente qual è la nostra politica estera, siamo amici di El Sisi? Ci sarebbe di mezzo un certo Giulio Regeni torturato e ammazzato da quelle parti dai suoi uomini, o ricordo male? E il fatto che in Libia lo stesso El Sisi appoggi il generale Haftar mentre noi fino a prova contraria riconoscevamo Al Sarraj, appoggiato a sua volta da Erdogan, conta qualcosa? Abbiamo una nostra idea in proposito o la cambiamo a seconda di come tira il vento (e dei soldi)?
Ci stiamo molto allarmando perché in Cina stanno riprendendo i contagi. E’ curioso che ci preoccupiamo se su un miliardo di persone ci sono 50 contagiati, mentre noi invece in 60 milioni ne abbiamo ogni giorno 300 nuovi, ancora oggi. Ci preoccupiamo così tanto che da questa settimana diverse regioni hanno stabilito di rinunciare alla mascherina, in Lombardia fortunatamente l’obbligo rimarrà fino a fine mese. In compenso abbiamo già acquistato, a scatola chiusa, il vaccino che verrà. Quando ci sarà davvero ci sarà da ridere, tra no-vax, si-vax e x-vax…
Mio figlio domani, dopo più di tre mesi, tornerà a Milano nel suo ufficio in co-working. Speravo che tornassero in pianta stabile invece pare che faranno solo una puntata per prendere documenti e files rimasti là; sarà un mordi e fuggi perché l’edificio non è stato ancora sanificato e messo a norma, né si sa quando sarà fatto. Ho consigliato di smettere di pagare l’affitto, e casomai di dare qualcosa a me dato che è casa mia che si è trasformata in un pezzo di succursale, per il momento stiamo trattando, non posso tirare troppo la corda dato che presta un’ottimo lavoro da cuoco-pizzaiolo.
Sono ricominciate le partite di calcio (chissenefrega, comunque l’Inter ha ripreso da dove aveva lasciato: perdendo) e sono iniziati gli Stati Generali dell’Economia; di quest’ultimo punto avremo modo di parlare, la montagna partorirà qualche topolino?
Da domani cercherò di ritornare alla periodicità giornaliera; mi sono reso conto che il settimanale non mi è molto congeniale perché dimentico le cose, e invece specialmente in questo momento c’è bisogno di persone informate dei fatti, se ci siamo capiti, ma parleremo anche di questo…
A domani dunque amiche e amici, sempre se ce la faccio, eh…
Cronachette della fase tre (3-9 giugno)
Ed è iniziata la fase tre, quella in cui bisogna convivere con il virus. Continuano ad esserci contagiati e morti, la maggior parte dei quali in Lombardia, ma la curva scende e soprattutto i reparti di terapia intensiva si svuotano, così possono tornare a riempirsi di vittime di incidenti d’auto o del lavoro o di infartuati o colpiti da ictus. E’ curioso che ieri sera, al TG di Raiuno, per una strana forma di censura non è stata nominata la Lombardia ma abbiano detto “tot decessi di cui oltre la metà nella regione più colpita”. Quale sarà, si chiederanno i più distratti? Comunque alcune regioni sono ormai apparentemente “pulite”, io le altre le avrei fatte aspettare ancora un paio di settimane ma the show must go on, la stagione estiva sta iniziando, bisogna far ripartire l’economia, se ci sarà qualche contagiato in più pazienza. Mi sarebbe piaciuto vedere se i contagiati per la maggior parte fossero stati, per dire, in Campania, se i “governatori” di Lombardia e Veneto avrebbero avuto così tanta fretta di riaprire. Non credo.
Il tempo era molto più bello quando si doveva rimanere chiusi in casa che ora: piogge torrenziali e grandinate, allagamenti e cadute di alberi. Sembra quasi che, visto che tanti hanno inteso l’allentamento come un “liberi tutti”, il meteo si sia incaricato di farci rimanere in casa. In questo periodo l’inquinamento (nel mondo) è sceso del 17%, secondo delle ricerche: che strano, di solito quando si fanno i blocchi delle auto c’è sempre chi dice che non servono a niente…
Personalmente rispetto alla fase due non mi è cambiato molto: di tornare al lavoro a Milano non se ne parla, se va bene andrà a settembre; in piscina non andrò anche perché qua di piscine funzionanti ne è rimasta una e basta e per andare fuori regione dato che di case al mare da raggiungere non ne ho aspetterò ancora almeno un mese. Anche i congiunti lontani dovranno aspettare. Sabato però sono andato a fare una passeggiata in città per rendermi conto di persona di come fosse la situazione: parecchia gente, tanti la mascherina la portano solo a passeggio ma in linea di massima abbastanza ordinati. Ci siamo incontrati con una coppia di amici e ci siamo presi una birretta in un bar di una bella piazzetta, vicino alla statua di Alessandro Volta; distanze rispettate anche se ho notato che i tavoli non venivano disinfettati dopo ogni cambio. La sera siamo tornati, dopo tre mesi, a mangiare da mia suocera: il rito della pizza è stato salvato e anzi c’è stata una gara tra mio figlio e mio nipote, che va a scuola di cuoco e quindi partiva avvantaggiato; sarà che il mio stomaco si è ormai abituato, sarà che la pasta di mio figlio era stata messa a lievitare fin dal mattino, per me ha vinto mio figlio. Ho anche rimpianto, devo dire la verità, i sabati da soli; sul divano, con un filmetto… Mia suocera però è stata contenta e si è anche un po’ commossa, tre mesi sono tre mesi; anch’io mi sono un po’ commosso, specialmente quando si è messo a grandinare e la mia auto era indifesa nel parcheggio.
A proposito di pizze, il mio forno non ce l’ha fatta. Sottoposto a tre mesi di stress continuo, dopo aver sfornato di tutto e di più ha alzato bandiera bianca. Qualche segnale c’era, il grill non funzionava più, c’erano stati un paio di scatti al salvavita del contatore sospetti; infine non si è più acceso. Avevi solo tredici anni ma ti sei meritato il paradiso degli elettrodomestici, riposa in pace. Stamattina l’ho portato in discarica, che da questa settimana riapre senza limiti, sperando che ci fosse qualcuno che, come un mio amico congolese, porta via gli elettrodomestici più in buono stato e poi li manda con dei container al loro paese, dove sembra ci sia gente abilissima a resuscitare quello che noi buttiamo. Riuso non è solo uno slogan, insomma…
A breve prenderanno il via gli Stati Generali dell’economia, dove governo, imprese, sindacati, opposizione e chi più ne ha più ne metta cercheranno di definire degli obbiettivi per il rilancio, o meglio sul come spendere i soldi che arriveranno (quando arriveranno) dall’Europa. Secondo me sarebbe meglio che prima il governo si chiarisca al proprio interno, altrimenti si rischia solo di far confusione e perder tempo: mio timore, sia chiaro. Sinceramente non so cosa si possa concordare con Salvini e Meloni, ma questo forse è un mio pregiudizio. Sono comunque contento perché Conte, anche se in fondo a tutta la lista di cose da fare, ha messo anche il Ponte sullo Stretto. Bene! Io che sono un pontista della prima ora applaudo. Facciamolo, presidente, chi se ne frega del raddoppio dell’alta velocità, non vogliamo rilanciare il turismo? Quanti milioni di persone verranno a vedere quest’opera immortale? Ci pensi, il ponte Conte! (a Berlusconi verrà un attacco di invidia pazzesco, stavolta ci lascerà le cuoia. Tra l’altro forse sono rimbambito anch’io ma in questo momento mi sembra il più normale nel mazzo della destra nostrana: sono e siamo messi male!)
Stavolta non parlerò anch’io dell’assassinio di George Floyd, della ricorrenza delle notti magiche di Italia ’90 o persino di Messico ’70, mi riservo però di farlo presto. Oppure della bambina di 8 anni, in India, che faceva la baby sitter (!) ed è stata uccisa perché aveva lasciato aperta la porta della gabbia dei pappagallini. O del sindaco Lucano, di Riace, al quale ora la giustizia dà ragione anche se, come si dice dalle mie parti, la ragione si dà ai matti e nel frattempo quello che aveva costruito è stato distrutto (da Salvini, se qualcuno si fosse distratto. Mi piacerebbe sapere quanti dei suoi sostenitori però magari si sono indignati per la morte di Floyd, a proposito di razzismi).
Parlerò invece di un omicidio avvenuto in un paese del Guatemala, San Luis Petén, dove un uomo, un esperto di medicina naturale, un sacerdote maya, è stato bruciato vivo perché considerato uno stregone. Non sono stati dei ragazzi annoiati, come succede da noi con i barboni, ma un’intera comunità o quasi. Il medioevo è sempre dietro l’angolo…
Care amiche e amici, eccomi tornato, con calma e senza fretta. Vi aspetto qua tra una settimana? Buona fase tre, intanto.
Olena à Paris – 10
Nel 1885 i fratelli Hector e Otelo Balenciaga, avventurieri di Toledo, inseguiti da una mezza dozzina di mariti cornificati e dalle guardie di re Alfonso XII di Borbone ritennero prudente cambiare aria emigrando in Argentina e appena arrivati ci misero poco a capire che quella era la terra dei loro sogni: sconfinata, accogliente, fertile, con poche regole che non si potessero accomodare con un uso accorto delle pesetas e, se necessario, di coltello e fucile: l’Eldorado insomma, e si misero subito alla ricerca di un appezzamento di terra non troppo in vista, per impiantare una attività intanto che le acque non si fossero calmate e che dalla Spagna si fossero dimenticati di loro. Si inoltrarono a cavallo da Buenos Aires verso l’interno attraverso la pampa finché, in una bettola nel paesino di San Enrique, non si fermarono per rigovernare i cavalli e mettere qualcosa sotto i denti. Gli stranieri furono accolti gentilmente dall’oste e sua moglie Floridiana, che offrirono da bere del mate ed espressero l’auspicio che si fermassero per la notte; lo sguardo eloquente della prosperosa ostessa stava per convincere i due viaggiatori quando da un tavolo all’angolo, vicino alla finestra, furono attirati dal rumore di due dadi fatti girare in un bicchiere da un uomo alto, con dei lunghi capelli biondi ed una barba altrettanto lunga. Henderson, o meglio Lo Svedese, così era conosciuto, era stato capitano di vascello finché, stufo di veleggiare, era approdato sul Mar della Plata ai lidi che più gli erano congeniali: donne, sbronze e baruffe. Notando il borsellino che pendeva dalla cintura di Otelo, Lo Svedese invitò i fratelli a brindare alle rispettive patrie lontane ed a fare una partitina e, brindisi dopo brindisi di vino rosso di Cuyo Henderson si ritrovò presto in mutande ma la prese sportivamente: cedette ai due l’atto di concessione su un terreno poco lontano, dal quale il governo aveva provveduto a scacciare gli indigeni senza troppi riguardi, sull’esempio dei gringos americani; su questa pagina della storia argentina è stata scritta da Camilìto Estudiantes una poesia celeberrima, “Jugaban descalzos”:
Dijeron che estaba desierto
No nos parecìo
La pradera era nuestro hogar
nuestros niños jugaban descalzos
pero llevaban botas de cuero pulido.
Por nuestro bien, por la civilización,
nos dispararon con rifles Remington,
morimos tirando bolas, que mierda.¹
I fratelli si misero subito in marcia, prima che Lo Svedese si fosse ripreso dalla sbronza e si potesse accorgere dei dadi truccati, e presero possesso della loro tenuta che in quel momento consisteva in una distesa di terra da pascolo su cui scorreva un fiumiciattolo, una mandria di un centinaio di mucche, una stalla per i cavalli ed una baracca per i mandriani. Ammainarono immediatamente la bandiera svedese che si innalzava su un palo nel bel mezzo del cortile e la sostituirono con la Croce di Borgogna, la bandiera dei Carlisti, i reazionari sostenitori di Carlo VII per i quali avevano parteggiato nella terza guerra civile contro i liberali della Prima Repubblica.
“Que viva Don Carlos” è ancora leggibile sul cartello appeso all’arco di quella che una volta era l’ingresso della tenuta Balenciaga; arco che, sopravvissuto all’abbandono, dopo aver percorso un vialone di duecento metri introduce in quello che era il cortile della casa padronale, di cui oggi rimangono solo rovine, come gli altri edifici che vi si affacciano a semicerchio. In mezzo al cortile, con il muso rivolto verso l’entrata, è fermo un monovolume nero con i vetri oscurati, con il cofano aperto da cui esce un fumo grigiastro; di fianco una vecchina seduta su una carrozzina, con le gambe coperte da un plaid a scacchi scozzesi. I due uomini, rayban e cappello alla texana, scendono dal pick-up con un’andatura dinoccolata e si dirigono verso la carrozzina, guardandosi intorno; arrivati ad un paio di metri si fermano ed uno dei due, sempre guardandosi intorno, si rivolge all’altro:
«Una volta qua venivano a scaricare le sigarette di contrabbando, ti ricordi Ricardo? Ora scaricano le vecchiette, che brutti tempi» poi, poggiando distrattamente la mano sul calcio della Smith & Wesson 500 poggiata sulla fondina in pelle marrone che gli pende dalla cintura, si rivolge alla vecchia fissandola negli occhi:
«Dove sono finiti i tuoi amici, nonnina?»
«Cos’è tutta questa confidenza, giovanotto?» risponde la vecchia indispettita. «Non mi pare che abbiamo mai mangiato insieme, cos’è questo “tu”? Ma pensa te. Innanzitutto non ti hanno insegnato che ci si toglie il cappello davanti ad una signora? E si chiede per favore. E poi a te cosa interessa dove sono andati i miei amici?»
L’uomo, con un ghigno divertito, si toglie il cappello e ripete la domanda:
«Gentile signora, sarebbe così gentile da dirci, per favore, dove possiamo trovare i suoi amici?»
«Oh, così va meglio. L’educazione è importante, che diamine. Dunque, fammi pensare… devi scusarmi sai, la memoria non è più quella di una volta…» poi, notando che la mascella dell’uomo che sta serrando, e la mano slaccia il fermaglio della pistola, l’anziana si affretta a proseguire:
«Ecco, ecco, che fretta… mi pare abbiano detto che andavano a cercare un meccanico. Ah no, che stordita, adesso mi ricordo. Dunque, uno è là dietro» dice indicando un punto alle spalle dell’uomo «che sta per far saltare la testa al tuo amico»
Si sente un piccolo schiocco, e il compare cade a terra urlando, colpito ad una gamba.
«Si vede che ci ha ripensato. E l’altra invece ha detto che doveva parlarti»
«Ma che…» sibila l’uomo, abbassandosi di colpo. «Io non parlo con nessuno, e tu adesso viene con me, mummia!» e così dicendo si getta verso la vegliarda con l’intenzione di farsene scudo, dovendo però recedere dai suoi propositi alla vista della canna dell’AK-47 che spunta da sotto il plaid.
«Mani bene in vista, hombre» intima nonna Pina «Slacciati il cinturone e fai qualche passo indietro, e sbrigati che il grilletto è sensibile e mi tremano le mani. Ecco, da bravo, e adesso in ginocchio, e con le mani sulla testa, forza!»
L’uomo esegue, sebbene riluttante, e nonna Pina si alza dalla carrozzella, facendo cadere a terra il plaid, e sempre tenendo sotto tiro l’uomo inginocchiato, dà il segnale di via libera:
«Vieni Natascia, è tutto tuo»
Dal monovolume esce una donna statuaria inguainata da una tuta nera con in testa un passamontagna ed in mano un lungo astuccio rigido. La donna arrivata a pochi passi dal prigioniero si ferma, poggia in terra l’astuccio e ne estrae due spade šaška². Esegue qualche rotazione, poi con una smorfia di disapprovazione si rivolge all’uomo:
«Io non capisco come gente così trascurata, non pensa anche voi babushka? Capelli tutti in disordine, che verguogna. Ma tu uomo muolto fortunato, c’è qui tuo parrucchiere. Tu preferisce sfumatura alta o bassa?»
«Che… che intenzione hai di fare con quelle?» chiede l’uomo preoccupato, vedendo che la donna ha ripreso a far roteare le spade. Olena si ferma, si toglie il passamontagna e si sistema i capelli scrollando la testa, poi fissa l’uomo con gli occhi di ghiaccio, e risponde:
«Dipende da te, finuocchietto. Chi manda voi? Dov’è Carlos? E non muovere testa, se tu tiene a tue orecchie»
¹ Dicevano che era deserto / a noi non sembrava / la prateria era casa nostra / i nostri figli giocavano a piedi nudi / loro indossavano stivali di cuoi lucido. / Per il nostro bene, per la civiltà / ci spararono con i fucili Remington / che merda, siamo morti lanciando bolas.
² La Šaška era una sciabola usata dai cosacchi, poi adottata dai dragoni dello Zar; oggi viene usata in danze tradizionali dove dei virtuosi si esibiscono roteandola con maestria.