Galbani vuol dire fiducia

L’ultima asta dei Btp, Buoni del Tesoro Pluriennali, sembra non sia andata molto bene, nel senso che ci sono stati molto meno acquirenti di quanti ci si aspettasse.
Questo non è molto tranquillizzante perché, nel momento in cui un governo dichiara di voler adottare delle misure a debito, ovvero facendosi prestare dei soldi, se non si trova chi questi soldi li presta le cose sono due:

  • le cose che si vogliono fare non si fanno, e allora viene meno la ragione di essere del governo;
  • i soldi si vanno a prendere da altre parti.

Il governo attuale, di composizione eterogenea, ha ritenuto che le politiche seguite negli ultimi anni, sostanzialmente di austerity, di compressione dei salari e della spesa sociale, non hanno generato la riduzione del debito pubblico per le quali sono state adottate; non hanno intaccato se non marginalmente la disoccupazione, per lo più aumentando la precarietà, ed hanno aumentato il numero di cittadini in stato di povertà assoluta e relativa.
Un fallimento sociale, insomma, che ha però in compenso reso ancora più ricco chi già lo era: ma questa non è una prerogativa del nostro paese, ma di tutto il mondo assoggettato alla dittatura della globalizzazione.
Su questo concordavano sostanzialmente i due partiti-movimenti al governo, M5S e Lega, avendo invece su molti altri punti distanze anche considerevoli, che hanno ritenuto di circoscrivere stipulando il famoso “contratto di governo”, ovvero i punti sui quali ci può essere un’azione di governo comune.

Che l’Unione Europea non sia più sentita come casa comune è questione di anni, anzi dall’entrata in vigore dell’Euro è stato un lento ma inesorabile declino politico (ed è persino patetico vedere quelli che allora strillavano contro l’Euro _ Forza Italia in testa _ ergersi ora a difensori ad oltranza: l’Europa l’hanno picconata loro quando andava sorretta…), che andava a braccetto con il declino dei grandi protagonisti dell’epoca. L’impianto ha risentito del “libera tutti” seguito alla caduta del muro: neo-liberismo, annacquamento se non mutazione genetica dei partiti socialisti-socialdemocratici, allargamento improvvido ad Est in funzione di appoggio all’espansionismo Nato.
Di conseguenza si è perso di vista il nostro orizzonte naturale, di popoli affratellati e se vogliamo “costretti” a stare insieme per competere con realtà molto più grandi, e allo stesso tempo ci si è resi ostaggio dei rigidi parametri monetari resi ancora più rigidi, stupidamente, dopo la grande crisi mondiale (scaturita dal crollo dei mutui sub-prime americani, ovvero la finanza americana) e custoditi da rappresentanti di dubbia legittimità: Juncker (Lussemburghese, e ho detto tutto), Dombrovskis (l’ex primo ministro lettone! Lettonia dico, che tutta insieme ha meno abitanti di Roma, e il partito di cui fa parte _“Unità”_ nel parlamento del suo paese ha 8 seggi su 100, per dire come gli vogliono bene anche a casa sua), Moscovici (si dichiara socialista, infatti il partito socialista alle ultime presidenziali ha preso il 6,4% grazie al suo prezioso apporto).
Il trattamento vergognoso inflitto alla Grecia (“a volte gli shock sono salutari”, disse il nostro salvatore della patria Mario Monti. Avrebbe anche potuto essere il nostro presidente della Repubblica post-Napolitano se non si fosse fatto prendere la mano e avesse voluto presentarsi alle elezioni con un suo partito) non ha certo aumentato le simpatie verso l’istituzione europea.

Ora, si dice che i risparmiatori non abbiano sottoscritto i Btp perché non hanno fiducia nell’Italia. Tradotto, vuol dire che non hanno fiducia nelle politiche dell’attuale governo e che temono che il prestito possa non venire onorato.

Lasciamo stare per carità di patria gli investitori istituzionali (fondi, assicurazioni, banche..). Qualcuno deve spiegare come mai si affannavano a comprare Bot con tassi negativi (non investivano, ma pagavano cash!) ed ora rifiutano tassi al 3,2% che rimpinguerebbero i portafogli dei propri clienti. Il motivo è semplice, almeno per le banche è chiarissimo: con tutti i soldi che i governi precedenti gli hanno regalato avevano l’obbligo di comprare titoli di stato a tassi negativi o bassissimi per far calare il debito. Che non è calato però, ed è ovvio: i soldi risparmiati sui tassi di interesse se li sono presi loro per coprire i buchi che avevano fatto regalando soldi agli amici degli amici…

Sui piccoli risparmiatori, la cosiddetta clientela retail, bisognerebbe capire invece:

  1. non hanno avuto fiducia o sono così ghiotti che aspettano tassi ancora più alti?
  2. ma questi soldi da investire in Btp la gente ce li ha davvero?
  3. e la domanda delle domande: e a quelli che non hanno i soldi per comprarsi i Btp chi ci pensa?

Vedremo.

La Galbani comunque (ve la ricordate la pubblicità? “la fiducia è una cosa seria, che si da alle cose serie”) da tempo non è più italiana, come le storiche Invernizzi, Locatelli e come decine di altre aziende dell’agroalimentare. Se le sono comprate i francesi della Lactalis. Per non parlare dell’ultima ad andare, la Pernigotti, che se la sono comprata i turchi.

Ma allora c’era molta più fiducia.

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Per non parlare della flatulenza!

Tempo fa parlai della simpatica coppia che tutte le sere all’ora di cena esterna i suoi problemi intestinali, decantando le proprietà miracolose di un farmaco contro la sindrome da colon irritabile che coglie sfortunatamente entrambi i coniugi, e “per non parlare delle flatulenze!”, come si premura di informarci la gentile signora.
Per carità, meglio loro che la poverina con i denti sanguinanti, oppure la quindicenne affetta da prurito vaginale, affettuosamente consigliata sulla soluzione dalla esperta mamma.
E del resto, come dice l’orco Shreck, “Meglio fuori che dentro!”, noi cresciuti alle gesta della buonanima di Bombolo¹ non ci scandalizziamo di certo, e sicuramente i bambini saranno d’accordo.

Purtroppo ho una brutta abitudine, che è quella di guardare il telegiornale la sera. Chi te lo fa fare, direte, e non avete torto, ma purtroppo è uno di quei vizi di cui uno fa fatica a liberarsi, come il fumo: per un periodo cerco di resistere ma poi ci ricasco sempre. I primi venti minuti di telegiornale, immancabilmente, passano vedendo sempre le stesse facce, magari cambiando leggermente l’ordine: Di Maio, Salvini, il nuovo trio Lescano Bernini-Gelmini-Carfagna (a proposito: nota di merito per Mara Carfagna, quando ce vò ce vò parafrasando il più giovane dei vicepremier, che superando gli schieramenti di partito si è pronunciata contro il Ddl dell’ajatollah Pillon _ nomen homen _ sulla presunta “riforma” della disciplina delle separazioni matrimoniali e degli affidi dei figli. Mara, facce sognà), la Meloni, Martina (tallonato da Renzi). Solo Leu e i Verdi restano un po’ in ombra, sarà che non esistono?
Ognuno di questi personaggi esterna senza che venga mai in mente ad un giornalista di fare una domanda che sia una: si limitano a reggere il microfono ed annuire con gravità come se avessero di fronte dei premi Nobel o l’oracolo di Delfi. In pratica fanno l’asta di microfono, mestiere comunque remunerato abbastanza bene che se fossi stato più furbo avrei potuto intraprendere anch’io, se solo mi fossi deciso a prendere la tessera di partito giusta.
Tra l’altro Martina, povera stella (non mi si dica che insisto sempre su quelli, ma che ci posso fare, me le tirano fuori dalla penna come se fossero ceffoni), ha criticato il ministro 5S che ha dichiarato di voler fare finalmente una legge sul conflitto di interessi (loro ce l’hanno già pronta, ha detto con sprezzo del ridicolo: bè, che aspettavate a tirarla fuori, che morisse Berlusconi?) e invece Renzi ha detto che bisogna andare oltre il PD e recuperare il contatto con i movimenti. Lodevole, se non fosse che il PD l’ha ammazzato lui ed i movimenti li ha fatti scappare tutti in questi anni: comunque auguri, continuiamo a farci del male come diceva Nanni Moretti.

Essendo venuti a noia ai pubblicitari i lati B femminili, hanno deciso finalmente di sdoganare il sedere maschile. La cosa devo dire che ha generato un consenso unanime in tutte le donne che conosco, indipendentemente dall’età. Anche la domanda sbarazzina: “Succhino?” detta in modo da confondersi con zucchino è una genialata dei creativi, a cui faccio tanto di cappello.

A proposito di flatulenze, sembra che i vegani ne siano maggiormente affetti, a causa della dieta di erba che come si sa fermenta e quindi può causare gas fastidiosi. Leggevo di una stalla in Usa esplosa a causa dei gas di scarico delle mucche, che ovviamente non mangiano bistecche.

Tornando al telegiornale, sembra che voglia tirare la volata a chi ne sostiene l’inutilità: infatti tolti i primi venti minuti di cui ho già parlato, e degli ultimi cinque dove si parla di sport spettacoli e gossip, nei restanti cinque minuti a parte la rubrica della Santa Sede o di Confindustria (a proposito, il direttore ha criticato il reddito di cittadinanza perché a suo avviso 780€ sono troppi quando al Sud lo stipendio medio è di 830€. E non ti vergogni? ci sarebbe stato da chiedergli. Ma non mi pare di aver sentito la domanda) ci viene raccontato ogni starnuto di Trump, ignorando di solito gli altri sette miliardi di coinquilini di questo pianeta, a meno che non siano vittima di qualche catastrofe epocale e solo se c’è di mezzo qualche occidentale. A proposito, in Congo è in corso una devastante epidemia di Ebola, ma chi se ne frega. Idem del presidente del Brasile che è a favore del disboscamento dell’Amazzonia per permettere ai latifondisti di coltivare la soia, ma chi se ne frega, l’importante è che ci ridia indietro Battisti. O del campo di concentramento di Gaza, che a parlarne ci si becca degli antisemiti, o di quello che si sono detti al vertice di Palermo sulla Libia, dove gli stessi che sono andati a distruggerla ora premurosamente si prodigano per “ricomporre i dissidi”, compresi i francesi che hanno fatto fuori Gheddafi perché tra le altre cose voleva superare il loro franco coloniale, il franco CFA: ma si, chi se ne frega!

Ed è meglio fregarsene, perché altrimenti ci si fa il sangue cattivo, si digerisce male e pure l’intestino ne risente e si irrita. Per non parlare poi della flatulenza!

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¹ Chi l’avrebbe mai immaginato che alcuni dei film con Bombolo sarebbero diventati dei cult, o che ci sarebbe stato da rimpiangere la prima repubblica. Anzi, mi sa che proprio quelli che hanno fatto diventare cult i film di Bombolo rimpiangono più di tutti la prima repubblica. A me i film di Bombolo facevano cagare, ed anche la prima repubblica: ma sulla prima repubblica è da un bel pezzo che non sono più tanto sicuro.

Beato te che non capisci un cavolo

Chi l’avrebbe detto appena qualche anno fa che in poco tempo avremmo avuto gli strumenti per collegarci in tempo reale con vecchi compagni di asilo, commilitoni di cui avevamo perso le tracce, compaesani sparsi per il mondo e parenti desaparecidos?

Ricordo che un giorno il mio vecchio capo, di fronte all’esplosione dell’Internet, mi chiese che ne pensassi e che cosa ci avremmo potuto fare. Con la mia consueta sagacia risposi come nella réclame del Chinamartini: “Düra minga, düra no”. Con questo si capisce perché io sono io e Zuckerberg è Zuckerberg.

Gente di cui non abbiamo sentito la mancanza per decenni, cordialmente ricambiati, ricompare nella nostra vita grazie alla potenza del social network, reclamando per ciascuno un pezzo della nostra esistenza: ti ricordi la maestra tale?  ti ricordi il professor talaltro? ed il capitano tizio? e il collega sempronio?
Gente di cui avevamo perso le tracce, che magari già all’epoca non sopportavamo, riemerge dall’angoletto polveroso in cui era stata relegata per chiederci l’amicizia. Tutti si aspettano che tu sia rimasto uguale a quello che loro ricordano tu fosti; cosa impossibile, perché anche ammettendo che  lo avessero capito veramente bisogna vedere se lo ricordano correttamente, e cosa ricorderebbero poi? Quello che apparivi o volevi apparire, la tua immagine in un’epoca in cui forse nemmeno tu lo sapevi, chi eri.

Io ad esempio ho attraversato tutte le superiori fregandomene dei compagni di classe. Esclusi due o tre, gli altri mi stavano tutti o antipatici e nemmeno cordialmente, o francamente sulle scatole. Cosa pensassero di me non mi tangeva; non vedevo l’ora di prendere il mio trenino e di tornarmene a casa alla mia vita vera. Erano alieni, come io lo ero per loro: contenti reciprocamente. Che amicizia volete chiedermi, che quando era l’ora di essere amici veramente ci siamo schifati?

Così si ha a che fare con degli sconosciuti; con persone con le quali si è condiviso un tratto di strada ma delle quali si ignora tutto.
Si cerca così di capire come la pensano dai post, dai commenti, ma l’esercizio diventa impegnativo perché anche dall’altra parte scatta lo stesso meccanismo; per non sbagliare ci sono degli argomenti che è meglio evitare in assoluto, me ne sono fatto un elenchino come promemoria al quale cercherò di attenermi il più possibile.

Argomenti di cui assolutamente non parlare per non perdere le amicizie:

  • Politica
  • Grigliate di carne
  • Omosessuali
  • Ruberie della Juventus
  • Immigrati
  • Gnocca (con le donne)
  • Religione
  • Libri (per non apparire troppo intellettuali)
  • Teatro (vedi Libri)

Argomenti di cui si può parlare senza paura di perdere amicizie:

  • Gatti
  • Cani
  • Vacanze preferibilmente al mare
  • Gnocca (con gli uomini)
  • Cibo (limitandosi agli antipasti, primi e dolci; secondi a base di carne e pesce da evitare)
  • Vittorie dell’Inter (non molto spesso)
  • Malattie esantematiche dei bambini
  • La Casta
  • Musica, fingendo competenza
  • Allarme caldo / Allarme freddo a seconda della stagione

Seguendo questo semplice vademecum si avrà la certezza di apparire un perfetto coglione, come del resto tutti ricordano si fu stati: ma le amicizie saranno salve.

(110 – continua)

p.s.:
mi sono cimentato con forme verbali di cui non sono sicuro al 100%. Spero di averne sbagliate almeno la metà, anche questo aiuterebbe nella considerazione e stima generale.

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Ridateci il carciofo

Non so se sia ancora attuale, ma una volta c’era una norma di buona educazione che vietava, quando si era a tavola, di parlare di argomenti che potessero creare disgusto, e che impedissero di apprezzare pienamente quello che c’era nel piatto.

Ad esempio, non sarebbe stato reputato elegante mettersi a parlare di emorroidi; la dentiera del nonno non sarebbe stata all’ordine del giorno ne i sanguinamenti gengivali, per quanto il rimedio potesse essere approvato dall’onnisciente associazione dei medici dentisti; la secchezza vaginale che per i minori rimane comunque misteriosa sarebbe stato un argomento da tenere riservato, così come la fastidiosa incontinenza urinaria (di due tipi: quella femminile che impedisce di frequentare gli ascensori; quella maschile invece causata dalla dispettosa ghiandola prostatica che induce ad alzarsi ad ogni ora della notte con scuse inverosimili).

La pubblicità di una volta, per quanto ricordi, si limitava a reclamizzare prodotti di largo consumo, elettrodomestici, detersivi, automobili: per quanto riguarda medicinali o para-medicinali proponeva articoli pertinenti come l’Alka Seltzer per digerire o la dolce Euchessina e il Confetto Falqui contro costipazioni passeggere; mettiamoci anche la Citrosodina e la gamma dei rimedi fai da te era completa.

Apprendo che l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria compie 50 anni: Auguri e figli maschi. Lo slogan scelto per festeggiare l’evento è: La buona pubblicità vola più in alto. Più in alto d’accordo, ma di cosa? Va bene che in fondo si tratta di convincerci a comprare cose che per lo più non servono, ma è proprio necessario essere tediati all’ora di cena da assorbenti esterni e interni, con o senza ali, ragadi anali e piorrea? Per quanto possiamo essere partecipi del disagio della poverina che si lagna di soffrire di un fastidioso prurito intimo, è possibile convincerla a rendercene edotti dopo cena, e magari nel frattempo grattarselo, il disagio?

Il bello è che a volte vengono scelti dei testimonial improbabili. Cioè, se Ernesto Calindri intento a sorbire il suo Cynar in un crocevia di Milano era credibile, così come Franco Cerri in ammollo col Biopresto a 40 gradi, una trentenne con perdite urinarie non suscita empatia, la reazione è solo quella di “ma caspita, fatti curare!”  così come spacciare il lato B di una ventenne per un fondoschiena di una ultracinquantenne restaurato dagli inestetismi della cellulite (che tuttavia tenderei a non disprezzare) spinge a domandarsi se gli autori abbiano mai effettivamente constatato la differenza. E’ fraudolento, diciamocelo. E’ come se mettessero una mia foto di oggi e di trent’anni fa, e facessero credere che con l’uso assiduo di un certo balsamo i capelli siano tornati folti, neri e lunghi.

Ultimamente poi arrivano delle strane proposte anche dall’Internet. La mia mail personale è bersaglio  quotidiano di andrologi, sessuologi e sessuologhe che promettono di restituire, a modico prezzo, la capacità di rendere felice il proprio partner fino a 3 volte consecutive. Di più penso che la tariffa sia maggiorata. A parte, voglio dire, che il concetto di felicità è relativo, ci vuole anche un po’ di cautela prima di rendere il proprio partner eccessivamente felice, e tutto d’un botto poi; che adesso fa anche caldo e non è detto che un bel libro non sia preferibile ad una somministrazione coatta di felicità.

Inviterei l’Istituto di Autodisciplina a controllare che gli spot siano in tema. Siamo a cena? Proponete caffè, amari e tisane, sono ben accetti anche suggerimenti per i pasti dei giorni successivi: ma sui gonfiori intestinali di Alessia Marcuzzi bisognerebbe, davvero, volare più in alto.

(102. continua)

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