Cronachette dal paese dei migliori (13)

Amiche e amici, torno dalla breve vacanza veneziana ritemprato e dolorante: ritemprato perché ho sgombrato la testa dalle nuvole fosche che vi si stavano addensando, e dolorante perché ho camminato probabilmente troppo e mi fa male un’anca, oltre ad essermi sgarbellato un dito mettendo il trolley nella rastrelliera dell’Italo, per fortuna al viaggio di ritorno.

Girare Venezia senza la folla di turisti è bellissimo, quasi irreale: non so quanto tempo passerà ancora prima di vedere Piazza San Marco semivuota come era venerdì, forse ci vorrà un’altra pandemia. Già sabato e specialmente domenica l’affluenza era aumentata, quasi tutti italiani ma anche qualche straniero, in prevalenza tedesco. Anche a Como, leggevo oggi sul giornale locale, sono tornati i tedeschi: il tassista che ci ha portati a casa ieri sera dalla stazione minimizzava e poi si lamentava che i tedeschi spendono poco, insomma amico contentati, anche loro hanno avuto i loro problemi mi pare…

A Venezia ero stato diverse altre volte ma mai per più di un giorno e confesso che ero andato poco oltre i luoghi canonici come Piazza San Marco, il Palazzo Ducale, il ponte dei Sospiri ed il ponte di Rialto; tra l’altro c’ero stato un paio di volte in occasione della regata storica e non si riusciva nemmeno a camminare, mentre la primissima volta ero stato insieme al mio coinquilino siculo di Parma per il Carnevale: e incredibile tra le migliaia di persone presenti, fatti pochi passi fuori dalla stazione incontro una ragazza del mio paese, sorella di un mio caro amico, che era a Venezia a studiare architettura: fenomeni paranormali, serendipity, non so. Fatto sta che ci siamo dati appuntamento al pomeriggio, avrebbe dovuto portare un’amica ma non ci siamo più visti.

L’albergo era in posizione strategica, tra Piazza San Marco e Rialto, comodo per ogni spostamento, sia a piedi che ovviamente con il vaporetto. Che costicchia, ma è indispensabile e comunque il biglietto cumulativo si ripaga dopo pochi viaggi. Il distanziamento è aleatorio, viene fatto un controllo sul numero massimo (ridotto rispetto ai tempi normali ma pur sempre notevole). Certo che una volta quando a Venezia si parlava di maschere si pensava a tutt’altro… Sabato sera assembramenti a Rialto, ma non li posso biasimare perché sicuramente se avessi avuto venti anni e con tutte quelle ragazze intorno mi sarei assembrato anch’io.

Abbiamo visitato con tutta calma S.Maria della Salute, San Giorgio con il Campanile con visuale su tutta Venezia, Burano e Murano (Burano splendida con le sue casette colorate, sembra di essere a Copenaghen o forse viceversa); certo questi non vedono l’ora che si riempia di nuovo perché campano con i turisti, ma egoisticamente io sono stato molto contento di camminare senza essere spintonato.  A San Marco, che avevamo visitato in passato abbastanza bene, siamo entrati solo per ammirare la Pala d’Oro; l’arte ha avuto una buona parte con la Scuola Grande di S.Rocco con le sessanta tele del  Tintoretto e le Gallerie dell’Accademia, dove mi ha colpito il ciclo restaurato di S.Orsola. Ma naturalmente questa per me era solo una scusa: quello che cercavo era solo camminare all’aria aperta, mangiare e godere di altre attività ricreative sacrificate ai lockdown. L’aria aperta mi ha fatto bene, il colore bianco smart-working si è un po’ attenuato; per pranzare e  cenare abbiamo trovato diversi posticini dove mangiar bene senza svenarsi e per le altre attività non mi posso lamentare. I ristoranti erano abbastanza pieni; sabato ho fatto fatica a prenotare, ho richiamato anche quello dove eravamo stati il giorno prima che mi ha detto che all’esterno era tutto pieno però se avevo la partita Iva mi poteva far mangiare all’interno, facendo una specie di contratto di somministrazione. Io la partita Iva l’avrei ma mi è sembrato un po’ esagerato, considerato poi che da domani si potrà mangiare dentro; comunque siccome la sera minacciava pioggia (che non ha fatto) in un’altro ristorante ho chiesto di mangiar dentro e non hanno fatto un plissé, avranno applicato le regole della Repubblica Serenissima?

Rombo di 1,2 kg al forno con patate, pomodorini e olive taggiasche. Altro che Pfizer!

Mia moglie avrebbe voluto visitare la Biennale di Architettura ma non me la sono sentita; siamo arrivati solo fino all’Arsenale, dove c’è il Salone della Nautica, senza però entrare.  Una visita strana, perché casuale, è stata invece alla Chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri di Malta o San Giovanni dei Furlani, dove il custode vedendoci avvicinare ci ha invitati ad entrare e ci ha raccontato tutta la storia. I Cavalieri di Malta avevano moltissimi possedimenti lì intorno, Napoleone glieli ha portavi via (non senza ragioni) ed una parte è poi ritornata. Contiene una bella pala d’altare di Giovanni Gentile recentemente restaurata (curiosità: siccome l’opera è ora dello Stato Italiano che l’ha data in usufrutto perpetuo ai Cavalieri di Malta il restauro si è dovuto fare completamente dentro il priorato).

Quando lavoravo per una ditta di Padova il fratello di un mio collega aveva abbandonato un posto fisso per mettersi a fare il gondoliere: chissà se l’avrà rimpianto in questo anno?

Abbiamo viaggiato con Italo, puntualissimo sia all’andata che al ritorno; il distanziamento viene mantenuto bene, le coppie o le famiglie possono viaggiare insieme facendo il biglietto apposito. Sul treno locale che ci ha riportato da Milano a Como una scena indicativa dei tempi: una signora continuava a tossire, ed un ragazzo che le sedeva davanti ad un certo punto si è alzato e l’ha giustamente apostrofata, dicendole di mettersi almeno le mani davanti alla bocca.

Ed eccoci qua, amiche e amici, ritornati al tran tran: domani avrà le sue pene, ma intanto questi giorni ce li siamo goduti. A presto!

E la mascherina?

Cronachette dal paese dei migliori (12)

Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso… e anche Burgnich, la roccia, se ne è andato. Meglio così, Tarcisio, e perdona se ti chiamo affettuosamente per nome ma per me sei stato come un amico più grande, uno dei miti della mia giovinezza: questo mondo non è più per persone come te, serie, dure ma corrette, gente di sostanza e di cuore, capace di risorgere dopo i tradimenti, di lottare sempre, di schivare e schifare i riflettori e le ruffianerie. Il calcio è diventato una merda, Tarcisio, e non solo quello: lassù ritroverai tanti compagni della squadra più forte del mondo, rimettiti in forma roccia, che quando sarà il mio turno verrò a cercarvi per applaudirvi ancora e magari, chissà, mi permetterete di palleggiare insieme, in paradiso tutto è possibile…

Nello stesso giorno i mercanti cinesi che hanno acquistato la “nostra” squadra si accordavano con l’allenatore per una buonuscita di sette milioni di euro, poco più della metà del suo stipendio di un anno: quanti milioni avreste dovuto guadagnare in proporzione voi, che avete vinto tutto? Tu e Giacinto, la coppia di terzini più forte della storia, cosa sareste stati oggi? O magari non vi avrebbero nemmeno fatto giocare, perché si preferisce prendere scarponi da tutto il mondo pagandoli anche a peso d’oro, con contorno di parassiti troie e ruffiani?

E a proposito di troie, pochi giorni fa era morto Franco Battiato. Povera Italia, aveva scritto, e come non riconoscersi nell’amarezza delle parole di quella canzone, quel “tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni”? Purtoppo con uno di quei buffoni ci era finito anche lui, quel Crocetta che lo volle come assessore nella sua giunta regionale siciliana (è ora di togliere l’autonomia alle regioni autonome, altro che darla anche alle altre) e poi, appena disse qualcosa di sgradito ai partiti ma verissimo, e cioè che in parlamento siedono decine forse centinaia di troie disposte ad ogni cosa per soldi, si affrettò a scaricarlo. Sessismo, che vergogna, rispetto delle istituzioni, si scatenarono le boldrine sciocche. Il rispetto bisogna meritarselo e le troie ci sono in tutti i sessi, ma certo è più facile alzare polveroni su una parola che condannare chi per soldi cambia casacca e fa cadere un governo. E  la vogliono far passare per politica?

Dichiaro qua, una volta per tutte, che non me ne frega niente di Lukashenko e di Navalny. Mi indignerò per i diritti umani dei paesi che ci stanno antipatici solo quando la stessa indignazione ci sarà per gli “amici”: Erdogan, i libici, gli sceicchi, gli egiziani… finché i  “dittatori che ci fanno comodo”, come ha detto il Migliore dei Migliori, possono fare  quello che vogliono, di Lukashenko me ne frego. Tra l’altro ho visto in tv una cosiddetta oppositrice democratica con alle spalle una bandiera vagamente nazista: anche questa una nostra amica? Ad esempio, vogliamo dire che l’amico Netanhjau per il suo esclusivo tornaconto ha creato ad arte una provocazione e all’ovvia risposta di Hamas ha mandato l’aviazione a spianare Gaza, facendo più di 200 morti per la maggior parte civili, contro i 10 che ha avuto Israele?  (Ricordo che la proporzione nazista per le rappresaglie era di 1:10, qui mi sembra siamo ben oltre, ma Israele è ovviamente democratico. Ma uno stato è democratico solo perché si vota? No, perché allora si vota anche in Bielorussia, che ci piaccia o meno).

E, giusto per essere coerente, non me ne frega niente nemmeno di ddl Zan: i cosiddetti diritti civili a buon mercato quando i diritti sociali vengono calpestati tutti i giorni non mi appassionano. Tanto per dire, dei 40 miliardi sbandierati ai destinatari di bonus e di reddito di emergenza non è ancora arrivato niente: ma come, non dovevano essere soldi pronti e “veri”, come se gli altri avessero dato quelli del monopoli? E come mai la nostra informazione così attenta ai Lukashenko non dice che il 74% degli aiuti finora è stato preso dalle aziende, che ogni giorno piangono miseria?

Piangono sempre, tutti… diamine, non riaprono le piste da sci, disastro nazionale: e poi succede che appena riaperta una funivia pur di non perdere qualche giorno di guadagno tolgono le sicurezze facendo morire la gente. Che poi purtroppo a volte i lavoratori, mi dispiace dirlo, ci mettono del loro: quanti  infortuni sono occorsi in fabbrica perché per fare più produzione gli stessi operai disattivano le sicurezze per sostenere i ritmi, o per compiacere i capetti o a volte solo per stupide gare?

Certo amiche e amici direte: ma che ti è successo oggi Giò che hai una parolina buona per tutti, ti ha morso la tarantola?

E’ che è morto anche un mio amico del paese, poco più giovane di me, ci chiamavamo l’uno l’altro “socio”, come di due che ne avevano fatte parecchie. E’ morto di Covid ma non di Covid, ovvero aveva dolori da qualche tempo ma tra esami rimandati e ricoveri impossibili si è ridotto che non stava più in piedi: andato al pronto soccorso l’hanno fatto aspettare in macchina perché mancavano letti, senza nemmeno guardarlo e con dolori lancinanti (una infermiera gli ha detto testualmente: “e che ci posso fare, mica posso prenderlo in braccio”); finché finalmente dopo ore l’hanno ricoverato e gli hanno fatto la morfina, e hanno congedato la moglie dicendogli che l’avrebbero avvisata loro, perché con il Covid non si può stare vicini ai propri cari, nemmeno se stanno malissimo. Infatti la mattina dopo l’hanno chiamata, ma solo per dirle che suo marito nella notte era morto: aveva un tumore in stato avanzato, l’oncologo ha chiesto alla moglie il permesso per fargli l’autopsia dato che “è strano perdere dei pazienti così velocemente”. La moglie è stata molto signorile ed ha solo detto che era meglio se l’avessero guardato quando era vivo piuttosto di indagare ora che era morto: a che serve, a chi? Tanto lo metteranno nelle statistiche Covid. Ecco, questo è come siamo ridotti dopo un anno di pandemia, non siamo nemmeno riusciti a separare gli infetti dai sani, grazie ai nostri ospedali pensati da cervelloni per il comodo dei dottori, non dei malati.

Adesso smetto, amiche e amici, perché la rabbia è troppo forte, mi serve una pausa:  ho prenotato un weekend a Venezia e spero che nel frattempo tutti i migliori se ne vadano a quel paese.

Cronachette dal paese dei migliori (11)

La scorsa domenica ho deciso di godere della libertà che il governo dei Migliori ci ha graziosamente accordato e così ho dato forfait al coro parrocchiale e aderito all’invito di una coppia di amici per andare a visitare l’Oasi Zegna, vicino Biella. Una delle coriste alla mia comunicazione tardiva e laconica ha risposto che pregherà per me: male non fa, anche se forse è un tantino prematuro.

L’Oasi Zegna prende il nome da Ermenegildo Zegna, che in quei luoghi impiantò all’inizio del secolo scorso il lanificio che fece la sua fortuna; un mecenate di altri tempi che decise di collegare i paesini sparsi per i crinali con una bellissima strada panoramica, diede impulso al turismo facendo costruire una funivia (tragico che mentre tornavamo a casa alla radio passava la notizia del disastro del Mottarone) e fece sistemare boschi, sentieri e belvedere per renderli fruibili ai posteri e dare ricchezza ai locali. Anni fa avevo una giacca Zegna che adoravo ed ho indossato fino allo sfinimento, ma questa è un’altra storia. Comunque sull’Oasi Zegna troverete tutte le informazioni sul web, quello che voglio riportare invece è stata la mia esperienza con la prima domenica di (quasi) liberi tutti. Tanta gente, direi rispettosa delle regole; mattinata di sole incerto, perciò siamo andati per prima cosa a visitare il giardino dei rododendri: purtroppo la fioritura è in ritardo, abbiamo potuto ammirare solo parzialmente i colori reclamizzati. Comunque camminando e ammirando si era fatta una certa e siamo andati alla ricerca di un posto dove mangiare. All’ufficio turistico (gentilissimi) ci avevano detto che non c’erano problemi e così speravamo ma non avevamo fatto i conti con la quantità di persone che si è messa in moto e col fatto che la capienza dei ristoranti è dimezzata, potendo servire solo all’aperto. Non avete prenotato? Ahi ahi, fino alle 14:30 tutto pieno… questo è stato il refrain che ci ha accompagnato; io avrei anche rinunciato a mangiare ma i nostri amici si erano fissati con un birrificio che avevamo visto all’inizio: così ci siamo seduti veramente alle 14:30 e abbiamo ordinato un tagliere di salumi e formaggi, per fare in fretta. Non l’avessimo mai fatto! Il tagliere si è materializzato alle 15:30 e dopo diverse sollecitazioni; mi sono offerto persino di andare personalmente ad affettare il salame che sono abbastanza esperto, ma niente. Qui apro e chiuso una parentesi: amici ristoratori, vi siete lamentati giustamente (forse) della sorte iniqua e ria, e quando c’è da lavorare fate aspettare un’ora per un tagliere? La prossima volta mi porterò i panini… insomma, siamo ripartiti alle 16:30. A quel punto era inutile continuare per l’Oasi, sarà per un’altra volta (con panini); ci siamo invece diretti a Ricetto di Candelo, poco lontano, un borghetto medievale ben conservato e benissimo tenuto: in origine dei magazzini fortificati, ora ospita artisti, botteghe di artigianato e ci si svolgono eventi. Tra l’altro se l’avessimo saputo prima saremmo venuti qua a mangiare, i locali sembrano non mancare.

Al ritorno coda in autostrada: quanto mi mancavano! Aggravate, secondo me, dal fatto che in auto non si può viaggiare in quattro se non si è conviventi: infatti noi siamo dovuti andare con due auto, raddoppiando spese e inquinamento: ha senso ciò? Non credo, forse i Migliori dovevano pensarci, invece hanno pensato bene di togliere il blocco ai licenziamenti dal primo luglio, all’inizio dell’estate: con che coraggio lo sanno solo loro. E c’è chi si balocca con la legge Zan…  

Dopo questa bella giornata sono arrivato a casa distrutto, non sono più abituato a stare in macchina tanto tempo e non mi piace nemmeno tanto guidare; datemi il mio divano, un libro e viaggio benissimo anche senza muovermi. Ermenegildo, saresti stato contento di tutto questo? Dubito. Se trovo un’offerta però un’altra giacca la comprerò, se dura come l’altra mi arriva minimo fino alla pensione… a presto, amiche e amici!

Tre stelle per Olena – 5

«Svengard, fratello, compagno di scorribande su e giù per i sette mari, come ti saltano in mente certe idee? Di certo il peso dell’elmo cornuto che hai portato in testa per troppo tempo si fa sentire. Ti dico che è una coincidenza!»
Seduto su un tronco posato sulla riva del ruscello che costeggia il bosco che ricopre un’ampia area della tenuta Uppallo I, il cantante norreno autore con il gemello minore Uppallo IV di canzoni popolari come Bejublad Äpplarö e Skarpö Brusen Ingmarsö¹, cerca di rassicurare l’agitato amico.
«Ma quale coincidenza, quella è venuta qua apposta, altroché! Ce l’ha ancora con voi, e lo credo bene dopo lo scherzo che le avete tirato!» insiste l’amico, con i lunghi capelli biondi scarmigliati dal vento.
«Se non avessimo esplorato insieme tutti i fiordi della Norvegia penserei che tu abbia dimenticato il vecchio detto vichingo “acqua passata non macina più”. Sono passati più di due anni…» minimizza il cantautore.
«Acqua passata un corno di bue muschiato! Il veleno l’hanno trovato proprio nel suo armadietto e non credo che ci volesse condire le aringhe. Dovete andarvene!»
«Ma chiunque avrebbe potuto metterlo lì, quegli armadietti sono chiusi con un lucchettino, basta una forcina per aprirlo. E poi la polizia ha detto di non allontanarsi» fa notare Uppallo I, esperto di effrazioni ma ligio alle regole.
«Tu pensala pure come ti pare, ma io ti dico che se siete furbi dovete stare lontani da quella donna come farò io, perché quella per colpa vostra ce l’ha anche con me!» e così dicendo Svengard si alza, abbranca il tronco lasciando appena il tempo al cantante di scendere e lo getta di slancio dall’altra parte del corso d’acqua.

Consumata con soddisfazione l’energetica colazione Gilda si dirige verso il suo Santa Sanctorum, dove la pratica di assumere tisane a base di erbe di mellifrace la sospinge con regolarità e dove nessuno è ammesso tranne l’anziana balia Serafina che l’ha vista nascere. Riscontrando una certa urgenza accelera il passo tacchettando sulle pantofole rosa, riuscendo comunque a scambiare qualche altro parere sulla serata precedente.
«James, chi ha scelto i candidati di quest’anno? Saranno dei bravi cuochi, ma certo non brillano per simpatia. Oddio, anche come cuochi non è che si siano sprecati: aringhe, cous cous, fagioli… e quell’altro, quel marcantonio di aborigeno, te lo raccomando. Per fortuna non ha portato il boomerang!»
«Il signor Timu è di origine māori, signora, il suo popolo per la caccia preferisce usare mazze ricavate da ossa di balena. Erano gli abitanti originari della Nuova Zelanda prima che arrivassero i coloni, li sottomettessero e li aggregassero alla Corona Inglese. Gli aborigeni abitavano invece l’Australia e…»
«James sei un divulgatore straordinario e starei volentieri ad ascoltare la tua puntata di Superquark» lo interrompe la Calva Tettuta, alla quale una fitta consiglia di accelerare il passo. «Mettiti in stand-bye, continuiamo più tardi. Potresti sondare con il māori se sa giocare a rugby? Vorrei ingaggiarlo per insegnare la haka² ai capiturno del pastificio, pensi che possa avere problemi sindacali?»

Dopo un breve stacchetto pubblicitario in cui vengono illustrate le proprietà benefiche di un preparato contro gonfiori intestinali e flatulenze, Alessandro Turchese riprende la presentazione:
«Signore e signori, una novità assoluta per il nostro concorso: dalla Nuova Zelanda, Amaru Timu! Amaru appartiene al popolo māori, pensate che discende addirittura dal capo Rewi Manga Maniopato che nel 1863 combattè contro gli inglesi. Amaru gira la Nuova Zelanda con il suo ristorante mobile, lo Hau Hau³, proponendo piatti della tradizione come l’Hangi di carne e verdure, o la Paua, la prelibata lumaca di mare, in brodo. Amaru, tu che sei considerato un ambasciatore della vostra cultura, potresti togliermi una curiosità?» chiede Turchese, con finto candore.
«Dici bene Alessandro, tramite i nostri piatti mi onoro di veicolare la nostra storia e la nostra cultura, che si impernia sull’amicizia tra i popoli e la tolleranza: sarò perciò lieto di rispondere alle tue domande» risponde il gigante dalla pelle bruna con un inchino.
«Mi domandavo, Amaru, e sono sicuro che anche i nostri spettatori se lo chiedano: visto che per preparare il vostro Hangi è necessaria una buca scavata nel terreno, come fate in scittà?» sogghigna il presentatore, suscitando l’ilarità del pubblico. Il fiero indigeno si erge in tutta la sua altezza e risponde con calma, mentre Turchese fa qualche passo indietro mettendosi a distanza di sicurezza.
«Ti ringrazio della domanda, Alessandro, che mi permette di chiarire un punto fondamentale della nostra cucina. Ma prima devo fare una premessa, e cioè che mio nonno Tangaroa mi ha sconsigliato di partecipare a questo concorso, perché sostiene che non avreste capito una mazza delle nostre usanze e pietanze. Ah, anche che il conduttore è un deficiente dice mio nonno, affermazione alla quale non ho ovviamente dato credito. Fino ad ora. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, prendiamo un martello pneumatico e facciamo un buco nell’asfalto» conclude Amaru, seraficamente.
«Ehm, grazie Amaru. Vuoi presentarsci il tuo piatto?» taglia corto Turchese, rimanendo a distanza.
«Volentieri, sono qui apposta. La mia creazione sono gli agnolotti ripieni di kiwi ripieni di kiwi»
«In che senso, scusa?» chiede il presentatore, confuso.
«Nel senso che gli agnolotti sono ripieni di kiwi ed i kiwi sono ripieni di kiwi. Non è difficile capirlo, se uno ha un QI appena nella media» risponde Amaru, che comincia ad innervosirsi. «Mio nonno mi aveva avvisato che nel vecchio mondo siete de coccio, ma non immaginavo tanto. Il kiwi, hai presente il kiwi? L’uccello col becco lungo. Viene farcito con il kiwi frutto, il frutto, quello verde. V-E-R-D-E. Entrambi formano il ripieno per gli agnolotti. Ti è chiaro adesso?» chiude il māori, avviandosi verso la sua postazione scuotendo la testa.

¹ Obladì Obladà e Pa’ diglielo a Ma’.
² La Haka è una danza tipica māori resa celebre dagli All Blacks, la nazionale di rugby neozelandese.
³ Pace e Bene in lingua māori.

Cultura a fasci!

Amiche e amici, il weekend sebbene non abbia offerto un tempo bellissimo ha comunque permesso di svolgere le visite che ci eravamo prefissi ai beni aperti nell’ambito delle Giornate di Primavera del FAI, Fondo Ambiente Italiano: Villa La Clerici, a Erba, e Villa Casana, a Novedrate. Come già per le scorse Giornate di Autunno, le visite erano possibili solo su prenotazione e con gruppi di massimo 15 persone alla volta (con una piccola elasticità di 2-3 al massimo); visite aperte a soci Fai e non soci, con un piccolo contributo di 3€ a testa.  Siamo andati con due diversi gruppi di amici, sabato ad Erba e domenica a Novedrate; in provincia c’erano altri beni aperti, alcuni esclusivamente per questo evento ed altri invece già beni Fai, come ad esempio la stupenda Villa del Balbianello ad Argegno o la casa Fogazzaro-Roi, luoghi questi che abbiamo già visitato in passato, e che i soci possono visitare quando vogliono senza attendere le aperture straordinarie come queste.

Queste giornate erano state precedute da una polemica di una associazione di guide turistiche professionali, che si lamentavano di non essere state utilizzate. La polemica mi sembra fuori luogo, queste giornate servono per propagandare il Fai, raccogliere donazioni e sollecitare nuove iscrizioni; le attività si basano su una rete di volontari encomiabile, in gran parte giovani ed entusiasti (tra l’altro spesso sono coinvolte delle scuole, anche ad indirizzo turistico, in modo da dare ai ragazzi anche la possibilità di fare esperienza): se il Fai dovesse pagare le guide professionali queste aperture non sarebbero certo possibili. Senza contare che, nell’anno di pandemia, il Fai come tantissime altre associazioni ha avuto una netta diminuzione di donazioni, per cui tanti lavori sono stati sospesi come tanti nuovi progetti sono stati posticipati. Care guide, il bersaglio è sbagliato: rivolgetevi al ministro Franceschini!

Ma, dopo questa difesa da appassionato (che per la verità ho dovuto fare con qualcuno degli amici venuti in visita), illustrerò brevemente quello che siamo andati a vedere.

Siamo in Brianza, zona operosa per eccellenza, forse anche troppo: Villa La Clerici era infatti un antico filatoio e filanda; semplificando molto, il filatoio è la parte dove dai bozzoli del baco da seta si estrae il filo di seta e la filanda è la parte dove si lavora questo filo e si produce il filo per la tessitura. Le macchine erano molto grandi e richiedevano molto spazio, il lavoro era duro e le operaie erano per la quasi totalità donne (“Cos’è cos’è che fa andare la filanda, è chiara la faccenda, son quelle come me”, cantava Milva). Questi Clerici erano dei geniacci, dismessa la filanda uno degli eredi che aveva conosciuto personalmente Thomas Alva Edison si è messo a produrre lampadine, diventando uno dei maggiori produttori italiano e vendendo infine alla Osram. Infine la struttura, che comprendeva anche un piano di alloggi per le maestranze, è stata trasformata in residenza, ancora oggi abitata nei mesi estivi; c’è un bel parco all’inglese dove la vasca che serviva ad affogare i bachi (la prima parte della lavorazione, per prendere il bozzolo non si poteva aspettare che il baco ne uscisse, avrebbe rotto il filo) è stata trasformata in piscina. All’interno abbiamo visitato il teatrino, una biblioteca, la sala da pranza ed il salotto, con tanto di pianoforte fatto costruire probabilmente in occasione di una visita in Italia di Wagner, e dove il maestro avrebbe suonato. Nella biblioteca una simpaticissima giovane guida ci ha parlato del capostipite, un giudice, e dell’importanza che rivestiva possedere una biblioteca: “perché allora alla cultura ci si teneva” le è scappato detto ridendo… La Villa viene affittata anche per eventi, feste e matrimoni  e come set cinematografico. Chi fosse interessato… Finita la visita siamo saliti fino al monumento ai caduti della prima guerra mondiale, salendo una ripida scalinata: da lì si gode un bel panorama, e c’è uno spiazzo erboso dove sicuramente in estate sarà pieno di gente che prende il sole.

Al ritorno ci siamo fermati in un bar e ci siamo fatti il primo spritz della stagione: liberatorio ma deludente per quanto riguarda la consistenza alcolica. Amici baristi, meno ghiaccio e più prosecco!

Domenica come dicevo siamo andati a Novedrate, eravamo in nove quindi  il gruppo era quasi tutto nostro; questa apertura era stata organizzata dal gruppo giovani di Como, di cui sono orgogliosissimo perché i due promotori sono due ragazzi che facevano parte del gruppo teatrale che ho diretto e uno dei volontari è mio figlio. Il palazzo si affaccia nella piazza principale di Novedrate (paesino che ha poche altre attrattive per la verità); dal settecento ad oggi ha una lunga storia di passaggi di proprietà, dovuti quasi tutti a mancanza di eredi maschi e matrimoni (Traversa, Isimbardi, Casana e forse ne ho dimenticato qualcuno). Il Comune l’ha acquistato recentemente, con il grande parco annesso, ed ha intenzione di metterci gli uffici comunali: del resto è stato di proprietà dell’Ibm dagli anni ’70 fino al 2006, e c’erano gli uffici amministrativi. Lo stile che si nota di più è quello eclettico di inizio novecento; il Comune (amministrazione leghista ma secondo me in gamba) ha organizzato le cose per bene, ha mobilitato dei figuranti di una scuola di danza dell’ottocento del posto che hanno illustrato gli abiti dell’epoca, suscitandomi  un po’ invidia perché come forse qualcuno ricorderà qualche tempo fa mi ero dato anch’io al ballo dell’ottocento, perfetto per il mio aplomb; nelle poche sale visitabili un gruppo di merlettaie al tombolo, tradizione che si tramanda ancora oggi, e un gruppo di presepari. Una chicca, nel parco, la cappella privata ora sconsacrata che imita la chiesa di San Francesco di Paola in centro a Milano, in via Manzoni. Alla fine (ma noi ce ne eravamo andati) l’amministrazione comunale ha offerto un rinfresco a tutti i partecipanti, e non posso che applaudire. Così si fa!

Mi sono dilungato un po’ troppo, sarà l’emozione del riprendere le attività normali (anche se non normalmente); o sarà che non voglio pensare a quello che succede per il mondo…

Bella la vita nell’Ottocento!

Tre stelle per Olena – 4

«Dal Brasile, João do Patimento!» annuncia con entusiasmo Alessandro Turchese introducendo il terzo concorrente. «A Rio la sua taberna Um Toquiño de Bacalhau, a due passi dalla spiaggia di Copacabana, è un’istituzione dove ogni sera si possono incontrare seduti fianco a fianco sulle stesse panche perfetti sconosciuti e personaggi famosi, musiscisti e operai, casalinghe e Regine del Carnevale, tutti per gustare le spescialità dello chef. Ma qual è il tuo segreto, João?»
A dispetto del cognome, il cuoco brasiliano è un mulatto più largo che lungo: calvo, con due orecchini da pirata alle orecchie, due grandi incisivi che spuntano dalle labbra carnose stirate in un perenne sorriso, le mani grassoccie sempre in movimento, è la réclame dell’abbondanza.
«Muito obrigado, Alessandro! Il nostro segreto è la joia, la alegria do samba, che trasmettiamo nei nostri piatti, come le bolinhos de bacalhau, le nostre polpette, il bacalhau à Braz, con le patatine fritte, muito apreciado dai più giovani, ou bacalhau à portoguesa, al forno con patate e peperoni, o…»
«Immagino allora che sci proporrai qualcosa a base di baccalà, sbaglio João?» interviene Turchese, interrompendo lo sciorinamento dell’intero menu del carioca.
«Absolutamente não!» risponde allegro Patimento. «Ho voluto rendere omaggio a voi italiani, alla vostra fantasia, alla vostra apertura di vedute, voi che siete amanti delle nostre donne ma anche dei nostri travestiti, alla vostra generosità, voi che come noi siete pazzi per il calcio e ci comprate a peso d’oro campioni come Kakà ma anche sòle come Gabigol¹. Cum bacalhau troppo facile, avrei vinto a mani basse; quello che presento è um novo piatto, il tortellone con Feijoada, e lascio a voi il giudizio: sarà Gabigol o sarà Kakà?»
Turchese da perfetto professionista glissa evitando di fare facili battute e invita le due tortelline Lori e Dori ad accompagnare João alla sua postazione.

«Come parli bene, tu. Si sente che hai studiato tanto!»
Kocca, la gallina finlandese, accoccolata sotto il trespolo pende dalle labbra del pappagallo economista Spread.
«Oh, sai, sono stato fortunato. Il mio vecchio padrone, Pekko Korjalainen, strappava le pagine economiche del giornale locale, l’Eco di Kokkola, e le metteva nella mia voliera come tappetino. Mi è sempre piaciuto leggere mentre faccio i miei bisognini, così pian piano mi sono appassionato alla materia, borsa, investimenti, finanza… stavo progettando di lanciarmi nel mercato dei bitcoin quando Pekko mi ha venduto in cambio di un sacco di liquirizia salata e due barili di catrame vegetale²: dal suo punto di vista un affarone, anche se non ha tenuto conto che gli tenevo gratis i conti del negozio e poi gli sarebbe toccato assumere un contabile. E così, eccomi qua» conclude Spread con modestia.
«Ti manca Kokkola?» chiede Kocca, con un sospiro.
«Non molto» risponde il pappagallo «non avevo molti amici là. Tra studio e lavoro, capirai, non avevo tempo per le attività sociali. Certo, per te al parco era diverso, lì conoscevate tanta gente…»
«Oh sì, avevo tanti amici» crocchia la gallina «ed era divertente preparare gli spettacoli per i turisti. Pensa che l’ultima volta ero vestita da Calamity Jane! Ma poi è arrivato lui e sai com’è, l’amore…»
«Non capisco come tu possa stare con quel cavernicolo» sbotta Spread, scrollando le penne della testa in segno di disapprovazione.
«Non dire così, Flettàx è un buon pappagallo…» protesta Kocca senza troppa convinzione.
«E’ un selvaggio, un violento! Tu avresti bisogno di qualcuno che sappia apprezzare le tue doti, che ti porti a teatro, al cinema, che ti dedichi delle poesie…» declama suadente l’Ara Macao, scendendo dal trespolo.
«Poesie?» si schermisce Kocca. «Ma io sono soltanto una chioccia…»
«Tu sei molto di più, sei sensibile, dolce, intelligente… sì, soprattutto intelligente. Ho giusto qui una poesia che ho pensato per te»
«Per me? Davvero? Che emozione, recitamela, dai! » lo esorta la gallina, trepidante.
«No, qui non va bene, ci vuole l’atmosfera giusta, un luogo più intimo, raccolto… ecco, laggiù, lo vedi quel cespuglio? Lì è perfetto…» suggerisce l’astuto pennuto, appoggiando un’ala sulla schiena della gallina e spingendola nella macchia.

¹ Gabigol, al secolo Gabriel Barbosa Almeida, venne comprato dall’Inter nel 2016 a soli diciannove anni per la modica cifra di 30 milioni di euro. In realtà non era una sòla, come si dice a Roma, ma un buon calciatore: l’Inter però non lo fece giocare quasi mai e il ragazzo si intristì. Tornato in patria ha ricominciato a fare sfracelli, quindi tra non molto sarà ricordato come l’ennesimo campione che i nerazzurri si sono fatti sfuggire sotto il naso dopo averlo pagato a peso d’oro.
² cfr “Una birra per Olena”, 2020

Cronachette dal paese dei migliori (10)

Stamattina sono andato a fare due cose per prepararmi a quella che spero sarà a breve la mia attività principale, ovvero quella di pensionato. Campa cavallo direte, e purtroppo avete ragione, comunque sono andato a far la spesa  e poi alla posta. Mi sono presentato  davanti alla Coop alle 7:55, quindi sono entrato per primo: che emozione! Hanno messo un disinfettante nuovo, questo invece di rilasciare un gel spruzza un liquido. Non ero ispirato ed ho comprato poco, come sapete peraltro non posso allargarmi più di tanto a causa della mia comprovata incapacità nello scegliere. Segnalo che a maggio ci saranno i rinnovi degli organi collegiali ed i soci sono invitati a votare: ad ognuno che lo farà una bottiglia d’olio, che può decidere di devolvere a chi ne ha bisogno. Probabilmente lo farò, ma deciderò sul momento.

Lunedì si è vaccinata mia moglie. Avevo criticato Bertolaso per la scelta dell’hub, allestito nella prestigiosa Villa Erba a Cernobbio (privata, ma il proprietario l’ha ceduta gratuitamente, a parte le spese) ma devo ricredermi: posto davvero ben scelto, spazi ampi, organizzazione perfetta, molti volontari. Preso dall’entusiasmo volevo farmi vaccinare anch’io come caregiver di mia moglie, ma la gentile e carina dottoressa mi ha dissuaso. Le hanno inoculato lo Pfizer: proprio la mattina avevo letto che ci sono stati più morti con questo che con l’Astrazeneca, ma l’ho tenuto nascosto alla consorte. Mi chiedo come mai si sia sempre parlato della pericolosità dell’Astrazeneca: quindi è vero che si tratta solo di soldi e politica? Questo spiegherebbe anche perché lo Sputnik non vogliano prenderlo. Il richiamo le è stato fissato per il 16 giugno, quindi oltre i 21 giorni raccomandati, però almeno si potranno fare le ferie (se le faremo) con un po’ più di tranquillità.

Ho fatto stampare Olena à Paris, dopo averlo rivisto e corretto; la copertina l’ha realizzata mio figlio e promette molto di più di quello che effettivamente il libro contiene; appena arrivato l’ho sfogliato con emozione e mi sono accorto subito che uno dei protagonisti all’inizio si chiamava suor Miranda e strada facendo è diventata suor Matilda. Mannaggia! Anche perché nell’entusiamo (ancora) avevo spedito il manoscritto ad un editore, e anche se ho poche speranze che lo legga mi dispiacebbe passare per pressapochista. Casinista sì, quello lo accetto.

Mio fratello di Udine, uno dei più grossi fan di Olena (metà della mia famiglia la ama, l’altra metà non capisce come possa perdere tempo a scrivere certe stupidaggini) lo voleva leggere assolutamente e glielo ho dovuto spedire, ecco perché sono andato alle poste. Lo sapevate che a spedire i libri si paga abbastanza poco? (plichi di stampa, si chiamano) Io non lo sapevo e l’ho scoperto piacevolmente. Roba da mettersi a far concorrenza a Amazon! Comunque alle poste sembra che la pandemia abbia fatto bene, ricordo delle file interminabili, invece oggi in dieci minuti ho fatto. Davanti a me una mia vicina ottuagenaria chiedeva dei suoi buoni del Tesoro: però, non l’avrei detto!

Il mondo va avanti malamente: in India ancora morti a migliaia per la pandemia; in Afghanistan qualcuno (l’Isis?) ha fatto scoppiare una bomba davanti ad una scuola femminile, uccidendo 70 ragazzine; in Madagascar la siccità sta causando denutrizione e morti; in Russia un ragazzo che si credeva Dio (o forse si credeva di stare in America) è entrato in una scuola ed ha ha ammazzato nove persone; di quello che sta succedendo in Israele faccio fatica persino a parlare, ovviamente se si critica il governo israeliano si passa per antisemiti: tutto nasce dalla decisione di non so che tribunale di espropriare i palestinesinesi dalle abitazioni in un quartiere storico di Gerusalemme, provocazione che ha portato ovviamente a proteste e scontri sulla spianata delle moschee, con decine di feriti (in stragrande maggioranza palestinesi); la comunità internazionale ha “condannato le violenze” come se uno non avesse il diritto di protestare se gli sfilano la casa da sotto il sedere; dopodiché si è passati al lancio di razzi da parte di Hamas dalla striscia di Gaza verso Israele, a cui Israele ha risposto con bombardamenti indiscriminati e uccisioni mirate. Credo che tutti sappiano che Gaza di fatto è una prigione a cielo aperto e la sproporzione di armi è stratosferica: fatto sta che finora ci sono 6 morti israeliani e 67 palestinesi, in una percentuale che ricorda pagine nere della storia del secolo scorso.

Per finire in leggerezza amiche e amici, riporto una lettera ricevuta via mail da una gentile signorina (o signorino? Non è chiarissimo):

“Hey Mi chiamo Nigora. In realta non so davvero come iniziare, quindi per favore porta insieme a me per favore . Vivo in Repubblica del Kazakistan & ora sono trenta anni al momento. non sono mai stato sposato cosi come mai non avuto bambini. io sono solo un casual, amante del divertimento persona . Mi piace risatina e avere un po ‘ divertimento vita a breve mai. Ma Sono molto istruito, buono e incredibilmente casa guidato. Mi preferisco leggere molto, nuotare, outdoor, cucinare a casa, viaggiare in giro, fare interno decor per my own famiglia.

I am women with a decent credenze una ragazza con un molto buono personalita e onesto spirito.

 io sono cercando di ottenere un sincero legame , la relazione amorosa a lungo termine che porta a un matrimonio , io non effettivamente mente eta , personalmente, individualita e assolutamente la cosa preoccupazioni quasi piu.

Dovrei saperne di piu semplicemente chiedi . sicuramente ho bisogno di conoscere te e la tua stile di vita , vado a elettrizzato di ricevere un messaggio proveniente da te molto presto.

 Molte grazie,Nigora”

Grazie a te, cara Nigora, quasi quasi ti infilo in un episodio di Olena!

Questa non è Nigora, non illudetevi.

Tre stelle per Olena – 3

Superato il momento di crisi, Gilda si alza dal divano e avvolta in una blusa-vestaglia in twill di seta fiorata che stenta a contenerne le forme, oltre a suscitare l’invidia del maggiordomo, si dirige verso il grande terrazzo dove troneggia un tavolino ovale in pietra lavica decorato a mano da artigiani di Caltagirone su cui sono poggiate due teste di moro¹, l’una raffigurante una Gilda trionfante e persino chiomata e l’altra un perplesso Evaristo, il defunto marito; fra le due teste un vassoio di dolci alle mandorle, cannoli e persino una cassatina.
«Che meraviglia James, ci voleva proprio qualche dolcetto per tirarmi su. Sven ha già fatto colazione?» chiede Gilda, notando l’assenza dell’amato.
«Il signor Svengard è uscito presto, l’ho visto dirigersi verso il bosco»
«Aveva in mano un’ascia, per caso?»
«Non mi sembra, signora»
«Sia lodato il cielo. Se continua così mi ritroverò con un giardino zen! Spero abbia capito che non può lasciare la tenuta»
«La polizia è stata abbastanza chiara, signora»
«Già, “nessuno lasci la villa fino a nuova disposizione”. E io devo mantenerli tutti! E’ vero che abbiamo tante stanze, ma non siamo mica un albergo, non è vero? A proposito, come sei messo ad aiutanti?»
«Le maestranze si stanno prodigando, signora, anche Miguel dà una mano»
«Se ti serve qualche operaio chiedi pure ad Haruki, non fare complimenti. Peccato che i koala siano tornati a casa, con il grembiulino avrebbero fatto un figurone. Mi ero affezionata ma le autorità australiane sono state irremovibili, mi avrebbero messo l’embargo alle esportazioni di lasagne all’eucalipto, non potevo permettermelo. Piuttosto, notizie del piccolo Chico? Ci ha fatto stare in pena»
«Miguelito fortunatamente sta bene, quando i marsupiali sono stati caricati sul camion si è intrufolato, favorito dalla folta peluria. Sono state ore di apprensione, specialmente per suo padre Miguel: si era temuto un rapimento da parte della madre, l’attrice di telenovelas»
«Che sollievo, finalmente una buona notizia» dice Gilda, addentando un cannolo al pistacchio di Bronte, prima che sulla sua fronte si disegni una ruga di preoccupazione «Chissà perché quell’uomo avrà dato dell’impostore a Turchese? Ci dovrà essere sicuramente un collegamento con quello che è successo dopo. E soprattutto, sono riusciti a prenderlo?»
«No signora, purtroppo nella confusione è riuscito a dileguarsi»
«E ti pareva» sospira la Calva Tettuta. «James, mi pare che siamo un po’ a corto di truppe. I koala sono partiti, nonna Pina è in luna di miele, Adalgiso è stato assunto come body guard da Antonietta Talnone, almeno ci fosse qua Natascia! Quella se proprio non fosse riuscita a catturarlo l’avrebbe abbattuto. Ma si può sapere che fine ha fatto?»

A Mosca, nella Piazza Rossa, è in corso l’attesissimo concerto che anticipa la parata del 9 maggio, dove si commemora la vittoria dell’Unione Sovietica contro la Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale; star internazionali anche se stagionate come i Rolling Stones, Elton John, Cher, Celìne Dion, Tina Turner e, ambasciatori per l’Italia, Albano e Romina, beniamini del pubblico russo.
E’ proprio durante il loro duetto in Nostalgia canaglia che gli spettatori assistono con ammirazione a quello che percepiscono come effetto speciale: da un elicottero che vola sopra il palco si cala una figura vestita completamente di nero che addormenta Romina con un colpo di karate alla nuca, la imbraga e la carica con lei sull’elicottero.
La folla è in delirio, solo Albano è interdetto e chiede lumi alla regia, chiedendosi se per caso Romina si sia sbilanciata in qualche dichiarazione anti-governativa; ma recuperando subito il sangue freddo con il quale ha dominato l’Isola dei famosi il cantante di Cellino San Marco attacca a squarciagola uno dei suoi cavalli di battaglia, Cara terra mia.
Sull’elicottero che si allontana, due Romine: quella addormentata e quella vera, che fissa ad occhi sgranati la sosia che Olena ha portato a bordo.
«Ma chi è questa?» chiede la vera Romina «Non sarà mica la Lecciso travestita?»
«Niet, niente Lecciso. Lui Aleksej Ŝalimov, terrorista, si sarebbe fatto scoppiare su palco quando nostro Presidente avrebbe consegnava premio a voi e vostro marito»
«Mio ex marito, prego, adesso cantiamo insieme e basta»
«Naturalmente, naturalmente» la asseconda Olena, inarcando leggermente il sopracciglio destro, ed a dimostrazione della sua affermazione toglie la parrucca all’uomo, gli apre il camicione e scopre la cintura esplosiva che la falsa Romina indossa.
«Sergente, dirigi su Moscova» ordina al pilota; arrivati sopra al fiume ammanetta Aleksej con le mani dietro la schiena e lo risveglia.
«Buongiorno, Romina» lo saluta.
«Che cosa? Tu? Maledetta…» riesce solo a dire l’uomo, con lo sguardo carico d’odio.
«Tu canta molto bene, Aleksej. Facci sentire Volare, adesso» e così dicendo Olena apre il portellone e con un calcio butta di sotto Ŝalimov; poi rapida prende un fucile, punta alla sagoma che cade e fa fuoco. Il botto ed il bagliore arrivano fino alla Piazza Rossa, con la folla che alza gli occhi al cielo verso i fuochi artificiali. Applausi scroscianti accolgono il ritorno dell’elicottero da cui vedono ridiscendere Romina, cambiata d’abito.
«Si può sapere che succede? Prima canti meglio del solito, poi sparisci. Dove cavolo sei andata?» chiede Albano, mentre l’orchestra attacca Felicità.
«Ma vaffanculo Albano, te e Felicità. Ripigliati la Lecciso, io ho chiuso!»

¹ Le Teste di Moro sono bellissimi vasi siciliani in ceramica decorata; la leggenda narra che mille anni fa una ragazza fu sedotta da un moro e quando scoprì che questo aveva moglie e figli a carico gli tagliò la testa e ne fece un vaso per il basilico. Che caratterino!

Cronachette dal paese dei migliori (9)

Weekend di quasi liberi tutti, amiche e amici, ieri sulle strade del lago venivano segnalati sette chilometri di coda: bentornati ai vecchi tempi! Sabato abbiamo fatto un giretto in città con una coppia di amici, andata e ritorno a piedi (da casa mia circa sette chilometri, la sera ero abbastanza provato); sensi unici pedonali, che quando l’ho raccontato a mia sorella al paese è scoppiata a ridere, anche se forse non è una novità assoluta: ricordo male o anche a Venezia ci sono delle calle a senso unico?

Segnalo che i fiori sulle donne hanno sempre il loro fascino: al mattino avevo preso dei fiori per mia moglie per conto di mio figlio che non aveva tempo () e sono poi passato in farmacia; la farmacista è rimasta un po’ delusa che l’omaggio non fosse per lei, ma quando le ho detto che era per la mamma (non ho specificato di chi) mi ha dato del tenero e gentile. E lo sono, eccome se lo sono! Al pomeriggio invece mia moglie e la sua amica sono volute passare al mercato coperto, dove c’è una fioreria storica gestita da persone gentilissime, con prezzi molto onesti. I mazzi ovviamente sono rimasti in mano a me ed al mio amico; camminando abbiamo superato una bella donna di colore, molto alta, che ha fatto i complimenti ai fiori e mi ha chiesto se fossero per lei. Mia moglie, qualche passo indietro, vedendomi abbastanza in imbarazzo sghignazzava; la donna noncurante ha continuato a fare degli apprezzamenti passando all’abbigliamento, e quando l’amica di mia moglie arrivata in soccorso ha fatto notare che anche le mie scarpe erano molto belle e giovanili, da sgarzellino, la donna ha concordato ed ho temuto che me le volesse sfilare dai piedi, cosa che dopo i chilometri fatti non le avrebbe fatto buon pro. Insomma, se volete conquistare niente di meglio che un buon vecchio mazzo di fiori! O un cagnolino, anche quello fa effetto.

A proposito di cagnolino, domenica dopo la messa sono andato a comprare il giornale all’Esselunga (trovo assurdo che per comprare il giornale si debba entrare nel supermercato, ma le edicole nel mio quartiere sono scomparse) ed ho assistito ad una scenetta molto divertente, ovvero vicino all’uomo che prende la temperatura c’era legato un cagnolino, uno di quelli assurdi da compagnia che violentano le Pigotte, e la proprietaria, un travestito brasiliano (non chiedetemi come faccio a saperlo) lo salutava da lontano, causandone un abbaiare fastidioso e provocando sguardi di astio dell’omino del termometro. Che teneri!

Per domenica ero stato invitato, per la mia fama consolidata di scrittore, a scrivere una lettera alla mamma che è stata allegata al foglietto degli avvisi settimanali; era dai tempi delle elementari che non lo facevo e devo dire che me la sono cavata abbastanza bene (fidatevi sulla parola, non la pubblicherò), ho ricevuto molti complimenti e qualcuna mi ha detto che l’ho fatta piangere. O piangere o ridere, con le donne non ci sono le mezze misure.

Le vaccinazioni procedono abbastanza bene, si sono aperte le prenotazioni per i cinquantenni, domani toccherà a mia moglie; c’è l’allarme per le RSA, hanno dei buchi di bilancio paurosi e qualcuna ha annunciato la chiusura: e grazie al cavolo, la metà dei vecchietti li avete ammazzati, e adesso chi si fida a mandarvi i propri cari? Mettendoli tra l’altro in prigione, dato che non si possono nemmeno andare a trovare (ora però pare che si potrà). Ma, se ci pensiamo, la proliferazione di queste strutture, per la maggior parte private, questi parcheggi in attesa della morte, non è indice della miseria morale della nostra società?

Chiudo con due notiziole leggere: la prima è che l’Unione Europea sta autorizzando la produzione del vino a basso contenuto alcoolico, anche Dop e Igp. Perché, mi chiedo? Ad annacquare il vino non bastano gli osti dei Castelli Romani? E poi, se uno vuole allungare il vino, non può farlo da solo, tra l’altro scegliendo anche che acqua metterci? E se uno non vuole l’alcool, perché non si beve la Coca Cola? Mistero.

Come invece spero che la scoperta al Circeo dei resti dei nove uomini di Neanderthal permetta di far luce su uno dei più impenetrabili misteri della preistoria, a cui come ricorderete si sono dedicati per anni dei ricercatori dell’Università di Oxford: il pene dell’uomo di Neanderthal aveva l’osso o no?

Amiche e amici, state tranquilli, i sacerdoti del mercato tra cui il nostro Migliore dei Migliori stanno discutendo delle iniquità del mercato: siamo a posto, siamo a cavallo, infatti strada facendo si sono persi anche la deroga (non sia mai l’abrogazione) dei brevetti sui vaccini. L’importante non sono i brevetti, ma la produzione dei vaccini ha detto Ursula. Se poi spiega anche come fanno i poveri a produrre i vaccini se devono pagare il brevetto, ci farebbe un favore. Forse è vero che serve il vino senz’acqua, ma a loro però.

Tre stelle per Olena – 2

La mattina seguente a Villa Rana le attività stentano a riprendere.
«James, mi sento come se mi fosse passato sopra un treno. Peggio di così non poteva andare, ma noi non abbiamo colpa, ti pare? Non potevamo fare niente per evitare la disgrazia».
James, chino sul divano dove è distesa Gilda, appoggia delicatamente una pezzuola umida sulla fronte della sofferente.
«Effettivamente, signora, gli avvenimenti sono precipitati improvvisamente» la consola il comprensivo maggiordomo.
«Che brutta fine, non se la meritava. O sì?» si chiede la Calva Tettuta, ripensando alla sera prima.

«Liza Maelström è l’anima del ristorante Giudizio di Odino a Gamla Stan, nel pieno centro storico di Stoccolma, autrisce di libri di successo come “Cento sfumature di aringa”, “Acida come un’aringa ascida” e addirittura la fiaba “Marina l’aringa”; il piatto che sci propone sono i famosi panzerotti all’aringa, che per l’occasione ha rivisitato accompagnando l’aringa con nuovi ingredienti, che sveleremo solo dopo la degustazione della giuria di qualità. Liza, vuoi dire qualcosa al pubblico italiano?» la invita Turchese, di un buon palmo più basso.
«Ciao Italia! Sono molto felice di essere qui, e spero che tra una pizza e uno spaghetto impariate a mangiare anche le aringhe che contengono molto fosforo e da quanto si dice in giro pare che ne abbiate proprio bisogno» saluta cordialmente la procace Liza.
Alessandro Turchese si affretta ad allontanare il microfono dalla svedese e spingerla verso la sua postazione, annunciando con enfasi il concorrente seguente:
«Dal Marocco il re della tajine¹, Ahmed Marrakech! Il suo ristorante di Casablanca, Le Zac et voilà, è rinomato per le sue squisite frattaglie speziate, ed è un punto di riferimento obbligato per quanti si trovano a passare nella sua scittà»
L’accostamento Casablanca-frattaglie provoca un sussulto a Miguel riportandogli alla mente ed al cuore la ex fidanzata Paio Pignola alias il transessuale cubano Hector Garcìa con il quale era arrivato ad un passo dall’altare.
«Ahmed ama definirsi un classico innovatore, e lo si nota anche dal suo abbigliamento» fa notare Turchese, e infatti l’uomo salito sul palco con movenze da furetto indossa un lungo katfano ma sul capo un cappellino da rapper al posto del tradizionale fez.
«Cosa sci hai portato, Amhed?» chiede il conduttore, saltando i convenevoli.
«La creazione di questa sera» risponde Marrakech ispirato «unisce la millenaria tradizione berbera ai profumi del mare, la dolcezza dei datteri delle oasi del deserto ai peperoncini di Agadir, desiderio e conquista, passione e appagamento. Come dice il Profeta…»
«Grazie Ahmed» lo blocca Turchese preoccupato di non turbare sensibilità religiose «ma non vorremmo svelare troppo… puoi dirsci intanto come sci chiama il piatto che proponi?»
«Casonsèi al cuscus» risponde laconicamente il marocchino, indispettito.
«Casonscelli al cous cous?» chiede conferma il presentatore.
«No, casonsèi al cuscus. Sei sordo per caso?» si congeda amabilmente Ahmed, raggiungendo il suo posto.
«Sorda sarà tua sorella, piede nero² del cazzo…» sibila sorridendo a denti stretti Turchese, apprestandosi a chiamare il concorrente successivo, interrotto però da una voce che si alza dal fondo della platea:
«Impostore!» tuona un omone intabarrato, puntando il dito sul palco.
«Ma prima del prossimo concorrente, linea alla pubbliscità!» reagisce prontamente il conduttore, mentre gli uomini della sicurezza si muovono per bloccare il disturbatore.
«Cominciamo bene…» commenta Turchese tra sé e sé, sfilandosi gli occhiali e asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto immacolato.

tagine with beef, chickpeas and vegetables, close-up

¹ Pentola di terracotta che dà il nome alla pietanza che vi viene cotta a base di carne, pollo o pesce, accompagnati da olive, prugne, limoni canditi o mandorle.
² In realtà Pied-Noirs erano detti i francesi d’Algeria rimpatriati dal ’62, poco c’entrano quindi con i marocchini.