Ahmed Marrakech, al tavolo con Amaru Timu, si guarda intorno preoccupato.
«Si può sapere che cos’hai?» chiede il gigante maori, infastidito. «Se non volevi venire potevi anche rimanere nella tua stanza a mangiare cous cous!»
«E no caro mio, qui succedono cose strane, starsene da soli non è molto indicato» obietta il marocchino. «Meglio avere un alibi. Solo che non so perché mi hanno messo al tavolo con uno noioso come te, senza offesa»
«A cosa dovrebbe servirci un alibi? L’omicidio c’è già stato, mi pare» constata Amaru.
«Non si sa mai, l’assassino è ancora in giro, no? E poi sai che ti dico, questa musica mi fa venire il mal di testa. Zum-pa-pà, zum-pa-pà, che strazio!»
«Paese che vai, balli che trovi. Certo, i nostri sono molto più virili. Ma tu che pretendevi, che in tuo onore facessero la danza del ventre? Ti va già bene che non ti rispediscano a casa su un barcone…»
Mentre i due discutono, una figura avvolta in un tabarro si avvicina silenziosamente. Non appena l’orchestra esegue lo zà-zà finale di una polca l’uomo si scopre il capo e con voce tonante, puntando il dito contro il marocchino, esplode:
«Impostore!»
La sala ammutolisce, Ahmed sbianca (per quanto gli è possibile); Amaru Timu infastidito si alza, pronto a passare alle vie di fatto con il disturbatore; e l’ha infatti appena afferrato per la collottola quando una voce autoritaria lo blocca:
«Lo lasci» intima il maresciallo Montesi appena entrato nella sala con al braccio sua moglie.
«James, caro» chiede la Calva Tettuta qualche tavolo più avanti. «Che cos’è questo trambusto? Non vorrei che a qualche steward sia venuto in mente di chiedere il green pass a Natascia. Li hai avvisati che è pericoloso? Tra l’altro ha fatto lo Sputnik, si sa che rende nervosi»
«No signora, Natascia è andata a cambiarsi d’abito dopo il piccolo diverbio con la signorina Pignola» risponde il maggiordomo, con un lieve accenno di perfidia nella voce.
«Devo dire che è stato un bel momento di varietà. Salsa e capoeira, potrebbero scriverci una canzone, che ne dici James? Ci vedrei bene Giusy Ferreri a cantarla. Miguel si è ripreso? Non sono un’esperta, ma mi pare abbia incassato un bel diretto dalla sua ex fidanzata. Certo poi questa ha sbagliato a tentare lo stesso colpo con Natascia, penso stiano cercando ancora qualche pezzo sulla pista; il brasiliano intanto continuava a sgambettare in aria, tutto sommato gli è andata anche bene, il paramedico che l’ha soccorso dice che dovrà tenere il collarino per una quindicina di giorni. Che spasso!» conclude Gilda, divertita. Poi, indicando la bionda dal corpo statuario con le guance appena arrossate dal recente scambio di vedute e legnate con Paio Pignola che ha fatto ingresso nella sala, commenta:
«Ah, eccola di ritorno. Meno male, sono più tranquilla. James, ti andrebbe un fox-trot?» chiede la vedova Rana, alzandosi.
«Volentieri, signora» risponde il maggiordomo, alzandosi a sua volta e porgendo il braccio alla padrona di casa.
«Ottimo. Al galoppo, allora!»
Olena, rientrata in sala, si dirige verso il capannello di persone in piedi e si rivolge con un sorrisetto a quello che sembra cercare di riportare di riportare l’ordine.
«Era ora che tu arrivassi. Hai dovuto stirare smoking? Ciao Ines, come tu sta?» chiede poi alla signora Montesi fissandola negli occhi, ricambiata. Ines, una quarantacinquenne alta, magra, con dei capelli corvini raccolti in una crocchia che la fanno sembrare ancora più alta, grandi occhi scuri ed un naso leggermente pronunciato che in gioventù le hanno procurato il soprannome di Callas si avvicina e abbraccia la russa appenda sfiorandola. Sussurrando risponde al saluto:
«Io sto bene, grazie. Anche tu sei in splendida forma, vedo»
«Merito della ginnastica e della dieta. E’ da tanto che non ci vediamo. Sei ancora arrabbiata con me?»
«Per essere andata a letto con mio marito? No, e nemmeno con lui se è per questo. Ma l’avvertimento vale ancora»
«Stai tranquilla, non succederà più»
«Io sono tranquilla» risponde la romagnola, dirigendosi verso il proprio tavolo e lasciando Olena a ripensare a quanto successo anni prima.
Sarajevo, 1 dicembre 2000
Con la riunione del parlamento che proclama il serbo Zivko Rodiĉic nuovo presidente della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, la missione di Olena e Montesi è giunta al termine. Tutto è andato liscio, il presidente è stato liberato senza clamori ed i rapitori neutralizzati; confusi tra i militari Onu schierati sul piazzale per evitare brutte sorprese, i due si avvicinano per scambiarsi un saluto prima di far ritorno ognuno al proprio reparto.
«Abbiamo fatto un bel lavoro capitano, non è vero?» chiede Montesi, stringendo la mano alla russa.
«Da, spero almeno serva a qualcosa, e che questi non ricomincino subito a spararsi addosso. Ah, maresciallo, volevo dirti una cosa»
«Che cosa?» chiede Montesi, incuriosito.
«Grazie» dice Olena, prima di baciarlo.
Montesi rimane un attimo sorpreso, poi con un sorriso chiede:
«Questo come devo considerarlo, capitano, come il vostro modo di salutare, tipo Gorbacëv con Honecker, oppure…?»
«Consideralo un acconto» risponde la russa, avviandosi verso il pick-up che la sta aspettando.
Ed è la voce di Montesi che la riporta alla realtà.
«Chi è lei? E’ la seconda volta che insulta quest’uomo, si può sapere che vuole?»
«Io non insulto nessuno, sto solo dicendo la verità. Quest’uomo è un impostore! Glielo dici tu, cuginetto, o preferisci che glielo dica io?»
«Cuginetto? Siete parenti? E non potete litigare a casa vostra, invece di venire a disturbare tutta questa gente? Ahmed, cos’ha da dire?» chiede il maresciallo.
Ahmed respira profondamente, cercando di pensare ad una scusa plausibile, ma vedendo la mascella di Montesi irrigidirsi si affloscia, si siede ed inizia il suo racconto.
«Mi chiamo Farouk Marrakech, non Ahmed… Ahmed è mio cugino, il fratello di questo qua… »
«Cosa? E che ci fa allora lei qua, perché non è venuto lui?»
«Perché questo impostore l’ha fatto sparire!» grida il fratello del vero Ahmed.
«Per favore!» sbotta Montesi, facendo cenno all’appuntato Corinaldi, appoggiato ad una colonna poco lontano, di avvicinarsi. «Signor Farouk, credo che ci debba una spiegazione, e che sia esauriente…»
Farouk annuisce, beve un sorso d’acqua e continua.
«Ahmed è il proprietario del locale, ma io sono lo chef… sono io che gli ho permesso di farsi un nome, io che l’ho fatto crescere. Ma naturalmente il merito era tutto suo…ad un certo punto ha iniziato a trascurare il ristorante. Ha cominciato a licenziare i camerieri bravi, costavano troppo diceva, a comprare alimenti di qualità sempre più scarsa. Non capivo, il locale era sempre pieno, gli affari andavano a gonfie vele, ma Ahmed si comportava come se fossimo sull’orlo del fallimento! La clientela cominciava a lamentarsi, io cercavo di tamponare come potevo ma non potevo fare miracoli… Poi sei mesi fa se ne andò in Egitto a trovare dei parenti, doveva fermarsi una settimana, almeno così mi disse, e mi ritrovai alla porta i fornitori arrabbiati: Ahmed non li pagava da mesi… Cercai di tranquillizzarli dando degli acconti con i miei soldi, sicuro che quando Ahmed fosse tornato me li avrebbe restituiti ed avrebbe spiegato tutto. Fu in quel periodo che Turchese entrò nel locale, aveva letto delle ottime recensioni e volle conoscere il proprietario… così mi presentai come Ahmed, e così rimasi.»
«Sì, ma quando è tornato il vero Ahmed cosa è successo?» chiede Montesi,
«Niente!» tuona l’intabarrato. «Perché Ahmed non è mai tornato! E non è tornato perché non è mai partito, non aveva nessun parente da andare a trovare. Tu l’hai ammazzato e l’hai fatto sparire!»
«Non è vero!» protesta Farouk. «Io non sopportavo più Ahmed, è vero, disprezzavo il suo modo di condurre il ristorante e di farlo andare in malora, gli avevo anche fatto la proposta di rilevare io il locale ma l’aveva rifiutata, ero ormai arrivato al punto di andarmene, ma non gli ho fatto niente! E’ sparito per conto suo e non so dove sia: si sarà andato a nascondere da qualche parte per sfuggire ai creditori, sicuramente qualcuno l’avrà minacciato… quello che non capisco è che cosa ci ha fatto con quei soldi, il locale era sempre pieno e andava bene…»
«Tu dovresti saperlo, glieli hai rubati tu e poi l’hai fatto fuori! E quando Turchese ha scoperto la verità hai ammazzato anche lui. Impostore e assassino!»
«Calma, calma» lo ferma Montesi. «Ha degli elementi per suffragare le sue accuse, o sono solo illazioni? Perché altrimenti devo avvisarla che ci sono gli estremi per la calunnia. C’è stata una denuncia di scomparsa? Ahmed ha una sua famiglia, una moglie? In Marocco sono state fatte indagini?»
«Io so quello che dico! Turchese sapeva che Ahmed non era Ahmed, e guarda caso è morto»
«E lei come fa a sapere che Turchese sapesse?»
«Perché gliel’ho detto io stesso! E lui mi ha detto di non parlarne con nessuno, aveva intenzione di fare uno scoop prima della proclamazione del vincitore, per alzare lo share, ma non ha fatto in tempo! Sei stato tu!»

Olena, James, Gilda, Nonna Pina, Miguel, Po il cinese, Svengard, Uppallo I e Uppallo IV, l’orchestra Bigio Corbatti con i Compagni di Merende e tutto il resto del cast partono per raggiungere il piccolo Chico ed i Koala in Australia. Insieme all’Autore augurano agli affezionati lettori una conclusione di anno “negativa” ed un Felice e Prospero 2022. Godete finché potete, che la vita è un soffio, dice Nonna Pina. A presto!