Avviso i lettori che questo pezzo è scritto su commissione, in cambio di dolciumi ed altre prebende. E’ lunghino e con riferimenti che solo alcuni potranno cogliere, perciò se non ve la sentite di leggerlo non ve ne farò una colpa.
Galvanizzate dall’esperienza romana del Giubileo, le gaie coriste del Piccolo Coro mi hanno chiesto di fare il possibile per poter essere presenti alla messa del Papa al parco di Monza, il 25 marzo.
La mission non era impossible, dato che circa un milioncino di persone ha avuto la stessa idea; appena un po’ complicata dal cercare di andarci come corale, ed anche dal fatto che quando ci siamo accorti che avremmo potuto andare come corale i termini di iscrizione erano scaduti.
Ma vuoi la buona grazia con cui ho inoltrato la richiesta vuoi il fatto che, su ottomila coristi previsti, quindici in più o in meno non è che facessero tutta questa gran differenza, la nostra domanda è stata accettata e siamo quindi stati ammessi.
La preparazione è stata una passeggiata di salute: biglietti comitiva con Trenord, cartelline antipioggia per gli spartiti e sgabellino pieghevole per riposare le membra nell’attesa. Quest’ultimo in particolare è stato apprezzatissimo perché con soli 4,99 euro alla Decathlon ci ha consentito di elevarci al di sopra di cori sicuramente più bravi di noi ma non altrettanto scaltri.
Anche Drupi era abbastanza soddisfatto
I canti non erano tali da sollevare l’entusiasmo di queste cantanti rotte ad ogni repertorio e sprezzanti di pericoli e vergogna; del Credo in un unum Deum ho già detto, per il resto era roba abbastanza pallosetta in puro stile ambrosiano. Digiuno di liturgia, mi è sembrato di capire che la differenza più significativa sia il momento in cui ci si scambia un segno di pace, ovvero ci si stringe la mano; momento sempre imbarazzante dove ciascuno cerca di non incrociare lo sguardo di sconosciuti per evitare il contatto fisico.
Il sottoscritto fin dal mattino, sarà stata la meraviglia della bella giornata sbucata a sorpresa dopo una settimana bruttarella, aveva una gran fame e nonostante la colazione abbondante si è visto costretto ad acquistare un panino con la mortadella in uno dei numerosi punti di ristoro situati durante i 4 chilometri e mezzo di distanza tra la stazione ed il parco; le coriste si sono poi, tranne deplorevoli eccezioni che ho annotato, prodigate nel rifocillarmi con paninetti barrette energetiche e persino dei grissinetti al kamut che però mi stavano rimanendo nella strozza.
Gli zaini contengono esclusivamente generi di prima necessità
Nonostante la buona volontà non eravamo preparati al meglio: ugole debilitate e conoscenza dei canti approssimativa. La nostra direttrice Antonella da circa un mese aveva una caviglia dolorante; mi ero premunito di chiedere il permesso agli organizzatori per portarla in carrozzina ma lei stoica non ha voluto. Ha indossato delle scarpe da cantiere con dei bei rinforzi laterali e si è apprestata alla sua personalissima Via Crucis. Ricorderete forse che a Roma era stata la nostra Gemma a soffrire nei piedi, a causa delle scarpe nuove: non contenta ha rimesso le stesse scarpe, o forse da allora non è più riuscita a toglierle. Gemma è di grande utilità perché, quando ci si perde nella folla, basta tendere un attimo l’orecchio e se si sente una risata squillante è lei, insieme alle altre componenti del trio delle meraviglie Gianna (che non per lanciare accuse ma nonostante sia una valente cuoca si è dimenticata di preparare i dolcetti) e Melissa. Ad ogni modo noi schieravamo una infermiera professionale, Maura, ed un volontario della Croce Rossa, Giobatta diversamente cantante, quindi avremmo potuto infortunarci sicuri di essere degnamente assistiti.
La nostra direttrice al ritorno a casa si appresta alla pedicure
La nostra Dina si aspettava di rincontrare il maestro Columbro ma il messinese stavolta a causa di impegni improrogabili non ha potuto partecipare, o quantomeno noi non l’abbiamo visto ma se ci fosse stato l’avremmo senz’altro sentito.
Il clima era quello di una bella scampagnata: plaid, sgabellini, panini e magliette a maniche corte; mancavano purtroppo le salamelle e la birra reputati non consoni all’occasione.
Fedeli in raccoglimento in attesa del Santo Padre
L’organizzazione ha pensato bene, da mezzogiorno all’una e mezza, di intrattenere i fedeli con cantanti veri ovvero presi da Amici di Maria De Filippi o giù di lì; sinceramente non ne conoscevo nemmeno uno ma questo per mia ignoranza, non voglio togliere nulla ai bravi artisti. Giusto, il nostro fornitore di ‘nduja, cercava nel frastuono la giusta concentrazione, senza successo.
Un oblato scozzese impartisce con competenza lezioni di gregoriano ad un ospite del Sol Levante
Lo stile ambrosiano si manifesta anche nella solerzia con cui si intraprendono le attività. Questo è il motivo per cui non appena il Papa ha lasciato il carcere di Opera, dove era stato in visita ai detenuti, il grande coro sul palco ha intonato il “Tu es Petrus” a cui ci siamo accodati; dopo un quarto d’ora si iniziavano a vedere degli sguardi smarriti, in particolare Marianna che orfana di Barillari non sapeva chi andare a importunare, e qualcuno iniziava a pensare che fosse il caso di risparmiare un po’ il fiato per arrivare fino in fondo. I nostri 3 oriundi, Cristina Sconsy e Andri erano venuti a rinforzare il plotone, ingaggiati anche stavolta a parametro zero; Cristina si è distinta per aver cercato di porsi sul tragitto del Papa ma Francesco ha girato il parco in lungo e largo tranne che sotto l’albero sul quale la nostra contralto si era stabilita. Anche uno straniero avevamo: Jolanda che più di tutte si è goduta la giornata ed ha mostrato perizia nel fabbricare cappelli di carta in stile Napoleone.
Foto artistica di fotoreporter diversamente sobrio
Appena arrivato Francesco ci è parso un po’ provato, tanto da farci pensare che qualcuno gli avesse tirato uno scherzo da prete a farlo girare come una trottola fin dall’alba con l’obiettivo di fiaccarlo; se era questo lo scopo non ci sono riusciti.
La messa è stata molto partecipata, e l’omelia del Papa ha richiamato come al solito tutti alle proprie responsabilità, peccato che la tendenza sia di farsi uscire da un orecchio quello che entra dall’altro, e i buoni propositi rimangono in prevalenza lettera morta.
Utilizzo alternativo della sciarpetta
Finita la messa ci siamo incamminati verso la stazione per riprendere il nostro trenino; dopo due ore di attesa che hanno generato diverse intemperanze tra i fedeli che evidentemente avevano già perso lo spirito fraterno, alcuni dei quali sono stati ripresi dalla nostra Gemma ed invitati a riacquistare quel minimo di serenità necessaria (“e che caspita!”) è stata finalmente la nostra volta di salire, e la nostra Lorella è riuscita a farsi redarguire da una ragazzina che avrebbe potuto essere la nipote per il volume della voce. Il nostro pincher argomentava giustamente che il concetto di “alta voce” è relativo in mancanza di rilievi scientifici. Per fortuna siamo arrivati e la dimostrazione è stata rimandata.
Cartello strappato a dei profughi polacchi ai tempi della caduta del muro
Una bella giornata, che ci ha sollevato per un po’ dalle miserie umane che ci circondano; non c’è solo del marcio, in Danimarca¹, a saperlo cercare.
(131 – continua)
¹ credo sappiate tutti che Monza non è in Danimarca, nel caso vi stiate chiedendo che c’entri adesso l’Amleto.