Invito a cena con tampone (Cronachette dallo zoccolo duro – 8)

Dopo una settimana passata in sostanziale isolamento, grazie allo smart working (traduzione truffaldina di: lavoro da casa usando i propri mezzi di produzione, la propria corrente elettrica, la propria stampante, senza prendere una lira in più e senza nemmeno avere la gioia di parlare con i colleghi di calcio e di donne), nel fine settimana sentivo il bisogno di sgranchire le gambe, così sabato tralasciando le pulizie a cui sono solitamente addetto ho caricato la famigliola in auto e siamo andati in alto lago, per la precisione a Musso, che è appena prima di Dongo, il paese famoso perché vi fu catturato il Duce che scappava verso la Svizzera e fu poi fucilato poco lontano, a Giulino di Mezzegra. Rassicuro i lettori, non mi sono recato da quelle parti per qualche nostalgia come invece fanno ogni anno dei manipoli in orbace in occasione della triste (per loro) ricorrenza, ma perché sul lago si possono fare delle bellissime passeggiate, per niente difficili, godendo di una vista stupenda e respirando aria salubre. Siamo andati di sabato perché poi la domenica le strade del lago sono congestionate dai milanesi in libera uscita; da casa mia è un’oretta di macchina, ma ne vale la pena. Fino a qualche anno fa queste passeggiate non erano possibili, perché alcune sponde del lago sono rocciose ed a picco, per cui bisognava scendere e risalire fino alla strada Regina (quella che ogni tanto quando piove frana) che è molto trafficata, come dicevo, abbastanza stretta e quindi per niente amichevole. Invece ora nei punti una volta impraticabili sono state stese delle passerelle, e quindi è diventata una meta deliziosa per chi vuol fare un po’ di movimento. La passeggiata da Musso si snoda fino a Cremia passando per Pianello del Lario, paese famoso fin dal Cinquecento per la qualità delle pietre che vi si estraevano, adatte ad essere usate come macine da mulino. Una piccola perla la chiesetta di San Vito, a Cremia. C’era il sole ma l’arietta era fresca; quelle zone sono sempre ventose, tanto che parecchi amanti del windsurf, specialmente stranieri, vengono a passarci qualche giorno. Tante barchette a vela; diverse spiaggette di sassi con gente che prende il sole e fa un bagnetto. Niente assembramenti, niente bambini urlanti, molti cani che portano a spasso il loro padrone e lo invitano a farli giocare tirandogli dei legni, insomma una pace di santi che invita alla meditazione ed alla riflessione. A me a dir la verità fa venire fame,e per fortuna sulle rive del lago ci sono diversi ristorantini e bar.

Durante la passeggiata mia moglie mi ha ricordato che l’indomani sarebbe stato il compleanno di mio padre, se fosse stato ancora vivo; ne avrebbe compiuti 93, ed uno dei rimpianti più grandi che ho è quello di non essere andato alla festa per il suo 90°, anche se con ogni probabilità non mi avrebbe riconosciuto. Più mi guardo intorno e più sono convinto che quelli della sua generazione fossero più capaci di fare i padri di quelli venuti dopo.

Verso metà pomeriggio siamo tornati a casa perché la sera avevamo appuntamento con diverse coppie di amici con le quali di solito ci ritroviamo alla fine delle ferie, per raccontarci come le abbiamo passate; di solito andiamo in pizzeria, e non ci sarebbe stato nessun problema nemmeno quest’anno se non fosse che il sottoscritto il green pass come sapete non ce l’ha (su dieci persone solo io, penso di rispecchiare la media nazionale), e quindi in caso di maltempo avrei  dovuto mangiare fuori o aspettare in macchina. L’alternativa sarebbe stata farmi un tampone che avrebbe aumentato parecchio il costo della pizza, ma per fortuna non c’è stato bisogno perché abbiamo deciso di prendere delle pizze da asporto e mangiarcele nel giardino di una delle coppie di amici. Pizza buona ma il pizzaiolo doveva essere a corto di ingredienti: ad esempio la mia messicana, che avrebbe dovuto avere pancetta salsiccia fagioli e cipolla, aveva solo la pancetta; alle prosciutto e funghi aveva messo solo il prosciutto. Però si deve essere reso conto della mancanza, infatti ce le ha fatte pagare tutte come pizze margherita, abbiamo risparmiato. Veramente, dato che ognuno ha portato qualcosa per non presentarsi a mani vuote, avremmo anche potuto fare a meno delle pizze… io ho contribuito attingendo alla mia cantina, due bottiglie di prosecco ed una di passito, tutte molto gradite.

Di ferie però non abbiamo parlato molto; abbiamo parlato naturalmente di Afghanistan e di vaccino, ormai siamo diventati tutti virologi e tutti esperti di geopolitica caucasica. Il mio contributo (modesto, ero distratto dalle cibarie e soprattutto dalle bevande) è stato ricordare che l’Afghanistan, che sui nostri atlanti sembra uno sputacchio, ha un’estensione che è più del doppio di quella dell’Italia, territorio in gran parte impervio, quindi pensare di dominarlo senza il loro consenso è abbastanza velleitario; e che in cinquant’anni, nonostante le guerre ininterrotte, la popolazione è passata da 7 a 38 milioni, perché le donne volenti o nolenti, burka o non burka, fanno figli, mentre nella nostra società “evoluta” ci siamo fermati a sessanta milioni, e prima o poi ci supereranno anche loro. Abbiamo parlato anche di accoglienza, perché un gruppo di una dozzina di persone arriverà anche a Como e verrà ospitato in una struttura dei Padri Comboniani, gestita da una onlus legata alla Caritas. Io sono abbastanza critico su queste organizzazioni, continuo a pensare che se è lo Stato che accoglie debbano essere strutture dello Stato a organizzare e gestire. Ma forse è giusto così, evidentemente lo Stato che ho in mente io non è quello in cui vivo.

A proposito di vaccini, gli operatori turistici hanno spinto sul governo per far togliere la quarantena ai turisti in arrivo dalla Gran Bretagna: ma che bella pensata, quelli hanno contagi e morti alle stelle e noi gli stendiamo i tappeti rossi per far contenti gli albergatori e i ristoratori, e in compenso teniamo in quarantena i nostri sani che non hanno il green pass. L’altra notizia è che l’Ema è stata invitata ad accelerare l’autorizzazione allo Sputnik perché altrimenti i turisti russi non possono venire. Era ora! Una notizia che ho letto stamattina è che a livello nazionale  gli attuali ricoverati per Covid sono al 25% già vaccinati (1 su 4!), fino a qualche giorno fa era il 20%: sbaglio o stanno aumentando i contagi tra i già vaccinati? Titolone poi sull’età media dei contagi che si sta abbassando: è ovvio, i ragazzi ed i giovani si muovono di più, ma mi chiedo: dato che alla fine tra di loro di ricoveri ce ne sono veramente pochi, non è meglio così, che si infettino e guariscano da soli, piuttosto che vaccinarli con esiti futuri non prevedibili?

Il giornale locale ha dato in un trafiletto una notizia (diffusa dalla BBC in base a testimonianze di reporter presenti all’aeroporto di Kabul) che al TG non ho sentito, ovvero che parte dei morti non sono stati uccisi dalla bomba, ma dagli americani che in preda al panico o per allontanare la gente, si sono messi a sparare sulla folla. C’era un modo peggiore per concludere questa avventura? Dubito.

Amiche e amici, come vedete anche io alla fine mi sono confermato virologo e afghanologo: forse è meglio ricominciare a parlare di cose di cui capisco veramente, non vi pare? Ma forse così la pagina rimarrebbe vuota…

Messicana light

Cronachette dallo zoccolo duro (7)

In questi giorni sono in preda ad una sottile forma di depressione. Giovedì sera siamo stati a cena da una coppia di amici, nel loro giardinetto: cena frugale con pasta fredda, formaggi e affettati, gli argomenti di conversazione sono stati il Green pass, l’Afghanistan e malattie varie. E daje a ride! Per di più, mentre attaccavamo il gelato ci ha raggiunto la telefonata di un’amica che stava tornando di corsa dalle ferie perché la badante del suocero era stata trovata in casa senza vita. La poverina aveva 75 anni, quindi avrebbe avuto quasi diritto lei ad un badante, ma si arrabattava a fare diversi lavoretti; apparentemente non stava male economicamente, aveva un paio  di pensioni, ma pare avesse comunque problemi: insomma, si è suicidata. Ora, a me l’idea di arrivare a 75 anni e fare da badante ad uno di poco più anziano di me, ed arrivare per giunta non so per quale motivo a togliermi la vita, mi ha messo una tristezza infinita.

Tristezza che ho cercato di combattere sabato sera uscendo a mangiare una pizza con altri amici, nel posto dove ci eravamo rifiutati di andare a Ferragosto: primo turno alle 19, alle 21:15 abbiamo dovuto lasciare il posto al turno nuovo, come in una catena di montaggio. Che squallore non poter rimanere seduti a chiacchierare quanto si vuole! O forse no: tanto gli argomenti qui erano stati Green Pass, Afghanistan e una anziana zia di 98 anni (appena operata al cuore: ma quanto diamine deve campare la gente?) che è convinta che un vicino cinquantenne sia innamorato di lei e non si sposi solo per non farle dispiacere. Tutto può essere, l’animo umano è un abisso. Io comunque dopo i primi scambi di battute (“ma che aspetti a vaccinarti?”) ho staccato il cervello e mi sono concentrato sull’Inter, che al debutto in campionato e senza Lukaku che se ne è andato per andare a guadagnare 12 milioni a stagione (chiamalo scemo!) ha rifilato quattro pere al Genoa.

Visto che non si poteva rimanere a fare quattro chiacchiere siamo andati in un bar dove si potesse stare all’aperto (per colpa mia) e lì almeno, complici i drink, gli argomenti sono stati più leggeri, ovvero le ferie di chi ancora non è partito: Lampedusa. Bellissima, per carità, stando ai racconti di chi ci è stato, specialmente anni fa: ma a me che il mare stufa figurarsi se attira andare al mare e per di più su un’isola. A meno che non si parli di Sicilia o Sardegna, ma quelle non sono isole, sono continenti. Uno degli amici, fiorista, dice che l’anno scorso il giro d’affari è aumentato molto a causa (o grazie) ai funerali. Come dire, quello che per uno è una disgrazia, per un altro può essere una fortuna…

Domenica, in cerca di relax, siamo andati a fare una passeggiata al lago di Segrino, vicino Canzo; passeggiata organizzata da una associazione del posto, ed io pensavo fosse una cosa tranquilla invece ci siamo ritrovati ad arrampicarci a mezza costa su un sentiero aperto dagli alpini e usato nel passato dai contrabbandieri: io con i vestiti della festa e mia moglie in sandali, come due sventurati turisti tedeschi. Il resto del gruppo era attrezzato con scarpe da trekking, bastoncini e zainetto con borraccia, evidentemente sapevano qualcosa che noi non sapevamo: alla fine eravamo stravolti, oltretutto mi è toccato anche tenere tutto il tempo la sua borsetta e sa solo Dio cosa mettano le donne nelle borsette, se mi avvisava che c’era il frigorifero portavo un carrello… i posti sono comunque molto belli, del bosco ho visto poco perché ero troppo occupato a guardare dove mettevo i piedi; alcuni della comitiva discutevano di felci, carpini bianchi e rossi, ciclamini e narcisi: interessatissimo, infatti io non vedevo l’ora di tornare alla civiltà per bermi una birra fresca, ma chi se ne importa dei carpini, dei frassini e di arbusti autoctoni! Mi è dispiaciuto, quello sì, apprendere che una volta la zona era tutta terrazzata per la coltivazione della vite: che spreco. Ora il bosco ha ripreso il sopravvento, cerbiatti e cinghiali scorrazzano. Alla fine della camminata siamo stati ospitati in una bella struttura dove una simpatica signora ha aperto una casa vacanze e coltiva erbe aromatiche; pare che la lavanda tenga lontani i cinghiali. La donna ci ha mostrato come fare una talea e ci ha fatto assaggiare del formaggio caprino mischiato con l’erba cipollina da lei coltivata: una squisitezza, anche se a quel punto avevo una fame che mi sarei mangiato anche la capra.

Stamattina, mentre stavo lavorando, ha suonato un corriere che mi ha detto che doveva consegnarmi un pacco e lo lasciava all’ingresso: ormai fanno così, ed è già tanto che non lo tirino. Sono sceso in tempo per vederlo partire, e sono rimasto male: alla guida del furgone un anziano, ed al suo fianco una donna, credo la moglie, ed era lei che consegnava i pacchi.

Amiche e amici, leggevo stamattina che si sta pensando di iniziare a vaccinare contro il Covid anche i bambini di 6 anni. A me sembra pazzia pura, e non capisco come un medico e specialmente un pediatra possa in scienza e coscienza sostenere una simile scelta. A meno che non stiano preparando un rastrellamento come ai bei tempi: per ogni ultrasessantenne non vaccinato che non si presenta, vaccineremo dieci bambini…

Sul lago si possono fare tanti sport, se si ha l’abbigliamento adatto

Tre stelle per Olena – 12

«O saggio Po, ho bisogno di un consiglio»
Svengard, avvicinatosi circospetto alla tranquilla radura dove il generale Po sta completando gli esercizi di Tai Chi con la racchetta elettrica antizanzare, arma di cui è maestro, si rivolge all’anziano cinese con una certa agitazione, torcendo le grosse mani che non sa mai dove mettere quando non può usarle per far rotolare barili di aringhe o maneggiare scuri per spaccare tronchi. Po, volgendo lo sguardo verso l’uomo che lo interpella, abbandona la posizione della crisalide balbuziente e si pone in ascolto del vichingo.
«Glande uomo del Nold, cosa ti cluccia stavolta? Già in passato ti misi in gualdia dal non affaticale tloppo le meningi. Palla dunque, palla!» lo incita, con un eloquente gesto della racchetta. Svengard, sorvolando sull’aggettivo iniziale, inizia a raccontare.
«Credo di sapere chi ha avvelenato quel raviolo, Po, ed anche il perché»
«Davvelo?» chiede Po, sorpreso. «Se è così, bisognelà infolmale la polizia. Hai visto qualcosa o è solo una tua sensazione? Pelché spesso le sensazioni possono essele fallaci…»
Il norreno scuote la testa vigorosamente, e continua:
«Devi sapere, o venerando (ammesso che venerando sia la parola giusta, e non vetusto), che prima di lavorare qua a Villa Rana ho solcato i sette mari pilotando il mio drakkar, con i miei amici Uppallo I e Uppallo IV; la nostra era una vita libera e avventurosa, loro suonavano e cantavano e io pilotavo, mangiavo e bevevo: vedevamo gente, facevamo cose¹, e fu durante la sagra del Surströmming, l’aringa acida, di Jokkmokk, che la conoscemmo»
«Conoscemmo chi, se mi è pelmesso chiedele?» chiede comunque Po.
«Come avrai notato, Po» continua Svengard senza concedere il permesso «i miei amici sono gemelli, in pratica due gocce d’acqua; la ragazza faceva la cameriera alla birreria Kvistro e quella sera, per combinazione, eravamo solo io e Uppallo I perché il gemello minore era dovuto andare a fare scorta di liquirizia per la Kostenkorva Salmiakki². Eravamo parecchio allegri, il mio amico le fece la corte, uscirono insieme e, per fartela breve, successe quel che doveva succedere»
Po annuisce, comprensivo.
«Due giovani, sani e consenzienti si piacciono e fanno l’amole, non ci vedo nulla di male in questo. Lo Yin e lo Yang si attlaggono, è l’oldine della natula, guai se così non fosse. Ultimamente pelaltro si sta facendo palecchia confusione» divaga Po «Yin e Yin, Yang e Yang, poi nascono le pandemie ma questo è un altlo discolso. Pel caso la lagazza è limasta incinta? In questo caso sì salebbe stato un guaio, ma non un dlamma…»
«Sì, hanno fatto l’amore, e no, non è rimasta incinta… il guaio è, Po, che di Yang ce n’era più di uno…»
«Capisco che i pensieli facciano fatica a fluile dallo spazio angusto del tuo celvello, ma celca di spiegalti meglio» lo sprona Po «Che significa due Yang?»
«La sera seguente Uppallo IV tornò con la liquirizia, e fu la volta del gemello partire per visionare un antico dulcimer³ che volevano usare per una nuova canzone. Ma questo si dimenticò di avvisare la cameriera della partenza, e così alla fine del servizio lei andò a cercarlo in camera sua. Immaginati la sorpresa di Uppallo IV nel vedersi piombare in camera una ragazzotta e per di più con le migliori intenzioni! Cercò di chiedere spiegazioni, ma non ne ebbe il tempo»
«Un bell’equivoco… ma lei non si accolse di niente, non ebbe nessun sospetto?»
«No, te l’ho detto che sono due gocce d’acqua! Al ritorno Uppallo IV raccontò tutto a Uppallo I e all’inizio questi si arrabbiò perché il gemello l’aveva cornificato, anche se involontariamente, ma poi si abbracciarono e si dissero: perché no? In fondo le cose restavano in famiglia. Così si accordarono, i giorni pari toccava a Uppallo IV, quelli dispari a Uppallo I. Tutto questo durò per circa due mesi, finché un bel giorno levammo l’ancora, slegammo le vele e salpammo alla chetichella»
«Due bei fulfanti i tuoi amici. D’altra palte la lagazza non ha avuto da lamentalsi, o sbaglio?»
«Ehm, ecco… veramente ad un certo punto lei si fece più pressante, e chiese ad uno dei due che intenzione avesse. Questo rispose che aveva intenzioni serie, e voleva sposarla. La sera dopo però richiese la stessa cosa all’altro, che ignaro della risposta del gemello le chiese se fosse impazzita. A questo punto entro in scena io…»
«Tu? Ma tu non sei lolo gemello, mi pale»
«Hai ragione o saggio, ma la ragazza vedendomi tutte le sere in birreria insieme ad uno dei due, che lei credeva lo stesso, venne da me. Si sciolse in lacrime tra le mie braccia e mi chiese di aiutarla, era davvero innamorata poverina! Non potei fare a meno di commuovermi a mia volta, e le promisi di metterci una parola buona»
«O animo geneloso! E lo facesti?»
«Be’ insomma… la ragazza non la finiva più di ringraziarmi, ci scolammo una bottiglia di Kostenkorva e non so come ci ritrovammo a letto»
«Che cosa? Tu hai applofittato di una lagazza debole e indifesa? Velgogna, velgogna!» lo sgrida Po, indignato.
«Ad essere onesti non ricordo bene chi dei due abbia approfittato dell’altro. Sull’indifesa avrei da ridire, quella sollevava dieci pinte di birra alla volta, e a braccio di ferro non era facile batterla. Insomma, vista la piega che avevano preso gli eventi, il giorno dopo ce la filammo. E non la vedemmo più, fino all’altro giorno…»
«Perché, lei è qui?»
«Eccome se è qui! E’ Liza, la cuoca svedese! Sono sicuro che è venuta per vendicarsi dei gemelli e di me, vuole rovinare Gilda per farmela pagare. Tra l’altro, saggio Po, ti pregherei di non parlarne con la mia amata, lei mi credeva vergine»
Po alza lo sguardo verso l’Est, a cercare ispirazione; inspira profondamente ed infine emette il suo verdetto.
«Lalamente ho sentito stolie così alzigogolate. Questo è bene, i collegamenti del celvello non sono completamente fusi. Vollei sincelamente che fosse come tu dici, o Glande, ma non è così. Io so chi ha avvelenato quel laviolo ed il motivo e ti lassiculo: voi non c’entlate niente. Fossi in voi, comunque, visto come maneggia il coltello quando pulisce le alinghe, celchelei di stale alla lalga da quella donna»

¹ Una collega dell’Autore per anni è andata in trasferta per gli stessi scopi; riscuoteva parecchio successo con i clienti, tanto che una sera riuscì a far ordinare ad uno di questi, notoriamente di braccino corto, una bottiglia di Sassicaia del ’96. Cosa abbia concesso in cambio non è dato saperlo.
² Liquore tipico finlandese.
³ Il dulcimer è un’antico strumento a corda norvegese, è una specie di violino che si suona stando seduti poggiandolo sopra le gambe, non con l’archetto ma con il plettro.

Cronachette dallo zoccolo duro (6)

Amiche e amici, il lavoro è ripreso, in pratica mi sono spostato dal divano della sala alla poltrona dello studio: in sottofondo la radio accesa, Radio Italia anni 60, che manda a rotazione sempre le stesse canzoni (adesso Pazza Idea di Patty Pravo) di cui almeno tre volte al giorno quella orrenda che Orietta Berti è stata costretta a cantare a Sanremo (molto più bella e spiritosa il tormentone estivo “Mille”, che ha cantato con Fedez e Achille Lauro, trash puro, ma lei giganteggia). Dalla finestra aperta i latrati dei soliti cani, siano stramaledetti i loro padroni. Insomma, un alienato: e per fortuna riesco a fare la passeggiata mattutina e quella serale, disintossicanti, altrimenti non so come andrebbe a finire. Ha rinfrescato: lunedì sera ha fatto un bel temporale, ed il caldo è più accettabile. Domenica, ferragosto, eravamo stati a mangiare in un ristorante a Como (ovviamente all’esterno), veramente volevamo andare in un’altro posto in riva ad un laghetto ma ci hanno chiesto 55€ a testa escluse le bevande, menu fisso, quasi un pranzo di matrimonio, un locale che si è montato la testa ed è passato in poco tempo da ristorante-pizzeria popolare a manie da chef; per me amici cari potete morire di fame, ma se c’è gente che viene buon per loro. Tra l’altro un mio conoscente che lavora a Villa d’Este, quella dove ogni tanto i potenti del mondo si riuniscono per mangiare a sbafo alle nostre spalle, dice che è tutto pieno nonostante la mancanza di molti turisti stranieri: ma quanta gente c’è con i soldi veri? La sensazione comunque è che ci fosse in giro meno gente del solito, ma poi il giornale locale dice che tutti gli alloggi sono pieni anche se gli addetti continuano a lamentarsi della mancanza di russi e americani: ma dove volevate metterli? Una o due russe potrei ospitarle io, potrebbero anche dare una mano in casa, mia moglie però incomprensibilmente non è favorevole.

Verso la fine del pranzo un cameriere mi ha fatto un pippone sugli irresponsabili che non vogliono vaccinarsi e mettono a repentaglio la loro vita e quella degli altri: d’accordissimo amico, mai contrariare qualcuno che ti porta i piatti da mangiare. Uno di quegli irresponsabili sono io, il laccio però si sta stringendo sempre più, la sensazione è ormai quella di essere braccati. Tra l’altro a fine settimana l’hub vaccinale attuale verrà chiuso e si sposterà nel vecchio ospedale, a due passi da casa mia: in pratica tra poco verranno con la siringa direttamente a casa. Potrò anche andar là senza appuntamento, tutte le comodità! Ma se mi viene un trombo diranno che avevo qualche malattia pregressa? O che il beneficio ha superato il rischio? Dichiaro qua, a futura memoria, di godere di buona salute tranne un po’ di colesterolo alto e saltuariamente degli attacchi di mal di stomaco, specialmente quando mi fanno arrabbiare. Anche mia suocera mi ha messo in guardia: “guarda che se poi ti ammali e vai in ospedale non ti tratteranno tanto bene…” . Perché, siamo già arrivati ai medici che curano solo chi sta bene? Già gli ospedali che sono stati costruiti in questi ultimi venticinque anni sono stati fatti più per la comodità dei medici che dei pazienti (chi si è inventato di mischiare nelle stesse camere uomini e donne, anche con patologie diverse? Chi ha progettato quegli spaventosi monoblocchi, mentre prima c’erano i padiglioni separati che permettevano se non altro di tenere veramente isolati gli infettivi? Chi ha sempre difeso per ragioni di carriera e di apparteneza politica queste scelte scellerate? Chi ha difeso tutte le privatizzazioni ed i tagli possibili?), adesso dovrei sentire anche le rampogne di questa gente?

L’Afghanistan ha soppiantato il Covid nei telegiornali: grandi chiacchiere, retorica alle stelle. Non si sarebbe dovuti andar là (ma allora chi lo diceva era naturalmente trattato da traditore della patria) e se ne è venuti via male, il succo è questo. Quando ce la finiremo di andar dietro agli americani acriticamente sarà sempre troppo tardi. Ricordo diverse interviste di anni fa di Pino Arlacchi (già dal 2006 si parla di sganciamento…) che diceva che, con l’intervento americano del 2001, l’Afghanistan era ridiventato uno dei maggiori di oppio, mentre con i talebani le coltivazioni erano quasi sparite: questonon per difendere i talebani ma per dire che quando si interviene in un paese e non si sa cosa si va a fare si fanno solo disastri.

Comunque queste sono questioni troppo grandi, e finirà come al solito: gli afghani e soprattutto le afghane continueranno a prendersela in quel posto, e a quegli stessi con i quali oggi facciamo finta di solidalizzare che magari a prezzo di sacrifici inenarrabili riusciranno a scappare da quella prigione coranica, domani diremo che non li vogliamo, sono troppi, vengono a rubare il lavoro e le donne e magari sono pure terroristi. Per fortuna Gino Strada è morto un attimo prima, chissà che sangue amaro gli avrebbero fatto venire.

In questo periodo parecchi blog sono chiusi per ferie; la sensazione è che il circoletto sia sempre più ristretto, forse la forma blog sta giungendo al capolinea: pazienza, io finché avrò voglia di scrivere qualche stupidata lo farò, almeno finché non mi chiederanno il green pass. A presto, amiche e amici!

La maglietta traforata è molto carina
@Poetella: l’unico arrotino disponibile è questo, può andar bene?

Cronachette dallo zoccolo duro (5)

Amiche e amici,

sono arrivato ormai all’ultimo giorno di ferie, da lunedì riprenderò il lavoro: niente nuove se e quando si potrà tornare in ufficio, continuerò in smart working almeno finché non vorranno il green pass anche per questo. La temperatura è in aumento, anche se non ha raggiunto picchi luciferini: per dire, stamattina sono uscito alle 7:30 per prendere il giornale (locale, più rilassante) e c’erano 25,5 gradi. Tra un paio d’ore accompagnerò mio figlio a fare la seconda dose di vaccino; ormai in casa sono rimasto solo io senza, nascondendomi dietro gli anticorpi maturati a dicembre. Non riesco a capire, non trovo tabelle di raffronto, se ne ho più io dopo aver fatto il Covid o chi si è vaccinato: mia cognata vaccinata ha fatto l’esame sierologico ma i risultati sono diversi e non riesco a confrontarli. Faranno apposta?

Ieri una scenetta gustosa all’Iper, a proposito del green pass: mia moglie e mia suocera, come fanno sempre, prima di far spesa si sono sedute ad un tavolinetto del bar interno per prendere un caffè, e la commessa ha chiesto se avevano il green pass, altrimenti dovevano alzarsi. A mia suocera non l’avevamo stampata, mia moglie invece l’aveva rovinata perché si era macchiata di acqua di mare: così si sono dovute spostare di tre passi e prendere il caffè in piedi al bancone, dove è ammesso. Non è assurdo?

Così come è assurdo che, in fabbrica, senza green pass si possa lavorare ma non si possa mangiare in mensa: per questo c’è stato il primo sciopero che mi sembra sacrosanto. L’argomento mi tocca tra l’altro da vicino, tornare in ufficio senza poter andare a mangiare che gusto c’è? Va bene che già molti si portavano la schiscètta da casa, ma io lo eviterei volentieri.

Ieri gli amici Walter Carrettoni e Celia mi ha fatto sapere a Casale Monferrato l’anziano prete ha istituito nella sua parrocchia l’obbligo del green pass per entrare in chiesa: reverendo, già in chiesa vanno in pochi e distanziati, le sembra il caso di mettere ulteriori ostacoli?

Intanto, mentre ci balocchiamo con queste amenità e con la supercazzola Ius Soli, mezza Italia brucia; non sarebbe il caso di pensare a pene più severe per i piromani (oltre che prenderli)? E a che scopo bruciano boschi e riserve verdi, non c’è mica la legge che non si può costruire sulle aree bruciate, o è stata tolta anche quella? Se c’è un motivo, non ci si può concentrare a rimuoverlo? Ricordo qualche anno fa, in vacanza vicino Erice, allo scoppiare del solito incendio qualche autoctono diceva che erano gli stessi forestali per avere rinnovati i contratti, o i contadini per pulire il terreno dalle stoppie: possibile che tutti gli anni sia la stessa storia? Tra tanti commissari e luminari, non se ne potrebbe mettere uno a combattere questo fenomeno?

A proposito di fenomeni, il presidente della Regione Liguria Toti ha proposto l’obbligatorietà vaccinale per gli over 50. Questo signore, miracolato da Berlusconi come Alfano e Fitto e al quale auguro di fare la stessa fine ovvero cadere nell’oblìo, perché non si preoccupa della propria regione che è in coda alle statistiche vaccinali? Non ci sarà magari una correlazione tra il fatto che hanno votato lui e che non si vogliano vaccinare? Mi dà da pensare.

Infine un pensiero all’Afghanistan. Nessuno dirà mai abbiamo sbagliato, nessuno chiederà mai scusa. 21 anni passati invano, una guerra assurda di rappresaglia per l’11 settembre e per “liberare le donne dal burka”, non si conta quante migliaia di vittime civili, e anche nostri militari, per che cosa? I talebani, meglio armati e più motivati, dopo il ritiro inglorioso degli americani e degli alleati stanno riconquistando tutto il paese, ormai sono ad un passo da Kabul. Per che cosa dovrebbe combattere l’esercito regolare, per difendere chi, un governo fantoccio? Per essere poi traditi alla prima occasione? E’ ovvio che abbandonino le armi, chi glielo fa fare. Qualcuno sta ventilando di rimettere in piedi una coalizione per intervenire di nuovo. Lasciamo stare, di danni ne abbiamo fatti fin troppi… almeno cerchiamo di non essere ridicoli, qualcuno sta spingendo per rimandare al loro paese gli afghani irregolari che stanno scappando o sono scappati alla prima puzza di bruciato. Abbiamo perso non solo il senso di umanità, ma anche quello della decenza.

A presto amiche e amici, bevete acqua, mangiate frutta e verdura e state al fresco (ora non dicono più di andare al supermercato, a causa del Covid): seguite i consigli che ci propinano nutrizionisti e medici ad ogni ora del giorno e della notte. Magari bastava ascoltare i nonni, ma quelli sono vecchi.

Tre stelle per Olena – 11

Sarajevo¹, 30 novembre 2000

«Smettila di fissarmi il fondoschiena²»
«Veramente le sto coprendo le spalle, capitano»
«Allora cerca di guardare dietro di te, non davanti, e mantieni la distanza»
«Fa un freddo dell’accidente capitano, cercavo solo di… scaldarci»
«Meno quattro non è freddo. O vi hanno dato anche stavolta gli stivali di cartone? Sempre uguali, voi italiani»
«Non tocchi questo tasto capitano, mio nonno c’è stato veramente da voi ed è tornato con tutte le dita di un piede congelate. Alpino Fulvio Montesi, una roccia!»
«Se è tornato gli è andata di lusso, tanti suoi camerati sono rimasti là»
«Lo so capitano, ma non dica “camerata” in quel modo. Mio nonno era un soldato di leva, è andato dove l’hanno mandato, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Si è fatto tutta la ritirata del Don, troppi amici ha lasciato lì nella steppa»
«E’ la guerra, maresciallo capo, e nessuno vi aveva invitato, mi pare. E comunque lì c’erano tra i meno 20 e i meno 30, quello sì che si può chiamare freddo»
«Dice bene lei che è siberiana. Ma io vengo da Castelfidardo, ha presente? Dove si fabbricano le fisarmoniche, in collina e a due passi dal mare, da noi il clima è sempre mite…»
«Tu suoni la fisarmonica, maresciallo? »
«Me la cavicchio, capitano, magari quando finiamo vengo a trovarla e gliela faccio sentire»
«Non vedo l’ora. Perché hanno scelto proprio te per questa missione, maresciallo?»
«Non lo so capitano, forse perché sono… bravo?»
«Lo spero, ma non credo sia la sola ragione. Devi essere un rompiscatole, è vero? Devi aver pestato i piedi a qualcuno e anche se ci lascerai le penne non ti rimpiangeranno troppo»
«Incoraggiante da parte sua, capitano, la scuola di motivazione russa è proprio al top. E lei, allora, a chi ha rotto le scatole?»
«A tutti. Ma adesso basta chiacchiere, ecco l’altro, a ore nove. Due all’esterno, e dentro ne troveremo altrettanti. Testa o croce?»
«Testa»
«Croce. Io prendo quello di destra, tu l’altro. Tra due minuti precisi, usa il silenziatore»
«Conosco il mio mestiere, capitano»
«Vedremo. Neutralizzati questi, io entro e tu rimani fuori a coprirmi per davvero le spalle»
«Ma capitano…»
«E’ un ordine, maresciallo»
Olena, liquidata la sentinella di sua competenza con un colpo preciso al centro della fronte, sale guardinga le scale verso il secondo piano del condominio sventrato dalle bombe del generale Mladic, dove un commando di mercenari ingaggiati non si sa da chi tiene prigioniero il serbo Zivko Rodiĉic, il presidente che dovrebbe entrare in carica il giorno seguente: lo scopo è creare il caos, ognuna delle parti darebbe la colpa all’altra, e sarebbe la scintilla per la ripresa dei combattimenti³.
La russa, coperta dalle macerie dei muri e dai nudi pilastri, scivola alle spalle dei due che tengono sotto tiro il presidente, legato ad una sedia; estrae il coltello e taglia la gola del primo e poi, facendosene scudo, spara al secondo che si è girato sorpreso. Si accinge a liberare Rodiĉic, sotto shock, quando dietro di sé sente un colpo di pistola attutito ed un tonfo, a cui segue la voce beffarda di Montesi:
«Erano tre, capitano, tre…»

***

Seduta alla scrivania nel piccolo ufficio della caserma in Brianza, Olena ripensa al primo incontro con l’uomo che ha davanti e scuote la testa, incredula e delusa.
«Che ci fai qua, Nicola? In questa stazioncina di periferia, dico. Non stavi per diventare ufficiale?»
«E’ una storia lunga, Olena, e non è interessante. E tu, allora? E’ da un po’ che ti tengo d’occhio, la badante russa di Villa Rana…»
«Anche la mia è una storia lunga, Nicola, ma ne parleremo un’altra volta. Voglio sapere di te, che ti è successo? Hai perso la… fede?»
Il maresciallo Montesi prende una matita tra le mani, si volta verso la piccola finestra alle sue spalle, dando le spalle a Olena, ed inizia a raccontare la sua storia.
«La fede, dici… dopo la nostra missione fui richiamato in Italia, e per i meriti acquisiti mi fu offerto di diventare ufficiale. Iniziai il corso ed andava tutto bene finché l’anno dopo l’Italia ospitò il G8 a Genova e venni chiamato per pochi giorni per dare una mano nell’ordine pubblico. Vedevo che qualcosa non andava, c’erano questi black block che sfasciavano tutto, in mezzo c’era ogni sorta di provocatore… io li segnalavo, ma la polizia invece di contrastare questi caricava le tute bianche, gente che manifestavano pacificamente. Non capivo… finché non arrivò il giorno in cui fu ucciso quel ragazzo, Carlo Giuliani, da un carabiniere poco più grande di lui, spaventato. Un incidente, dissero… mi misi immediatamente a rapporto dal mio colonnello, e chiesi perché non fossi stato mandato ad aiutare l’equipaggio di quella camionetta, ero a pochi isolati di distanza, tutto questo non sarebbe successo… il colonnello mi liquidò velocemente, c’era l’allerta per gli attacchi di altri black block e non poteva sguarnire la mia postazione, e poi disse l’ultima frase che mi raggelò: “E poi perché se la prende così tanto, Montesi? Una zecca comunista in meno”»
Il maresciallo si gira vero Olena, lo sguardo diventato improvvisamente duro.
«Tu sai che io non mi sono mai occupato di politica, la mia politica era quella di fare il mio mestiere al meglio, di cercare di difendere i più deboli, perché quelli forti si difendono da soli, ma sentir chiamare zecca comunista un ragazzo di 20 anni morto ammazzato mi fece ribollire il sangue… poi la sera ci fu la macelleria alla scuola Diaz e le torture alla caserma di Bolzaneto, e allora capii⁴»
La matita tra le mani di Montesi si spezza, con un crack secco.
«Qualche settimana dopo Genova, seguii il colonnello che andava a trovare la sua amante, una donna sposata, e lo bloccai su una strada di campagna. Gli chiesi se fosse stato programmato tutto, se fosse già tutto preparato, e se noi fossimo stati solo usati come pupazzi. Mi rise in faccia, disse che non capivo niente, che adesso quelle zecche rosse ci avrebbero pensato due volte prima di rifare tutti i casini che avevano combinato a Genova, e che se non avevo lo stomaco per certe cose era meglio che cambiassi mestiere… poi commise uno sbaglio»
«Quale sbaglio, Nicola?» chiede Olena, con un insolito luccichio negli occhi blu.
«Portò la mano alla giacca, e provò ad estrarre la pistola. Quando lo ritrovarono, con l’auto in un fosso, aveva cinque costole ed il braccio destro rotti, la mascella fratturata ed un proiettile nella tempia destra. Strano che si fosse sparato con il braccio rotto, dissero gli inquirenti; per un po’ indagarono su qualche marito cornificato ma poi lasciarono stare, meglio per tutti, uno stronzo in meno. Stracciai la mia domanda da ufficiale, ed eccomi qua. Tra poco sarò in pensione, e me ne andrò in Romagna con Ines.»
Montesi poggia i due pezzi di matita sulla scrivania, avvicinandoli come per riattaccarli.
«E tu, Olena, tu hai perso la fede?» chiede alla russa, fissandola negli occhi.
«Niet, Nicola, la mia fede non è cambiata» risponde Olena, dura. «Sono tutti gli altri che l’hanno persa.»

¹ Tra il dicembre del 1996 e quello del 2004 l’Onu ha schierato in Bosnia-Erzegovina una forza multinazionale per vigilare sul rispetto degli Accordi di Dayton del ’95 che avevano messo fine alla guerra civile jugoslava e sancito la separazione delle Repubbliche su base etnica. Solo la Bosnia-Erzegovina rimaneva multietnica, con componenti croate, serbe e bosgnacche; la forma di governo rimaneva quella federativa, con tre repubblichette, un parlamento comune ed un presidente che, a rotazione, cambia in rappresentanza delle tre componenti.
² Tutti i dialoghi qui riportati si sono svolti in inglese, tradotti dall’Autore per comodità del lettore.
³ Questa vicenda è inventata, anche se verosimile.
⁴ Queste vicende sono invece purtroppo accadute, per quanto possa sembrare inverosimile, nel 2001 nella Repubblica Italiana in quella che avrebbe dovuto essere una democrazia occidentale e non una dittatura del sudamerica degli anni ’60. Il governo in carica, che gli italiani avevano eletto da poco, era quello di centrodestra di Berlusconi, il vice era Gianfranco Fini, il ministro dell’Interno Claudio Scajola, quello dell’appartamento a sua insaputa di fronte al Colosseo.

Ti sbatto a Gaeta! (Cronachette dallo zoccolo duro – 4)

Amiche e amici,

riemergo dalla latitanza a cui mi sono dato per sfuggire alle brigate di cacciatori di ultrasessantenni renitenti alla leva vaccinale per farvi sapere che sto bene, e così spero di voi; ho trascorso una settimana al mio paesello natìo (“Roma caput mundi, Montemilo’ secundi”) che ho passato quasi interamente in casa nella poltrona di fianco alla mia mamma, per la gioia come potrete immaginare della mia consorte. Purtroppo quando uno non ha più voglia di campare non c’è medicina che tenga, ma di questo parleremo un’altra volta perché non ho voglia di intristirvi, già bastano le notizie che si sentono ogni giorno al telegiornale.

Da lì, attraversando l’Italia, ci siamo spostati a Gaeta, dove abbiamo passato un’altra settimana, questa volta di vere ferie. Perché Gaeta, direte? Ubi maior minor cessat etc. , confesso che di Gaeta gli unici ricordi che avevo erano quelli del carcere militare dove durante la naja (che ripristinerei seduta stante) venivamo minacciati di essere spediti in caso di mancanze o negligenze. Mi tolgo subito il dente, e non lo faccio per vanteria ma per lasciare una testimonianza ai posteri: la crisi non esiste, aveva ragione la buonanima di Berlusconi già tempo fa: gli alberghi ed i b&b sono pieni, i ristoranti e le spiagge lo stesso, in autostrada code sia all’andata che al ritorno. Chi stava male continua a star male e sta anche peggio, e chi stava bene continua a spendere come se non ci fosse un domani. Abbiamo pagato il b&b (bello, nuovo, ma non certo il Grand Hotel) 160€ a notte; per un ombrellone e due lettini da un minimo di 25€ a 40€, e cara grazia se si trovava posto: l’ultimo giorno abbiamo speso 35€ per un ombrellone in diciottesima fila! Che il mare si vedeva con il cannocchiale e già arrivare a bagnarsi i piedi era una passeggiata. Abbiamo cenato sempre all’aperto, tranne una sera (prima che entrasse in vigore l’obbligo di green pass); posso testimoniare di persone respinte perché sprovviste del lasciapassare. In proporzione abbiamo pagato meno a mangiare pesce che a sdraiarci panza all’aria (tra l’altro io ho tenuto quasi sempre addosso la maglietta, ridicolerrimo mi diceva mio figlio da piccolo ma la mia pelle è diventata delicata, pensare che una volta mi gratinavo da mattina a sera e diventavo nero come un tizzone).

Gaeta è una scenografia; i castelli e le chiese che la sovrastano la sera sono illuminati sapientemente, ed è piacevole  passeggiare per il lungomare, tra bancarelle e mercatini. Dove l’unica cosa che ho acquistato sono libri vecchi, tra cui una copia anastatica delle “Narrazione Storica Religiosa Politica Militare del soggiorno nella real piazza di Gaeta del Sommo Pontefice Pio IX”, scritto da un tal Giovanni Bois nel 1854, a ricordo delle vicende che portarono il Papa a scappare da Roma all’avvento della Repubblica Romana e trovare rifugio appunto a Gaeta, allora facente parte delle Due Sicilie, da re Ferdinando II.     

Ma è una scenografia anche perché niente è visitabile: tutto chiuso, dei due castelli quello Aragonese è destinato a caserma delle Guardia di Finanza e quello Angioino, storico carcere, aperto solo sabato e domenica e non sempre; le chiese aperte a turno con orari a capocchia; siamo riusciti se non altro a visitare la Montagna Spaccata, a cui si accede sal Santuario della SS Trinità; la tradizione popolare narra che la montagna si squarciò al momento della morte di Cristo, come  il velo del tempio di Gerusalemme. Lì si ritirava ogni tanto San Filippo Neri, e lì andò a morire.

Nei dintorni abbiamo visitato Sperlonga (paese ormai “finto”, ovvero solo turistico, destino di tutti i centri dove gli abitanti vengono sostituiti da viaggiatori di passaggio); l’Abbazia di Montecassino che volevo visitare da anni e finalmente ci sono riuscito; ricordo che l’abbazia non fu distrutta dai tedeschi come a volte una propaganda superficiale fa credere ma dagli alleati che la bombardarono con una azione controproducente dal punto di vista militare oltre che criminosa per i beni che vennero distrutti (ma cosa c’era da aspettarsi da gente che bombardò persino il Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano, che si salvò solo per miracolo?), e fortuna che i tedeschi salvarono la biblioteca millenaria portando i volumi in Vaticano, altrimenti sarebbe andata persa anche quella. Mi sarebbe piaciuto parlare ancora di questo con l’amico Anghessa che di cose militari era addentro e con gli americani aveva ancora il dente avvelenato, ma ormai ci vorrebbe un tavolinetto a tre piedi; infine Ponza, dove era appena entrato in vigore il Green Pass e avevo paura non mi facessero salire sull’aliscafo, ma per fortuna i trasporti sono ancora liberi (per poco, pare). Il paesino colorato è delizioso, volevamo andare in una spiaggia dall’altra parte del monte che secondo Google maps era a 15 minuti di distanza ma ad un certo punto ho desistito; va bene che ho l’assicurazione sulla vita e gli eredi non soffrirebbero eccessivamente, ma farsi venire un infarto a Ponza alle 13,30 non mi sembrava ragionevole.    

Avremmo voluto fare un giro al Circeo, magari arrivando fino a Sabaudia dove ho passato sei mesi di addestramento da ufficiale di artiglieria contraerea, e naturalmente gentiluomo, ma non ce n’è stato tempo e mi dispiace un po’. Ricordo quando ci caricarono all’improvviso su dei camion per andare a spegnere un incendio sul Circeo, muniti di fruste, secchi, zappe e pale, il momento in cui mi sono sentito più utile nella mia carriera militare. A proposito di incendi, ogni giorno si vedevano passare canadair ed elicotteri con cisterne d’acqua: purtoppo in questa disgraziata estate c’è un attacco generale alle arie verdi e boschive, e i monti Ausoni non fanno eccezione. Il direttore del parco era disperato. Ma per i venti morti al giorno di Covid titoloni, misure drastiche, miliardi su miliardi: per gli incendi che tutti gli anni funestano la terra non si fa una mazza. Meno vaccini e curiamo la terra, che è meglio!

Amiche e amici, ritorno nella mia tana, tanto al cinema non posso andare, al teatro nemmeno, nei musei nisba ed in discoteca men che meno: al supermercato si può, in chiesa pure, e vedremo se si potrà andare al lavoro. Buona continuazione di estate!