Il  mio 25 aprile

Amiche e amici, da reduce e resistente quale sono mi sembra naturale lasciare delle tracce su come ho festeggiato questa giornata di festa (“Il 25 aprile non è una ricorrenza, ora e sempre resistenza”, gridava un bel gruppo di ragazzi e ragazze che sfilava gioiosamente). Ma per non tediarvi butterò là solo qualche titolo, qualche impressione, qualche foto.

  • Milàn l’è un gran Milàn

In più di due anni è solo la terza volta che torno a Milano, dove prima del pandemonio mi recavo giornalmente: le prime due per bisbocciare con antichi compagni di merende, e questa per manifestare per la pace. Ah, dimenticavo le tre volte che sono andato a teatro, ma quelle non le considero nemmeno: il bus scarica il gruppone di pensionati con cui mi sono imbucato a pochi metri dal teatro, mangiamo velocemente, guardiamo lo spettacolo (spesso dormiamo) e ripartiamo. I banani di piazza del Duomo, di cui vi ho parlato qua, sono ormai rigogliosi.

  • Misteri di Trenord

Ho fatto i biglietti online; non so perché ma bisogna indicare l’orario in cui si intende viaggiare, ed hanno la validità di 3 ore a partire da quella che si è indicata. Le donne a 60 anni godono di uno sconto (anziani, o senior che è meno offensivo). Per scontare mia moglie, che tra l’altro non ne voleva sapere, mi sono sbagliato ed ho comprato il doppio dei biglietti. Così per risparmiare due euro ne ho spesi quindici in più: un affarone!  Su suggerimento del customer care ho fatto richiesta di rimborso: non ci spero molto, ma tentare era doveroso. Mia moglie veramente ha detto: ti sta bene. Ingrata.

  • Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano

Ogni volta che partecipiamo alla festa per l’anniversario della Liberazione (a occhio e croce da più di trenta anni) cerchiamo di abbinare l’utile col dilettevole: il piano prevedeva la visita ad una mostra al Palazzo Reale a cui far seguire il pranzo, in modo da essere in forze per affrontare il corteo. L’ideale di donna del Cinquecento veneziano con quelle curve accoglienti mi soddisfa, penso che mi sarei trovato bene. La mostra è stata interessante ma secondo me sconta il periodo incerto e non poteva essere grandiosa come altre del passato (ricordo Caravaggio, Antonello da Messina…); nel cortile un allestimento, libri che vanno a seppellire i carri-armati. Ma tra i governanti del mondo non sembra sia rimasta molta gente che legge libri.

  • Ma non c’era la crisi?

Per pranzo puntavamo alla Antica Focacceria San Francesco, piatti siciliani: purtroppo era piena, ed abbiamo dovuto ripiegare in un bar delle vicinanze. Che delusione! Uno spritz annacquato ed una pizza con ingredienti messi sopra a caso. Unica soddisfazione, nel tavolo di fronte due turiste (Russe? Ucraine? Comunque dell’est)  che evidentemente avevano molto più caldo di noi.

  • Il corteo

La partenza era prevista per le 14:30 dai giardini di Porta Venezia; raggiungendo il nostro gruppo abbiamo notato, in testa al corteo, le bandiere dell’Ucraina con qualche bandiera americana, che mi hanno creato perplessità; poi la sera ho saputo, dalla blogger Cambio d’Aria, che c’erano anche bandiere della Nato: evidentemente i radicali e Calenda non hanno trovato di meglio per far parlare di loro. Ci sono state contestazioni, come quasi tutti gli anni: ricordo la volta che la sindaca Moratti sfilò spingendo suo padre in carrozzella, trovai davvero stupidi quelli che la fischiarono, anche se il motivo era che era esponente di un partito che i post-fascisti li aveva sdoganati. Sono molto più solidale con chi quest’anno ha fischiato chi è d’accordo con l’aumento delle spese militari e l’invio di armi! Comunque c’era tantissima gente, siamo riusciti ad entrare in piazza solo alle 16:30, proprio in tempo per sentire il discorso del segretario della Cgil Maurizio Landini e di seguito la chiusura del presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo (entrambi attaccati furiosamente nei giorni precedenti per la loro contrarietà all’invio di armi: ormai chi non è allineato è considerato un nemico… addirittura per l’Anpi hanno coniato la disgustosa: Associazione Nazionale Putiniani d’Italia).

  • Rito?

Mentre in altre occasioni avevo il dubbio di stare partecipando ad un rito consolatorio, questa volta mi è sembrato invece di far parte di un popolo vivo; sarà stato che il giorno prima c’era stata la Marcia della Pace Perugia-Assisi, ma questa mi è sembrata la naturale continuazione: la mia impressione è che la stragrande maggioranza dei partecipanti, al di là della solidarietà con la povera gente ucraina, non credesse affatto che mandando più armi la guerra finirà prima e che fosse anzi preoccupata per l’allargamento con prospettive terribili; smarrita ed indignata per l’inazione dei governi che, appiattiti sulle direttive Usa e Nato, non si adoperano per cercare davvero la pace. Popolo vivo, insomma, ma rappresentato davvero male.

E finalmente siamo tornati a casa… a sera non mi sentivo più i piedi, e mi sono addormentato tutto storto sul divano, e così mi sono fatto venire pure il torcicollo. Cosa non si fa per la libertà!

Amiche e amici, ci avviciniamo al primo maggio, bei tempi quando si andava per prati a mangiare fave e pecorino.  Io lo farei anche, ma poi chi mi rialza? A presto!

Tre stelle per Olena – 30

Amaru Timu stenta a comprendere quello che l’anziana cuoca gli sta dicendo.
«Mia madre? Ma è assurdo, come fai a sostenere una cosa del genere, non mi vedi? Io sono maori, tua figlia è…» dice indicando la fotografia, con una strana inquietudine che gli sale alla gola.
Palmira lo guarda con tenerezza, cogliendo lo smarrimento negli occhi del gigante.
«Lascia che ti racconti questa storia, poi deciderai tu stesso se è assurda o meno» risponde Palmira, prima di iniziare il suo racconto.
«Sono nata nel 1949, mio padre volle chiamarmi Palmira perché l’anno prima c’era stato l’attentato a Palmiro Togliatti, il capo del Partito Comunista Italiano. I miei erano contadini, la vita era dura, non c’erano mica tutte le macchine che ci sono adesso, e noi bambini cominciavamo presto ad aiutare dove c’era bisogno, nei campi, nella stalla, nell’orto… adesso lo chiamano lavoro minorile, che fortunati. Da ragazzina mia madre per tirar su qualche soldo mi mandava a vendere le uova in paese; ero caruccia ed educata, così la moglie del farmacista mi notò e siccome aveva bisogno di qualcuno che tenesse in ordine la casa e curasse il bambino ed io ero già pratica con i miei fratelli, chiese ai miei genitori se potessi andare da loro qualche ora al giorno. Così, senza nemmeno chiedermi se io fossi d’accordo, i miei dissero di sì e così dalla settimana dopo iniziai ad andare a casa loro. In realtà io ero ben contenta, figurarsi, i signori erano molto gentili, il lavoro per niente faticoso, mi sentivo quasi in vacanza. Piano piano mi chiesero anche di fare qualche commissione, andare al mercato, consegnare qualche medicina a qualche anziano che faceva fatica a muoversi… per me era tutta una scoperta, abituata alla campagna la vita di paese mi sembrava tutta diversa, mi sentivo quasi una signora… mi davano solo un po’ fastidio, quando mi capitava di passare davanti al bar della piazza, gli sguardi degli uomini che stavano seduti ai tavolini a bere e giocare a carte, o dei ragazzi che facevano battutine parlando sempre a voce troppo alta. Tra questi però ce n’era uno che mi piaceva, e ogni volta che mi capitava di incrociarne lo sguardo mi faceva arrossire»
«Un giorno, mentre tornavo a casa dopo aver fatto la spesa, me lo trovai davanti nel vicolo che portava alla casa dei farmacisti. Mi sentivo il cuore in gola, e ricordo che mi guardai intorno per vedere se ci fosse qualcuno, ma eravamo soli… mi si avvicinò sorridendo, aveva qualche anno più di me, moro, abbronzato… mi disse solo: “Lo sai che Palmira era soprannominata la Sposa del Deserto?” Io rimasi inebetita, non mi aspettavo che mi rivolgesse la parola, non sapevo di che stava parlando e non sapevo nemmeno come facesse a sapere il mio nome. Arrossii come un peperone, e balbettai un “No” chiedendomi chi fosse la Palmira di cui parlava e cercando di scansarlo, ma si era messo davanti e non mi lasciava passare. Continuò a parlare: “Palmira deriva da palma, dalle palme delle oasi attorno a cui sorgeva la città… ci passavano le carovane che attraversavano la Siria, era una città importantissima, un regno addirittura”. Alzai gli occhi e vidi che stava sorridendo, mi stava prendendo in giro, parlava di una città, non di una donna! Allora presi un po’ di coraggio ed a mia volta gli chiesi: “E Torello allora da che deriva?”. Vidi che rimase colpito, non pensava che conoscessi il suo nome… sorrise ancora di più, e mi rispose “Quando sono nato pesavo 4 chili e duecento grammi, mi hanno chiamato Salvatore, come mio nonno, ma quando il prete mi ha battezzato si è mise a ridere “Salvatore Salvatorello… torello di nome e di fatto!” e da allora per tutti sono rimasto torello”. Poi si avvicinò ancora di più, sentivo il profumo della brillantina che aveva nei capelli, mi sentivo morire… mi chiese “Ti dispiace se quando torni a casa ti accompagno per un pezzo?” in un modo che non seppi dire di no… così da quel giorno mi aspettava fuori dalle mura del paese, e mi accompagnava fino alla stradone di casa mia, e facevamo la strada insieme stando attenti che nessuno ci vedesse insieme perché si sa, le voci corrono…»
«E brava Palmira» la canzona Amaru. «Quindi aveva un fidanzato… continuo però a non capire cosa c’entro io in tutto questo»
Palmira alza un braccio, a frenarne l’impazienza.
«Se hai ancora un attimo di pazienza, capirai»

«Porco mondo, quella pollastra mi sta facendo andare via di testa. Non capisco, non mi era mai successo…»
Fiona, la cavalla, si scrolla di dosso i rametti spezzati del cespuglio nel quale i due amanti clandestini si sono rifugiati.
«Non preoccuparti Flettino, sono cose che capitano…» dice muovendo la lunga coda.
«No che non capitano! O almeno, a me non era mai capitato, non sono mica un parrocchetto!» dice l’Ara Macao padano, con stizza.
«E va bene, non farne una tragedia adesso. Anzi, sai che ti dico: è meglio così»
«Meglio così un corno, non abbiamo fatto niente!» strepita il pappagallo innervosito.
«Appunto, non abbiamo fatto niente. Così almeno non dobbiamo sentirci in colpa con la povera Kocca, non l’abbiamo tradita. Non ti senti meglio?» chiede la cavalla, sbocconcellando un ciuffo d’erba.
«Sentirci in colpa, stare meglio? Ma che diamine stai dicendo, pezzo di equina, quella mi cornifica H24 e io dovrei sentirmi meglio se non riesco a renderle la pariglia almeno una volta? Ma questo è un mondo a rovescio!» arruffa le penne Flettàx.
«Allora venivi con me solo per ripicca!» lo attacca la cavalla. «Non era vero niente che ti affascinava il mio mantello, il mio incedere regale e la forma artistica dei miei quarti posteriori! Sei un bugiardo!» nitrisce Fiona, sdegnata.
«Ma no, non prenderla così… i tuoi quarti posteriori tra l’altro sono notevoli. Quello che volevo dire è che se lei vuole l’amore libero renderle pan per focaccia non è nemmeno da considerare tradimento» argomenta il pennuto, non rendendosi conto di aggravare la propria posizione.
«Ha ragione Kocca a metterti le corna, te le meriti tutte! Sei solo un prepotente, un maschilista, un buzzurro, un vanitoso, e pure impotente! Sei… sei… sei… una cocorita!» lo apostrofa Fiona, andandosene ondeggiando e lasciandolo a becco aperto.
Flettàx, inebetito dall’enormità dell’offesa, stenta a riprendere fiato, poi infine recupera un po’ dell’antico orgoglio e grida dietro alla cavalla:
«Brava, vattene, vattene, è meglio per te! Ronzina spelacchiata, porta il tuo tafanario lontano dal mio becco! E per tua norma e regola, io non sono per niente vanitoso!» garrisce il pappagallo sovranista, gonfiando le penne del petto.

What a great idea!

Amiche e amici, stavo sprofondando nella depressione più profonda quando il pirotecnico premier inglese ha lanciato l’ideona: deportare gli immigrati clandestini in Ruanda! Al modico costo di 120 milioni di sterline si toglie dai piedi una decina di migliaia di richiedenti asilo, che dice gli costano sui 5 milioni al giorno in alberghi e gozzoviglie come mangiare e bere. Il Ruanda, la cui accoglienza è proverbiale nell’universo creato, è ben lieto di ricevere gli ospiti forzati, e sostiene che userà i soldi ricevuti per far star meglio sia autoctoni che immigrati. Che afflato umanitario e altruistico! Gli altri paesi si stanno mordendo i gomiti, perché non ci hanno pensato prima? Anche se, a rifletterci, non è poi tanto diverso da quanto facciamo noi con la Libia, con la differenza che la Libia è più vicina e gli immigrati vengono fermati prima di partire. Forse a questi poveretti converrebbe essere mandati in Ruanda, piuttosto che nelle galere, pardon, nei centri di detenzione libici.

La guerra in Ucraina va avanti; ha voglia il Papa a sgolarsi che non è con le armi che si arriva alla pace, ma figurarsi se tra questi cristianoni che governano, sempre pronti a battersi il petto a favore di telecamera, ci sia qualcuno che gli dia retta. Qualche timido belato di protesta contro le decisioni americane di fomentare ancora di più la guerra inizia a levarsi, dalla Francia soprattutto (anche perché ci sono le elezioni), ma non certo dalle nostre parti. Anzi, noi per sostituire il gas russo stiamo prendendo accordi persino con Al-Sisi, insomma per Giulio Regeni i migliori non chiedono più la verità, ma il gas. Pecunia non olet, diceva quel tale. Nel frattempo sempre i migliori, dopo due anni di Covid (che non è ancora finito, e sta ancora facendo ogni giorno solo in Italia più morti della guerra) non hanno trovato di meglio che ridurre, in percentuale sul bilancio, le spese sanitarie. Ma ci sono o ci fanno? Mentre addirittura il concorso per medici di famiglia qua in zona è andato deserto, per mancanza di candidati. Con questi difensori della salute è meglio cercare di non ammalarsi…

L’altra sera all’Eredità hanno fatto domanda, sulla ricerca di non so che Istituto che ha studiato quale attività da fare prima di andare a letto impedisse di russare (a proposito: si può ancora dire russare? Non bisognerà dire ucrainare? E l’insalata russa è ancora russa?) e la sorprendente risposta è stata: cantare. Cioè, secondo questi ricercatori, che avranno passato giorni se non mesi e forse anni a studiare il fenomeno, se si canta prima di coricarsi non si russa perché si liberano le vie aeree. Mia moglie smentisce categoricamente questa ricerca e anzi sostiene che dopo che torno dalle prove del coro russo (o ucraino) come un mantice. Non posso smentirla perché a meno che la sua sia pura invidia del fatto che dormo come un angioletto ogni tanto sento qualche gomitata a tradimento che mi sveglia. La nonviolenta! Siamo anche andati alla marcia per la Pace, quindici giorni fa, e probabilmente andremo anche alla prossima Perugia-Assisi, non so che effetto sortirà ma se non altro servirà a smaltire le mangiate pasquali. Mi accusano di essere cinico, a me pare di essere tristemente realista, e spero naturalmente di sbagliarmi.

 Mio figlio dice che dobbiamo smetterla di pensare sempre alle cose brutte, e per dimostrare il suo ottimismo sta cercando una casa per andarsene finalmente a vivere da solo. Io alla sua età l’avevo già fatto da dieci anni e mi ero pure sposato, forse erano altri tempi. Comunque abbiamo iniziato a vedere delle case, anche perché ai “ragazzi” sotto ai 36 anni vengono fatte delle buone offerte per quanto riguarda i mutui, i tassi sono abbastanza favorevoli e una parte del prestito (o anche tutto, per i redditi Isee sotto i 40.000 euro) è garantito dallo Stato. Finora quello che ho registrato è: i bilocali costano un occhio della testa e sono perlopiù dei loculi; gli affari si fanno con le case vecchie, ma i costi di gestione poi sono alle stelle; gli affitti costano più dei mutui. In più la guerra e l’insicurezza sta spingendo chi ha due soldi da parte a buttarli come sempre sul mattone, per cui si sta creando una vera e propria bolla. Tra l’altro, non pensavo che ci fossero così tante immobiliari, sono tantissime. Alla fine sto meditando se lasciargli la nostra di casa, e andarcene via noi, magari al mare, non sarebbe una buona idea?

Amiche e amici, con questa vi saluto e auguro a tutti una serena Pasqua; tra i miei propositi, tra una cantata e una russata, ci sono quelli di spegnere la TV, mangiare e bere in compagnia, fare qualche passeggiata ed imbiancare il bagno ma quest’ultimo difficilmente lo realizzerò.

Fate l’amore, e non la guerra!

Le uniche bombe che ci piacciono

Odette è morta

Ieri sera al teatro Sociale di Como la compagnia del Balletto Classico Ucraino avrebbe dovuto rappresentare il celeberrimo “Il lago dei cigni”, capolavoro di Piotr Ilic Ciajkovskij, un’opera rappresentata in tutto il mondo da tutte le compagnie del mondo. Per un profano come me, dire ballo vuol dire Lago dei Cigni (o al massimo, Lo Schiaccianoci, sempre di Ciajkovskij) ma c’è un problema: Ciakovskij, morto nel 1893, era russo. Per la verità anche gli ucraini in maggior parte erano russi, ma questo è un dettaglio.

Gli artisti quindi hanno deciso di non rappresentare l’opera ma di eseguire Giselle, bel balletto per carità, tra l’altro pezzo forte di Carla Fracci. Sarebbe stato meglio un balletto di un autore ucraino, chissà come mai non ci hanno pensato.

La giustificazione della manager ucraina è stata la seguente (la riporto pari pari dal giornale locale):

«La situazione che si è creata è, per noi, molto dolorosa. Siamo stati costretti, nostro malgrado, a non rappresentare, nel vostro Teatro Sociale, “Il lago dei cigni” di Čajkovskij, sostituendolo con “Giselle”. Noi diciamo sempre che la danza non ha confini e che l’arte e la cultura non c’entrano con la guerra, ma in questo caso, benché possa sembrare assurdo, purtroppo c’entrano, eccome».

Poiché tra gli organizzatori della manifestazione c’era la Caritas chiedo a loro se questo sia il modo di favorire la pace, strumentalizzando perfino gli artisti e l’arte che dovrebbero invece essere ponti per la pace. Se questo è il modo di seguire le indicazioni di Papa Francesco! Sono comunque sollevato perché ero stato invitato ma per fortuna avevo altri impegni, altrimenti mi sarei alzato e avrei chiesto il rimborso del biglietto.

Oggi sentivo alla radio che il ministro degli esteri ucraino a Bruxelles ha chiesto alla UE, chiamandoli(ci) alleati, solo tre cose: armi, armi, armi. Perché è così che si arriverà prima alla pace.

Io comincio a sentire parecchia insofferenza tra amici e conoscenti verso questo atteggiamento, al di là della umana pietà verso la gente che soffre. Non si coglie una vera volontà di fare la pace, ma anzi quella di portare le cose all’estremo, verso la catastrofe finale. Il TG è ormai diventato Tele-Kiev, non si riesce più a guardare ed anche qui ormai si genera ripulsa. Vogliono abituarci alla guerra mondiale?

Io credo che cominci a diventare urgente, se davvero si vuol continuare a mandare armi, studiare il diritto di guerra (anche la guerra ha delle regole, anche se pare strano: ad esempio quando vedete un palazzo sventrato viene naturale pensare alla crudeltà ma bisogna chiedersi se ci fossero dentro dei militari che sparavano, ad esempio, o peggio dei civili_ dico peggio perché i civili combattenti hanno meno tutele dei militari, e per avere un trattamento almeno simile a quello dei militari in caso di cattura devono rispettare delle regole precise, non importa se si difendano o attacchino; insomma non si può pigliare il fucile e sparare dalla finestra a casaccio, bisogna essere riconoscibili e inquadrati in qualche formazione_ ; bisogna chiedersi se quelli che sparavano dal palazzo hanno fatto prima allontanare i civili che ci abitavano o li hanno usati come scudi _ anche questo sarebbe un crimine di guerra_ preciso che sono solo esempi, senza nessun riferimento all’attualità di cui NON sappiamo niente perché le informazioni arrivano solo da una parte) perché fino ad un certo punto mandare armi è ammesso, e solo certi tipi: ma manda e rimanda, è un attimo che ci si trova una bomba atomica nel giardino.

E intanto il mago Rothbart se la ride…

S come Sorro

Amiche e amici, finalmente dopo tre mesi di siccità è arrivata un po’ di pioggia! Tutto merito dei migliori, sono finiti i tempi oscuri in cui la plebe malmostosa masticava tra i denti ”piove, governo ladro”, ora ci si genuflette all’unanimità ringraziando con un sentito “piove, governo Draghi”.

A voler essere pignoli da queste parti ogni volta che arriva il luna park inizia a piovere; e anche quest’anno, puntualissimo, appena i giostrai hanno piazzato i loro camion, roulotte e montato i giochi, Giove pluvio li ha accolti con l’acqua benaugurante. Dopo due anni di astinenza quest’anno la grande piazza d’armi che li ospita, a pochi passi da dove abito, si è riempita all’inverosimile: spero davvero che riescano a guadagnare qualcosa, purtroppo io non avendo più bambini piccoli o nipotini potrò contribuire poco. Però con la generosità che mi contraddistingue ho proposto di ospitare due o tre profughe ma devo dire che non tutta la famiglia ha risposto positivamente, sospettando secondi fini che hanno seriamente ferito il mio animo sensibile.

A proposito di Draghi, l’altro giorno si è recato a Napoli dove ha scoperto la questione meridionale ed ha promesso di metterci mano; una emorroissa gli ha toccato il sacro manto ed è stata risanata; naturalmente ha assistito ad un concerto in favore degli ucraini; è stato duramente contestato dai disoccupati che gli chiedevano conto dell’aumento delle spese militari e del taglio ventilato o addirittura dell’abolizione del reddito di cittadinanza, ma di questo sui TG nazionali non è passato niente, e poi il regime sarebbe in Russia.

Ha anche chiamato Putin per informarlo che la richiesta del pagamento in rubli del gas che ci viene copiosamente fornito viola i contratti in essere; pare che Putin dopo aver chiesto alla centralinista “Draghi chi?” lo abbia rassicurato sull’andamento della guerra e di non preoccuparsi, che a pagare e morire c’è sempre tempo; e sulle insistenze del nostro premier abbia infine risposto “se non ti sta bene fammi causa”. Il ministro dell’energia dice che non dobbiamo preoccuparci perché siamo in grado di sostituire in breve tempo gli approvvigionamenti. Prepariamo i cappotti…

Siamo fuori dall’emergenza Covid, ma del resto come profetizzava Checco Zalone a Sanremo ormai i virologi non li calcolava più nessuno: non è che sia proprio sparito il virus ma finalmente si è smesso di parlarne. Da ieri docenti non vaccinati sono potuti tornare a scuola ma non si sa bene a fare che, dato che non possono insegnare: ditemi voi se non è una stupidaggine grossa come una casa. Siamo un paese che ha impedito di lavorare a delle persone sane e le ha messe ai margini della società, ma il dittatore è Putin…

A proposito di dittatori, la mediazione tra Russia e Ucraina è stata affidata a Erdogan, che saggiamente si è rifiutato di aderire alle sanzioni (“se bruciamo tutti i ponti poi chi ci sarà a parlare di pace?” _ ha detto ragionevolmente_). Quindi l’occidente si è messo ancora una volta nelle mani del sultano, che giustamente a suo tempo chiederà il conto. Lo stesso occidente, tra cui noi, che continua a mandare armi (l’avvinazzato premier inglese l’altro giorno ha detto che 35 paesi stanno mandando armi in Ucraina: armi che non si sa nemmeno che fine facciano, l’altro giorno è stato abbattuto un elicottero ucraino con un razzo Stinger americano…)  Che questo sia un modo di volere la pace mi riesce abbastanza difficile da credere. Si assiste ad una corsa agli armamenti, addirittura la Germania annuncia un programma di 100 miliardi di euro (quando il budget della Russia è di 70 miliardi): dovremmo preoccuparci del riarmo dei tedeschi, da quelle parti non è mai venuto niente di buono. L’altro giorno L’Avvenire (forse l’unico giornale che si possa ancora leggere di questi tempi) in un articolo diceva che l’Europa già ora spende 300 miliardi di euro l’anno per la difesa (esclusa la UK, più del quadruplo di quanto spende la Russia… per non parlare degli Usa, che di miliardi ne spendono 700 e Biden ha proposto di portarli addirittura a 800 (proposta che verrà sicuramente accolta, mentre di allargare l’assistenza medica non se ne parla: questo è il faro di civiltà che ci guida).

La Germania ha deciso di mettere fuori legge la Z, che è la lettera dipinta sui carrarmati russi. Sarà vietato anche trasmettere i film di Zorro? Pare poi che in solidarietà con gli ucraini i bambini veneti non verranno più chiamati putèi, ma zelèi.

Ma finiamo con cose belle: lo scorso weekend ci sono state le aperture FAI di primavera, ho visto dei bellissimi posti e ve ne racconterò a parte. Suggerisco solo di tenere d’occhio Asso, dove una associazione locale propone delle belle mangiate nella piazza del mercato (polenta e salamelle, polenza e zola, rustisciada con polenta…).

Stasera sarò a Milano, al teatro Strehler, a vedere Il Purgatorio: vi racconterò anche di questo, sempre che riesca a rimanere sveglio tutto il tempo.

A presto!