Domenica scorsa, approfittando del bel tempo e dei musei gratuiti, abbiamo preso il trenino e con un gruppetto di amici siamo andati a fare un giretto a Milano. Le intenzioni erano disparate: chi proponeva la visita alle Gallerie d’Italia, in piazza della Scala, dove dopo la mostra di Hayez ne è stata allestita un’altra con più di un centinaio di capolavori restaurati; chi avrebbe gradito il Mudec, museo delle culture, dove oltre alla mostra permanente si sarebbe potuta visitare quella di Miró; qualche sconsiderata aveva proposto l’Armani Silos, che sarebbe il museo di Armani o roba del genere; i più prosaici avrebbero optato per una passeggiata sui navigli, con la darsena recuperata, alla fine della quale ci si sarebbe potuti benissimo fermare per una apericena, che come neologismo fa pietà ma come idea non è del tutto malaccio: 10 euro per bibita e buffet illimitato non mi sembrano buttati.

Un tempo pensavo che Milano non fosse bella, ma non capivo molto.
Ci siamo accordati per recarci come prima tappa al Castello Sforzesco; lì, in cambio della visita al museo degli strumenti musicali, gli uomini si sono dovuti assoggettare a visitare anche i mobili di arredamento, pur antichi che fossero. Una nostra amica sostiene di avere in casa un tavolo più bello di quello in mostra, del 1927; secondo me anche il mio lo era, ma non ho insistito per non parere uno che se la tira. Mi hanno impedito di entrare nel violino più grande del mondo, cosa della quale mi rammarico; al posto del pane e salame e bicchiere di bianco che avrei gradito per merenda mi è stato consentito solo un bicchiere di succo di mirtillo con brioscina alla nutella.

Per strada tanti pregevolissimi esecutori di musica, di tutti i generi, tra i quali spiccava, in piazza Cordusio, una coppia sulla settantina: lui, un pugliese piccoletto rotondetto con occhialini, cappello in testa, giacca e panciotto, cantava delle hit anni sessanta-settanta accompagnato da stagionate basi musicali; lei, facente funzione di valletta, curava la parte di marketing, promuovendo la vendita del CD realizzato dall’attempato artista. Sono stato diffidato dall’acquisto, ma me ne sono pentito perché non si sa mai cosa riservi la vita. Cantare, un pochino so cantare, non si sa mai. Tra l’altro, visitando il museo degli strumenti mi è venuto voglia di comprarmi un mandolino e suonarmelo: potrei accompagnarmi da me.
A Milano la gente è rimasta orfana dell’Expo. Io stesso lo sono, se fosse stato per me l’avrei lasciato ancora almeno per un anno; in mancanza dei padiglioni, comunque, ci si può consolare con le code. Piatto ricco mi ci ficco! Vista la coda all’esterno delle Gallerie d’Italia ci siamo accodati: giusto il tempo di renderci conto che non saremmo mai arrivati alla meta, e di acquistare due utilissimi utensili da un astuto venditore pakistano, ovvero due infila aghi ad un prezzo di saldo, e abbiamo cambiato obiettivo.

Ci stavamo dirigendo verso piazza Duomo, con l’intenzione di attraversarla per recarci alla Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, all’inizio di Via Torino, per ammirare quel capolavoro che è il finto coro del Bramante, quando sotto la Galleria Vittorio Emanuele ci siamo fermati, attratti da un’altra coda come mosche dal miele od altre sostanze meno nobili.

Non capivamo bene di cosa si trattasse: era forse la fila per la mostra Leonardo in 3D? Strano, non ci risultava fosse gratuita; e infatti non era quella. Era forse per la passerella sopra la medesima Galleria, con panorama annesso? No, anche quella è a pagamento. E allora? Non potevo credere ai miei occhi: decine e decine di ragazzi e ragazze in coda per entrare nella libreria Rizzoli.
Non mi sembrava che regalassero libri; ho pensato che dovesse esserci qualche cantante o attore famoso, o magari un Fabio Volo: finalmente ho visto delle ragazzine uscire dalla libreria, tutte contente perché avevano la loro copia autografata del romanzo Divergent, della scrittrice Veronica Roth. Confesso di non saperne niente; mio figlio mi ha spiegato che è l’autrice di una saga di fantascienza, molto amata dai ragazzi, la qual cosa mi ha rassicurato perché pensavo si trattasse dei soliti vampiri sdolcinati; che devo dirvi, mi hanno fatto tenerezza, i ragazzi non i vampiri.
Una scrittrice dunque alla stregua di una pop star, una nuova J.K.Rowling di Harry Potter; forse i puristi storceranno la bocca, ma meglio fare la coda per lei che per un autografo di un qualsiasi calciatorello, no?

p.s.:
c’era bisogno di scrivere questa roba? Non credo. Volevo scrivere di trivelle, e magari lo farò; se non altro per sottolineare che mi sembra un po’ presto per andare al mare, ma questa è un’altra storia. Ah, se qualcuno non sapesse che voglia dire “a sgraffi”, tradurrò che è quando ci si accapiglia per contendersi qualcosa o qualcuno, prendersi a graffi, insomma, a sgraffi dalle mie parti…