Per chi crede, e volente o nolente anche per chi non crede, questo è l’anno del Giubileo straordinario della Misericordia: Misericordiosi come il Padre, recita l’inno ufficiale. Un canto solenne ed abbastanza pesante, secondo me: quello precedente, Aprite le porte a Cristo, era più gioioso. Ma de gustibus etc…, giusto per restare in tema di latino. Non che con questo voglia presentarmi come esperto di canti liturgici: è che, cantore in una corale parrocchiale, certe nozioni si apprendono.
Peraltro, non avendo intrapreso gli studi classici, il mio latino si limita a quel poco studiato alle medie, dove era proposto in alternativa alle ore di applicazioni tecniche o di musica; qui i ricordi si fanno confusi perché a dir la verità mi sembra di aver frequentato tutte e tre le materie; per applicazioni tecniche feci una stupenda ricerca sugli altoforni, che il professore (fidanzato con la supplente di italiano che assegnò ad un mio tema uno spettacoloso NOVE+ che ancora mi inorgoglisce) volle illustrassi agli zucconi della sezione B, i quali non ne furono entusiasti anzi accompagnarono la mia performance con commenti poco simpatici.
Sostenere l’esame di latino in terza media avrebbe dato il diritto di potersi iscrivere al liceo: forse perché non ne avevo nessuna intenzione quell’esame non lo diedi, o forse perché, non potendo supplicare le compagne più brave di passare le traduzioni, temevo di perdere la faccia con il De Bello Gallico del buon Giulio Cesare. Misericordiose compagne, è il caso di dirlo, che qualche invidioso si ostinava a chiamare secchione; cosa che avviene ancora oggi con gli alunni più dotati, bravi e volenterosi, atteggiamento tollerato da una società che è usa ad elevare i mediocri e disprezzare i meritevoli.
A proposito della misericordia, quelli che hanno frequentato il catechismo di una volta ricorderanno che, quando si parlava di opere di misericordia, si distingueva tra spirituali e corporali: ed era il caso di impararle a memoria, se si voleva arrivare a ricevere la Prima Comunione. A mio parere già rispettare queste 7+7 prescrizioni migliorerebbe di molto il mondo; ma se non proprio tutte, almeno una decina sarebbero sufficienti.
Vi ho già parlato del mio atteggiamento sofferto verso la religione. Da ragazzo, al paesello, contribuii a fondare il Cineteatro Totò, che per la parte relativa al cinema aveva l’ambizione di proporre dei bei film per i cineforum. Un giorno, al posto del segretario, andai con il nostro Don ad Ancona, nella sede dell’agenzia cattolica che distribuiva i film. La regola più o meno era che per un film buono si dovevano prendere due o tre ciufeche, dunque le scelte di quelli buoni dovevano essere estremamente ponderate. Strada facendo ebbi modo di esprimere al Don le mie perplessità su questa attività: non ero pienamente convinto di fare qualcosa che attirasse più giovani in oratorio, sostenni che il Cristianesimo era in decadenza e la gioventù avrebbe dovuto rivolgersi a qualcosa di più costruttivo. – “E che, allora?” mi chiese. Risposi, non so perché: “Il comunismo”, al che il Don sbuffando rispose -“’Bè, allora religione per religione preferisco la mia: è qua da duemila anni, e fra duemila ci sarà ancora; il tuo comunismo non credo”. Finora ha avuto ragione lui; sulla durata del Cristianesimo controprova non ce ne sarà. Mi addentro con cautela in cose più grandi di me ma sono convinto che le religioni siano state create dagli uomini, e come tutte le cose terrene prima o poi arriveranno ad una fine; se Dio esiste non credo abbia bisogno di religioni, ma comunque pregarlo male non fa, finché non si pretende che lo facciano tutti gli altri e che la vita civile sia regolata da precetti religiosi.
Credo anche, però, che in questa parte del mondo siamo stati anche abbastanza fortunati, e la religione che ci siamo trovati è una delle migliori, specialmente nella piega che ha preso dopo il Concilio Vaticano II. Questo Papa specialmente, Francesco, mi piace molto: solo che quando parla di sistema economico iniquo, di economia dello scarto e di spussa della corruzione non se lo fila nessuno; se invece dovesse dire una parola sui gay o sui preservativi, apriti cielo.
L’altro giorno ho letto di un prete, di un paesino in provincia di Savona, che non ha impartito la benedizione ad una donna, musulmana sposata con un cristiano, morta insieme a suo marito nel crollo, a seguito di uno scoppio, della palazzina in cui viveva. Non voglio approfondire se la signora si stesse convertendo o no, come sembra, e cosa dica in proposito il diritto canonico, dietro il quale si rifugia il prete. Don Gallo raccontò, tempo fa, di essere stato chiamato a rapporto dal suo vescovo ed essersi presentato con una maglietta, regalatagli dall’attore Paolo Rossi, con su scritto: “Dio esiste, ma non sei tu”. Non so se questo prete conosca Paolo Rossi, difficilmente credo che potesse apprezzare Don Gallo: i suoi parrocchiani però una maglietta dovrebbero regalargliela: Se Dio esiste, stai certo che non sei tu.
(82. continua)