Tra le ambizioni che nutro non c’è quella di diventare guru o maestro di life-style. Se c’è una regola di vita alla quale però mi attengo, e che mi sentirei in generale di condividere, è quella di cercare di circondarsi di persone positive. Voglio dire, se uno ha già i suoi problemi non serve a molto avere intorno gente che si lamenta in continuazione; piuttosto invece meglio una spalla sulla quale piangere che però poi sappia anche, meglio se con leggerezza, indicare un piano B o una possibile soluzione.
Bisogna tuttavia ammettere che in certi periodi ci si sente come oppressi da una cappa pessimistica, e questo è uno di quelli: crisi economica, attentati, terroristi, insicurezza generale, venti di guerra e fondamentalismi non inducono al benessere emotivo.
Fortunatamente, quando il morale tende a scendere verso i tacchi, accade qualcosa che provvede a riportarlo se non al settimo cielo almeno ad una altitudine decente: ed ecco accorrere in nostro aiuto il prefetto Tronca, commissario di Roma dopo il golpetto che ha spodestato il sindaco eletto Marino, che con qualche secolo di ritardo ha deciso di mettere al bando i centurioni.
A mio avviso, non so se saranno d’accordo gli amici romani, si tratta di una generalizzazione inaccettabile: c’è centurione e centurione.
La prima volta che andai a Roma fu con una gita parrocchiale, in occasione del giubileo del 1975. Accompagnavo mia nonna paterna, che peraltro non ne aveva alcun bisogno; non avevamo una grande confidenza perché lei aveva seguito la carovana di figli emigrati a Torino, e quindi ci vedevamo di rado. Era una donna dall’aspetto burbero, arcigna; la vita se l’era sudata, aveva dovuto tirar su cinque figli quasi da sola, ed i momenti di tranquillità non dovevano essere stati tantissimi. Non ricordo se visitammo tutte le Sette Chiese canoniche; di sicuro salimmo ginocchioni la Scala Santa. Ero un po’ in imbarazzo, perché tutti i miei amici interpretando correttamente lo spirito del pranzo al sacco si erano fatti preparare da casa dei panini al salame o anche alla mortadella; mia nonna invece aveva sorvolato sul sacco e si era concentrata sul pranzo: fettine impanate, frittata ed anche una fetta di ciambellone. Non me la sentivo di offenderla, perciò mettendo da parte il disagio spazzolai tutto.
Non era una gran cuoca nonna Ida, e forse la sua performance migliore fu quando, in occasione di una delle poche cene insieme, ci presentò delle patate al forno ripiene di tonno, viste con sospetto dalla maggior parte dei commensali ma da me gradite moltissimo.
Da piccolo il Carosello serale, che preludeva l’andata a nanna, presentava dei personaggi memorabili. Alcuni di questi ancora resistono: Calimero, l’omino Bialetti, il gringo della carne Montana… la pubblicità della Terital, che era il marchio di un tessuto sintetico, proponeva un buffo romano che sbuffava: “Ave, so’ Caio Gregorio, er guardiano der Pretorio: fa’ la guardia nun me piace, c’ho du’ metri de torace!”. Per un’intera generazione di bambini Caio Gregorio è stato l’archetipo del Romano.
Da allora sono stato a Roma tantissime volte, da turista e per lavoro: per me, è la città più bella del mondo.
L’ultima volta, per dire, sono andato lo scorso luglio con la famiglia, approfittando di una super-offerta Italo, e tra le altre cose siamo andati a visitare il nuovo museo dell’Ara Pacis, che pure aveva ricevuto tante critiche, trovandolo incantevole; finalmente dentro Castel Sant’Angelo, che avevo sempre visto solo dall’esterno; e per l’ennesima volta al foro di Augusto, apposta per la visita multimediale curata da Piero Angela. Avremmo anche voluto entrare al Colosseo, ma c’era troppa file e abbiamo desistito. Tra l’altro c’era un caldo micidiale, il ponentino di Roma non spirava.
Salendo sulla terrazza del Pincio, trovammo uno dei centurioni. Di tristissimo aspetto: innanzitutto non era romano ma sudamericano, e questo è di per se un anacronismo inaccettabile; poi il cimiero non era costruito con il regolamentare spazzolone colorato di rosso, ma con delle piume strappate da un boa di struzzo, con un effetto pride non proprio virile; infine una daga in plastica di quelle che si possono trovare nei mercatini rionali, in quelle poche bancarelle che ancora vendono giocattoli non tecnologici. Per niente filologico, se seguite quello che voglio dire; antiestetico anche, e meritevole senza dubbio di entrare nella lista di proscrizione del prefetto Tronca.
Mi piacerebbe però sapere chi ha stilato al commissario la lista dei problemi di Roma. Ho sondato conoscenti, colleghi e amici ivi residenti e rilevo che nessuno vi avrebbe posto in cima la deportazione dei vari Caio Gregorio. Ma può darsi che la mia e la loro sensibilità siano influenzate da quegli antichi Caroselli: “Ave, so’ Caio Gregorio”.
(74. continua)