Tutta colpa di don Matteo!

Bisogna essere onesti, amici, e riconoscere che se gli umbri alle elezioni regionali di domenica scorsa hanno votato in massa per Salvini, la colpa è di don Matteo.

Dal lontano 7 gennaio 2000, data in cui andò in onda la prima puntata della prima serie (attualmente si sta girando la dodicesima!), i bravi e simpatici Terence Hill e Nino Frassica hanno dovuto risolvere un’infinità di casi di omicidi, violenze, furti ed imbrogli, dando la netta sensazione che Gubbio e Spoleto, le due cittadine dove la serie è ambientata, siano la riedizione moderna di Sodoma e Gomorra e che la criminalità vi regni sovrana: come si fa allora a non dar ragione ai miti umbri se qualcuno fa la voce grossa e dice: e mo’ basta?
Se alle elezioni regionali del 2000 l’allora Lega Nord racimolò l’inezia di 1.227 voti (lo 0,25%!), perlopiù di buontemponi, ed oggi ne prende 154.413 (il 36,95%) di qualcuno la colpa dovrà pur essere.

Ieri il telegiornale ha passato la notizia che New York mette al bando il foie gras, a causa delle condizioni in cui vengono allevate le oche (per fargli venire il fegato grasso bisogna ingozzarle come oche, appunto). Non male in un paese dove, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio statunitense avrebbe mangiato 222,2 chili di carne rossa e pollame a testa. L’ipocrisia regna sovrana dall’altra parte dell’Oceano, ma almeno le oche ringraziano.

Ed allora diciamocelo: tutto il miele sparso a piene mani, le pecorelle del signore redente alla fine di ogni puntata, i buoni sentimenti, non saranno stati controproducenti? Le marce per la pace, le bandiere arcobaleno, i richiami al santo di Assisi, non sono semplicemente uno sciacquare i panni in Arno (o in questo caso nel Tevere, o nel Nera) se sono fini a se stessi e se non seguono un’idea ed una prassi politica di giustizia sociale?

A proposito di giustizia sociale, in tempi di estrema e crescente disuguaglianza c’è ancora chi ciancia di flat tax, e purtroppo c’è ancora chi ci crede. La redistribuzione si fa togliendo i soldi a chi ne ha troppi, con una tassazione progressiva, e non riducendo le tasse ai ricchi (che hanno tutto l’interesse, infatti, a diffondere la favoletta). Fa specie che la Lega, che si dice popolare, sostenga questa storiella, ma è lo svelamento di chi veramente c’è dietro, altro che lotta ai poteri forti….

Fanno tenerezza i cinquestelle, che riescono a perder voti in favore di Salvini sia quando sono alleati che quando sono avversari: destino naturale per una forza che ha fatto le sue fortune sull’alterità (noi onesti contro tutti) e quando deve “sporcarsi le mani” è sempre soggetta ad attacchi di tradimento degli ideali di purezza; e non basta dirsi ne di destra ne di sinistra, quando alla fine i propri elettori votano a destra, eccome.

Il signor Stoltenberg, segretario norvegese della Nato e cioè di un organismo che a mio modesto parere dopo la caduta del muro non avrebbe più avuto motivo di esistere, ha affermato che “Kiev è già membro Nato de facto”. Questo potrebbe voler dire, in un prossimo futuro, supportare l’Ucraina in qualche guerra contro la Russia: non mi pare che questa mossa all’Europa possa giovare molto, considerando che stiamo ancora raccogliendo i cocci dell’allargamento ad est dell’Unione Europea. Non sarebbe ora di chiedere ai cittadini europei cosa ne pensano di questa faccenda?….

Comunque l’anno prossimo ci sarà un’altra bella tornata di elezioni regionali, tra cui quelle dell’Emilia-Romagna assurta ormai a Fortezza Stalingrado, ma lì la colpa si sa già a chi darla: a Peppone e don Camillo…

taglioAlta_0011309

Antigua è nostra!

Appena passato il centenario della rivoluzione di ottobre nella quale si celebra la gloriosa rivoluzione sovietica si viene a scoprire, grazie ad una benemerita inchiesta giornalistica, che nei paradisi fiscali, cioè in quegli stati dove ricconi senza vergogna vanno a mettere i soldi per non pagare le tasse, è custodito il 10% del Pil mondiale.

Questo reato andrebbe a mio avviso considerato non come evasione fiscale ma come crimine contro l’umanità; e non mi sembra di esagerare perché, citando l’organizzazione Oxfam: “L’evasione ed elusione fiscale delle corporation sottraggono ai paesi più poveri 100 miliardi di dollari l’anno, sufficienti per mandare a scuola 124 milioni di ragazzi e salvare la vita di 6 milioni di bambini.
In Europa e negli Stati Uniti rispettivamente sono 76 miliardi di dollari all’anno e fino a 135 miliardi di dollari all’anno le stime dell’ammanco erariale riconducibile a pratiche di abuso fiscale (evasione ed elusione fiscale) da parte delle imprese multinazionali.”

Allora mi pare evidente che per rimediare a questa situazione di ingiustizia bisogna apportare due correttivi: a) eliminare i paradisi fiscali b) eliminare i ricconi senza vergogna.
Personalmente non sono così pacifista da escludere l’eliminazione fisica, così come l’utilizzo dei paradisi fiscali come terreno di test per nuovi sistemi di armamento; secondo me fanno più danno al mondo questi paesi e queste persone che i vari Saddam-Gheddafi e compagnia bella che andiamo di quando in quando a bombardare democraticamente.

Poiché abbiamo appena celebrato il 4 novembre, festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate (una volta era la ricorrenza della vittoria sugli austro-ungarici, poi da un certo punto non è stato più possibile dirlo, politicamente scorretto), suggerisco di usare le nostre gloriose Forze Armate per un’impresa degna dei fasti del passato: l’invasione di Antigua!

Perché proprio Antigua direte, è un po’ lontanina! Obiezione ragionevole, si potrebbe anche attaccare la Svizzera o il Lussemburgo che sono più vicine, ma non hanno il fascino caraibico e piratesco di quest’isoletta. Tra l’altro un nostro anziano ma sempre valido ex-premier vi aveva una sobria villa detta “il castello”, dove in molti avremmo gradito che si fosse ritirato a vita privata invece di rimanere qua a romperci le palle cercare di salvarci prima dai comunisti ed ora dai populisti. Che detto da lui fa anche un po’ ridere, che ha fatto del culto della propria personalità  un programma politico ed è alleato di noti liberali come Bossi prima e Salvini adesso, per non parlare dei fratelliditaliani.

A proposito di populisti, mi sembra condivisibile la dichiarazione di Mr. Trump all’indomani dell’ennesima sparatoria in Usa: “Abbiamo molti problemi di salute mentale, così come li hanno altri Paesi”, tant’è vero che è stato eletto; solo che da noi la gente ancora non va in giro a sparare ai concerti o nelle chiese, e giusto per parlare di salute mentale va riportata la dichiarazione del procuratore generale del Texas: “la strage di fedeli nella chiesa di Sutherland Spring dimostra che c’è bisogno di più parrocchiani armati che possano rispondere a tono a minacce simili. Non si possono tenere le armi lontane dalle mani di persone che intendono violare la legge. L’unica cosa che ferma un uomo cattivo con la pistola è un uomo buono con la pistola.”.

Di non dare la possibilità di possedere armi a cani e porci non se ne parla; così come sicuramente non passerà nemmeno per la mente dei delegati all’Onu di dichiarare fuorilegge i paradisi fiscali e trasferire al Tribunale Internazionale dell’Aja i farabutti che vi portano i propri capitali (perché Milovesic si e loro no?).

Perché secondo me , mi sbaglierò, ma la cuccagna non durerà ancora a lungo, come ci ricordano Gino&Michele: anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano.

(171 – oggi Antigua, domani il mondo!)

antigua_girl

Pakistonia

Mi dissocio da quanto me stesso ha scritto. Lo penso ma non dovrei dirlo, o forse lo dico ma non dovrei pensarlo. La mia parte destra piglia a mazzate quella sinistra, e viceversa; l’ateo bastona il credente, e tutte e due bastonano l’agnostico. Il Titanic affonda e all’orizzonte non c’è nemmeno una Ong; il giorno di ordinaria follia si sta avvicinando e allo specchio vedo Michael Douglas, purtroppo senza Catherine Zeta-Jones, accarezzare la mazza da baseball. La solita scimmia nuda urla “E ‘mó basta!” e l’infermiere in camice bianco gli liscia la testa. Che si fotta!  

220px-Falling_Down_(1993_film)_poster

Non molto distante dal mio paese natale c’è un paese che si chiama Corridonia. Il nome è abbastanza recente, in quanto gli fu attribuito nel 1931 in onore di una personalità illustre, quel Filippo Corridoni socialista e sindacalista rivoluzionario, interventista, morto durante la prima guerra mondiale ed arruolato post-mortem tra i numi tutelari del fascismo.

Simpaticamente gli abitanti dei paesi vicini, data la folta comunità Pakistana presente, l’hanno recentemente ribattezzata Pakistonia.

Nel mio paese, che lo ricordo è in collina, c’è un vecchio asilo di infanzia, non più utilizzato, situato in una posizione invidiabile, al posto di un pezzo di antico muro di cinta, con un’enorme terrazza da cui si può godere il panorama fino alle montagne. C’era un vecchio progetto di riconversione in mini-appartamenti per anziani, necessità estremamente sentita dato il continuo allungamento dell’aspettativa di vita. I lavori sono stati fermi per anni e sono ora ripresi; gira però la voce che il progetto non sia più quello originario ma si stia lavorando per apprestare un centro di accoglienza per immigrati; mio padre non ne era a conoscenza, e un po’ scettico mi ha chiesto: “ma dove vanno a pigliarli tutti questi immigrati?” e quando ho ipotizzato che fossero quelli che arrivano con i barconi, ridendo mi fa: “e le barche dove le mettono?”.
Ma tutto può essere, vedremo presto se l’asilo che mi ha visto presente per soli tre giorni nella vita riprenderà vita per richiedenti asilo e non solo.

Il governo l’altro giorno sembrava aver avuto una idea che, essendo di buon senso, è stata subito accantonata: se tu, nave che non fai parte di missioni internazionali e che batti bandiera francese o inglese o panamense, insomma non italiana, ti metti a due passi dalle acque territoriali libiche (quando non dentro) a soccorrere barconi, sfidando le accuse di fare da taxi ai clandestini e persino di essere in combutta con gli scafisti, i passeggeri te li porti a casa tua. Apriti cielo! Attacchi a non finire, ci si accanisce con i deboli, si va contro i trattati internazionali, si va contro il diritto del mare, si è disumani.
Ma nessuno aveva mica detto di ributtarli in mare. Solo che se vieni dalla Nuova Zelanda per salvare persone è giusto che le porti nel tuo paese, dove potrai accudirle meglio.
Avrei voluto vedere cosa avrebbe fatto, ad esempio, la Francia, a trovarsi le navi di Médecins Sans Frontières ripiene di migranti a Mentone; li avrebbe ammassati a Ventimiglia?

Ricordiamo a Macron che è stato il suo paese, guidato da quell’altro tappetto di Sarkozy, ad andare a far casino in Libia, tirandosi poi dietro la Nato; che la Libia di Gheddafi era un collettore di immigrazione e conteneva per conto di tutta l’Europa e non solo nostro, con le buone o le cattive, quelli che adesso Macron rifiuta di prendersi.

A Madrid ho visto un palazzo dove c’era un enorme striscione: Refugees Welcome.
E’ il classico modo di fare gli accoglienti col didietro degli altri; perché se fossero così contenti di accogliere rifugiati potrebbero rimuovere i muri a Ceuta e Melilla, e si vedrebbe poi quanti striscioni comparirebbero.

Sono ormai convinto che questa spinta migratoria non sia spontanea ma manovrata per almeno due motivi: a) l’introduzione di persone disposte a lavorare per due lire e senza diritti b) l’islamizzazione della società.
In tutti e due i casi gli alleati sono quelli che più avrebbero motivi per opporsi e più hanno da perdere: nel primo tutta la sinistra e specialmente quella radicale, ovviamente in nome dei diritti umani; ma che diritto umano è quello di venir qua a raccogliere pomodori, quando va bene, a 3 euro all’ora? Ma uno sforzo di realismo quando si vorrà fare? Quante persone siamo in grado di accogliere e di far vivere dignitosamente? Altrimenti di che accoglienza parliamo, quella che dà profitto a chi accoglie?

Non stendo, anche se sarebbe meglio, un pietoso velo sulle ultime esternazioni di Boeri sulla necessità dei lavoratori immigrati. Ma che c’entra? Chi la nega? Abbiamo cinque milioni di stranieri residenti in Italia, qualcuno pensa di buttarli fuori? Cosa c’entrano con l’immigrazione incontrollata? Se si chiede piuttosto a loro cosa pensano del sistema attuale, magari a quelli che sono arrivati trent’anni fa, la risposta è unanime: siamo deficienti. E Boeri, perché non pensi ai voucher, e perché non dici che dei milioni di voucher utilizzati nei due anni passati ai beneficiari non andrà una lira di pensione, e i contributi se li intasca l’Inps a fondo perduto? Come peraltro per i nuovi voucher che il governo truffaldinamente ha reintrodotto?

Nel secondo caso chiamo in causa, genuflettendomi, la Chiesa cattolica. Mi chiedo, non per fare il Salvini, perché tutti gli Sceicchi, Emiri, Sultani musulmani straricchi, invece di finanziare guerre sante per la barba di Maometto, non aiutano i loro “fratelli” a casa loro? Sono stufo di sentire che dobbiamo risarcire l’Africa per il colonialismo! Gli arabi l’hanno depredata per secoli, quelli che raccoglievano schiavi erano loro, e la schiavitù qualche paese l’ha avuta fino alla seconda guerra mondiale. Quando mio nonno è andato a conquistare l’Etiopia di Hailé Selassié (sbagliando, per carità, ma se hanno uno straccio di strada e ferrovia è perché gliel’abbiamo costruita noi…), vigeva ancora la schiavitù, lo sappiano i beati rastafariani! Questi figli di negrieri vogliono sparpagliare musulmani in Europa ma si guardano bene dal condividere le loro ricchezze, vogliono sfruttare il buon cuore, le code di paglia e gli stati sociali di quelle società che poi disprezzano per la loro lassezza ed i costumi troppo liberali.
E chiedo, a queste società arretrate, perché questo sono: quando vi libererete di questi parassiti?

Temo che la chiesa, in grave crisi di fedeli vocazioni e identità, operando in maniera indiscriminata stia lavorando contro se stessa e favorirà non la sua parte migliore ma i gruppi più radicali al suo interno; che la politica del “poverini” e della pacca sulla spalla senza progetti avrà come sbocco l’islamizzazione della società; che i laici avranno da rimpiangere la chiesa bigotta di cui tanto si lagnano; l’ecumenismo è un’utopia, per non dire una stupidaggine, che può forse funzionare tra chiese cristiane (tutto da dimostrare) ma non certo con i musulmani.
Ad essere troppo buoni si passa per coglioni, e noi temo stiamo superando abbondantemente quel limite.

L’Africa ha tanti problemi, siamo d’accordo. Tanti li abbiamo causato noi e tanti li alimentiamo, può essere. Ma sono passati più di settant’anni dalle loro indipendenze. Per fare un esempio, in Niger che è uno dei paesi più poveri del mondo, ogni donna partorisce quasi sette figli a testa. Devo andare io a dirgli che forse è meglio fare un po’ meno figli e cercare invece di mettersi insieme per star meglio? Ma pensate che le vostre rivoluzioni debbano farvele gli altri? Il Che è morto da un pezzo, cercate di darvi una svegliata care risorse, che qualche problemino cominciamo ad avercelo pure noi.

(150 – e ‘mó basta)

06Filippo_Corridoni_con_a_fianco_Benito_Mussolini-klcB-U43120913382309eTE-590x445@Corriere-Web-Sezioni

Italia, Italia, di terra bella e uguale non ce n’è

Basta lamentarsi, basta recriminare! Finiamola di piangerci addosso e gridare al complotto pluto-masso-giudaico. Ci rendiamo conto che il nostro paese è indiscutibilmente il più bello del mondo, meta ambita da ciascuna persona dotata di buon senso risiedente su questa terra? Smettiamola di girare ingrugniti e incarogniti, guardiamoci intorno alla scoperta della bellezza che abbiamo intorno e non solo delle scie chimiche che striano i nostri cieli azzurri.
Intoniamo le canzoni immortali che rendono onore alla nostra terra: L’Italiano di Toto Cutugno e Italia di Mino Reitano!

Cos’è questa botta di ottimismo, vi chiederete? Da dove viene questo rosa che colora l’orizzonte? Semplicemente dall’evidenza dei fatti e dalle nude cifre che di seguito esporrò.
Mille indicatori potrebbero dimostrarlo, ma mi limiterò a qualche accenno che si potrà ampliare a volontà.

La nostra penisola, che si estende al centro del Mediterraneo culla della civiltà  (non vicino al polo Nord o al deserto del Sahara) comprese le isole ha un’estensione che ci pone al 72° posto nella classifica mondiale (appena poco più grande dell’Arizona, si premura di informarci il sito della Cia da cui ho attinto gran parte dei dati che illustrerò).

Per popolazione siamo al 24° posto; stiamo invecchiando, l’età media è di 44,9 anni, vuoi perché fortunatamente campiamo molto (vita media 80,6 gli uomini e 85,1 le donne) sia perché sfortunatamente facciamo pochi figli (il tasso di nascita è fanalino di coda al 215° posto). Su questo si può dibattere: se i governi la smettessero di riempirsi la bocca di famiglia e facessero qualcosa per sostenerla starebbe un po’ meglio, questa benedetta famiglia. Il numero di residenti comunque è abbastanza stabile, sui 60 milioni, grazie (?) all’afflusso degli stranieri (passati da 230.000 ad oltre 5 milioni in appena 25 anni).

La mortalità infantile è ai minimi (4 morti ogni 100.000 nati), ma come dicevamo è ai minimi anche il tasso di fertilità (cioè il numero medio di figli per donna, quell’ 1,4 che ci pone al 208° posto. Sarà forse perché se ne fanno così pochi che ogni tanto qualcuno rilancia l’ideona di poterli comprare?).
L’acqua, oro bianco, è abbondante e disponibile per tutti; ne abbiamo così tanta che ci permettiamo di sprecarne quantità che disseterebbero intere nazioni africane, e siamo così schizzinosi che sdegniamo  l’acqua di rubinetto preferendogli quella minerale (208 litri a testa all’anno in media).

Scuola e sanità pubbliche nonostante i ricorrenti tentativi di farle andare in malora scricchiolano ma reggono e garantiscono istruzione e salute a tutti. Per quanto ancora resisteranno? Dipende da noi, da quanto riusciremo ad opporci alle varie derive liberiste al grido di “ce lo chiede l’Europa”.

Il nostro Prodotto Interno Lordo è il 13° al mondo. Siamo uno Stato tutto sommato piccolino ma che produce molto; non dovremmo dimenticarcene, ogni volta che chiude un’industria o delocalizza. Ed anche sull’energia che serve per farle andare avanti tutte queste attività dovremmo pensare, che il sole ancora non è sufficiente. Voglio dire: e il nucleare no, e il carbone no, e il petrolio no, e il gas no, a qualcosa bisognerà pur dire si se vogliamo continuare a tenere accesi gli smartphone.

Certamente gli ultimi anni di crisi si sono fatti sentire, e sono cresciute disuguaglianze sociali, povertà e divario tra Nord e Sud del paese; a questo proposito rimando a questo articolo http://www.lookoutnews.it/istat-rapporto-2016-italia-economia/ che riepiloga quanto evidenziato dal rapporto Istat.

Il problema dei problemi è la disoccupazione giovanile, che rende difficilmente sostenibile tutto il resto; lo dico provocatoriamente: non è pensabile il continuare a spendere oltre 4 miliardi l’anno per l’accoglienza ai migranti col 40% di disoccupazione giovanile e col precariato che nonostante il (o forse grazie al?) jobs act aumenta invece di diminuire, così si creano solo guerre tra poveri. Il governo, tutti i governi, dovrebbero pensare da mattina a sera al lavoro, lavoro, lavoro: Trump il furbacchione l’ha capito, e infatti cosa è andato a dire ai lavoratori spaventati? Riporterò il lavoro in America. Finché anche qua non si capirà che a chi non ha lavoro poco importa della liberalizzazione della cannabis, della legge elettorale o del matrimonio gay, i Trump nostrani avranno praterie aperte.

Vogliamo parlare della natura? Montagne, colline ubertose, laghi, fiumi, migliaia di chilometri di coste; ospitalità cordiale e professionale dovunque. Posti che non sempre curiamo come dovremmo, anche se la salvaguardia del territorio dovrebbe essere anch’essa in cima alle priorità politiche, più che le correnti di partito. Vogliamo forse definire la varietà e bontà della nostra cucina e dei nostri vini un luogo comune? Personalmente non me la sento.

L’Italia è il paese che detiene il record di maggior patrimoni dell’Umanità dell’Unesco nel mondo; è il paese compassionevole dove nessuno muore di fame, a meno che non voglia; è il paese dove ci sono volontari per tutto: anche per far attraversare la strada ai ricci o alle rane nelle notti di luna; è il paese fantasioso dove si reinventa anche l’acqua calda: così ogni volta che c’è un terremoto la soluzione è sempre nuova e sempre diversa da quella precedente.

Potrei continuare per mesi, ma mi fermo qua: italiani, siamo coscienti di dove viviamo? Chiediamoci anche se ne siamo degni, quanto di nostro di menefreghismo noncuranza cialtronaggine evvabbè ecchessarammai ci mettiamo per renderlo un posto peggiore di quel che sarebbe.

Su la testa, perbacco!

(132 – continua)

mino_reitano_una_chitarra_cento_illusioni_86ac777c_8028980428623

Posso recitarvi una poesia in cambio di una monetina?

In anni e anni di pendolarismo credevo di averle viste tutte. Ma il ragazzo che ieri è passato chiedendo se per favore potevo dargli una monetina, che in cambio mi avrebbe recitato una poesia, mi ha lasciato pieno di tenerezza e vergogna. Tenerezza per la sua timidezza, per la dignità della sua richiesta, per quell’atteggiamento che voleva dire  “mi dispiace disturbarvi, non lo farei se non avessi così tanto  bisogno ma voglio darvi qualcosa di mio”, per quel quadernino a quadretti che teneva stretto in mano, per i vestiti laceri e sporchi che indossava e per la magrezza che sottolineava i troppi pasti saltati; tenerezza perché avrebbe potuto avere l’età di mio figlio e chissà se da qualche parte avesse un padre, e se questo potesse permettersi di preoccuparsi anche per lui.

Si fa il callo a tutto, lo sappiamo; e poi, quando si ha la pancia piena, da persino fastidio incontrare chi ha bisogno. Avrà bisogno veramente, poi? O sarà tutta una scusa, e in realtà non ha voglia di lavorare, e quei soldi gli serviranno per ubriacarsi, per drogarsi, o sarà legato a qualche tipo di mafia degli accattoni? O saranno zingari?

Lavoro a Milano e di gente che chiede, per strada, in metropolitana, anche sul treno, ce n’è a bizzeffe. C’è una signora, alla fermata dove scendo per recarmi in ufficio, che quasi tutte le mattine è lì, ferma, in attesa che passi qualcuno da abbordare per raccontargli la sua storia. Disoccupata dice, vuole solo un aiuto per tirare avanti da chi, più fortunato di lei, il lavoro ce l’ha ancora. Sarà vero? Sa che la sua storia può andar bene una sola volta, per quella volta che ti fermerai credendo che quella signora dall’aspetto decoroso che si avvicina bisbigliando voglia chiederti delle informazioni, e che la volta dopo cercherai di evitarla: così ha bisogno di fermare gente sempre nuova. Sempre lì, da anni.

Col tempo, ho adottato una mia politica nel dispensare monete. Favoriti sono i musicisti: a chi suona in metropolitana di solito qualcosina lascio, se proprio non strimpella in maniera indecente. Ogni tanto c’è qualche violinista, ad esempio, che invidio molto. Qualche tempo fa c’era un ragazzo che non suonava ma si portava dietro un microfono collegato ad un amplificatorino, e cantava: ne ho seguito l’evoluzione della carriera ed all’inizio era un vero strazio; man mano però migliorava, fino a riuscire ad improvvisarsi showman: alla fine invitava tutti i passeggeri a battere le mani e a fare il coro con lui. E’ sparito, chissà dov’è?

Non lascio niente a chi usa i bambini piccoli; a chi ha dei cuccioli, dipende; qualche volta a chi vende libri o riviste. Per il resto, di solito abbasso la testa e passo oltre. Mi è rimasta impressa una storia che mi ha raccontato un amico, di ritorno da un viaggio in India: a Bombay, fuori dall’albergo dove alloggiava, per difendere gli ospiti dall’assalto dei questuanti c’erano degli inservienti con dei bastoni di bambù, incaricati di far largo tra la folla. Dopo un po’, a questa macchia di colore indistinta non si faceva più caso, ne al mulinare dei bastoni degli sherpa in guanti bianchi.

Così, giorno dopo giorno, mi accorgo che l’abitudine mi spinge ad usare l’indifferenza come bastone di bambù: e mica posso aiutare tutti io, cercate qualcun altro, non vedete che sono impegnato, sto leggendo il giornale, sto postando su facebook, non si può stare un attimo tranquilli?

Ed ero proprio così, impegnato a far niente, quando il ragazzo si è avvicinato. All’inizio non ho alzato nemmeno la testa, eccone un altro ho pensato; poi la coda dell’occhio ha colto quel quaderno stropicciato e le mani che delicatamente lo stringevano. Ho realizzato allora che quel ragazzo mi stava offrendo quanto di più prezioso avesse, un pezzetto di se, per una misera monetina;  e che forse, più ancora della monetina, gli sarebbe piaciuto che qualcuno l’avesse ascoltata, la sua poesia.

(57. continua)

2530511-secche-rosa-rossa-su-un-vecchio-libro-di-aprire-la-candela_thumb

Under the Dome

Nella serie televisiva Under the Dome (“Sotto la cupola”), tratta da un romanzo di Stephen King, una cittadina della provincia americana, Chester’s Mill,  rimane rinchiusa sotto una misteriosa cupola di energia. Nessuna possibilità di uscire all’esterno. Le risorse iniziano a scarseggiare: l’acqua, il cibo, i medicinali, il carburante, tutto è destinato ad esaurirsi.

A Chester’s Mill quindi ci si pone il problema di come ripartire queste risorse e la soluzione trovata, sebbene non brilli per originalità, ha senz’altro dei caratteri di efficacia: i più forti cercano di controllare le sorgenti, di arraffare le riserve di cibo, di controllare i depositi di gas; per far questo non esitano a uccidere quelli che fino a poco tempo prima erano i loro pacifici vicini di casa.

Sono sempre stato appassionato di fantascienza. Da piccolo mi piacevano un sacco i telefilm di “Ai confini della realtà”: me ne ricordo uno, terribile, dove c’era una fabbrica che produceva organi umani e da una parete spuntavano delle braccia. La notte, guardavo la parete di fronte al letto con qualche apprensione.

Tornando alla cupola, se allargassimo un po’ la prospettiva e ci ponessimo nell’ottica, mettiamo,  dell’astronauta Samanta Cristoforetti sulla Stazione Spaziale Internazionale, potremmo riflettere sul fatto che, in fondo, siamo tutti sotto un’enorme cupola.

Secondo Oxfam, una organizzazione che studia e sensibilizza sulle povertà e disuguaglianze nel mondo, la ricchezza delle 80 persone più ricche del pianeta è pari a quella della metà più povera. Siccome siamo sette miliardi, fatevi un po’ i conti. Ugualmente istruttivo è imparare che l’1% della popolazione detiene quasi la stessa ricchezza del restante 99%. Se è difficile immaginarlo, vi aiuto con un esempio. Prendete nove squadre di calcio, un arbitro e una torta. Dividete la torta in due. Una metà se la mangerà da solo l’ingordo portiere della Juve: i suoi compagni di squadra, gli avversari e l’arbitro stizzito si spartiranno l’altra metà, e nemmeno in parti uguali.

La cosa peggiore, secondo me, è che a questo stato di cose siamo così assuefatti che non ci facciamo nemmeno più caso. Lo consideriamo irreversibile. Prendiamo i combustibili fossili, carbone, petrolio, avete presente? Tutti sappiamo che prima o poi finiranno. Bisognerebbe prepararsi, magari chiedendosi se veramente in una famiglia servano due auto a testa. Nel frattempo, assistiamo a: guerre per il controllo delle fonti; sfruttamenti a uso e consumo di despoti che se ci fa comodo definiamo illuminati altrimenti feroci dittatori; metodi di estrazione sempre più invasivi e distruttivi (il famigerato fracking, che potrebbe essere stata la causa del terremoto in Emilia di due anni fa… le trivellazioni nel canale di Sicilia!);  ricerca di nuovi giacimenti in ambienti naturali incontaminati (persino dell’Artico… c’è chi esulta, ci dice Greenpeace, per lo scioglimento dei ghiacci che renderà più facile l’estrazione);  utilizzo delle terre coltivabili per produrre biocarburanti. Cioè, terra agricola non per produrre cibo per nutrire il pianeta (magari all’Expo si dovrebbe parlare di questo, più che di quanto siano belli i padiglioni delle archistar) ma per far viaggiare le automobili.

Assistiamo, ormai da 25 anni (da quando è caduto il muro, si può dire?), ad una sempre maggiore pressione dal sud e dall’est del mondo verso l’”occidente”, inteso come luogo di opportunità e benessere; popolazioni intere si spostano in cerca della loro fettina di torta che qualcuno gli ha nascosto. Per alcuni è una necessità vitale: dalle loro parti si muore, di guerra o di fame. Per altri è la ricerca dell’Eldorado, il Paese dei Balocchi di Pinocchio e Lucignolo, la speranza dell’Anno che verrà di Lucio Dalla: sarà tre volte Natale, e festa tutto il giorno. Per questi il risveglio, quando si accorgono che festa e torta non sono per loro, è traumatico.

Per restare in tema Expo, un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che nel mondo un miliardo di persone siano in sovrappeso, di cui 300 milioni clinicamente obese. Nel contempo, quasi un miliardo di persone soffre la fame. Qualcuno mangia troppo e male, e qualcun altro non mangia: la media è salva, anche se questo non è di consolazione , specialmente per i secondi.

Non che manchino le soluzioni: l’altro giorno ad esempio un amico mi ha raccontato una bella storia. Da bambini erano andati in gita con l’oratorio, e ognuno aveva portato la sua bella merenda preparata dalla mamma. Arrivati sul posto, il prete ha requisito panini, focacce e merendine. Poi li ha spezzati, e li ha messi in comune, o in comunione se preferite.

Io non so come andranno a finire le cose, a Chester’s Mill. Può darsi che un Dio benigno li tiri fuori dalla cupola, assicurando pace e prosperità; o può darsi che, preso atto che dalla cupola non si scappa, i superstiti riescano a collaborare insieme; o può essere che continuino come adesso, ma in questo caso si pone un piccolo problema di sceneggiatura: non è detto che i più forti di oggi lo siano per sempre. E la torta piace a tutti.

(38. continua)

tti-nello-spazio-fra-stampa-3d-espresso-e-dieta-da-astronauta-Samantha_Cristoforetti_spazio_avamposto_42_stazione_spaziale_internazionale_Asi_astronauta