Come facevamo quando non c’erano le badanti?

Amiche e amici, sono di ritorno da un piacevole weekend a Sottomarina; le figlie hanno deciso di regalare a mia suocera, in occasione del suo 87° compleanno, una minivacanza per far visita ai parenti. Lei infatti è di origine veneta, emigrata o meglio scappata in Lombardia a 16 anni come tanti in quei tempi per sfuggire alla vita dura e alla miseria; per trovare altra vita dura sì, ma almeno non la miseria. Pian piano ha convinto a trasferirsi tutti i tre fratelli e la madre; ha lasciato qualche parente ed una sorella di cui ha scoperto l’esistenza solo qualche anno fa. Storie di dopoguerra… si pensa sempre all’esodo della gente dal sud al nord, ma l’emigrazione interna dal nord-est al nord-ovest, dal padovano, dal rovigotto, dal polesine, è poco conosciuta.  Erano tempi in cui in Lombardia il lavoro abbondava: lei racconta sempre che, per pagare il mutuo della casa, si licenziava facendosi dare la liquidazione, e subito trovava un altro posto… non era certo schizzinosa: si faceva anche trenta chilometri al giorno in bicicletta (per risparmiare sull’autobus) per andare al lavoro.

A proposito di lavoro, guardando i cartelli affissi e parlando un po’ con le proprietarie dell’albergo dove eravamo, sul lungomare, sembra che ci sia proprio un’emergenza: ristoranti che cercano camerieri, cuochi e aiuto-cuochi, piscine che non possono aprire perché mancano i bagnini, negozi senza commessi… addirittura, tornato a casa, il giornale locale titolava con l’allarme badanti: mancano perfino le badanti per curare gli anziani durante l’estate, ed un espertone consigliava di pagarle di più.

In realtà anche un nipote alla lontana di mia suocera, col quale abbiamo passato la serata di sabato a bere prosecco (prodotto da lui), mangiare carne alla brace e risolvere i problemi del mondo, ipotizzava che se magari alla gente gli si prospetta la giusta ricompensa e le giuste ore di lavoro a lavorare non si sarebbe tanta penuria di braccia; e che trovava ridicolo che dopo aver spinto i ragazzi a studiare, fare i coreuti o i commercialisti, poi ci si lamenti se il cameriere a 600 euro al mese non vogliano farlo. Io naturalmente mi trovavo d’accordo, sintonia che ha avuto la sua apoteosi arrivati al grappino, dove avremmo anche risolto la crisi ucraina con una splendida analisi politico-militare: solo un bigolo come Zelesky può tenere l’esercito a farsi massacrare nelle sacche del Donbass invece di ritirarsi, e invece di chiedere altre armi per portare per le lunghe questa guerra può andare a farsi fottere lui e tutti quelli che continuano a mandargliele, con in testa Draghi, Di Maio e Letta. Forse se al G7 avessero avuto qualche bottiglia di prosecco avrebbero preso decisioni migliori.

A proposito di Letta, qui a Como il candidato del centrosinistra al ballottaggio ha preso una scoppola clamorosa dal candidato di una lista civica. Avevo già dichiarato che un’accozzaglia dove ci fossero dentro Calenda e Renzi (con l’endorsement di Forza Italia!) non l’avrei mai votata e nonostante la presenza di amici di buona volontà non me la sono sentita. Quando ho sentito quello che aveva deciso il G7 (“aiuteremo l’Ucraina finché ce ne sarà bisogno”: ma quanto volete farla durare questa guerra? Ma non vi rendete conto che state contribuendo ad ammazzare un sacco di gente? E che state gettando le basi per un autunno di merda anche per noi, altro che fare i bagnini?) ed anche se si tratta di elezioni amministrative mi è partito un vaffanculo dall’interno e avrei votato chiunque altro, fosse pure stato Belzebù.  Il nuovo sindaco ha in effetti i capelli rossi; peggio dei precedenti non farà di sicuro; ha avuto una giovinezza difficile, orfano di entrambi i genitori già a venti anni, ed ha perso presto due fratelli; insomma si è dovuto rimboccare le maniche, conosce bene la città, spero che usi bene il consenso che ha avuto. Dicono che sia di destra ma a questo punto che vuol dire essere di destra o di sinistra? I democratici americani sono di sinistra? Hanno forse fatto in modo che gli immigrati messicani non muoiano nei container per non incappare nella legge anti-immigrazione, come successo l’altro giorno? O è di sinistra Sanchez, lo spagnolo, che ha chiesto l’ombrello Nato dopo la strage dell’altro giorno di marocchini che volevano passare in territorio spagnolo a Ceuta e Melilla: e che deve fare la Nato, bombardarli pure? Non vi basta averli fatti ammazzare dalla polizia?

Tornando alle badanti: ma come facevamo prima che l’Unione Sovietica implodesse? Cioè, se non fossero venute qua una valanga di moldave, ucraine, bielorusse, russe, polacche, rumene, come avremmo fatto con i nostri vecchi? Prima chi li curava? Ora questa figura sembra normale (lavoro duro tra l’altro, spesso sfruttato e poco considerato) ma non è sempre stato così. E se davvero tutte queste donne dovessero sparire? Le cose sono due: o i vecchi si decidono a morire prima, oppure invece di correre tutti come matti in famiglia bisogna che qualcuno a turno si fermi…

Ma per risolvere anche questo problema mi ci vorrebbe ancora qualche bottiglia di prosecco; magari quando tornerò a Sottomarina… anzi, se volete che risolviamo anche qualche vostro problema, non fate complimenti!

Avrebbero tutti i numeri per risolvere i problemi del mondo, altro che G7!

Tre stelle per Olena – 35

Montesi, con il panciotto dello smoking sbottonato, ancora arrossato dopo l’ultimo giro di fox-trot, siede interrogativo davanti a Palmira, che come niente fosse si è messa a sgranare dei fagioli.
Il maresciallo fatica a inquadrare la situazione; con un cenno della testa indica a Corinaldi lo chef polinesiano in piedi in un angolo della cucina, rivolgendogli un gesto eloquente con la mano destra per chiedere cosa ci faccia quell’omone da quelle parti, ma l’appuntato si stringe nelle spalle, ignaro; perplesso squadra l’aiuto cuoca seduta all’altro capo del tavolo, che piange asciugandosi le lacrime con il zinale, o grembiule che dir si voglia. Infine, considerato che la faccenda sembra andare per le lunghe, si toglie il papillon mettendolo in tasca, allarga il colletto della camicia con un sospiro di soddisfazione, e comincia l’interrogatorio.


«Signora Palmira? Il signor Timu, qua presente, mi ha detto che ha delle dichiarazioni da fare a proposito dell’omicidio. Ho capito bene?»
«Signorina, prego» puntualizza Palmira. «E sì, ha capito bene. L’ho ammazzato io, ma è stato un incidente, non volevo»
Montesi guarda affascinato le mani della donna che continuano velocemente ad aprire i baccelli, estrarre con i pollici i fagioli facendoli cadere in una grande ciotola e buttare le bucce in un secchio. Con tutta la calma di cui è capace si rivolge alla donna:
«Si spieghi meglio, ehm, signorina. Ha ucciso qualcuno? E in che senso è stato un incidente?»
Palmira inspira profondamente, quasi a prendere la rincorsa per il racconto.
«Vede, maresciallo, era un po’ che ci pensavo. Fin da quando avevo capito chi era. Mi ero procurata il veleno, ho aspettato che un concorrente si distraesse, sa, erano tutti gelosissimi dei loro piatti e non facevano avvicinare nessuno, così quando la cinese è venuta in cucina ed ha lasciato il suo tegame incustodito ce l’ho versato dentro. Pensavo che il primo boccone spettasse a lui, invece l’ha preso il presentatore. E’ stato un incidente, gliel’ho detto»
Il maresciallo guarda Corinaldi, che si sta grattando la testa.
«Lei mi sta dicendo che ha avvelenato Borghese, ma è stato uno sbaglio? E chi è che voleva ammazzare, invece?»
«Ma lui, no? Quello antipatico, il francese» dice Palmira, come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Ma mica volevo ammazzarlo perché era antipatico, non sono matta, cosa crede.» continua la cuoca, mettendo finalmente da parte la ciotola di fagioli.


«Lo vede quello?» chiede Palmira indicando Amaru. «E’ mio nipote. Sì, lo so, è stato difficile da credere anche per lui, ma si fidi. Sua madre è morta a causa delle radiazioni degli esperimenti atomici dei francesi e americani, e suo padre è stato ammazzato dai servizi segreti francesi. E quelli che l’hanno ammazzato hanno fatto appena un anno di carcere… »
«Alt, alt, per l’amor del cielo, lei mi fa scoppiare la testa! Nipoti improbabili, radiazioni, servizi segreti, ma che storia è questa? Senta, io non ho tempo da perdere, mi faccia il favore» dice Montesi, poggiando le mani sul tavolo per alzarsi e andare via.
«Auguste Trésomarie» lo ferma Palmira, mettendo una mano sopra la sua. «Lui è il figlio di quelli che l’hanno ammazzato. E sono ancora vivi, quei criminali! Volevo far provare anche a loro cosa vuol dire perdere un figlio. Non ci sono riuscita, mi dispiace per Borghese…»
Montesi si risiede, fissando negli occhi Palmira, e trovandovi dentro un dolore antico.
«Vendetta dunque, un classico» afferma Montesi, che per niente convinto chiede:
«Come ha fatto ad avvelenare solo un raviolo?».
«Ma che raviolo, mica sono stata lì a scegliere. Ho buttato il veleno, gli ho dato una girata col cucchiaio e via. Non so perché è finito tutto su un raviolo.»
Montesi, sempre più scettico, insiste ancora:
«Come ha fatto a procurarsi quel veleno, Palmira? Non è roba che si compra al supermercato»
«Figurarsi, veleno per topi se ne trova a bizzeffe qua in villa. Proprio l’altra settimana sono venuti i disinfestatori…»

Montesi scuote la testa, constatando che il racconto non collima con gli eventi, e la conferma ai suoi sospetti gliela fornisce la giovane aiuto cuoca:
«Scusate, posso dire una cosa?» chiede Isolina, tirando su con il naso.
«Se è inerente al caso sì, altrimenti lasci stare signorina» risponde il maresciallo.
«Sì, c’entra, c’entra… vedete, la cinese mi aveva chiesto di tenerle in caldo i ravioli, perché lei doveva fare una faccenda. Mi era sembrato strano, perché il regolamento della gara non permetteva che ci fossero interventi esterni… però la cinese mi promise una mancia, mia zia non c’era, insomma non mi sembrava di fare niente di male… ho messo a scaldare il tegame, però visto che la cinese non tornava sono andata a cercarla. L’ho trovata in cortile, stava parlando fitto fitto con qualcuno che però quando sono arrivata si è allontanato. Quando tornai vidi che il tegame era stato tolto dal fuoco e la zia stava uscendo dalla stanza… ho preso il tegame ma sono inciampata in quel maledetto gatto che gira sempre qui intorno e mi è caduto tutto in terra. Non sapevo come fare, mi avrebbe ammazzata… ho buttato via tutto e ho cucinato altri ravioli. Avevo visto un po’ come facevano, non era difficile. Ho preso i ravioli nostri, quelli pronti in tre minuti, li ho messi in una pentola a pressione con un po’ di brodo di carne e li ho cotti al vapore. Alla fine li ho messi in un altro tegame, speravo che nessuno se ne accorgesse, e l’ho portato personalmente alla cinese»
«Quindi lei mi sta dicendo che i ravioli che sua zia aveva avvelenato li ha buttati?»
«Sì, ma io non lo sapevo… scusa zia» dice Isolina sinceramente dispiaciuta.
«Non deve scusarsi, signorina. Anzi, ha appena salvato sua zia da una accusa di omicidio, anche se preterintenzionale, dovrebbe essere contenta» dice Montesi, sollevato.
«Corinaldi, prendi tu le deposizioni dei signori? Io dovrei tornare da Ines, se non le faccio fare una polca diventa una jena. Ci sentiamo più tardi, rimanete a disposizione. Signori!» saluta Montesi, esibendosi in un perfetto battito di tacchi. Uscito dalla stanza chiude la porta e si rimette il papillon. Poi mentre trattiene il respiro per allacciarsi il panciotto, ripensa a quando invece del panciotto indossava il giubbetto antiproiettile, e copriva le spalle ad un capitano delle truppe scelte russe.


«Olena, per la miseria, ma dove sei finita? Non fare cazzate…» pensa tra sé e sé, prima di tornare al ballo.

Se è gialla lasciala a galla

Amiche e amici, è arrivato il gran caldo: temperature sopra le medie stagionali, siccità con fiumi semi prosciugati, paesi che iniziano a razionare l’acqua: ma dove siamo finiti, in Africa? Per fortuna io abito in collina, un po’ di frescura dal bosco che abbiamo alle spalle arriva, specialmente di sera, ed il lago di Como anche se è ai minimi ha ancora tanta acqua da distribuire. Purtroppo nei giorni scorsi ci sono stati diversi decessi, specialmente di ragazzi, che accaldati si tuffavano in acqua e non riemergevano. Si tratta per lo più di stranieri, che non conoscono le insidie: il lago è molto freddo, e se ci si tuffa senza preparazione (che ci dicevano le nostre mamme? Fai passare almeno due ore dopo mangiato, entra piano piano, bagna prima le mani, la fronte e la pancia…) ci si resta secchi. Inoltre la consistenza dell’acqua è diversa da quella del mare, sorregge meno, ed in più ci sono le correnti. Insomma ogni anno c’è qualcuno che affoga, e a nulla valgono cartelli e persino vigili e militari che controllano.

A proposito di Africa, mi è arrivata una simpatica mail che condivido, nel caso qualcuno fosse interessato:
Oggetto: “Moglie bianca beccata a cavalcare 3 preti africani?” (NdA: interessante carriera quella dei preti africani. I nostri ragazzi choosy dovrebbero farci un pensierino)
Titolo: “Come gli uomini delle tribù Masai crescono peni di 14 pollici” (NdA: Ricordavo che i Masai fossero allevatori, ma non che si fossero messi ad allevare peni. Strano che il maestro Alberto Manzi non l’abbia riportato nel suo fortunato libro Orzowei _ questa se la ricorderanno solo i meno giovani_ Comunque 14 * 2,54 = 35,56 cm. è una bella resa. Quanto staranno al chilo, più o meno delle capre?)
Contenuto:
“Questo ragazzo ha eseguito un rituale di allungamento africano e ottenuto risultati ridicoli.
Lui e la sua calda moglie sono andati in Kenya un paio di anni fa solo per scoprire che le piante autoctone davano a ogni locale peni enormi.
La tribù Masai, rinomata nella comunità scientifica per i suoi unici 16 pollici dong e il loro metodo di allungamento ben protetto, ha dato a questo tizio 3 pollici in più nelle prime settimane successive. (NdA: non ho capito se il dong sia una frazione dei pollici o un certificato di qualità)
Non c’è da stupirsi che le star del porno vengano svergognate. (NdA: Rocco Siffredi, vergogna!)
Impressionato dai risultati, fece amicizia con alcuni degli anziani della tribù e riuscì a scoprirne i segreti mentre eseguiva il rituale un paio di volte in più, con gli stessi incredibili risultati.
Si è fermato a 9,2 pollici.” (NdA: che comunque è una buona misura. Con un paio di rituali in più ce la poteva fare. Ma la moglie intanto dov’era?)

Non vorrei apparire invidioso, ma mi pare che un attrezzo del genere sia un po’ scomodo da portare in giro. Tra l’altro ci vogliono anche dei pantaloncini calibrati, non è che tutti possiamo andare in giro con le zucche dei masai attaccate alle cinture.

Ma, per tornare seri, l’acqua sta diventando un grosso problema: io cerco di limitarne l’uso, ad esempio a tavola, sostituendola con il vino. L’ho già detto, ma ricordo una intervista che Fidel Castro concesse a Gianni Minà, da mito a mito: il Lider Maximo disquisiva dell’ossessione degli occidentali per omologare ed omogeneizzare tutte le culture, e si chiedeva: che succederebbe se tutti gli indiani andassero in bagno come fate voi? Il mare sarebbe ricoperto di carta igienica… la cosa mi fece molto pensare, e da allora cerco di limitare anche l’uso della carta igienica. Diciamo che in Italia, a differenza dei francesi, abbiamo il vantaggio di avere dei bidet per poter fare le abluzioni, certo la coperta è corta: non sprecherò carta, ma spreco acqua… mi viene in aiuto allora il film “Mi presenti i tuoi?” seguito del fortunatissimo “Ti presento i miei”, dove Dustin Hoffmann, genitore alternativo, aveva un sistema di risparmio improntato alla norma “se è gialla lasciala a galla, se è marrone tira lo sciacquone”. In realtà ci ho provato per circa una settimana, poi mia moglie ha detto che si era stufata di sentire la mia puzza (quella delle donne profuma, come si sa) e il giallo segnava tutto il water, e se proprio volevo continuare avrei dovuto comprare una nuova casa con due bagni e poi il mio pulirmelo da solo. Ho desistito, ma ogni volta che scarico ho un po’ di rimorso.

Amiche e amici ridiamo perché l’orizzonte è pieno di nuvole (almeno metaforicamente): la pace in Ucraina è ancora lontana, tra l’altro gli ucraini continuano a bombardare il Donbass (ma non erano anche quelli ucraini?); il nostro ministro degli Esteri per caso, d’accordo nel continuare ad inviare armi, è sfiduciato persino dal suo stesso partito (e magari i 5S facessero cadere ‘sto governo, che non risponde a nessuno se non a sé stesso, ma non ci credo); quei tafani (intesi come insetti fastidiosi) dei lituani stanno impedendo ai treni di portare merci a Kaliningrad, l’exclave russa sul mar Baltico, dicendo di applicare le sanzioni stabilite dalla UE, con l’irresponsabile Borrell che gli tiene bordone (non sarebbe ora che qualcuno gli dica di star zitto a questo signore? Che interessi rappresenta? I nostri non credo); non so che c’entri la UE dato che le merci che arrivano non sono europee, ma russe, e la Russia ha diritto di passaggio stabilito da trattati riconosciuti internazionalmente. Faccio presente (non pretendo che lo sappia Di Maio, ma qualcuno magari dovrebbe ricordarsene) che la base che si vuol isolare è piena zeppa di armi, tra cui missili strategici a testata nucleare. Stiamo per assistere ad una profezia che si autoavvera, ovvero i paesi baltici strillano e strepitano per entrare nella Nato per paura dell’invasione russa, provocano l’invasione con i loro atti sconsiderati, e poi ci tocca entrare in guerra per difenderli? Ci mancherebbe solo questa. Già stiamo armando un governo così democratico che ha appena messo fuori legge i libri ed i film russi (sì, fuori legge: quindi se qualcuno si vuol leggere un libro in russo _ scritto dopo il ’91, pare: qua a momenti mettevano fuori legge Dostoevskij_ è soggetto a sanzioni penali) e gli artisti russi che non fanno una dichiarazione contro Putin (per la verità anche il sindaco Sala a Milano l’avevo chiesto al direttore d’orchestra russo: i progressisti…): e questi dovrebbero essere i nuovi europei? Tra poco gli ucraini non potranno nemmeno russare di notte…

Mannaggia amiche e amici, ero riuscito a mantenermi leggero quasi fino in fondo ma alla fine mi è partita la scheggia; sarà che l’amministratore di condominio ha mandato da pagare il supplemento per il riscaldamento e appena finito di bestemmiare ho sentito in TV il cancelliere tedesco (aridateci la Merkel) affermare “le sanzioni fanno male anche a noi ma è giusto sostenerle”. Ah, sì? Allora vorrà dire che manderò il conto a Scholtz… a presto!

Ferroviere lituano.

Tre stelle per Olena – 34

Amaru scuote la testa, confuso.
«Ancora non capisci, vero?» gli chiede Palmira. «Lo so, non è facile, ma ci arrivo, dammi solo qualche minuto ancora» dice la cuoca alzandosi a controllare il ragù d’agnello che bolle lentamente.
«Isolina, ti ho detto di stare attenta a non farlo attaccare!» rimprovera la nipote, incantata a seguire il racconto, prima di risedersi a tavola.
«Dopo una ventina di giorni cominciai a sentire delle nausee; la signora si accorse dei miei malesseri, io le dissi che forse avevo mangiato qualcosa che mi aveva fatto male, ma lei aveva capito subito di cosa si trattava. Una mattina, invece di andare in farmacia, si fermò e mi chiese senza giri di parole chi era stato, e se i miei lo sapevano. Le raccontai tutto, pregandola di non raccontarlo a nessuno, e di aiutarmi… mi abbracciò, dicendo di non preoccuparsi, che tutto si sarebbe risolto. Pensai che mi avrebbe aiutato ad abortire, a quei tempi c’erano le mammane che facevano quei lavori, ma lei aveva un’altra idea. I suoi genitori avevano una casa al mare, dove passavano l’estate; così chiese ai miei se potessi trasferirmi per qualche mese, per aiutarli: mi avrebbero ricompensato bene, e i miei genitori accettarono senza sospettare niente. Passai un bel periodo, il lavoro era leggero ed i miei padroni erano gentili e premurosi, stavano attenti che non mi stancassi; ogni tanto passava a visitarmi una levatrice, che quando vide che era ormai ora di partorire chiamò la signora, che nel giro di qualche ora arrivò dal paese. Per controllare che stessi bene, e che onorassi il patto fino in fondo»
«Il patto? Che patto?» chiede Amaru, sempre più confuso.
«Lei mi aveva protetta dalla vergogna, dallo scandalo, dai pettegolezzi, ed io avrei partorito il bambino che sarebbe andato ad una coppia che non poteva avere figli. Non mi disse chi erano, mi disse solo che erano suoi amici dell’alta Italia, gente che stava bene, non gli sarebbe mancato niente, io che potevo dargli? Partorii senza problemi, la levatrice ridendo disse che ero portata, ne avrei fatti tanti… ebbi solo il tempo di vedere che era una femmina! Di stringerla al petto e baciarla; spezzai il ciondolo che mi aveva lasciato Torello, e gliene misi metà al collo, con un nastrino preso dalla cuffietta che avevo preparato. Poi mi addormentai, e quando mi risvegliai non c’era più»

Il silenzio seguito alla rivelazione di Palmira viene interrotto da Isolina, che si soffia rumorosamente il naso per ricacciare indietro le lacrime che le scendono copiose.
«Dopo qualche settimana tornai a casa; smisi di andare a servizio, trovai lavoro in una trattoria dove iniziai come sguattera e poi piano piano imparai a cucinare.»
«Ma poi li hai avuti altri figli?» chiede Amaru, commosso anche lui.
«No, sono stata alla larga dagli uomini… per un po’ ho aspettato Torello, che però non è più tornato; qualcuno mi disse di averlo visto in Belgio dove aveva messo su famiglia e faceva il minatore, ma non ho mai indagato. Qualche moscone che mi ronzava intorno c’è stato, ma l’ho sempre scacciato. Stavo bene da sola… ogni tanto pensavo a quella bambina, a come sarebbe stato se l’avessi tenuta con me, ma poi ricacciavo indietro l’idea. Indietro non si torna… finché mi capitò sottomano un giornale con quella fotografia, e il passato mi ripiombò addosso all’improvviso» dice Palmira, indicando la foto che Amaru tiene in mano.
«Questa?» chiede Amaru incredulo. «Ma perché, cosa ha di straordinario?»
«Guardala bene, lo vedi cosa indossa al collo?»
«Al collo? Aspetta… sembra un ciondolo, assomiglia al mio…»
«E’ il tuo, te lo assicuro. Non ne esistono due uguali, era stato cesellato dal nonno di Torello in una trincea della prima guerra mondiale, con un bossolo di cannone austriaco. La vedi? E’ una Madonnina che tiene in braccio il suo figliolo. A lei ho lasciato la Madonnina…»
«Ma non è possibile, deve essere una coincidenza! » sbotta Amaru «Santo cielo, ma non mi vedi? Io sono un maori, come faccio a essere suo figlio? Perché ti sei fissata con questa storia assurda?» protesta ancora il gigante, che scruta tuttavia il volto sorridente nella foto con una strana emozione che gli sale alla gola.

«Oh sì che sei un maori!» conferma Palmira, annuendo. «Se non lo fossi stato sarebbe stato strano, tuo padre lo era. Quel padre che però non hai conosciuto, giusto?»
«Sì, è vero, mio padre era un pescatore, e morì poco prima che nascessi durante una tempesta, ma tu come fai a saperlo?» chiede ancora Amaru, sempre più confuso.
«Non importa come l’ho saputo. Però ti hanno raccontato male la storia, figlio mio. Tuo padre non era un pescatore. Forse si può definire più un aviatore che un pescatore: volava con la fantasia, figurarsi che voleva cambiare il mondo! E ci ha provato, eccome se ci ha provato, insieme a tua madre. Erano due idealisti, ma mica di quelli astratti che scrivono libri, fanno prediche, no, no, loro si rimboccavano le maniche, si opponevano alle ingiustizie, lottavano contro le prepotenze, erano guerrieri! E i guerrieri, quelli puri, di solito muoiono giovani… perché vedi Amaru, quella notte, quando affondarono il Rainbow Warrior, non ci fu solo un morto. Fu ucciso anche tuo padre, e il corpo fatto sparire; tua madre non si diede pace, smosse mari e monti finché le forze non le vennero meno, era incinta di te e iniziava a stare male. Purtroppo aveva assorbito troppe radiazioni nelle campagne precedenti, e si era ammalata di leucemia; i dottori le dissero che non poteva sostenere una gravidanza, ma lei non ne volle sapere. Fece appena in tempo a vederti nascere; l’infermiera che la accudì disse che ti sorrise dicendo che era un’ingiustizia, di lei avevi preso solo le fossette sulle guance; ti mise al collo la collanina col ciondolo che le avevo lasciato io, per riconoscerla se un giorno ci fossimo incontrate: poi iniziò a tossire, e poco dopo morì»

Amaru, vinto dall’emozione, si alza e va verso la finestra, dando le spalle a Palmira e Isolina. Guarda il volto riflesso sul vetro, con quelle fossette e quegli occhi incredibilmente chiari di cui il nonno, che l’aveva accudito fin da piccolo, non gli aveva mai dato una spiegazione, e capisce che quella donna incontrata a 18.500 chilometri da casa gli sta raccontando la verità. Poi si volta, ritorna al tavolo dove è poggiato il ciondolo, finalmente riunito, ed abbraccia la madre di sua madre. Palmira lo abbraccia con tenerezza, accarezzando le spalle poderose che arriva appena a toccare; poi lo sposta di lato, guardandolo negli occhi, e gli dice seria:
«Adesso però devi farmi un favore»
«Se posso, volentieri…» risponde il maori.
«Dovresti chiamarmi il maresciallo Montesi»
«Il maresciallo? Ma perché, è successo ancora qualcosa?» chiede Amaru, preoccupato.
«No, niente. Solo che Borghese l’ho ammazzato io, volevo dirglielo prima che incolpi qualcuno che non c’entra niente»

Qualcosa non quadra

Amiche e amici, la settimana scorsa si è concluso il corso di ballo irlandese. Ho zompettato gioiosamente per un mese districandomi a fatica tra set e figure, reels e jigs; la serata finale è stata rallegrata da torte irlandesi fatte dal volenteroso organizzatore e birra (purtroppo poca, ci sarebbe voluto il miracolo di Santa Brigida d’Irlanda _ che come sapete è la patrona della nostra parrocchia, e non a caso_ ma dato che i partecipanti a questi corsi sono in maggioranza vecchi bolscevici il miracolo non si è verificato). La mia mente ha già cancellato tutto, come già successo per i balli greci, balcanici e del Poitou; in compenso ho un’anca dolorante che necessita di intervento di fisioterapia e speriamo nient’altro.

Ieri si sono svolte le votazione per il rinnovo del consiglio comunale; ero in serio imbarazzo perché per vari motivi nessun candidato mi convinceva, anche se avevo sparsi tra i vari schieramenti amici e conoscenti; alla fine ho votato come al solito, pentendomene un attimo dopo. Speriamo bene; peggio di quelli di prima sarà difficile fare, però a dire la verità diciamo così ogni volta e pare che al peggio non ci sia limite.  Per fortuna Como è bella di suo, certo con i suoi problemi ma meno che in altre parti d’Italia: un mio amico corista che lavora al Villa d’Este mi diceva che hanno sold out e la camera che costa meno sta a 1500 euro a notte (con vista non sul lago, ma sul cortile). Qui, non so se lo sapete, parecchi vanno a lavorare in Svizzera (i frontalieri) dove gli stipendi sono almeno il doppio di quello che si prende qua; infatti c’è penuria di camerieri, di infermieri, di muratori che sono tra le categorie più richieste oltre frontiera. Loro hanno una bella regola: se una ditta cerca personale prima deve cercarla tra gli svizzeri e poi, se non lo trova, può prendere dei  frontalieri. Poiché gli svizzeri certi lavori non vogliono più farli, ecco che sui lavori manuali c’è spazio per gli italiani di frontiera, ma ormai non solo lavori manuali, perché conosco medici, informatici, chimici, grafici…

L’affluenza alle urne è diminuita ulteriormente; la disaffezione è sempre più palpabile. Anche perché, diciamocelo amiche e amici, la gente si è stancata delle balle che ci vengono propinate a ripetizione, sia in politica interna che estera: prendete la guerra in Ucraina, le sanzioni non dovevano portare l’economia russa al collasso? No perché a guardare l’andamento dei prezzi di carburante e gas, i generi alimentari, i valori di borsa e lo spread, nonché il ventilato rialzo dei tassi di interesse, pare che al collasso ci stiamo andando noi, e anche velocemente. Tra l’altro (e se qualcuno mi sa spiegare questa cosa lo ringrazio: come dicevo da altre parti, sono già virologo politologo sismologo e geostratega, non è che posso fare tutto io) perché aumentare i tassi di interesse se fino a ieri ci hanno detto che l’inflazione che si vuole combattere non è dovuta ad un eccesso di liquidità ma ad un difetto di offerta, a fronte della troppa domanda? E quindi a che serve aumentare i tassi di interesse, magicamente avremo petrolio meno caro? E come è possibile avere prezzi più bassi se le sanzioni impediscono alla Russia le esportazioni, e quindi si abbassa ancora l’offerta disponibile? Comunque ieri passando davanti ad un distributore ho visto la benzina a 2,159€ al litro. Però la gente continua a prendere le auto, si vede che il prezzo non è ancora abbastanza alto. In Svizzera, a differenza del nostro governo, hanno deciso di non abbassare le accise sui carburanti. Siamo un paese ricco, dicono, possiamo permettercelo. Io non le toccherei nemmeno in Italia, tanto la gente la macchina la prende lo stesso: bella forza direte, tu lavori da casa, la macchina non la usi, che ti frega se aumenta la benzina? E’ vero senz’altro, ma quello che voglio dire è: se non si convince la gente a lasciare a casa la macchina a questi prezzi, quando si farà? Che ne è del potenziamento del trasporto pubblico e sostenibile?

Ieri un conoscente, un autista di bus in pensione che non vedevo da un po’ di tempo mi ha detto di essere uscito di casa da poco perché dopo aver fatto la seconda vaccinazione di Moderna è rimasto semiparalizzato alle gambe per un mese, riusciva solo a fare dei passettini. Il suo dottore ovviamente gli ha detto che il vaccino non c’entrava niente; mi chiedo su che base, dato che il giorno prima stava bene. Tra l’altro, con fare cospirativo, mi fa: “Ma tu che ne pensi di questa faccenda? Ma non è che poi dovremo ricostruirla noi l’Ucraina, che questi non vogliono nemmeno fare la pace?”. Ho glissato, e che potevo dirgli? Che ormai ho l’impressione che il governo ucraino, sapendo benissimo che il Donbass è perso, punta a fare più danni possibile? Che il grano che manca sono gli ucraini a non volerlo far partire, dopo aver minato i porti (quando avevano sempre detto che erano stati i russi)? Che lo stesso grano è di proprietà per la maggior parte di poche multinazionali, che si sono prese negli anni successivi all’indipendenza gran parte dei terreni fertili dell’Ucraina? Che proprio per questo era stata fatta una moratoria sulla vendita di terreni agli stranieri, moratoria rimossa proprio da Zelesky (con grandi proteste degli agricoltori ucraini, represse e non con fiorellini) su spinta del FMI che l’aveva posta come condizione per concedere prestiti? Che dovevo dire, che dei poveri africani (o dei poveri in genere, compresi i nostri) non gliene frega una beata fava a nessuno, che quello che interessa sono solo i soldi, che gli oligarchi non sono solo quelli russi? Che dovevo dire, che avendo cessato di far politica e zittito la diplomazia ci siamo messi in mano di Erdogan e poi ci lamentiamo se questo vuole le sue contropartite? Insomma, che siamo deficienti e autolesionisti, e permettiamo a personaggi come la Border Linen, Borrell e Michel di darci la linea? A uno come Borrell, che va in giro a dire che la pace verrà decisa sul campo? E sul campo infatti si sta decidendo. Mariupol evidentemente non ha insegnato molto agli ucraini, i russi stanno facendo la stessa cosa che hanno fatto là: se vedete le mappe che pubblica la BBC (i nostri media non ci pensano nemmeno a far vedere le cose come stanno) vedrete che si sta creando una grande sacca, con la tenaglia che si sta stringendo inesorabilmente da nord e da sud: perché insistere nel far massacrare i propri soldati? Per alimentare la narrazione dell’eroismo dei difensori, e la vanità del loro presidente?

Ma adesso basta amiche e amici, pensiamo a cose belle: fa caldo, le spiagge si affollano, è iniziato il conto alla rovescia per le ferie, dagli scatoloni abbiamo estratto magliette, pantaloncini e costumi da bagno: creme solari protezione 5, doposole, siamo pronti! E poi, come diceva quella tale, sarà quel che sarà. A presto!

Benzinaia felice alla fine della giornata lavorativa

Tre stelle per Olena – 33

Palmira, l’anziana cuoca di Villa Rana, sorride e riprende il suo racconto.
«Così cominciammo a frequentarci… quando finivo il lavoro Torello mi aspettava fuori dal paese, stando attento a non farsi vedere; mi accompagnava fino allo stradone di casa, parlavamo del più e del meno, e ci salutavamo dandoci la mano. Non facevamo niente di male, ma quando ci incrociavamo in paese facevamo finta di non conoscerci, per non alimentare le chiacchiere.»
«Perché tanti misteri?» chiede Amaru. «Non potevate semplicemente dire che stavate insieme?»
Palmira scuote la testa, comprendendo le perplessità del maori.
«Eh, magari, non è mica come adesso, erano altri tempi caro mio… innanzitutto io ero una ragazza di campagna, e lui di paese: adesso fa ridere, ma allora c’era una bella differenza. Lui stava studiando, e io ero una contadina. Ma soprattutto avremmo dovuto affrontare i nostri genitori: allora si diventava maggiorenni a 21 anni, ed erano loro ad avere l’ultima parola. Certo, iniziavamo a fantasticare, a fare qualche progetto, avevamo tempo, del resto io avevo solo 16 anni, ma poi successe il fattaccio»
«Il fattaccio?» chiede Amaru, interessato «Che fattaccio?»
L’anziana cuoca sospira, e guarda fuori dalla finestra.
«Una sera stavamo tornando a casa, la signora si era dovuta trattenere più del solito in farmacia, si era fatto tardi e stava facendo scuro, perciò camminavamo a passo veloce. Arrivati all’abbeveratoio, che si trovava più o meno a metà strada, ci accorgemmo di tre persone che stavano arrivando in bicicletta, e ci facemmo da parte per farli passare, ma non avevano intenzione di passare. Erano tre ragazzi di un paese vicino, poco più grandi di Torello; si fermarono e cominciarono a prenderci in giro, a sghignazzare facendo battute pesanti; Torello mi si mise davanti, dicendo di lasciarci in pace, ma quelli per tutta risposta cominciarono a provocarlo e spintonarlo. Lui non reagiva, cercava di calmarli, finché uno non mi si avvicinò e cominciò a mettermi le mani addosso. Allora Torello non ci vide più, gli saltò addosso e cominciò a picchiarlo, ma gli altri due intervennero per dare manforte al loro compare e gli bloccarono le braccia. Io ero rimasta paralizzata, finché Torello mi urlò di scappare, e allora mi misi a correre verso casa. Sentii un grido, e mi girai d’istinto: uno dei tre aveva preso un ramo trovato in terra e l’aveva colpito alla testa. Lo vidi cadere insanguinato e mi misi a correre più forte di prima, ma non ce la feci: mi rincorsero, caddi. Mi tapparono la bocca, mi trascinarono dietro una siepe, e fecero il loro comodo.»
«La violentarono?» chiede Amaru, sconvolto.
«Avevo solo 16 anni, ed ero vergine…» ricorda Palmira, stringendosi il grembo, quasi a proteggersi ancora dall’orrore. «Se ne andarono ridendo, e minacciando che se avessi parlato avrebbero ammazzato Torello e la mia famiglia. Avevo dolore, vergogna, sanguinavo… tornai indietro verso Torello, che si stava riprendendo, e lo aiutai ad alzarsi. Mi guardò, e capì… ci abbracciammo piangendo. Mi lavai all’abbeveratoio, non so come feci ad arrivare a casa. Non dissi niente a nessuno… il giorno dopo tornai in paese, avevo il terrore di rincontrare quei tre. La sera speravo di rivedere Torello, ma non lo trovai ad aspettarmi. Pensai che fosse ancora dolorante, ma quando non lo rividi nemmeno il giorno successivo mi preoccupai… Il giorno dopo il paese era in subbuglio, sentii la signora raccontare ad una sua amica che nel paese vicino, in un fienile, avevano trovato i corpi di tre ragazzi del posto, sgozzati come animali… si pensava a qualche vendetta politica, quei tre erano figli di noti fascisti. Il cuore prese a battermi a mille, corsi in piazza e cercai Nicola, l’amico più stretto di Torello, e gli chiesi se l’avesse visto. Mi guardò con tristezza, come se sapesse qualcosa di quello che mi era successo, e poi mi chiese “Non l’hai saputo? Torello è partito. Ti avrei cercato io tra poco… mi ha detto di darti questo”. E mi diede proprio quel ciondolo, quello che tieni in mano»
Amaru guarda i due pezzi del ciondolo riunito, commosso.
«E’ stato lui a far fuori quei bastardi? Ma dove è andato, si era nascosto, era scappato?»
«Era quello che avrei voluto sapere anch’io, ma Nicola lo ignorava, Torello gli aveva detto che si sarebbe fatto vivo lui. Così rimasi sola, con il mio segreto, ma non potei tenerlo segreto per molto»
«Perché? Chi l’ha scoperto?»
Palmira solleva le spalle, e mette la sua mano destra sopra quella del gigante.
«Ero rimasta incinta, Amaru. Aspettavo tua madre»

E se dicessi che del giubileo della regina me ne frego?

Amiche e amici, guardando i telegiornali di questi giorni ho la strana sensazione di essere diventato un suddito di sua maestà. Per carità, meglio la sua faccia simpatica che quella del suo primo ministro, sono ammirato dalla sua vitalità e le auguro ancora lunga vita (non so se i suoi eredi saranno d’accordo), ma sinceramente la cronaca dei festeggiamenti, del concerto, del corteo reale, della corsa di cavalli, la rievocazione degli anni di regno (secondo me tra l’altro portano un po’ sfiga, sa tanto di coccodrillo anticipato)  mi interessano quanto la visione del processo a Johnny Depp (o alla moglie, non ho ben capito) che i nostri media ci hanno propinato quotidianamente. Se non ricordo male mi pare che siamo una repubblica e guidiamo a destra: perché questo interesse per la regina? Capisco che, dato il panorama dei governanti non proprio esaltante, uno sia portato a dire “dateci la regina pure a noi”, ma insomma di cosette in giro per il mondo più importanti mi pare ce ne siano parecchie.

Domenica prossima qua si voterà per rinnovare l’amministrazione comunale; per quanto mi riguarda si potrebbero prendere delle persone a caso e non farebbero certo peggio di quelle uscenti, invece ancora una volta si assisterà alla ricerca del meno peggio. Mi sto convincendo in realtà che di meno peggio non ce ne siano: il centrodestra in questi cinque anni ha solo litigato buttando tutta la colpa sul sindaco, che sicuramente di suo non ha brillato ma era di certo male accompagnato;  la candidata del centrosinistra, in teoria favorita dati i risultati (non) ottenuti dagli avversari, è appoggiata da cani e porci (tra cui Renzi , Calenda ed i radicali); per prendere le distanze una ex deputata si è presentata con una lista civica, sostenuta tra gli altri da Clemente Mastella (forse il più lucido di tutti, ma non pensavo che ci fossero ancora mastelliani in giro); poi c’è un Masaniello locale che staziona in consiglio comunale da una ventina d’anni ed ogni volta spera sia il suo turno; una lista M5S che si intitola No-Inceneritore, peccato che ce l’abbiamo già e mi porta il riscaldamento: vorranno toglierlo? Ed infine una lista di sinistra dove metà dei candidati appartengono alla stessa famiglia. Ieri ho incontrato un anziano vicino, che non vedevo da un po’, mi ha raccontato che la moglie è caduta dal letto e lui, tentando di rialzarla, si è incrinato tre vertebre e due costole: ma a parte questo è rimasto combattivo, ed abbiamo finito per parlare di politica, dove mi ha detto che non vota più da 30 anni, non ritrovandosi in nessuno dei partiti della cosiddetta seconda repubblica, ed ho ripensato alla canzone di Venditti, Prendilo tu questo frutto amaro:

È una questione politica,
‘na grande presa per culo,
in questa nuova Repubblica
non mi somiglia nessuno.  

Poi ci sarebbero anche i referendum sulla Giustizia. Se chiedessero a qualsiasi italiano: “secondo lei, la Giustizia in Italia funziona”? Risponderebbe senza dubbio di no. Che possa migliorare facendo decidere ai cittadini se è meglio che un pubblico ministero non possa poi passare alla carriera giudicante (ammesso che uno abbia idea della differenza) ne dubito fortemente. Secondo me migliora semplificando le leggi, aumentando il personale, spingendo sull’informatizzazione,  stanziando risorse e soldi, specialmente alla giustizia civile: del resto i Migliori non hanno mica presentato in Parlamento una nuova, ennesima, riforma? E allora perché devono rompere le scatole a noi, insomma, siamo già virologi, sismologi, geostrateghi, possibile che dobbiamo pensare a tutto noi?

L’Ucraina ha perso le qualificazioni ai mondiali di calcio come un’Italietta qualsiasi: se ci fosse stata la giuria popolare sarebbe probabilmente già in finale. Nel frattempo la guerra prosegue senza sosta, si continua ad inviare armi, di negoziazione non se ne parla più. Sul Baltico esercitazioni Nato congiunte con Svezia e Finlandia, speriamo che a nessuno scappi il dito sul pulsante rosso.

E’ finita l’Eredità, e adesso cosa faccio prima di cena? A presto amiche e amici!

Chiedo un consiglio a lei, magari mi illumina