E’ bastato un giorno con mia suocera in casa per farmi un quadro fosco di quello che potrebbe essere il mio futuro. Donna energica, patisce molto la reclusione forzata di questo ultimo anno: le chiacchierate con le amiche, le partite a carte, persino le tombole settimanali all’oratorio. Non potendo camminare più di tanto, si è installata in casa una cyclette ed ogni tanto si fa una pedalata, con la televisione accesa ad un volume esagerato, dato che non ci sente molto e gli apparecchi dice che li danno fastidio; è fortunata perché nel condominio dove abita la sua vicina è una sordomuta, perciò i rumori non la disturbano.
A casa mia giustamente si annoia, anche perché ne io ne mio figlio siamo molto di compagnia, lavorando ciascuno nella propria stanza: e dato che la cyclette non ce l’abbiamo, non le è rimasto che guardare la televisione. Che, naturalmente, dato il volume, abbiamo sentito anche noi. Al mattino la protagonista è stata Milva, con una compagnia di giro di amici conoscenti e ammiratori veri o fasulli affranti: sia chiaro io penso che Milva sia stata una delle più bravi artiste che abbiamo avuto nel secolo scorso, ma nei dieci anni che si è ritirata dalle scene nessuno ha speso una parola (tra l’altro anche alla radio non si sente una canzone di Milva da anni) e quindi questi riconoscimenti postumi mi puzzano un po’ di coda di paglia.
Poi nel pomeriggio il sublime su Retequattro: Forum! Erano anni che non ne vedevo una puntata (per la verità non l’ho vista nemmeno adesso, ma solo sentita), la storia era succosa: una madre scopre che il figlio diciassettenne ruba i soldi in casa (circa 1300 euro: alla faccia!) per chattare con una signorina su una linea erotica, e vuole indietro i soldi non dal figlio, ma dalla signorina. La quale, presente in studio, risponde ciccia: lei il servizio l’ha dato, lezioni di sesso tantrico mica ciufole, competenza acquisita di prima mano da un amico indiano; non sapeva che il ragazzo era minorenne, sembrava molto più grande della sua età e molto maturo; il tutto condito dalle vicissitudini familiari della madre, separata da un marito assente che dopo anni ricompare ed insegna al figlio le arti dell’illusionismo e nientemeno che dell’ipnosi, mentre la zoc.. cioè la tantrica racconta della sua infanzia povera in Georgia, della sua venuta in Italia e del fatto che la pandemia l’abbia lasciata col culo per terra, è proprio il caso di dire, e quindi si è adattata a dare consigli on line. In sostanza: la giudice ha sentenziato che chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, la georgiana (una gran bella donna) si è fatta pubblicità gratis e persino il ragazzo si è fatto pubblicità, perché ha potuto anche fare uno spettacolino di illusionismo: solo la madre ha fatto una figura così così, cosa non si fa per i figli! Io me l’aspettavo perché c’erano già passati anni fa due miei amici, che erano andati lì a far finta di litigare per questioni di diritti d’autore, ma mia suocera devo dire c’è rimasta un po’ male. Lei una scarica di mazzate al ragazzo l’avrebbe appioppata volentieri.
In serata poi mia moglie ha avuto la bella idea di ordinare on line delle magliette-reggiseno che sua madre aveva visto in qualche televendita, e di lasciare il mio numero di telefono dato che sono io quello che rimane in casa e riceve il pacco. Non l’avesse mai fatto! Tra la sera e la mattina seguente mi sono arrivate ben 11 (undici!) telefonate da addetti diversi di un call center (ed ogni volta compare un numero di cellulare diverso _ e farlocco _ ). I quattro a cui ho risposto mi hanno detto tutti la stessa cosa: che chiamavano perché avevo fatto l’ordine e volevano la conferma dell’indirizzo e conoscere la taglia. Al secondo ho detto che avevo già detto tutto al primo ma ho dovuto ripeterlo, e così via fino al quarto: mi sono raccomandato di non mandarmene undici che tanto ne pagherò uno solo, vedremo. Il pacco è già arrivato (velocissimi, la ditta è di San Marino ma i prodotti non c’è scritto dove sono stati fatti, secondo me in Cina), mia suocera per indossare quelle magliette dovrà fare una severa dieta dimagrante (anche le taglie mi sembrano cinesi). Insomma, io il mio dovere l’ho fatto, mi piange un po’ il cuore veder buttar via così i soldi, ma sono suoi e che devo dire, meglio così che in medicine.
Amiche e amici, oggi ci siamo fatti delle penne al ragù di cinghiale Coop (buono); forse nel ragù c’era una microspia perché poco fa mi ha chiamato una addetta di Coop Lombardia per ricordarmi che a maggio ci saranno le votazioni per il rinnovo degli organi sociali, di non dimenticarmi anche perché ci sarà un piccolo coupon in omaggio. E chi si dimentica cara amica, con un ragù così!
Da oggi l’Italia è tutta zona gialla, tranne qualche regione del Sud arancione (e la Val d’Aosta, che evidentemente sconta la vicinanza con la Francia), e la Sardegna inopinatamente passata in poche settimane da bianca a rossa. Si litiga all’interno del governo su aperture serali dei ristoranti, o allungamento dell’orario del coprifuoco: questo è il livello della discussione, quando ci sarebbe da parlare di moratoria dei brevetti, di aiuti ai paesi attualmente più in difficoltà, come l’India, di autorizzazione ad altri vaccini ed in particolare allo Sputnik. Le Regioni protestano perché il governo ha stabilito di riaprire le scuole in presenza il più possibile: non ci sono i bus, dicono, e ci si domanda che cavolo hanno fatto in questo anno e perché mai non hanno preso quelli delle ditte di trasporto rimaste gioco forza ferme, e dato che se questo è il ragionamento i bus non ci saranno mai, quando secondo loro i ragazzi potranno tornare a scuola?
Ho avuto l’esito dell’esame degli anticorpi: ce li ho alle stelle, il mio amico dottore mi ha detto che sarei stato un candidato a donare il siero per la terapia degli anticorpi, ma qua purtroppo non si fa e quindi i miei anticorpi me li tengo. In pratica posso saltare la prima dose di vaccino; tra qualche mese rifarò il controllo e se saranno scesi potrò fare solo il richiamo, altrimenti nemmeno quello. Che fortuna! Oggi peraltro si è vaccinata anche mia suocera, la ospitiamo per qualche giorno da noi nel caso abbia qualche effetto collaterale, anche se conoscendone la tempra ne dubito. Si è piazzata davanti alla tv e, anche se sto lavorando nell’altra stanza, mi sto sentendo tutta la puntata di saluto a Milva.
Che se ne è andata anche lei, non per il Covid ma per una malattia degenerativa: una grande artista che aveva il rispetto di sé stessa e della sua arte e che quindi, quando dieci anni fa aveva scoperto la malattia, si era ritirata dalle scene. Io pensavo fosse già morta, a dire la verità, ma mi accade spesso di far morire qualcuno che invece è ancora vivo, anche se non del tutto vegeto. A proposito di vivo e vegeto, ogni volta che chiamo mia madre si fa un pianto e dice che non ce la fa più. Da quando è morto mio padre ha perso ogni interesse, e certo la pandemia con la rarefazione dei contatti non aiuta. Dice che non avrebbe mai pensato, nel poco che le rimane da vivere, di finire così: purtroppo però il disagio è nella testa più che nel corpo, e se uno non riesce a reagire è dura uscirne fuori, ammesso poi che lo voglia.
Ieri secondo tempo delle Cresime: a solo titolo statistico riporto che i ragazzi con genitori di origine italiana erano meno della metà e senza essere retorici è stata una bellezza vederne “di tutti i colori”. Questo servirà a far superare anche ai genitori pregiudizi e diffidenze? Per chi avrà voglia di parlarsi e di conoscersi sicuramente sì, altrimenti ognuno rimarrà nelle sue convinzioni.
L’altro giorno Biden ha parlato del genocidio armeno, suscitando le ovvie proteste turche. Che sta succedendo da quelle parti? Prima Draghi dà del dittatore a Erdogan, poi questo attacco: c’è qualcosa che non sappiamo?
Sabato sera c’è stata una bella puntata di “Sapiens” di Mario Tozzi, sui disastri nucleari di Chernobil e Fukujima; è incredibile come basti un particolare insignificante per provocare una catastrofe, come ad esempio un tubo che porta l’acqua che dovrebbe raffreddare un reattore ad un circuito secondario azionato da una pompa che non va perché non c’è l’energia elettrica; o il generatore che si ferma per mancanza di benzina… se fossero successe a noi avrebbero detto “i soliti italiani”, ma dai giapponesi chi se lo sarebbe aspettato? Ma poi dico, se c’è un paese che avrebbe dovuto stare alla larga dall’energia nucleare quello è il Giappone, chi gliel’ha fatto fare? E adesso, dato che non sanno più dove mettere l’acqua con la quale stanno raffreddando i reattori, hanno detto che la butteranno in mare, ma niente paura, sarà filtrata, i livelli di radiazione saranno molto al di sotto della soglia tollerata. I pescatori comprensibilmente non sono molto d’accordo, spero almeno che stavolta ci sia qualcuno che controlli il pieno dei generatori…
Amiche e amici, si è fatta una certa e vado a preparare pranzo: oggi trofie al ragù, insalata mista e formaggio vario. E un bel bicchiere di Chianti, che fa sangue. A presto!
Poiché si sta avvicinando la data in cui potrò prenotarmi per farmi vaccinare, e come sapete non è che sia molto convinto, sono andato a farmi fare l’esame degli anticorpi. Lo scopo è chiaro: se ce ne ho abbastanza in corpo, col cavolo che mi vaccinerò! Ho chiamato la dottoressa per farmi fare la ricetta, ma mi è stato risposto niet: la mutua non la passa, quindi se voglio me la devo fare a spese mie. Una sbirciata a Internet, e di laboratori nelle vicinanze che effettuano questi esami (ed i tamponi) ne ho scoperti un sacco. Ma che razza di business hanno costruito? La pandemia per questi signori è stata una manna dal cielo, se tanto mi da tanto da ora in poi ne avremo una all’anno. Comunque, ne ho scelto uno convenzionato con la mia assicurazione (ma l’esame non è coperto) e mi dicono che non c’è bisogno di prenotare, basta presentarsi dalle 7 alle 9:30 per il prelievo. Già a questa informazione avrei dovuto desistere, ma invece testardo alle 7 sono uscito di casa ed alle 7:20 ero in coda fuori dal laboratorio. Vi dico solo, cari amici, che se uno non ha il Covid è uno dei posti migliori per prenderselo: coda senza controlli, gente che non rispetta la distanza; numerello da prendere ad una macchinetta posta dentro l’ingresso; non c’era un’entrata ed una uscita, ma si entrava ed usciva dalla stessa porta; le sale prelievo sono a due passi dal bancone della accettazione e cassa. Le persone all’interno avrebbero dovuto essere al massimo cinque, ogni tanto una delle cassiere dava uno sguardo e lanciava un urlo, con effetti solo temporanei. Finalmente è il mio turno di farmi cavare il sangue, e l’infermiera non mette nemmeno i guanti! Mi sono visto perso, altro che anticorpi, qui ti inoculano direttamente il virus!
Questi parassiti, perché non c’è altro modo per definirli, sono proliferati in Lombardia negli ultimi anni, a causa dello stato in cui è stata ridotta la sanità pubblica, dalla cricca che l’ha governata in questo ultimo quarto di secolo. Cricca di cui il rappresentante principale, per venti anni, è stato il celeste Formigoni, al quale la commissione del Senato predisposta ha stabilito che spetti il vitalizio che gli era stato sospeso a causa della condanna a 5 anni e dieci mesi che gli era stata inflitta per corruzione. Per inciso, i membri della commissione erano uno di Forza Italia, uno della Lega, una del M5S passata alla Lega, e due “laici” nominati dalla presidente del Senato Casellati (di Forza Italia): fatevi due conti.
Ma la gente ha altro a cui pensare che queste bazzecole: è più importante la Superlega, ovvero il campionato europeo che le squadre più forti avrebbero voluto fare tra di loro, per fortuna abortita a furor di popolo. Non che in fondo me ne interessi molto, il calcio professionistico per me non è più sport da quel dì: però proprio quest’anno che sembra che l’Inter stia per vincere lo scudetto mi sarebbe dispiaciuto non dare l’opportunità a qualche squadretta come lo Shakhtar Donetsk, l’Hapoel, o il Lugano, di eliminarci.
I Migliori si stanno accapigliando per l’allungamento del coprifuoco serale, o per l’apertura dei ristoranti: il Capo ha deciso, alla stregua dei peggiori ma saggiamente a mio parere, che è meglio riaprire un po’ alla volta anziché rischiare di dover richiudere subito tutto; aspettiamo almeno di vedere l’esito che avrà la riapertura delle scuole , perché non mi pare che per i trasporti sia cambiato qualcosa, e se c’era pericolo prima c’è anche adesso…
La settimana prossima si vaccinerà anche mia suocera. Si è convinta, o meglio l’ha convinta il suo medico; speriamo non le succeda come la madre di un mio amico, che si è beccata il virus dalla figlia dopo essere stata vaccinata (o magari ce l’aveva già in corso, ma dato che non fanno i tamponi prima di vaccinare non lo saprà mai) ed ora non riesce più a camminare, perché quel bastardo di un virus le ha colpito le gambe.
Ieri c’è stata una bellissima puntata di Ulisse di Alberto Angela, sui monumenti più importanti lasciati a Roma dagli imperatori romani; dopo dieci minuti mi sono addormentato ma avevo dato disposizioni di svegliarmi e quindi l’ho vista quasi tutta, per lo più passeggiando su e giù per il soggiorno per non ricadere nell’oblio. Chissà se quest’anno riuscirò a tornare nella Città Eterna? Prima aspetterò che riaprano i ristoranti, però.
A proposito di ristoranti, oggi abbiamo condito i rigatoni con quel vasetto di ragù di chianina comprato qualche settimana fa alla Coop in offerta: di solito diffido dai sughi pronti ma questo è molto buono, alla prossima offerta farò il bis!
Amiche e amici, vi farò sapere presto lo stato dei miei anticorpi; spero se non altro che siano un po’ più dei pochi neuroni rimasti. Buona serata, e a presto!
Amiche e amici, come personale segnale di ottimismo ho fissato le ferie estive. Per andare dove ancora non lo so; mi sentirei di escludere l’estero, non per xenofobia ma perchè penso che i soldi sia meglio farli rimanere in Italia quest’anno. Resto dell’idea comunque che il numero di ristoranti, bar, pizzerie, agriturismi, b&b sia ormai spropositato; che moltiplicare le scuole a indirizzo turistico, artistico e coreutico sia stato uno sbaglio madornale (gli artisti se la sono sempre passata male, da che mondo è mondo, tranne pochi fortunati); che rinunciare a settori strategici perché all’estero la produzione costa di meno, per poi fare tutti i camerieri in questa Disneyland mondiale che si vorrebbe diventasse il nostro paese, è una sonora stupidata. E infatti adesso la paghiamo, con gli interessi.
La campagna vaccinale ha cambiato passo, si dice: magari ci si dimentica che quando c’erano i peggiori i vaccini non c’erano, quindi non so con che cosa avrebbero potuto vaccinarci; la confusione invece di diminuire aumenta, appena arrivato Jonhson & Johnson è stato già bloccato (sempre per trombi, che non è un’invito o un’esortazione, purtroppo). Diverse segnalazioni di gente che rifiuta l’Astrazeneca, ma nei centri vaccinali si rifiutano di somministrargliene altri. Ma non si era detto che avremmo potuto addirittura scegliere in farmacia che vaccino farci? Io aspetto sempre lo Sputnik, ma ogni giorno c’è una nuova campagna contro la Russia, mi sa che per farmelo dovrò andare direttamente là. O magari a San Marino, se mi vogliono.
Intanto in Gran Bretagna (a lutto per il principe Filippo, morto a 99 anni: ma quanto deve campare la gente? Non siamo mica tutti nonna Pina, e che diamine) ed in Israele ci si riapre: grandi bevute nei pub, la prima partita allo stadio dopo un anno, la normalità. Da noi la gente freme per potersi lanciare sui buffet degli apericena e sugli spritz, dalla prossima settimana riapriranno i locali che hanno i tavolini all’esterno (occuperanno tutti i marciapiedi? E le carrozzine dove passeranno?), cinema e teatri con distanziamenti, palestre… io per un po’ ancora cercherò di stare alla larga, poi ognuno si regoli come vuole. Tanto negli ospedali c’è posto, ci dicono…
A proposito di ospedali, è ormai impossibile curarsi se non si ha il Covid. Mia suocera deve fare una visita nefrologica, e non le hanno saputo dare una data; però se volesse andare in regime di libera professione (cioè pagando) il posto c’è, entro pochi giorni. Non mi pare di aver sentito partiti accapigliarsi per questa situazione: secondo me è indecente, e si dovrebbe ritornare alla vecchia distinzione, chi vuol lavorare per il pubblico lavori per il pubblico e chi vuol fare il libero professionista lo faccia per conto suo, mi pare un po’ comodo prendere a destra e sinistra. E così si farebbe anche spazio ai giovani, che diamine, tanto di “luminari” che prendono lucciole per lanterne ce n’è a bizzeffe. Aggiungo che, se il sottoscritto fosse Chiara Ferragni, per dire, domani mia suocera avrebbe l’appuntamento: e anche questo è vergognoso, o almeno così pare a me, ma può darsi che sbagli.
L’altro giorno in giro per Como c’era un uomo nudo, di una trentina d’anni circa. Camminava tranquillamente, non dava fastidio a nessuno, finché non è arrivata una volante dei carabinieri a fermarlo. La reazione è stata bellissima (ci sono dei video in rete), ha incrociato le mani al petto ma non ha pensato minimamente a coprirsi le pudenda. Chissà che gli passava per la testa, poverino.
Così come poverini sono quelli che hanno duplicato il timbro con cui l’autolavaggio dove porto la macchina a lavare, gestito da turchi, per sfruttare il lavaggio gratis che i ragazzi fanno per ogni dieci timbri apposti sulla tessera fedeltà: ma ci si attacca proprio a tutto! Per colpa loro però la tessera da aprile non vale più, e così il mio lavaggio gratis non lo avrò mai.
Domenica pomeriggio in parrocchia si sono celebrate le Cresime: soldati di Cristo, si diceva una volta che si sarebbe diventati. Adesso il traguardo mi sembra meno ambizioso, da quando ho fatto il catechismo io la visione è cambiata parecchio. Una volta si sarebbero celebrate nella messa normale, invece per rispettare le norme di sicurezza si è dovuto farle al pomeriggio, solo per cresimandi genitori padrini e parenti stretti, e dividerli in due domeniche. Quindi anche la prossima sarò impegnato, e mi toccherà stare attento nel bere per non far impastare troppo le esse, già problematiche con la mascherina.
Dopo venti anni l’America e quindi la Nato hanno deciso di lasciare l’Afghanistan. Nessuno ricorda più perché ci siamo andati, dei risultati non si parla, e in che condizioni li lasciamo men che meno. Allora si trattava di cacciare i talebani ed esportare la democrazia: i talebani sono ancora là, la democrazia è una pia illusione (peraltro anche dove c’è non è che stia molto bene) ma nel frattempo è morta inutilmente tanta gente. Ne valeva la pena?
Con questo interrogativo vi lascio, amiche e amici. Stasera polpette e cipollata: per fortuna domani non devo andare in ufficio, altrimenti i colleghi avrebbero dovuto starmi alla larga… a presto!
«Non essere arrabbiato Flettino. Come facevamo a sapere che la nave invece di andare verso la Germania sarebbe andata a nord, verso la Lapponia svedese?» cerca di calmarlo la paziente chioccia. «Non pronunciare quella parola! Lapponia! E svedese, poi, come se di Lapponia non ce ne fosse abbastanza in Finlandia. Ma cosa ha in testa quella gente, chilometri e chilometri al gelo per vedere l’aurora boreale, che palle!» strepita il pennuto. «A noi piace» afferma la renna Riitta, sopraggiunta nel frattempo. «E’ perché tu non hai un’indole romantica. Sei senza cuore! Non so proprio cosa ci trovi Kocca in te» dice scuotendo la testa in segno di disapprovazione. «Oh, certo, tu ti sarai divertita a scorrazzare nella neve trainando la slitta, con tanto di campanellini. Ma io? Costretto a fare le imitazioni per i turisti con un costume da deficiente? Dalla padella alla brace! E senza nemmeno poter scappare, con il golfo tutto congelato!» «Però devi ammettere che il capitano è stato gentile a permetterci di rimanere a bordo, solo in cambio di qualche lavoretto…» «Lavoretto me lo chiama! Sfruttamento, schiavitù! La vedremo appena tornati a casa, andrò di corsa dai sindacati, mi farò versare tutti i contributi!» La tirata rivendicativa del pappagallo viene interrotta da Fiona, salita in coperta al galoppo. «Flettino vieni a vedere, sei in televisione, corri!» «In televisione?» Il pappagallo soprassiede sull’odiato vezzeggiativo e si precipita in sala TV, seguito dalle tre compagne di avventura. Il telegiornale svedese trasmette in diretta l’intervista che l’inviato da Buenos Aires sta facendo alle due proprietarie del nuovo Museo Ranone, appena inaugurato. «La mia padrona!» strilla Flettàx, con le penne che si arruffano. «Impossibile» lo contraddice Riitta, puntigliosa. «Spartaco non ha padroni» «Chiudi quella bocca, o ti taglio le corna!» la minaccia il pappagallo. L’intervista è ormai agli sgoccioli, e il giornalista pone la domanda finale: «Signora Rana, a proposito del suo consulente diciamo… particolare, sarebbe possibile farlo conoscere al nostro pubblico più giovane? » «Sta parlando del nostro Flettàx, vero? E’ un portento, un vero cervellone. Ma certo, glielo presento» «Sta parlando di te, Flettino!» dice Kocca, in adorazione. «Non credo. Ha detto cervellone…» la contraddice la renna, dubbiosa. «Consulente? Ma io veramente non… ehi, che scherzi sono questi? Chi accidenti è quello?» Flettàx sgrana gli occhi e si gratta le penne della testa, vedendosi comparire sullo schermo. «Ecco qua il nostro amico» dice Gilda dallo schermo «Su, Flettàx, fai un saluto ai bambini sfortunati che ti stanno guardando da quel paese lontano dove fa sempre freddo, poverini» lo esorta la Calva Tettuta. «Hej! Buongiorno bambini» obbedisce il compunto animale, chiedendosi perché mai la socia si ostini a non chiamarlo con il suo nome, Spread. «Mi raccomando, ripassate le tabelline. E non dimenticate di lavare i denti, l’igiene orale è importante! » «Ma chi è quel pagliaccio? Questo è offensivo!» tuona Flettàx. «Sei tu sputato, solo più educato» constata Riitta, senza intenti polemici. «Ma tu sei più bello, Flettino» lo conforta Kocca. «Porco mondo, non puoi allontanarti un attimo che ti fregano subito il trespolo. Dà da pensare» riflette il pennuto, meditabondo.
«Chi va a Roma perde la poltrona» sentenzia Riitta, citando un vecchio adagio di saggezza popolare. «E chi parla ancora perde le corna!» gracchia l’animale, congestionato. «Ma non se la passerà liscia quell’approfittatore, quell’impostore, quel… quel… parrocchetto! Gli strappo le penne ad una ad una, e poi prendo il dentifricio e glielo infilo su per…» «Flettino non essere scurrile, ci sono i bambini!» lo richiama Kocca. «E chi se ne frega dei bambini! Bambini! Mocciosi rompiscatole frignoni…» ma improvvisamente Flettàx si blocca, con un lampo diabolico che gli balena negli occhi. Cambia atteggiamento, e con la voce più suadente possibile si rivolge ad uno dei piccoli che affollano la sala: «Bimbo? Sì tu, quello con le lentiggini, vieni qua piccino, ti piacciono le imitazioni? Ah, ti piace l’ippopotamo? Ma che caz… ma certo che so fare l’ippopotamo, vieni, vieni qua che ti faccio l’ippopotamo» Il bambino si avvicina caracollando fiducioso, ma appena arrivato a portata di becco un urlo di battaglia accompagna il balzo che il pennuto compie per piazzarglisi in testa, saldamente aggrappato ai teneri riccioli biondi. Urla di raccapriccio accompagnano la risata di Flettàx, che trionfante becchetta le orecchie del piccolo, e grida: Fermi tutti o gli stacco il naso! Capitano! Craa!! Capitano!! Questo è un sequestro! Col cavolo che lo lascio, mica sono scemo» risponde il pappagallo a chi lo esorta a staccarsi dalla testa del bambino «Fate esattamente quello che dico e nessuno si farà male, capito? Che voglio? Libertà e Vendetta, io sono Spartaco avete capito? Spartaco! Capitano, rotta per la pampa! »
Piove, governo dei migliori! Tempo del cavolo, ma c’era bisogno di acqua, il lago era pericolosamente basso, le rive troppo scoperte e saliva la preoccupazione per i raccolti. Speriamo che adesso non piova per quaranta giorni, ricordo che quando mi trasferii da queste parti Como era detta il pisciatoio d’Italia, ma da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia.
Da oggi la Lombardia torna in arancione: potrò andare a tagliarmi i capelli dall’amico Leo, che si ostina a rimanere aperto pur essendo in pensione da anni. Incredibile che la Sardegna, che era in zona bianca fino ad un paio di settimane fa, sia ora rossa: ma che avete combinato, amici sardi? E non era nemmeno aperto il Billionaire…
Pasqua è passata delicatamente: ci siamo lievemente assembrati da mia suocera, poca roba rispetto ai bei tempi; il nostro pranzo è stato abbastanza morigerato, quando ho chiamato i miei fratelli per gli auguri questi erano ancora ai primi, e noi già al dolce, e non solo perché al nord si va a tavola prima, ma per quello che c’era sulla tavola. Ricordo che l’ultima volta che ci siamo ritrovato con tutti i parenti, a Pasqua, mia nipote aveva portato il suo fidanzato di Napoli: praticamente tutto il nostro pranzo da loro sarebbe stato solo l’antipasto, cosa non si fa per amore!
Mia madre l’altro giorno è stata vaccinata, è andato in casa il suo dottore e le ha iniettato la prima dose di Moderna. Magari le farà ritornare anche la memoria! Lei non era molto convinta, ma i miei fratelli che la frequentano giornalmente hanno insistito, giustamente. Mia suocera invece ancora nicchia, ma la capisco, ha avuto dei problemi con il vaccino per l’influenza, figuriamoci se si fida di questi…
Anche perché la confusione invece di diradarsi aumenta; ad esempio una mia amica corista, infermiera, già vaccinata con entrambe le dosi, è stata trovata positiva: com’è questa faccenda, mi chiedo? Allora che senso ha obbligare a vaccinarsi, se tanto ce lo si può riprendere, e comunque bisogna continuare a tenere (e ci mancherebbe) tutte le precauzioni di prima? Comunque l’esito è che adesso è in isolamento lei, tutti i familiari e chi ha avuto contatti negli ultimi giorni; sorvoliamo sul fatto che è anche catechista e fino a sabato sera era in mezzo ai cresimandi: e se lo avesse preso da qualcuno di loro? Anche il nostro don è a rischio, è troppo espansivo: eppure di preti morti ce n’è stato un sacco, addirittura più di quelli che quest’anno sono stati ordinati sacerdoti: già ne sono rimasti pochi, se quei pochi non stanno attenti…
La settimana è stata dominata delle polemiche seguite alla visita dei vertici UE in Turchia; a mio avviso è sbagliato buttarla sul maschilismo, si tratta di uno sgarbo alle istituzione dell’Unione Europea, e come tale avrebbe richiesto una reazione concorde di tutti i paesi. Il povero Draghi ha detto quello che tutti pensano, ma non avrebbe dovuto dirlo perché se alle parole non seguono i fatti non servono a niente. Finché continuiamo a tenerlo nella Nato ed a farci ricattare sui profughi, di che parliamo? (senza contare che, tecnicamente, dittatore non è, o almeno non più di molti con i quali facciamo abitualmente affari).
Giusto per stare tranquilli, in Ucraina si sta preparando un bel can can; il presidente parla di voler entrare nella Nato, evidentemente si sente spalleggiato dal nuovo corso Usa; la Russia come può capire chiunque sano di mente non può accettarlo, in ballo ci sono il Donbass con la maggioranza di abitanti russi, la Crimea già ripresa con un referendum con il quale la popolazione ha votato per tornare alla Russia al 96% ma chissà perché ai “democratici” non sta bene, ma soprattutto i missili puntati contro a due passi da casa. Per inciso, Israele è appena andato a bombardare in Iran, per legittima difesa preventiva, uno strano ossimoro; pensare che la Russia stia a guardare se gli si piazzano delle bombe atomiche nel cortile non mi pare una buona idea.
Bene, siamo passati dalla pioggia alla politica internazionale: capre e cavoli, per tornare al tempo. Ah, i migliori stanno facendo per ora le stesse identiche cose che avrebbero fatto i peggiori, ma questo si sapeva già. A presto!
A Buenos Aires, e precisamente nello storico quartiere di San Telmo, è in corso una importante cerimonia a cui partecipano il ministro dei Beni Culturali Ramon Diaz, il governatore Fulgencio Sbandado, il sindaco Nestor Figueroa Alcorta, il vescovo Guillermo Colasanto ed altri esponenti politici, imprenditoriali e del mondo dello spettacolo e della cultura. L’occasione per il raduno è data dall’inaugurazione, a pochi passi dal MALBA, il Museo d’arte moderna latinoamericana, del nuovo Museo RANONE, progettato dall’archistar Alexandro Ciavapedra, che in onore delle committenti ha progettato un edificio a forma di vasetto di yogurt rovesciato al centro di un enorme tortellino. L’evento, trasmesso in diretta dalla Televisión Pública, riguarda appunto l’apertura dell’avveniristico spazio multifunzionale destinato ad ospitare le opere d’arte ritrovate rocambolescamente in territorio argentino e che le due promotrici, Gilda Rana e Antonietta Talnone, hanno voluto dedicare alla memoria dei compianti mariti. Gilda, appena conclusa l’intervista con l’anziano giornalista Bruno Mosquito, più interessato alla sua scollatura che alle sue dichiarazioni, scende dal palco dove l’orchestra “Las Vincisgraçias” sta accordando gli strumenti per il ballo che seguirà e si dirige al suo posto, aggrappandosi al braccio che l’elegante e premuroso accompagnatore gli tende. «James, caro, come me la sono cavata, ti sono sembrata abbastanza compìta? Ho infilato quelle due paroline, come mi avevi suggerito, e mi è parso che perfino l’assessore approvasse, quel macaco, anche se in privato mi ha chiesto se non fosse possibile aggiungere al progetto un centro massaggi e una sauna. Gli ho detto che devo pensarci, tu pensi sia abbastanza multifunzionale?» chiede la Calva Tettuta, distribuendo sorrisi agli astanti. «Accogliente ed inclusivo è un passepartout per tutte le situazioni, signora. In quanto alla sauna lascerei decantare la cosa, se posso permettermi. Le amicizie nate in quegli ambienti non sono delle più solide» risponde James, ripensando con un brivido ad un capanno nella tundra dove qualche anno prima si era trovato a tu per tu con Dimitri, il domatore di elefanti del circo Nikulin. «A proposito James, sai che quegli occhiali ti donano? Il colore della montatura si intona con l’ematoma all’occhio destro. Ti hanno maltrattato quei bruti a Parigi? Ma quella ragazzotta, l’amica di Natascia, li ha sistemati per le feste. Peccato tu ti sia perso la scena madre, ma dov’eri finito? Siamo stati in pensiero» «Desolato di avere involontariamente arrecato preoccupazione, signora, ma ho avuto un piccolo contrattempo. Vede, Serge…» «Il tuo amico battitore?» «Precisamente, signora. E’ stato quando gli ho confessato che non avrebbe avuto l’esclusiva per la vendita dei quadri, non l’ha presa molto bene. Mi ha dato dello spergiuro, del traditore, del matto da legare, finché non è passato alle offese inaccettabili» «Davvero, James? Sembrava un armeno così a modo, chi l’avrebbe detto. Ma cosa ti ha detto, di preciso?» chiede Gilda, partecipe. «Ha sostenuto _ faccio fatica a ripeterlo _ che ha visto attaccapanni più eleganti di me, il mio stilista dovrebbe essere carcerato e bisognerebbe istituire una lista nera di tutti i suoi clienti. Ed inoltre, e questo è quello che più mi ha fatto male, che il caffè che preparo è merde» Gilda sbarra gli occhi e porta una mano alla bocca, inorridita dal racconto e commossa dalla lacrima che spunta dall’angolo dell’occhio pesto del suo maggiordomo.
«Oh, Gilda, eccoti qua, vieni, siedi vicino a me cara» li interrompe Antonietta Talnone, che affranta sorseggia un calice di Cruzat «Lascia che ti ringrazi ancora, non so cosa avrei fatto senza di te. Detto tra noi poi, quest’idea del museo è geniale: una pubblicità planetaria, sgravi fiscali per decenni, e diritti di sfruttamento di immagine… ho già dato disposizioni al nostro marketing di lanciare il Roquefort Caravaggio, ammuffito tre anni, sarà un successone!» Gilda rabbrividisce all’idea e si affretta a ingollare a sua volta un calice dello spumante argentino, rimpiangendo peraltro il Franciacorta di casa; poi si stringe alla fresca vedova, e le confessa: «In realtà l’idea non è stata mia, Antonietta. Lo vedi quello? » dice indicando una macchia variopinta. «Ma chi, il pappagallo?» chiede Antonietta, sorpresa. «Sshh, per l’amor del cielo, non farti sentire, è di un permaloso… Si chiama Flettàx, ma vuol essere chiamato Dottore. Pensa che una volta era un sovranista, poi ha avuto una crisi mistica ed è diventato commercialista. Ad essere sincera lo preferivo prima, era molto più divertente, anche se si rende molto utile. Per farlo divagare un po’ l’ho portato a vedere l’Amazzonia dove è nato, non si sa mai trovi la fidanzata» «Ma Gilda, qui in Argentina non c’è l’Amazzonia, quella è in Brasile. Qui c’è la Patagonia» la corregge la francese, più ferrata in geografia. «Ama, Pata, non stiamo a sottilizzare Antonietta. Ma piuttosto» e qui la Calva Tettuta avvicina il viso a quello della vedova Talnone, e abbassa la voce «hai avuto problemi dopo… l’incidente?» «Assolutamente, tutto a posto. Le tue ragazze hanno fatto un lavoro perfetto: le impronte sulla pistola erano già quelle di Carlos, sul fucile hanno messo quelle di mio marito; le registrazioni delle telecamere di sicurezza sono state tutte cancellate, le nostre tracce nella stanza ripulite e l’ufficio messo a soqquadro a regola d’arte. Aggiungi che il capo della polizia è un mio caro amico e tutti gli anni faccio generose donazioni all’associazione delle famiglie dei caduti in servizio e insomma, il caso è chiuso. Sono libera come l’aria!» «Libera, insomma… adesso ti toccherà prendere in mano le redini dell’azienda, ti assorbirà un sacco di tempo… » dice Gilda, ripensando alla sua esperienza. «Non ci penso nemmeno!» risponde Antonietta, alzando le mani come ad allontanare un pericolo. «Hai presente la segretaria, Geneviéve, quella bruttarella? Lei conosce la ditta meglio di chiunque altro, ed erano anni che mio marito faceva fare a lei tutto il lavoro che avrebbe dovuto fare lui. Poverina, era innamorata, chissà quanto ha sofferto sperando che arrivasse il suo turno di essere sdraiata sul divano, ma ogni volta c’era una Chantal o una Juliette che aveva la precedenza. L’ho nominata direttore generale, ho fatto bene?» chiede la fresca vedova, guardandosi intorno con interesse. «Furba! Hai fatto benissimo, così finalmente potrai dedicare del tempo a te stessa… ma c’è qualcosa che non va, cara?» chiede Gilda, vedendo l’amica distratta. «Come? Ah, no, no… senti Gilda, pensi che qualcuno avrà da ridire se mi allontanassi per, diciamo, un paio d’ore? Sento che sto per avere un mancamento» «Ti senti male Antonietta? Chiamiamo un medico, se vuoi…» «No, no, non è necessario. Ecco, è che avrei un… ehm… appuntamento con quel ragazzo, quello laggiù…» indica Antonietta con un lieve cenno con la testa. «Ma chi, Adalgiso?» chiede Gilda, scoppiando a ridere. «Stai attenta Antonietta che quello è rimasto disoccupato da poco, farà di tutto per farsi… apprezzare» «Ah, ah, spero che sia all’altezza, perché non hai un’idea da quanto tempo non lo faccio…» confessa Antonietta che, vedendo il palestrato Adalgiso avvicinarsi si alza, si china su Gilda, le stampa un bacio sulla guancia e la saluta. «Au revoir, mon ami» e si aggrappa al braccio muscoloso dell’uomo fingendo un malore; da sotto il ventaglio che sventola per farsi aria, dà disposizioni per il lieto proseguo. «Suite Imperiale, caro. I muscoli non sono male, vedremo il resto… hai portato le manette? Bene, la frusta è in camera»
All’improvviso le luci si abbassano, e l’orchestra attacca Por me cabeza di Carlos Gardel, un classico del tango. Un occhio di bue illumina i due ballerini che, tenendosi per mano, avanzano regalmente dal fondo della sala verso lo spazio che si è creato sotto il palco: lei, affascinante, con il corpo inguainato in un lungo abito di seta nera, aperto ai lati per permettere i movimenti, lunghi guanti che le arrivano fin sopra il gomito, ed una rossa scarlatta fra i capelli candidi; lui, elegante in un completo immacolato di lino, che ben contrasta con la sua carnagione, emozionato ed orgoglioso di essere al fianco della sua partner. Gilda, che sta addentando una empanada, allunga il calice verso James e rimane paralizzata, così come il maggiordomo, che per lo stupore continua a versare lo spumante finché non trabocca. «James?» chiede sostegno Gilda, deglutendo. «Signora?» risponde James, recuperando a fatica l’aplomb. «Trovi che sia sveglia? Voglio dire, non sto sognando, è vero?» «Lo escluderei, signora. Desidera che le dia un pizzicotto?» «Lascia stare, casomai lo chiedo all’assessore. Stai vedendo anche tu quello che vedo io?» «Temo di sì, signora» conferma il maggiordomo. «Passi uno, ma due fantasmi mi sembrano un po’ troppi, non trovi? Non sarà un difetto di famiglia? Prima Evaristo, adesso nonna Pina. E guarda come balla! Sembra più in forma adesso di quando era viva» «In effetti è inusuale anche per gli standard patagoni che una defunta balli il tango, a quanto ne so» dichiara James, ancora incredulo. «Sarà colpa del 5G?» si chiede Gilda, che diffida delle novità tecnologiche. «Comunque direi che non è il caso di crucciarci, nel solaio di Villa Rana c’è un sacco di spazio, fantasma più, fantasma meno, basta che non si mettano a litigare tra di loro. Ma a proposito di fantasmi, dov’è sparito Svengard? Sempre il solito, la mondanità proprio non la sopporta. Senti James, come te la cavi col tango figurato?» «Discretamente, signora. Mio cugino mi ha insegnato i passi fondamentali, anche se in cambio pretendeva che indossassi gli abiti di mia zia.» «Ottimo, allora. Balliamo?» «Con piacere, signora. Conduco io o conduce lei?»
«Chi sono quei due, capitano?» chiede Vassilissa, incuriosita dalla strana coppia che sta eseguendo una caminada. Olena guarda i due, intenerita, ed un raggio del faretto colpisce i suoi occhi blu e si riflettono in quelli della sua amica. «Lei è Babushka Pina» dice lentamente, ammirando la donna alla quale ha fatto da badante per due anni.¹ «Lei è Leggenda» continua alzandosi in piedi, ed applaudendo la parada² dei due, che sembrano sospesi nell’aria. «Lui l’ha amata tutta la vita, ed è la prima volta che ballano insieme. E’ tango, Vassilissa, tango. Balliamo, vuoi?» le chiede, fissandola negli occhi. «Temevo non me lo chiedesse mai, capitano» risponde la giovane, sostenendo lo sguardo, e alzandosi a sua volta.
«Juanito, mettici un po’ più di energia, per la miseria, non siamo ancora all’Ospizio. Hai paura di spezzarmi?» redarguisce il suo cavaliere nonna Pina. «Ma querida, la ferita non è ancora cicatrizzata del tutto, il medico si è raccomandato, non devi sforzarti…» «Ma chi se ne frega del medico, Juanito! Pensi che sarei ancora qua se avessi dato sempre retta ai medici?» chiede la centenaria, apprestandosi al molinete. «Non ti ho ancora detto grazie per tutto quello che hai fatto» appoggiandosi più decisamente al ballerino. «Grazie? E di cosa, sono io che devo ringraziare te. Questo è un regalo per me, un sogno che ho coltivato fin da ragazzo, ballare con la grande Wanda Del Rio…» «Lascia stare quella là, Juanito» lo ferma l’antica diva. «Wanda è morta, lei sì, morta e sepolta da un pezzo. Ti ringrazio perché hai salvato me, nonna Pina, e non so ancora come hai fatto» «Fortuna, solo fortuna» si schermisce l’anziano spasimante. «Quando ti ho caricata sul cavallo per riportarti a casa, non ho resistito alla tentazione, e ti ho voluto dare un bacio» «Ti eri montato la testa, Juanito, pensavi di essere il principe azzurro? E se invece ti avessi trasformato in rospo?» ride la vegliarda, eseguendo i suoi adornos. «La principessa sei tu, amada mia. Se non ti avessi dato quel bacio non mi sarei accorto di quel piccolo soffio, e non sarei corso al paese, dal dottore… il resto l’hai fatto da sola, con la tua tempra, il tuo temperamento…» «Non essere modesto Juanito, tu mi hai salvato la vita. Anche se, sai, a pensarci mi è un po’ dispiaciuto non aver potuto partecipare al mio funerale» «Capisco, cara, ma quella donna, il Capitano, non ha voluto si sapesse che tu eri ancora viva, temeva che quelli che ti avevano sparato venissero a completare l’opera. Ma ti ha fatto fare una statua di cera, come quella di Evita» «Tu l’hai vista, Juanito? Com’era, mi somigliava?» «Si, querida, ti somigliava. Ma tu sei molto più bella» La musica termina con i ballerini impegnati in un lento casquet; gli invitati sono tutti in piedi, e tributano ai due anziani innamorati un applauso scrosciante. Juanito e nonna Pina rispondono con un inchino, si rialzano e si abbracciano. «E adesso, che ne sarà di noi?» chiede l’uomo, commosso. «E chi lo sa, Juanito. Intanto viviamo, poi si vedrà»
E stavolta è davvero The End… ma non perdetevi i titoli di coda!
¹ cfr. “Natale con Olena”, 2017 ² Caminada, Parada, Molinete, Adornos sono passi del tango argentino. L’autore ammira sconfinatamente i ballerini e soprattutto le ballerine di questo ballo affascinante, languido e sensuale.
Mi manchi, riccetto, ci manchi. Ricompari sotto mentite spoglie, se non vuoi rotture di scatole, ma fatti viva. Stai bene? Mangi? Pettini le spine? La pandemia ha riempito tutti i pensieri e le parole, ma passerà, prima o poi.
Ti aspettiamo!
Se sei preoccupata perché il parrucchiere è chiuso, tranquilla! Da lunedì riapre.
L’erede della fortuna dei Talnone si scioglie dall’abbraccio con Gilda, raddrizza la schiena, fa qualche passo verso il marito e gli parla, ma con lo sguardo perso oltre la grande vetrata. «Sai, Jean, io devo ringraziarti» «Ringraziarmi, Antonietta? Ma di cosa? Senti, cara, posso spiegarti tutto, non è come sembra, è tutto un equivoco…» «Sshh, Jean, taci per favore» lo zittisce Antonietta. «Hai ragione, ho trascurato le attività della società, le avevo delegate ad un uomo che amavo, un uomo affascinante che mi aveva fatto sentire desiderata, una principessa, me, una ragazza insignificante…» «Anch’io ti amo Antonietta, ma non potremmo parlare dopo di queste questioni? Sono sicuro che chiariremo questo malinteso…» «Ti ho detto di tacere, Jean!» lo zittisce Antonietta, fredda. «Tu mi hai illusa, mi hai sfruttata, ti sei servito di me per la tua ambizione, mi hai tradito… come potevi amarmi, Jean? Tu ami solo te stesso… non mi hai mai amato, ma non pensavo che potessi arrivare a compatirmi, a disprezzarmi » «Ma cosa dici Antonietta, non è assolutamente vero, se ti sono sembrato distante è per colpa del lavoro, le preoccupazioni…» cerca di giustificarsi Biscuit. «Ma in fondo hai ragione, sai? Me lo meritavo» continua Antonietta, senza dare peso alle parole del marito «Sono stata debole. Mi accontentavo di vivere nella tua ombra, senza accorgermi che eri tu che stavi risucchiando la mia vita. Ma possiamo ancora cambiare, sai? Guarda, voglio farti vedere una cosa» dice la donna, aprendo la borsetta Kelly Classique di Hermès. «Ma certo, cambierà tutto, te lo prometto cara, ma… che cos’è quella?» chiede Jean, fissando l’attrezzo che la moglie ha estratto dalla borsetta. «Ah, questa? Oh, niente, una chiave inglese. Sai, da bambina mio nonno mi ha insegnato a smontare e rimontare il motore del suo trattore, l’avresti mai detto?» «No, veramente no, Antonietta, ma qual è il punto, non capisco…» risponde Biscuit sorpreso e preoccupato. «Vedi Jean, mio padre era come te. Ha portato mia madre all’esasperazione, alla disperazione, finché si è tolta la vita. Ma, e questo è il punto caro Jean, io non sono mia madre» «Naturalmente, ma continuo a non capire, se potessimo uscire da qua…» «Cosa non capisci di “stare zitto”, Jean?» lo gela Antonietta, dura, e continua: «Aveva fatto in fretta a dimenticarla, dopo appena sei mesi si era risposato con la sua segretaria, che era stata la sua amante per anni» La Talnone si ferma, come persa nei ricordi, e poi prosegue, cambiando discorso. «Hai un’idea di cosa sia un rotore di coda, Jean?» «Un rotore… un pezzo di elicottero, sbaglio? Ma che c’entra?» chiede Biscuit, sempre più confuso. «Bravo, Jean, serve a controllare il beccheggio ed il rollio dell’elicottero, in sostanza serve a stabilizzarlo. E sai cosa succede se, inavvertitamente, qualcuno ne allenta le viti con le quali è fissato alla sua trave?» «Vuoi dire che… tu… sei stata tu? Tu hai provocato l’incidente in cui è morto tuo padre? L’hai ammazzato tu? Ma non è possibile, tu sei… pazza!» grida Biscuit, mentre un lampo di orrore gli attraversa il cervello nel momento in cui si rende conto che la moglie non è quella creatura innocua che aveva sempre creduto. «Pazza sono stata ad aspettare così tanto» continua Antonietta, glaciale. «Sai Jean, niente mi farebbe più piacere che vederti chiedere l’elemosina vivendo sotto qualche ponte di Parigi. Potrei farlo, sai? Con il divorzio ti toglierei la pelle, e impedirei a chiunque di avere rapporti con te. Ma magari troveresti il modo di infinocchiare qualche poveretta e farti mantenere, ed io sinceramente sono stanca. E poi non l’hai sempre detto anche tu che il nero mi dona?» «Il… nero?» si chiede Biscuit, che comincia a realizzare l’enormità degli sbagli commessi nel momento in cui vede la moglie avvicinarsi ad Olena, stendere verso di lei la mano guantata e farsi consegnare la pistola di Carlos. «Antonietta, per l’amor di Dio, metti giù quella pistola, che vuoi fare? Ho sbagliato, me ne andrò, ti prometto che non mi vedrai più, Antonietta, ti prego…» piagnucola quello che fino a poco prima era a capo di un impero. «Che sfortuna, Jean. Un ladro è entrato nel palazzo, cercava probabilmente la cassaforte, come poteva sapere che tu fossi rimasto a lavorare fino a tardi? Avete lottato, era armato e ti sei difeso con il tuo fucile, un’arma insolita da tenere in ufficio ma si sa, tu eri un appassionato di armi. Una tremenda casualità, vi siete uccisi a vicenda. Al funerale parteciperanno tutti i tuoi amici, i soci del Rotary, sicuramente ci sarà il Presidente della Repubblica, farà un bel discorso e forse mi consegnerà una medaglia alla tua memoria. Gilda, pensi che il tubino Armani possa andar bene per l’occasione?» Prima che Gilda possa dare la sua approvazione Carlos, vista la piega che stanno prendendo gli eventi, interviene. «Un attimo, un attimo, signora, io non c’entro niente in questa storia. Io sono solo un professionista, proprio come quelle due lì!» protesta, indicando Olena e Vassilissa. Le quali si guardano e si scambiano un sorrisetto; dopodiché Vassilissa con un gesto veloce arma la cartuccia ed esplode un colpo verso il messicano, colpo che gli fa sfondare la vetrata e precipitare nel vuoto. «Manda noi fattura, pruofessionista» lo saluta Olena, affacciandosi a guardare il corpo che cade, rimbalzando sulle pareti della Tour Bifidus. Biscuit paralizzato, pallido come un lenzuolo, fissa tremando la pistola che la sua prossima vedova gli sta puntando contro. Olena, Vassilissa e Gilda escono dall’ufficio, ma da dietro la porta riescono ad ascoltare il saluto di commiato che si scambiano i coniugi Biscuit: «Jean, ti dispiacerebbe spostarti verso la finestra? Mi rincrescerebbe macchiare il Tactile Blue¹» «Vaffanculo Antonietta, tu e il Tactile Blue» risponde Jean Biscuit, in un sussulto di dignità. Poi uno sparo, ed è la fine.
Ma la storia non è ancora finita, resistete ancora un poco…
¹ Tactile Blue by Mohebban, tappeto fatto a mano in lana, seta di bambù, viscosa e iuta, prezzo €8.784,00 Iva inclusa.
«Ma fammi capire, Jean, non potevi prenderli e portarli da qualche altra parte quei quadri? Solo tu sapevi cosa c’era in quel magazzino, non capisco che bisogno avevi di tutta questa messinscena…» «Vedo che continui a non capire, mia cara. Io non avevo nessuna intenzione di spostarli» «Natascia, tu ci capisci qualcosa? Io ci rinuncio» dichiara Gilda, incrociando le braccia. Mentre Olena inarca un sopracciglio, incuriosita, Biscuit continua il suo racconto. «Mi spiego meglio, allora» continua Biscuit «quelle opere erano state nascoste per più di settanta anni; quelli che ne conoscevano l’esistenza erano spariti da tempo, o fatti sparire, chi lo sa; e io non avevo nessuna intenzione di agitare le acque e ritrovarmi magari con i nazisti alle calcagna, o peggio il Mossad…» «Ma che accidenti racconti Jean, ma di che nazisti vai cianciando? Quelli rimasti avranno più di cento anni! E il Mossad, poi… perché non gli extraterrestri allora, già che ci siamo?» Biscuit scuote la testa, divertito. «Il tuo candore mi commuove, Gilda. Glielo spieghi lei, capitano, se ci sono ancora in giro nazisti. No, non devi pensare a quelli con la testa rasata, con magari qualche croce uncinata tatuata, nostalgici, razzisti…» «Perché, quelli cosa sono, boy scout?» chiede ironicamente la Calva Tettuta. «Folclore, scenografia, fumo negli occhi. Certo, possono diventare pericolosi, ma non sono certo loro a tirare le fila… quelli devi cercarli nei consigli di amministrazione delle multinazionali, nelle segreterie dei partiti, nelle banche di affari, negli organismi internazionali che stabiliscono le regole del commercio…» «Cos’è, Jean, mi stai diventando comunista? » lo provoca Gilda «Non mi sembri credibile nei panni di Che Guevara. E comunque vieni al dunque, che ci volevi fare con quei quadri?» «Un attimo di pazienza, che ci arrivo. Mi ritrovavo tra le mani beni di un valore inestimabile, il problema era come farli fruttare. Sapevi che per il mondo c’è un giro di collezionisti disposti a spendere fortune per aggiudicarsi pezzi del genere, solo per il piacere di tenerli chiusi nel proprio caveau blindato e rimirarseli ogni tanto, magari in compagnia di amanti pagate anche loro profumatamente? » E’ la volta di Gilda scuotere la testa, stavolta di delusione. «La solita storia, quindi, soldi. Ne hai già più di quanti potrai mai godertene, a che diamine ti servivano anche questi?» «No, non soldi cara mia, ma quello che si ottiene con i soldi: il potere. Il potere di far credere che il nostro è il miglior modo di vivere, e l’unico possibile; di mettere nei posti giusti chi può fare leggi che ci favoriscano, per approvvigionarci di materie prime a prezzi ridicoli lasciano ai produttori solo le briciole, per combattere legislazioni troppo restrittive sullo sfruttamento delle risorse e sull’inquinamento; per comprare giornali e televisioni, infiltrarsi nei social; per corrompere politici e sindacalisti, quelli che cercano di organizzare i lavoratori e li spingono a lottare per i loro diritti; e per eliminare quelli che non sono disposti a farsi pagare, gli idealisti; in definitiva il potere di garantirci che, per i prossimi cinquant’anni almeno, comanderemo ancora noi. Noto una smorfia di disapprovazione sul tuo visino, dovresti essermi grata invece, in fondo sto lavorando anche per te…» «Per me?» grida Gilda, esasperata. «Hai fatto ammazzare persino la nonna di mio marito, e l’hai fatto per me? Tu sei matto, peggio di Evaristo, ecco perché andavate d’accordo voi due! Ma Antonietta è al corrente di questa storia? Perché, nel caso non la conosca, non vedo l’ora di raccontargliela, e poi vediamo come va a finire!» urla la Calva Tettuta. Biscuit fa un respiro profondo, e si avvia verso la propria poltrona, dove si siede, poggiando i gomiti sulla scrivania e prendendosi la testa tra le mani. «Lascia stare Antonietta, Gilda. Lei non sa niente, non si è mai interessata di niente di quello che succede qua dentro. L’unica cosa che interessa quella beghina sono le opere di carità e le feste, ed è bene che continui ad occuparsi di quelle. Ma ora, cara Gilda, veniamo al dunque, come dicevi tu stessa. Questo è il contratto, manca solo la tua firma.» «E se non firmo che succede, mi fai sparare?» chiede la vedova Rana, protendendo il generoso petto. «L’idea non è malvagia» risponde Biscuit «ma vorrei evitare ulteriori spargimenti di sangue, se possibile. Se hai bisogno di una spintarella, comunque, potremmo far fuori i tuoi amici che in questo momento sono nostri… ospiti, in modo molto doloroso, se rendo l’idea» «James?» esclama Gilda «Avete preso James? Natascia, che devo fare?» Olena risponde senza scomporsi, recuperando una lieve inflessione russa: «Pistola puntata alla tiesta ottimo arguomento di convincimiento, signuora» «Allora devo darla vinta a questi bastardi, devo firmare?» chiede Gilda, con una punta di amarezza. «A meno che» continua Olena «chi punta pistola non ha fucile puntato su sua testa» E, seguendo lo sguardo della russa, tutti quanti fissano incuriositi il puntino rosso che si è illuminato sulla fronte di Jean Biscuit.
Carlos è il primo a rendersi conto della situazione. «Mister, non si muova. E’ sotto tiro di un fucile di precisione» «Che cosa? Sotto tiro? Ma chi diavolo… fai qualcosa, Carlos!» «Gliel’avevo detto che era una pessima idea quella del suo ufficio» risponde Carlos, e poi si rivolge ad Olena, con ammirazione. «Bel colpo capitano, devo riconoscerlo. Chi avete piazzato là fuori?» «Tu conosce lui molto bene, Carlos, e sai che difficilmente sbaglia colpo. E’ Osvaldo.» «Osvaldo? Figlio di… non vi riconosco più capitano, in altri tempi ad un traditore avreste ficcato una pallottola in testa, stavolta non solo l’avete lasciato vivo, ma l’avete ingaggiato di nuovo. State diventando sentimentale…» «Osvaldo non ha mai tradito me. Ha finto di tradirmi, era modo più facile per entrare in deposito, hai presente Cavallo di Troia?» «Di troie ne conosco parecchie…» risponde Carlos, con poca eleganza. «E a proposito, signori…» continua, costringendo Gilda a sollevarsi dal divano e facendosene scudo, sempre puntandole la pistola alla testa. «Vi pregherei di non seguirmi, se non volete costringermi a far scoppiare questa testolina deliziosa» e, camminando a ritroso per non voltare le spalle ad Olena, si avvia verso la porta dell’ufficio. «Natascia! Fai qualcosa, per la miseria!» urla la Calva Tettuta, inviperita. «Carlos! Torna qui, bastardo!» urla Jean, rimanendo per il resto immobile. Olena fissa Biscuit stringendo leggermente le palpebre, e poi lo rassicura beffarda: «Tranquillo, tuo amichetto tuorna subito» E, come se le avesse letto nel pensiero, la porta si apre e rientra Carlos, stavolta però con le mani alzate e con un fucile a pompa Rys-K puntato alla nuca. «Che diamine…» sfugge a Biscuit, incredulo nello scoprire la ragazza che segue Carlos imbracciando il fucile. «Chantal?! Ma che cazzo ci fai tu qui, e che stai combinando con quel fucile?» «Bel nome, Chantal» osserva Olena, avvicinandosi alla sua amica e prendendo la pistola che la ragazza si è fatta consegnare da Carlos. Chantal spinge Carlos verso la vetrata, e sempre tenendolo sotto mira risponde: «Con quello che mi paghi, caro “zietto”, sono costretta a fare qualche straordinario. Inoltre, devo dirtelo, preparare caffè, fare fotocopie e succhiare il tuo uccello sotto la scrivania come prospettiva di carriera non era allettante» «Chantal, non fare la stupida, cos’è che vuoi? Metti via quel fucile, ti coprirò d’oro…» implora Biscuit, sudando. Chantal sorride maliziosa, poi si gira verso Olena. «Glielo dice lei, capitano?» Olena annuisce, poi fa cenno a Biscuit di alzarsi, e di mettersi vicino a Carlos. Nel frattempo nella stanza è entrata anche Gilda, ancora rossa dalla arrabbiatura. «E mò so’ cazzi vostri, e non dite che non vi avevo avvisato!» urla ai due. Olena sorride, e rivela la vera identità di Chantal: «Vassilissa Kutnezova è ufficiale di FSB, servizio federale per sicurezza di Federazione Russa, indaga su traffico di oggetti d’arte e finanziamento di organizzazioni terroristiche» poi incuriosita chiede alla collega: «E’ vero che tu fatto lavoretto a lui sotto tavolo? Poi tu racconta me tutto» «Io non c’entro niente con quella porcheria!» protesta Biscuit, prima di rimanere gelato alla vista della figura che varca la soglia dell’ufficio. Antonietta Talnone, pallida di rabbia nel tailleur Chanel a piccoli quadri della collezione primavera 2021, avanza lentamente verso Gilda, e la abbraccia. «Avevi ragione tu, gli uomini sono tutti porci» le dice all’orecchio. «Non generalizzare, Antonietta. Io parlavo dei mariti» la corregge Gilda, accarezzandole la testa.