C’è stato un tempo in cui i sarti non erano stilisti, i cuochi non erano chef ed i barbieri non erano coiffeur, men che meno unisex. L’onorevole professione di barbiere era svolta nel mio paese da due rami della stessa famiglia, i Pisani: barbieri e artisti, derivavano i nomi dalla passione operistica dei loro avi: Otello, Adelchi, Orfeo… il mio amico Aldo, autore, regista e attore, ne prosegue la tradizione. E’ dottore e non barbiere, però.
Per breve tempo, dopo sposato, ho frequentato un salone unisex. Devo dire la verità, mi sentivo un po’ a disagio. Voglio dire, dal barbiere si va per: a) leggere Tuttosport b) commentare le partite di calcio c) inveire contro le tasse d) parlare di donne. Il massaggio alla cute è inessenziale.
I barbieri erano aperti la domenica mattina. Servizio utilissimo, in quanto davano la possibilità ai lavoratori indaffarati di darsi una sistemata. I capelli si lavavano rigorosamente a casa. Per Natale era molto ricercato il calendarietto con foto di donnine svestite ma non interamente, figurarsi: se andava bene erano costumi a due pezzi, ma era già qualcosa visto che al mare regnavano i pezzi interi.
I tagli ammessi erano due: o con la riga, o all’indietro, alla “mascagna”. Il compositore di Cavalleria Rusticana era morto da un pezzo, ma il taglio di capelli gli era sopravvissuto. Io (allora) avevo i capelli dritti (soprattutto li avevo), perciò li facevo con la riga.
Anche mia zia Raffaella (guarda caso sposata con un Pisani, ma falegname) era parrucchiera. Tagli, tinture, messe in piega, e caschi dalla forma aerodinamica. Fra 2000 anni chissà cosa penseranno gli archeologi che troveranno i caschi sotterrati. Una mosca che volasse da un barbiere ad una parrucchiera avrebbe una buona probabilità di sentir parlare dello stesso argomento. No, non le tasse. Le donne amano molto parlare di altre donne, specie se assenti.
L’estetica odierna è contraria al pelo. Il vecchio detto “Donna baffuta sempre piaciuta” non è più credibile, ma che addirittura si vedano così tanti uomini ricorrere alla depilazione è inquietante.
Ad Ancona, frequentando un corso di formazione di quadri intermedi, avevamo molto tempo a disposizione. Con l’amico Carlo e la sua Ford Capri, di cui vi ho già parlato, all’ora di pranzo scappavamo al mare, dove passavamo un paio d’ore nella spiaggetta più vicina. Non essendo del posto, ignoravamo che la spiaggetta fosse frequentata da coppiette che allora si definivano equivoche. Personalmente ho maturato la convinzione che la vita sessuale di persone adulte e consenzienti sia affar loro, come dire, i gusti son gusti: tuttavia non sono così moderno dal negare che effusioni tra persone dello stesso sesso, in pubblico, mi mettano in imbarazzo. Potrei definire stupore o meraviglia o incredulità quella con cui vedemmo alzarsi, da un telo poco vicino, una coppia di uomini abbracciata, di cui uno indossante un tanga: visione da vietare ai minori, ed anche ai maggiori sensibili. Ecco, in quel caso avrei auspicato che l’esibizione fosse avvenuta dopo opportuna depilazione. Subentrò poi un’altra preoccupazione: e se qualcuno ci avesse visto, e accostati all’affettuoso quadretto? La volta dopo, per sicurezza, andai a prendere il sole sulla terrazza del capannone dove si teneva il corso. Non calcolai però l’effetto amplificante delle lamiere: mi ustionai di brutto e il corso pomeridiano non mi ebbe tra gli allievi più attenti.
Le creme solari erano roba per femminucce. L’uva era quella che si coglieva in grappoli d’autunno: dei raggi Uva e dell’ozono che poi avrebbe avuto il torto di bucarsi non sapevamo niente. Il sole si prendeva in questo modo: primo giorno, nessuna precauzione se non a volte un cappellino: ustioni di primo grado. In serata, se non proprio il delirio di Fantozzi, insorgeva comunque una leggera febbre. La schiena veniva spalmata di crema Nivea o olio d’oliva, e nei casi più gravi da acqua e amido. Il giorno dopo riposo. Il terzo giorno, si tornava al sole. Le nostre capacità di recupero erano prodigiose, gli scienziati dicono che le pagheremo col tempo, tié.
Un paio di annetti fa, notando che i capelli diminuivano ma le tariffe aumentavano, comprai una macchinetta. Affidai il taglio a mia moglie, che ha il pollice verde. Prese ispirazione dai due attori che più ammira, lo scomparso Yul Brinner e lo Zingaretti di Montalbano. Il risultato fu soggettivo: per lei ero irresistibile, mentre i colleghi il giorno dopo, con delicatezza, mi chiesero a che ciclo di chemio fossi arrivato.
Sono tornato dal barbiere. Da Leo, prossimo alla pensione, a leggere il Tuttosport del giorno prima, a commentare le partite di calcio di vent’anni fa e a inveire contro il governo di turno, tanto le tasse salgono sempre. Sulle donne, no comment.
(39. continua)