Mai più ferie!

Amiche e amici,

come spesso mi capita quando sono in ferie mi sono ammalato. Ho visto bene di prendermi l’influenza: tosse, mal di gola e febbre che la sera sale verso i 38. La tachipirina mi fa fare delle sudate epiche che mi costringono ad abbandonare il letto coniugale per impraticabilità di campo. I progetti per la settimana e per Capodanno sono saltati: volevo andare a Milano a vedere la mostra “La carità e la bellezza” a Palazzo Marino, la sede del Comune, dove come tutti gli anni in questo periodo vengono esposte delle opere stupende (quest’anno Botticelli, il Beato Angelico, Filippo Lippi…), poi magari fare un salto al Mudec a visitare la mostra sui popoli di Machu Picchu e lì vicino visitare i depositi della Scala, dove lavora il figlio di una nostra amica (con contratto temporaneo) come aiuto scenografo, e infine andare a mangiare in un ristorante etiope che mi aveva consigliato mio figlio, giusto per documentarmi per le avventure di Olena che sto scrivendo: peccato, dovrò rimandare.

Per Capodanno a dire la verità non mi dispiace molto perché si stava materializzando, a causa di alcuni amici sciagurati e masochisti, la possibilità di passare la giornata camminando da qualche parte, prenotare presto in qualche pizzeria e poi per mezzanotte ognuno a casa sua: un vero squallore secondo me, il mio programma era molto più tradizionale: alle 18 canto del Te Deum, poi a casa e cenone; giochi vari in attesa della mezzanotte; approntamento della tavola (di nuovo) per il panettone; conto alla rovescia, stappatura della bottiglia di spumante e brindisi. Gli anni passati, spegnendo le luci, si poteva godere dei botti e fuochi artificiali che venivano lanciati dalle varie case (rito di giubilo e scongiuro al quale partecipavamo anche noi quando c’erano bambini piccoli, piazzando delle batterie di razzetti sulla ringhiera, legati con lo scotch, puntati contro i condomini vicini. Che spasso! Poi però i prezzi dei fuochi di artificio sono andati alle stelle, il nostro cane aveva cominciato a odiarci _ poverino, si rifugiava sotto al letto e cercava di scavare per andare al piano di sotto _, i bambini sono cresciuti e addio fuochi artificiali. Inoltre la pratica sembra essere sempre più stigmatizzata, quasi criminalizzata, e ormai non se ne vedono più molti).

Il fatto che spesso mi ammali quando sono in ferie sarebbe un caso di studio. Mia moglie lo interpreta come segno inequivocabile della mia natura di guastafeste, ma secondo me deve esserci un motivo oggettivo: siccome lavoro a giornata e quando non lavoro non mi pagano, nelle giornate di contratto difficilmente mi ammalo: ma appena mi rilasso, come scende l’adrenalina e soprattutto ho emesso fattura ecco che i virus e i batteri sono pronti a banchettare sul mio corpo. Comunque il 2 gennaio ricomincerò, per allora sarò sicuramente guarito, con le buone o con le cattive.

E’ tempo di consuntivi e di chiedersi com’è andata, se siamo soddisfatti di noi stessi. Io posso dire che, per lo meno per questo blog, sono contento di essere riuscito ad essere abbastanza presente, con articoli, racconti e soprattutto di essere riuscito a mantenere i contatti con gli amici più affezionati: ormai siamo quasi una famigliola, che tra l’altro ogni anno perde qualche pezzo. Si fa fatica, sicuramente, e ci sono anche altri strumenti espressivi più di moda. Chi resiste a scrivere e a leggere più di qualche riga ormai è un dinosauro…

L’anno è stato difficile, ma ormai ogni anno sembra peggio di quello precedente: non bastava il Covid, a febbraio è iniziata la guerra in Ucraina; tra l’altro il Covid che avevamo dato ormai per morto (ah, ah) e per il quale i nostri politici e media avevano spernacchiato il governo cinese che si ostinava a praticare il lockdown dove si manifestavano focolai, ora che i cinesi hanno allargato le maglie sembra che stia riprendendo alla grande: allora erano proprio così coglioni a tenere chiuso? Ma noi difettiamo di autocritica, oltre che di buon senso, in tutte le cose. Abbiamo salutato il governo dei migliori (senza rimpianti, almeno da parte mia) ed ora abbiamo il governo dei peggiori (ne riparleremo, ma un governo con ministri così poco competenti e autorevoli io non ricordo ci sia mai stato. Probabilmente la Meloni non voleva qualcuno che potesse farle ombra); la crisi incombe: l’inflazione sta erodendo i risparmi, gli stipendi sono al palo, la borsa da inizio anno ha perso il 30% (nel mio piccolo ho qualche Enel comprata ai tempi delle privatizzazioni: non si capisce perché l’Enel debba perdere con quello che è salito il costo dell’energia, e gli extra guadagni che hanno fatto le imprese energetiche, eppure è così), anche il fondo pensione per la prima volta da quando l’ho aperto, dieci anni fa, perde invece di guadagnare. E, se tanto mi da tanto (prosecuzione della guerra, ulteriori rialzi delle materie prime ed energetiche,  tensioni in Kosovo) l’anno nuovo andrà peggio.

Perciò, amiche e amici, per far fronte a tutte queste minacce non mi rimane che fare una cosa: non andare mai più in ferie!

Buon Anno!

Olena regina d’Abissinia – 6

Seduti ad un tavolo del bar Chicco d’Oro in Piazza della Riforma, nel centro di Lugano a pochi passi dal lungolago, Gilda ancora sconcertata sorseggia una tisana al salopardo dall’inconfondibile colore dorato che ben si abbina con gli orecchini creoli che le adornano i graziosi lobi.
«James caro, temo di non capirci più niente. Mio nonno ha avuto un figlio da un’abissina, ma ti pare possibile? E questa storia dei matrimoni temporanei è veramente assurda, pensavo che roba del genere si facesse solo a Las Vegas!»
«Purtroppo signora» risponde il maggiordomo distogliendo a fatica lo sguardo dai monili pendenti della padrona «la pratica era abbastanza comune, anche il giornalista Indro Montanelli ammise di averci fatto ricorso da giovane ufficiale. Sembra che fosse anzi considerata una pratica di igiene, piuttosto che frequentare prostitute con il pericolo di contrarre malattie veneree. Ad un certo punto però, con l’introduzione delle leggi razziali, i matrimoni misti furono formalmente vietati anche se continuarono per un certo periodo. Non c’è da meravigliarsi quindi se anche suo nonno si sia adeguato alla prassi del tempo»
«Mio nonno, diciamocelo pure James, era un vero figlio del suo tempo, per non dire di qualcos’altro. Pensa che la povera nonna, che era poi la sua seconda moglie, mi raccontava che quello sconsiderato partì volontario per l’Africa lasciando la prima moglie incinta e con tre bambini piccoli; quando si ripresentò, a guerra finita, la moglie era morta di parto e i bambini sparpagliati tra zii e parenti. Così non sapendo che pesci pigliare cercò una donna che facesse da madre ai suoi figli e trovò mia nonna, che aveva 35 anni ed era considerata ormai una zitella. Ma mia nonna non si limitò a quel ruolo, sia chiaro, lei fu una moglie vera ed oltre a crescere i figli del marito ebbe da lui un altro figlio: mio padre»
«Mi scusi se mi permetto, signora» chiede educatamente il maggiordomo «ma se suo nonno ha avuto altri figli come mai lei è rimasta l’unica erede?»
«Purtroppo morirono tutti nell’epidemia di asiatica del ’57, una vera tragedia, finirono anche sul giornale. In effetti io non li ho mai conosciuti. Mia nonna e mio padre invece si salvarono, una bella fortuna!» conclude la Calva Tettuta, e riprende:
«Comunque adesso abbiamo un bel problema, non è vero James? L’atto parla chiaro»
«Effettivamente signora le clausole sembrano abbastanza stringenti» ammette il maggiordomo, leggendo la copia del testamento.

“Io sottoscritto Tafari Maconnèn, negus neghesti con il nome di Hailé Selassié, imperatore d’Etiopia, nel pieno possesso delle mie facoltà, proprietario presso la Bank of London del deposito fiduciario numero HS-8991 e della cassetta di sicurezza numero HS-C2812, lascio questi averi agli eredi viventi di mia nipote Mariam Maconnèn ed agli eredi viventi dell’italiano da cui ha avuto un figlio, in modo che le ferite causate possano rimarginarsi e le famiglie possano riunirsi. Il testamento sarà effettivo solo quando gli eredi, alla presenza di testimoni, si incontreranno e renderanno omaggio alla tomba di mia nipote nel cimitero di Addis Abeba. In fede, eccetera eccetera…”

«Fin qui tutto bene, vero James? Peccato che il notaio abbia detto che quel lontano cugino sia sparito. E dove andiamo a trovarlo adesso? Non ho nemmeno l’abbigliamento adatto per la savana. Per curiosità mi piacerebbe conoscerlo, magari si scopre tutta una tribù di Quacquarini. Ma alla fine, non per essere venali, di quanto stiamo parlando? Non vorrei che sia più la spesa che l’impresa.» ragiona la pratica imprenditrice.
«Il notaio parlava di un valore aggiornato assai cospicuo, signora. Si tratta di circa 88 miliardi di sterline, o 100 miliardi di euro»
«Fréchete!» esclama Gilda rispolverando il vernacolo serrapetronese. «Hai voglia a impastare ravioli per arrivare a cento miliardi! A questo punto direi di affidarci ad un’entità superiore, sei d’accordo caro?»
«Credo che la decisione sia quasi obbligata, signora» concorda James.
«Bene, allora» conferma la Calva Tettuta, levando il suo richiamo verso una bionda statuaria avvolta da una lunga pelliccia turchese seduta qualche tavolino indietro.
«Natascia? Sei mai stata in Etiopia?»

Settimana di passione!

Amiche e amici, mi scuso per essere stato poco presente negli ultimi tempi ma gli impegni di lavoro e mondani mi reclamano. E sinceramente, diciamocelo, anche una certa apatia, una svogliatezza, mi sento abulico anche se non inappetente. Sarà il Natale che si sta avvicinando? Saranno le notizie del parlamento europeo, dove c’è da chiedersi se dietro ogni decisione che prende quella gente ci sia qualcuno pronto ad allungare mazzette? Come si fa ad avere fiducia? Mettiamo che domani decidano, un esempio a caso, di mettere un tetto al prezzo del gas. Qualcuno sarà favorito, qualcuno sfavorito: chi ci dice che non siano quelli favoriti a pagare perché si prenda questa iniziativa? Si tratta di un esempio, sia chiaro.

Tornando comunque agli impegni, elenco solo quelli di questa ultima settimana: sabato e domenica scorsa gita a Norimberga e Augusta per i mercatini di Natale (solo questo meriterebbe un post: i mercatini di Natale li aborro, però questi mi sono piaciuti, l’animo umano è un mistero insondabile. Forse i wurstel caldi e l’abbondante vin brulè hanno contribuito ad ammorbidirmi).

Lunedì ore 18:30 assemblea di condominio. Di questi tempi è stato un grande atto di coraggio da parte dell’amministratore ad indire l’assemblea nella settimana di Natale, è un attimo beccarsi qualche pistolettata. Consuntivo stratosferico, i soli costi di riscaldamento rispetto all’anno scorso sono saliti del 66,6%, e l’aumento è iniziato ben prima della guerra: dove stavano tutti questi geni, tutti questi migliori? Abbiamo tentato in ritardo di usufruire del 110% per gli interventi di adeguamento energetico ma non ce l’abbiamo fatta, ora non si trovano nemmeno le  imprese che facciano i lavori; anche sfruttare il 90% sarebbe buono ma non se ne farà niente, come era prevedibile data la crisi latente le morosità sono aumentate e a qualcuno si sono dovuti fare gli atti giudiziari. Perché è vero che l’abitazione è un diritto ma non la casa di proprietà: e dunque chi non se la può permettere deve venderla o metterla in affitto. Sembra cinico, ma non ci trovo niente di strano: i miei sono sempre vissuti in affitto in casa popolare e non si sono mai lamentati. Anzi, a ben vedere non è giusto che chi la casa non ce l’ha debba pagare con le sue tasse i lavori di chi invece la casa ce l’ha.

Finita l’assemblea, che ho lasciato intimando all’amministratore di non azzardarsi mai più a indirla in queste date, via di corsa da amici per scambiarsi gli auguri (era stato concordato niente regali ma qualcuno ha rotto la consegna: sono cose da non fare, gli altri ci rimangono male. Ma è sempre così…) e mangiare i dolcetti pugliesi che la sorella di una amica fa in quantità industriali: croccanti alle mandorle, chiacchiere al mosto, sfrappe con il miele, pasticcini di marzapane. Vino e grappino…

Ieri sera con i ballerini di terza età concerto a ballo (chissà perché la chiamano così e non festa da ballo). Ci si ritrova, ognuno porta qualcosa da mangiare e bere, ed un duo folk (Folkmascin si chiamano, molto bravi) ci rallegra con canti popolari dal mondo. Mi piacciono specialmente gli israeliani, e dopo qualche bicchiere ballo anch’io, sapete com’è, bisogna sciogliere il ghiaccio perché le articolazioni si sciolgano.

Stasera cena con pochi e selezionati ex colleghi. Sono tutti più giovani di me, sono stato il loro capo per qualche tempo e siamo rimasti legati, infatti anche se sono anni che non lavoriamo più insieme un paio di volte l’anno continuiamo ad incontrarci; messi insieme costituiamo un bell’esempio della deriva del lavoro, infatti tutti abbiamo prestato la nostra opera per anni come esterni per gli stessi clienti, che si sono ben guardati dall’assumerci:  perciò continuiamo a vedere colleghi dipendenti che vanno in pensione con scivoli anche di cinque anni e noi invece dovremo star lì fino alla vecchiaia per tirar poi su una pensione che sarà un terzo della loro. Ma come si dice, basta la salute.

Domani altra cena con altri amici per scambiarsi auguri e regali. Veramente per la maggior parte sono quelli con cui siamo andati ai mercatini, quindi si poteva evitare, tanto più che il mio regalo l’avevo fatto, ovvero ho regalato a ciascuno un ciauscolo (che è aumentato di prezzo almeno del 30%, il prossimo anno dovrò regalarne solo mezzo). Però la compagnia è piacevole, ed anche se mi regaleranno una cravatta che non metterò mai la accetterò volentieri. Il prosecco di solito lo porto io, non mi fido dei loro gusti, badano più alla quantità che alla qualità.

Venerdì prove del coro. Abbastanza inutili, al 90% i canti saranno quelli tradizionali che si fanno tutti gli anni (e che l’assemblea gradisce di più: mia moglie per esempio ogni volta che sente Tu scendi dalle stelle piange). Comunque la direttrice ci tiene e dato che ha avuto un anno particolarmente difficile (vi ho raccontato che ha perso una figlia di melanoma) la facciamo contenta. Ovviamente dolcetti preparati da una corista particolarmente abile e spumante.

Sabato sera messa di Natale. Da noi non si fa a mezzanotte ma alla dieci; la tradizione non è pienamente rispettata ma almeno saremo a letto ad un’ora decente. Dopo la messa vin brulè e panettone.

Domenica altra messa. Di solito io non ho più voce, sto lì a far numero e per salutare quelli che non si sono visti la sera prima. Poi pranzo natalizio dalla suocera con cognati e nipoti della parte di mia moglie, dato che i miei sono abbastanza lontani. Ormai i ragazzi sono grandi, ed ogni anno la compagnia si assottiglia, anche se pure quest’anno ci troveremo in tredici.

E, se Dio vuole, la settimana sarà finita…  quindi amici non preoccupatevi se non mi sentirete, sto bene e così spero di voi…

A presto e se non ci sentiamo prima… buon Natale!

La maledizione di Boris Godunov

Amiche e amici,

quasi si trattasse di un Montezuma o peggio un Tutankhamon, Boris Godunov ha colpito. La sera della prima alla Scala, tra signore ingioiellate e uomini in abito da sera, nel palco reale si è insinuato il morbo e così il giorno dopo ci siamo ritrovati con lo Stato decapitato: il primo ministro a letto con l’influenza, e il presidente della repubblica a letto con il Covid. Per quest’ultimo i giornalisti rassicurano dicendo che ha qualche linea di febbre ma è asintomatico: non sono molto ferrato in medicina, ma la febbre non è di per sé stessa un sintomo? Ma sorvoliamo.

Quel palco reale in effetti era parecchio affollato: c’erano anche il sindaco di Milano, la presidente della commissione europea, e perfino il presidente del senato, Ignazio La Russa, ognuno con accompagnatori o accompagnatrici. Quest’ultimo nei giorni successivi ha propugnato il ripristino della leva militare, sia pure ridotta e volontaria. Una leva volontaria non mi pare proprio una leva, fa il paio con la febbre asintomatica. Ricordo una trasmissione di Santoro del 2010, sembra un secolo fa, dove Di Pietro, continuamente interrotto dall’attuale presidente del senato, ad un certo punto sbottò con un “che vuol dire essere fascista? Essere La Russa”. Il quale adesso è diventato  moderato, ma ogni tanto la scheggia gli parte.  

Tutti hanno voluto dichiarare che la cultura russa è parte integrante dell’Europa e non si può cancellare; peccato che abbiano e stiano ancora appoggiando chi la cultura russa non solo qua ha tentato di cancellarla, con le liste di proscrizione e la cancellazione di spettacoli e lezioni universitarie, ma soprattutto hanno sostenuto e sostengono quelli che da ancora prima del 2014 hanno cercato di cancellarla a casa loro, e mi riferisco ai nazisti ucraini (non tutti gli ucraini sono nazisti. Ma i nazisti ucraini ci sono stati e continuano ad esserci).

E’ notizia di ieri che sono stati arrestati per corruzione (per aver preso mazzette consistenti per ammorbidire le relazioni con il Qatar) parlamentari europei, quasi tutti italiani e la vicepresidente del parlamento, una bella greca. Ora, mi chiedo: se là c’è gente che prende soldi per promuovere il Qatar, la prassi è circoscritta o, come diceva Razzi a proposito dei parlamentari italiani “Amico, qua sono tutti malviventi”? Viene da chiedersi, per assonanza: qual è il prezzo per continuare a fomentare una guerra, facendone pagare il costo oltre che agli ucraini anche ai propri concittadini?

Tra qualche giorno si terrà l’assemblea del mio condominio. Spero non sia necessario dotarsi di armi, i morosi stanno aumentando e non vorrei che prima o poi ci scappi il morto pure qua.

A presto!

Olena regina d’Abissinia – 5

«Volete seguirmi, signori? Il dottore vi attende»
La signorina Zellwegger, bionda venticinquenne, due lauree e cinque lingue parlate, oltre ad una spiccata predilezione per la frusta grazie alla quale negli ambienti sadomaso è nota come Wendy il flagello di Dio, precede gli ospiti nel corridoio che porta allo studio del notaio.
«Prego, signori» dice fermandosi sulla soglia della stanza dove il notaio Guido Bernasconi, un sessantenne alto e tonico, abbronzato grazie alle partite di golf con i membri del Rotary Club nonché a sedute di lampada nel centro benessere “Luana Paradìs” dove non disdegna di sottoporsi alle pratiche fisioterapiche e non solo della titolare, in doppiopetto blu polvere ed un sorriso che gli costa qualche migliaio di franchi l’anno, va incontro ai convocati tendendo la mano.
«Prego, prego, accomodatevi» invita, trattenendo qualche secondo di troppo la manina della convenuta.
«E’ un piacere conoscerla, signora Quacquarini» dichiara galante Bernasconi.
«Anche per me, notaio» risponde la Calva Tettuta con un sorrisetto, avendo notato l’occhiata che il notaio ha buttato sul suo decolleté. «Non mi capita spesso di essere chiamata con il cognome da nubile, sono anni ormai che tutti mi chiamano signora Rana»
«Ho avuto occasione di conoscere suo marito qualche anno fa, un grande imprenditore, un visionario. La sua scomparsa mi ha addolorato»
«Visionario è la parola giusta» concorda Gilda, rabbrividendo. «Si figuri che voleva conquistare il mondo con i ravioli, poverino. Anche la memoria non era il suo forte, spesso si dimenticava di pagare le tasse, ad esempio. Di questo non gliene faccio una colpa, sia chiaro, ma ho dovuto condonare tutto e mi è costato un botto. Lei ne sapeva niente, notaio?»
«Assolutamente no, signora. Posso però comprendere il punto di vista di suo marito, qualcuno la chiama evasione fiscale, altri legittima difesa…»
«A proposito di punti, notaio, che ne direbbe di arrivare al dunque? La sua lettera era un po’ vaga, non trova?» sbuffa Gilda, impaziente.
«Mi scuso se per motivi di riservatezza non ho potuto essere più esplicito ma confido che tra pochi minuti la situazione vi sarà più chiara. I signori sono i testimoni? » chiede Bernasconi, indicando James e nonna Pina. «Geneviève, ha registrato le generalità dei signori?» chiede alla segretaria rimasta in attesa, ed alla risposta affermativa della efficiente dominatrice prosegue:
«Bene, allora se non avete altre domande possiamo procedere»
«Un attimo solo, notaio, che vuol dire che nonna Pina, cioè la qui presente Eusebia Lombardini, sarebbe un testimone? Lei dovrebbe essere la beneficiaria. Che c’entro io con questo negus?»
«Se ha un attimo di pazienza, signora, glielo farò spiegare direttamente dal diretto interessato» risponde il notaio sfoggiando un sorriso che non lascia indifferente James. «Le leggerò la lettera di incarico che l’imperatore fece avere a mio padre, che ha richiesto anni di lavoro per essere onorata…»
Il notaio apre una cartella in cuoio poggiata sulla scrivania e ne estrae un documento; inforca gli occhiali di cui non ha nessun bisogno ma gli danno un’aria autorevole ed inizia a leggere.

“Sento che la mia ora si sta avvicinando, l’Impero è in preda alla ribellione e prima che sia troppo tardi voglio porre rimedio ad un grave torto. Quando dall’Inghilterra tornai in Etiopia, nel 1941, dopo la cacciata degli occupanti, scoprii che tante nostre donne avevano avuto figli da italiani ed erano state abbandonate. Coloni, militari, avevano preso in moglie una etiope per un breve periodo, anche pochi mesi, madamato lo chiamavano; spesso promettevano di portarle con loro in Italia, ma questo non successe mai. Partiti gli italiani queste donne hanno avuto una vita infernale, disprezzate e discriminate, faticando perfino a procacciarsi il cibo; i figli allora venivano abbandonati e disconosciuti e venivano messi nei blefotrofi dove passavano l’infanzia. Io non alzai un dito per aiutarle come avrei potuto, anzi nella smania di punire chi aveva fraternizzato con i nostri nemici le condannai alla solitudine e alla disperazione. Non ebbi pietà nemmeno della mia famiglia: e così quando seppi che anche Halima, la figlia di mia sorella, aveva avuto un figlio da un italiano, rimasi sordo al richiamo del sangue, non le tesi la mano e lei per la vergogna si tolse la vita. Incarico pertanto il vostro studio di ricercare il figlio di questa mia nipote, l’italiano che l’ha abbandonata e gli altri suoi figli, se ne ha avuti e, una volta individuati gli eredi, procedere con l’apertura del testamento.

In fede,
Hailé Selassié, Imperatore d’Etiopia, 7 luglio 1974”

Un silenzio imbarazzato accoglie la lettura; il notaio ripone la lettera nella cartella, si toglie gli occhiali e si rivolge direttamente a Gilda:
«Ci abbiamo messo quasi cinquant’anni, ma alla fine ce l’abbiamo fatta» proclama con orgoglio Bernasconi, e dopo qualche secondo di suspence dichiara: «Quell’uomo, signora Quacquarini, era suo nonno. Arnaldo Quacquarini, nato a Serrapetrona il 20 febbraio 1914, sottotenente»

¹ Il termine madamato designava, inizialmente in Eritrea e successivamente nelle altre colonie italiane, una relazione temporanea more uxorio tra un cittadino italiano (soldati prevalentemente, ma non solo) ed una donna nativa delle terre colonizzate, chiamata in questo caso madama (molto meno di una moglie e poco più che una schiava).

Olena regina d’Abissinia – 4

A Milano, tra la zona Buenos Aires con il famoso Corso e Porta Venezia, con il Museo di Scienze Naturali ed i giardini dedicati a Indro Montanelli, c’è un piccolo quartiere che si chiama Lazzaretto, che occupa lo spazio dell’antico Lazzaretto fatto costruire da Lodovico il Moro, ricordato da Manzoni nei suoi Promessi Sposi. Alla fine dell’800 quanto rimasto venne definitivamente demolito e al suo posto sorsero dei palazzi in stile per lo più eclettico; all’epoca un viadotto lo tagliava in due, dato che la stazione centrale era in Piazza della Repubblica (che si chiamava appunto Piazzale Stazione Centrale) dividendolo in una parte più nobiliare, quella verso Piazza Venezia, e un’altra più popolare. Dagli anni ’30 del novecento, quando la stazione centrale venne spostata nell’attuale posizione, il quartiere conobbe un progressivo degrado e cambiò anche la geografia dei suoi abitanti; si ebbe così una forte presenza di immigrati dal sud, e dagli anni ’70 arrivarono profughi eritrei ed etiopi, che costituirono una nutrita comunità. Oggi la zona, riqualificata con un susseguirsi di interventi, è decisamente multietnica e a testimoniarlo ci sono numerosi bar, ristoranti e ritrovi di tendenza ed è in uno di questi locali, più o meno al centro del quadrilatero, che si ritrovano delle nostre vecchie conoscenze¹.
«Porco mondo Attilio, ma c’era proprio bisogno di venire in questo posto? Già faccio fatica con i cinesi, ma la cucina africana proprio non mi ispira. Non potevamo andare a mangiare un bell’ossobuco col risotto?» protesta Luigi Cazzaniga detto Luisito Lenìn, Luisito in onore di Luisito Suarez regista della grande Inter e Lenìn in onore di Lenìn, leader degli Interisti per la Rivoluzione, con Attilio Trozzo segretario del COLAPARI, Comitato lavoratori pasta ripiena.
«Luisito te l’ho già spiegato: non possiamo farci trovare impreparati e fare la solita figura di provinciali. Il partito ci ha fatto l’onore di mandarci in viaggio di studio, serviti e riveriti, e noi mica possiamo metterci a fare gli schizzinosi!»
«Insomma, meglio sapere di che morte dovremo morire» commenta Alcide Remigi detto Memo, presidente del Mo.Di.Ca. movimento per la dignità del cane, guardando con apprensione il grande piatto al centro della tavola dove sopra pietanze sconosciute svolazza pigra qualche mosca.
«Memo non dire stronzate per favore» lo redarguisce Trozzo. «Se questa roba la mangiano loro possiamo benissimo mangiarla pure noi. Si tratta solo, ehm, di abituarsi» afferma non molto convinto il segretario.
«Non capisco perché il partito agli altri li manda a Cuba e a noi invece in Etiopia» protesta Ambrogio Cantaluppi , delegato del Sindacato Mimi di Strada e Falsi Bambini in Carrozzina «Che cavolo c’entra l’Etiopia? Non è nemmeno più comunista! Va bene essere internazionalisti e terzomondisti, ma lì non c’è niente, era meglio se ci mandavano in Corea del Nord!»
«Basta nostalgie, compagno! Dobbiamo stare al passo con i tempi. Qual è la più grande minaccia al proletariato, oggi?» chiede Trozzo, enfaticamente.
«Lo sfruttamento? L’ingiustizia? La voracità dei capitalisti? La globalizzazione? La finanziarizzazione dell’economia? La guerra per l’accaparramento delle risorse?» ipotizza Luisito, ortodosso marxista.
«Il riscaldamento globale! I cambiamenti climatici, che mettono a rischio la sopravvivenza di milioni di persone e della stessa madre terra. Come dice il Santo Padre nella sua Laudato Sii…»
«Cazzo, Attilio!» lo interrompe Luisito, stizzito. «Non mi sarai diventato anche tu un baciapile? Pensi di fermare il riscaldamento con una preghiera? La lotta di classe ci vuole, lotta dura, altro che paternoster!»
«Ma che padre nostro» lo corregge Trozzo «qui stiamo parlando di azioni fattive e concrete. Ma lo sapete che nel 2019 l’Etiopia per combattere la deforestazione ha piantato in un solo giorno 350 milioni di alberi²? Per raggiungere questo straordinario risultato si sono mobilitate milioni di persone. Questo dobbiamo andare a studiare!»
«Ma che c’entriamo noi?» obietta Memo «Noi siamo metalmeccanici, mica forestali! E poi dove li piantiamo tutti questi alberi in Brianza, che non c’è rimasto nemmeno un fazzoletto di terra libero. Comunque senti, io comincio ad avere fame… signorina?» grida il resistente, alzando un braccio.
La cameriera, una bellissima ragazza con lunghe gambe ed occhi da cerbiatta, lineamenti molto fini ed un gran cespo di capelli crespi in testa, si avvicina sorridendo.
«Signorina, ci può portare le posate per favore? Ha presente, forchetti, coltelli… » mimando l’uso delle suppellettili.
La ragazza sorride, indulgente.
«E’ la prima volta che venite in un ristorante etiope, è vero? Se preferite vi porto le posate, ma non volete provare a mangiare i nostri piatti alla nostra maniera? E’ facile, vedrete, si usano le mani, prendete un pezzo di questo pane, injera si chiama, con quello si raccoglie la pietanza, e si mangia tutto insieme. Provate, è divertente!» li invita sempre sorridendo.
«Se è la vostra usanza, ci adegueremo volentieri…» risponde Luisito, vincendo lo scetticismo «Lei parla molto bene l’italiano, da quanto tempo è qua?»
«Veramente io in Italia ci sono nata; sto per laurearmi in ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie, e nel tempo libero vengo a dare una mano ai miei genitori. »
«Complimenti signorina, i suoi genitori saranno sicuramente orgogliosi di lei» la elogia Attilio, con una fitta di invidia dato che si ritrova un figlio della stessa età ma con una strana allergia al lavoro e allo studio. «Ci potrebbe dire in che cosa consistono questi piatti? Così, giusto per avere un’idea…»

E mentre la cameriera spiega ai curiosi clienti gli ingredienti e la cottura di wat, tibs e kifto, in un tavolo appartato due persone parlano a voce bassa tra di loro.
«Sarebbe una grossa perdita, tu capisci che si tratta di milioni, e la nostra società ne avrebbe un grosso danno» dice l’uomo, un bianco corpulento sulla cinquantina, con un completo grigio di buona fattura ed una paio di occhiali dalla montatura dorata, portando in avanti il busto per avvicinarsi all’interlocutore.
«Capisco che è un grosso fastidio per voi, diciamo pure un problema» risponde il commensale, un nero alto e atletico, con capelli cortissimi, naso schiacciato ed una cicatrice allo zigomo destro. «Ma non potete trovare qualche scappatoia legale? Lo dico contro i miei interessi, ma insomma, avete carrettate di avvocati, qualcosa si possono inventare, no?» chiede sarcastico.
«E’ escluso. Dal momento in cui il notaio aprirà il testamento e lo leggerà, la banca non potrà opporsi. Certo, e bada lo dico ipoteticamente, se gli eredi, come dire, sparissero, sarebbe un altro discorso»
«Sparissero, dici? E per quanto tempo?»
«Definitivamente» scandisce l’uomo d’affari.
«Capito. E, ipoteticamente, quanto ci guadagnerei?» chiede il bandito, con un sorriso beffardo.

¹ cfr. Niente sushi per Olena, 2018
² Il governo etiope, nell’ambito del progetto Green Legacy, si è posto l’obiettivo di piantumare in quattro anni, dal 2019 al 2022, 20 miliardi di alberi per combattere deforestazione e siccità. L’iniziativa, oltre a dare lavoro a centinaia di migliaia di persone, permetterà entro il 2030 di recuperare ben 22 milioni di ettari di terra degradata. Strano che i nostri media non se ne siano minimamente interessati.