Abbasso la quinoa!

Non sono una persona schizzinosa nel mangiare. A parte la panna nel latte mattutino, che non sopporto, ed il grasso nel coniglio che mi disgusta, mangio e bevo di tutto. Non soffrendo di particolari intolleranze se non verso talune persone e non dovendo attenermi ad un regime alimentare ne per motivi medici ne per motivi religiosi mi nutro sobriamente ma con sporadici e gioiosi eccessi e tengo fede alla natura biologica umana che è quella di essere animali onnivori.

Rispetto chi fa scelte alimentari diverse ma alcune forme di fondamentalismo cominciano sinceramente ad urtarmi; non patisco complessi di inferiorità verso chi liberamente decide di cibarsi esclusivamente di vegetali; non mi sento particolarmente in colpa nel mangiare costolette di agnello a Pasqua o qualche fetta di salame ogni tanto e le autoassegnate patenti di superiorità morale di certi salutisti mi fanno sorridere.

Anche le tirate pseudo-scientifiche mi stanno diventando insopportabili: e la carne fa venire il cancro, e il latte è dannoso… parto dal presupposto inoppugnabile che la vita media italiana, grazie in gran parte a quello che mangiamo, è arrivata a livelli record nel mondo. Dice: si, ma senza carne camperesti di più e meglio. E pazienza, mi accontenterò di campare un po’ di meno e peggio anche se ne dubito, perché al solo pensiero di una vita di insalata la mia joie de vivre (e non solo) scema, si affloscia, si spegne. E poi: ma quanto diamine vorremo campare? Ad un certo punto di qualcosa bisognerà pur morire, e che cavolo!

Le intolleranze, di qualsiasi genere, sono in crescita. Parlando di quelle alimentari, su questa crescita si è sviluppata una fiorentissima industria con fatturati miliardari, tanto che viene da chiedersi quante di queste siano vere e quante inventate per far fare soldi a chi vende gli integratori o i cosiddetti cibi funzionali. Possibile che nel giro di poco tempo il paese del pane, della pasta, della pizza e della polenta sia diventato il paese del glutine-free? Stento a crederlo.

A proposito di intolleranze, giusto per dar ragione a mio figlio che a volte si chiede dove io abbia lasciato la divisa da balilla, dirò che mi trovo d’accordo con la mia scimmia nuda sui seguenti argomenti: a) le Ong le Onlus le Caritas e tutte le cooperative devono essere estromesse dalla gestione dei migranti. Lo Stato deve prendere in mano in prima persona questa questione perché ci stanno mangiando in troppi b) sono d’accordo con Orban che ha messo fuori legge l’università di Soros. Non dimentico, io, che i peggiori attacchi alla lira sono partiti da questo signore. Se le tenga le sue università c) sono d’accordo con la Germania che ha deciso di non ammettere donne velate integralmente nei posti pubblici. Non è il momento di andare in giro mascherati d) i turchi hanno tenuto in ostaggio per due settimane un nostro connazionale (come quelli di altre nazioni) per non farci parlare del loro referendum. Vogliamo dirlo?

Non mi riconosco nei connazionali che, quando sono in giro per il mondo, vanno alla ricerca di ristoranti italiani o non resistono alla tentazione di chiedere un piatto di pasta per poi lamentarsi della cottura o del condimento. Sebbene sia intimamente convinto che la nostra cucina sia la migliore del mondo mi piace provare ogni schifezz le pietanze che hanno reso gli altri abitanti del pianeta quello che sono.

Ma ecco che, in omaggio alla globalizzazione, senza bisogno di recarsi nei posti più remoti per gustarli ci ritroviamo invasi da cibi che nella nostra mensa non si sono mai ne visti ne sentiti, e di cui personalmente non sentivo la mancanza, promettendoci paradisi di salute e benessere.

Prendete ad esempio la quinoa:
Originaria del Sud America, la quinoa è un alimento altamente digeribile, molto proteico e con poche calorie, dunque adatto ad ogni dieta; il suo delicato sapore, inoltre, ben si sposa con molte preparazioni. In più, porta numerosi benefici al nostro organismo, perché contiene fibre e minerali come fosforo, magnesio, ferro e zinco.

Sono davvero grato a quei popoli andini che si privano di tanto ben di Dio perché noi, intolleranti o semplicemente troppo sazi, possiamo goderne.

Meraviglia che, pur avendo a disposizione questo cibo degli dei, parecchi di loro siano costretti per sbarcare il lunario a venire in Italia a fare i corrieri express o i tuttofare di pulizie, cibandosi forse meno nobilmente ma almeno più frequentemente.

Da povero analfabeta alimentare qual sono, considerando che questa parte del mondo è prosperata per secoli pur essendo all’oscuro della quinoa, mi chiedo: continuerà così? E il dubbio mi assale.

(136 – continua)

Quinua

Apocalisse nàu

Non so se avete sentito della protesta dei dipendenti di un noto Outlet, che sarebbe un gruppo di negozi di marchi famosi che vendono la loro merce a prezzi sempre esosi ma un po’ più bassi di quanto fanno nei negozi “normali”, che scioperavano per la pretesa di farli lavorare per tenere i negozi aperti anche a Pasqua.

Chi ha la mia età, comunque la pensasse allora, constaterà con amarezza che se una simile richiesta fosse stata avanzata quarant’anni fa sarebbe scoppiata una rivoluzione.

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Oggi i pochi che hanno avuto il coraggio di scioperare, sacrificando lo stipendio già magro non dimentichiamolo, hanno dovuto combattere non solo con il ricatto di essere fatti fuori perché le tutele sono state sempre più assottigliate, ma anche contro l’ostilità della gente che voleva entrare a far shopping rinfacciandogli il fatto di essere già privilegiati a lavorare. Il giorno di Pasqua.

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E allora chiediamocelo onestamente: ma che società siamo diventati? Per quale motivo al mondo bisogna comprare jeans o magliette o mutande o qualsiasi altra cosa il giorno di Pasqua, o Pasquetta, o Natale, od anche in una domenica qualsiasi? E’ più vitale uno zombie o una persona che decide in coscienza (con rispetto parlando) di passare la domenica di Pasqua in un Outlet?

C’è una linea rossa che non si può oltrepassare, qualcosa che non si può immolare sull’altare del consumismo? La Pasqua, che nell’Italia del 90% di battezzati dovrebbe essere Santa e lo è sempre stata anche per i non credenti, non è una linea abbastanza rossa?
Perché bisogna arrendersi all’ineluttabilità di una settimana fatta da giorni tutti uguali e tutti da dedicare allo spendere?

Fosse per me, e lascio la lista a disposizione per implementazioni, adotterei dei provvedimenti di salute pubblica per chi venisse sorpreso a frequentare centri commerciali o outlet la domenica o nelle feste comandate, con aggravanti nel caso in cui si accompagnino figli minorenni:

  • revoca della patria potestà;
  • perdita del diritto di voto;
  • revoca della patente di guida;
  • obbligo di lavori socialmente utili.

Purtroppo so già che queste moderate proposte non verranno prese in considerazione da chi di dovere, in un paese dove l’arbitrio è spacciato per libertà e si tiene più agli agnellini che alla dignità delle persone.

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Allora rivolgo un appello all’unico che ci può salvare dallo stato di miseria morale in cui siamo caduti:

Mr. Trump, ne è avanzata ancora qualcuna di quelle bombone? Se ha qualche bombardiere o portaerei da queste parti, potrebbe cortesemente far radere al suolo Outlet e Centri Commerciali?

Cordiali saluti.

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“Lo dico ai responsabili… Verrà una volta il giudizio di Dio! Pentitevi!”
Giovanni Paolo II

Mamma li turchi

Scrissi questa nota esattamente due anni fa, in occasione di una levata di scudi della Turchia contro papa Francesco, che aveva definito il massacro degli Armeni “il primo genocidio del XX secolo”.  Da allora non mi pare che le cose siano migliorate, anzi. Uno potrebbe chiedermi: o Giò, ma che te frega della Turchia? Non abbiamo abbastanza problemi qua da noi? Ma certo, di problemi ne abbiamo tanti ma di quel genere non ancora, e non ci terrei ad averli. 

Ieri, 13/04/2015:

Il Papa, secondo il governo turco, ha sbagliato a parlare di “genocidio” degli Armeni. Anzi, si è trattato di una inaccettabile strumentalizzazione per fini politici. Perché secondo loro è vero che gli Armeni sono stati ammazzati, ma solo un po’, non esageriamo.

Ora annunciano, o meglio minacciano, misure nei confronti del Vaticano. Mi risulta che un turco abbia già sparato ad un Papa, nemmeno tanto tempo fa: vogliono fare il bis?

Sono stato in Turchia un paio di anni fa, subito dopo le proteste di Piazza Taksim. E’ stata ammazzata gente inerme, e nessuno ha pagato (su questo argomento in verità ci si potrebbe dire che in Italia è meglio che stiamo zitti). Lo stato turco sta subendo una islamizzazione per niente strisciante; Erdogan con il suo partito religioso  ha smantellato di fatto gran parte della Costituzione laica; ha soggiogato stampa e televisione, messo sotto controllo i social network, rimosso e sostituito con uomini fedeli i capi della polizia, dell’esercito e della magistratura.

Ci sono quartieri di Istanbul, non Kabul, dove le donne che non indossano il hijab non sono assolutamente ben viste. Mi è rimasta impressa la frase di una conoscente che riassume l’angoscia dei laici: “vedi, noi con loro possiamo convivere, ma loro non noi non possono”.

La Turchia appoggia i Fratelli Musulmani in Egitto e in Libia; ha fatto di tutto per destabilizzare Assad; non sta muovendo una paglia contro l’Isis in Siria: non sia mai che poi i curdi di casa propria, che vanno bombardati ben bene, si uniscano a quelli dall’altra parte della frontiera.

Questo è il principale membro della Nato nello scacchiere Medio-Orientale, e questo è lo Stato che qualcuno poco avveduto vorrebbe far entrare nella Comunità Europea.

Sia chiaro, non ho niente contro i turchi. Scelgano il loro governo, si scrivano la loro storia.

Ma non si arrabbino se chi ne ha il coraggio dice le cose come stanno. Un genocidio è un genocidio.

Oggi, 18/04/2017:
Messaggio rispettoso ai tanti cittadini turchi che, ospiti dell’accogliente Europa, hanno votato per rafforzare i poteri del Sultano. Se pensate che là si stia tanto bene perché non tornate a casina vostra? Comodo sfruttare le comodità delle democrazie e imporre agli altri le durezze dell’ autocrazia. 

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Il padre di tutti i bombi

<<E io chi sono, il figlio della serva?>> – sembra abbia detto il padre di tutti i bombi –

<<Appena torna a casa la sistemo io, quella zozzona!>>

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foto: http://www.focus.it/ambiente/animali/fotografo-immortala-un-bombo-intento-a-far-pipi

Ricordatevi di Alamo!

Se c’è qualcuno che potrebbe nutrire sentimenti di astio verso la Corea del Nord quelli siamo noi. Nel 1966 la nazionale nordcoreana osò batterci ai mondiali di calcio in Inghilterra, facendoci fare una figura di palta; dopo la disfatta di Caporetto, quella di Corea rimane la pagina più ingloriosa della storia patria. Giustamente al ritorno a casa gli idoli osannati alla partenza furono attesi da pernacchie e pomodori; se fossimo stati giapponesi qualcuno e precisamente il commissario tecnico Edmondo Fabbri avrebbe dovuto espiare le sue colpe facendo seppuku; passò invece il resto dei suoi giorni a negare che la colpa fosse la sua, in perfetto stile Blues Brothers: “Quel giorno finì la benzina. Si bucò un pneumatico. Non avevo i soldi per il taxi! Il mio smoking non era arrivato in tempo dalla tintoria! Era venuto a trovarmi da lontano un amico che non vedevo da anni! Qualcuno mi rubò la macchina! Ci fu un terremoto! Una tremenda inondazione! Un’invasione di cavallette!”.

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Mr. Trump a quell’epoca aveva 20 anni, dubito che tifasse Italia o semplicemente si interessasse al calcio. Gli Stati Uniti avevano ben altri problemi: le lotte per i diritti degli afroamericani, guidate da Martin Luther King che due anni prima era stato insignito del premio Nobel per la Pace, e due anni dopo fu ucciso in una cospirazione che gli Usa non hanno mai saputo, o voluto, chiarire fino in fondo; e soprattutto la guerra in Vietnam.
Guerra alla quale Mr. Trump riuscì a sottrarsi a differenza di tanti suoi coetanei con una buona dose di fortuna: alcuni rinvii per motivi di studio, un problema ai talloni per cui fu fatto rivedibile, ed infine perché nella lotteria che si svolse per decidere quali scaglioni dovessero partire per primi il suo fu uno degli ultimi.
Vorrei dire al presidente americano che non deve sentirsi in alcun modo sminuito dal non aver potuto partecipare alla carneficina in Vietnam; considerando che gli Usa sganciarono lì sopra più bombe che in tutta la seconda guerra mondiale, e gli agenti chimici che usarono come l’Orange o i micidiali bombardamenti al napalm-B uccisero e ferirono centinaia di migliaia di persone, uomini donne e bambini, e la guerra finì come finì, non c’era da esserne comunque molto fieri.

<> on April 26, 2016 in New York, New York.

Mi ritengo un uomo fiducioso nel genere umano. Ad esempio non penso che un uomo con una moglie simile possa essere meno che ragionevole ed accorto.

Il twitter scanzonato con cui Mr. Trump ha accompagnato l’invio della portaerei verso le acque coreane: “La Corea del Nord sta cercando rogne” (più o meno, scusate il mio cattivo inglese) al munifico e illuminato presidente Kim Jong-un dovrà essere sembrato un invito a nozze; mi preoccupa abbastanza che il giovane presidente, amico tra gli altri di personalità autorevoli come il nostro senatore Razzi, avendo esaurito i consanguinei da eliminare non intenda ora rivolgersi agli estranei.

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Tra l’altro sembra che in Corea del Nord siano convinti, ogni quattro anni, di essere loro i vincitori del campionato del mondo.

Spero che l’imminente Pasqua porti consiglio, almeno a chi fa un uso così intensivo di Dio; chi ha più testa la usi, per essere più terra terra.
Anche agli amici turchi, che proprio nel giorno di Pasqua andranno a votare per il referendum voluto dal presidente Erdogan per accrescere i poteri presidenziali, auguro di usare la testa.

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Il ministro degli esteri britannico si allena in vista dei negoziati di pace

A Lucca, questa bella cittadina toscana che amo molto, si è appena svolto il G7 dei ministri degli esteri. Tra gli argomenti trattati ovviamente  Corea del Nord, Siria, Libia, Russia. Mi hanno molto colpito le pacate dichiarazioni di Mr. Tillerson e  Mr. Johnson: “Mosca deve decidere se stare con noi o con Assad”. Quasi quasi sono contento di avere come ministro Angelino Alfano.

(134 – Buona Pasqua!)

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Non nominare il nome di Dio invano

Nello stringato  discorso con cui il presidente degli Stati Uniti ha annunciato l’attacco all’aereoporto siriano è stato citato 3 volte Dio.

Nessun figlio di Dio bla bla , la sapienza di Dio bla bla, Dio benedica l’America.

Sarebbe il caso, davvero, di non nominare il nome di Dio invano.

 

La linea rossa (cinq’ ghei püsé ma ross)

In questi giorni di deja vù, dove recitando lo stesso consunto copione attori senza pudore  replicano la tragica commedia di stragi provocazioni e mistificazioni, ho deciso di tracciare la mia personale linea rossa.
Non avendo a disposizione armate o droni o gas nervini non saprei bene come far rispettare tale linea a chi decidesse di varcarla: togliergli l’amicizia da Facebook? Contrassegnare la casella di posta come spam? Bannarlo da wordpress? Invitarlo a bere per offrirgli una birra analcolica?

Poco tempo fa ho letto un articolo che mi sembrava indicativo dei tempi che corriamo, dove qualche psicologo suggeriva alle maestre di non usare la matita rossa per correggere i compiti, perché il colore troppo aggressivo turberebbe i pargoletti, ma optare per un più rassicurante verde, che sottolineerebbe l’errore ma senza deprimere l’errante. Quindi se lo scolaro dovesse scrivere “ieri ho andato a squola” la correzione non andrebbe urlata con matita rossa accompagnata dall’onesto commento sgarbesco “capra!capra!capra!”, ma ingentilita da un benevolo “acciderbolina!” in verde possibilmente pisello.

Il primo film che ricordi di aver visto al cinema fu un western. Avrò avuto cinque o sei anni; probabilmente ne avevo già visti altri, compreso il pernicioso “Marcellino pane e vino”, ma questo in particolare mi rimase impresso perché quella volta mi ci portò mio padre, e mi pare fu anche l’unica. L’emozione era grande; il cinema ce l’avevamo anche al paese, ma il capoluogo mi sembrava in capo al mondo e già il solo andarci faceva parte dell’avventura.
A quei tempi al cinema gli indiani erano cattivi, niente da dire. Attaccavano le fattorie isolate e massacravano tutti; rapivano le donne bianche per farle schiave; tendevano imboscate ai coloni e scotennavano i soldati che gli passavano a tiro. Al massimo ce n’era qualcuno, addomesticato, che faceva da guida scout; non c’erano dubbi che la ragione fosse dalla parte dei pionieri, dei costruttori di ferrovie, di chi portava la civiltà insomma.
Non saprei raccontare la trama del film perché passai la maggior parte del tempo a cercare di svegliare mio padre che addormentandosi iniziava a russare; alla fine comunque la tromba suonò la carica che annunciava l’”arrivano i nostri”: il bene trionfava.
Solo qualche anno dopo si iniziarono a vedere dei film che ribaltavano lo stereotipo uomo bianco=civile e buono vs. uomo rosso=selvaggio e cattivo, bisognò aspettare Soldato blu, Il Piccolo grande uomo e Corvo rosso non avrai il mio scalpo che ristabilivano la verità storica: gli indiani erano le vittime e gli uomini bianchi gli aggressori: ma ormai i pochi indiani rimasti erano stati rinchiusi da tempo nelle riserve, ed anche sapere di aver avuto ragione non so quanto fu loro di conforto.

Come avrà capito chi segue da un po’ i miei sproloqui, non sono astemio. Non sono un fine intenditore ne un sommelier, ma un vino buono se me lo date lo so riconoscere; non disdegno niente ma potendo scegliere preferisco il rosso. Da quando ho letto che il tannino contenuto nelle uve nere aiuta a tener pulite le arterie mi attengo scrupolosamente ai consigli medici. Mi sono anche fatto regalare (trovo che sia molto utile avere dei vizi per togliere d’impaccio chi deve fare i regali) un decanter per far ossigenare il vino stagionato prima di degustarlo; peccato che nella mia cantina alle bottiglie non venga lasciato il tempo di invecchiare quindi il decanter è ampiamente sottoutilizzato. Bere da soli, credo lo sappiate, non è consigliabile: è per questo che quando ci troviamo tra amici un paio di bottiglie le stappiamo. Nel mio paese, lo segnalo agli appassionati, una prestigiosa azienda produce un vino da competizione, il Pollenza: quando deciderò di meritarmelo investirò i 50 euri necessari all’acquisto, ma non credo lo farò stagionare molto.

A proposito di linea rossa, la metro che prendo tutti i giorni per andare al lavoro è rossa. Stamattina era piena zeppa di persone che si recavano alla Fiera del Mobile; ad un certo punto ho sentito un urlo ed ho visto una giapponesina catapultarsi fuori, seguita da un suo amico; le avevano sfilato il portafoglio dalla borsetta, mariuoli, ma la ragazza è stata veloce perché è riuscita ad acciuffare il ladro e farsi restituire il maltolto. Il tutto si è svolto così rapidamente che sono appena riuscito a intuire quello che stava succedendo e non ho capito come abbia “convinto” il ladro, forse ha usato qualche arte marziale: se è così ha fatto bene, così gli impara¹ a superare la sua linea rossa.

(133 – continua)

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¹ mi vedo costretto a precisare che, attenendosi strettamente alla lingua italiana,  “così gli impara” meriterebbe la matita rossa.  

 

Italia, Italia, di terra bella e uguale non ce n’è

Basta lamentarsi, basta recriminare! Finiamola di piangerci addosso e gridare al complotto pluto-masso-giudaico. Ci rendiamo conto che il nostro paese è indiscutibilmente il più bello del mondo, meta ambita da ciascuna persona dotata di buon senso risiedente su questa terra? Smettiamola di girare ingrugniti e incarogniti, guardiamoci intorno alla scoperta della bellezza che abbiamo intorno e non solo delle scie chimiche che striano i nostri cieli azzurri.
Intoniamo le canzoni immortali che rendono onore alla nostra terra: L’Italiano di Toto Cutugno e Italia di Mino Reitano!

Cos’è questa botta di ottimismo, vi chiederete? Da dove viene questo rosa che colora l’orizzonte? Semplicemente dall’evidenza dei fatti e dalle nude cifre che di seguito esporrò.
Mille indicatori potrebbero dimostrarlo, ma mi limiterò a qualche accenno che si potrà ampliare a volontà.

La nostra penisola, che si estende al centro del Mediterraneo culla della civiltà  (non vicino al polo Nord o al deserto del Sahara) comprese le isole ha un’estensione che ci pone al 72° posto nella classifica mondiale (appena poco più grande dell’Arizona, si premura di informarci il sito della Cia da cui ho attinto gran parte dei dati che illustrerò).

Per popolazione siamo al 24° posto; stiamo invecchiando, l’età media è di 44,9 anni, vuoi perché fortunatamente campiamo molto (vita media 80,6 gli uomini e 85,1 le donne) sia perché sfortunatamente facciamo pochi figli (il tasso di nascita è fanalino di coda al 215° posto). Su questo si può dibattere: se i governi la smettessero di riempirsi la bocca di famiglia e facessero qualcosa per sostenerla starebbe un po’ meglio, questa benedetta famiglia. Il numero di residenti comunque è abbastanza stabile, sui 60 milioni, grazie (?) all’afflusso degli stranieri (passati da 230.000 ad oltre 5 milioni in appena 25 anni).

La mortalità infantile è ai minimi (4 morti ogni 100.000 nati), ma come dicevamo è ai minimi anche il tasso di fertilità (cioè il numero medio di figli per donna, quell’ 1,4 che ci pone al 208° posto. Sarà forse perché se ne fanno così pochi che ogni tanto qualcuno rilancia l’ideona di poterli comprare?).
L’acqua, oro bianco, è abbondante e disponibile per tutti; ne abbiamo così tanta che ci permettiamo di sprecarne quantità che disseterebbero intere nazioni africane, e siamo così schizzinosi che sdegniamo  l’acqua di rubinetto preferendogli quella minerale (208 litri a testa all’anno in media).

Scuola e sanità pubbliche nonostante i ricorrenti tentativi di farle andare in malora scricchiolano ma reggono e garantiscono istruzione e salute a tutti. Per quanto ancora resisteranno? Dipende da noi, da quanto riusciremo ad opporci alle varie derive liberiste al grido di “ce lo chiede l’Europa”.

Il nostro Prodotto Interno Lordo è il 13° al mondo. Siamo uno Stato tutto sommato piccolino ma che produce molto; non dovremmo dimenticarcene, ogni volta che chiude un’industria o delocalizza. Ed anche sull’energia che serve per farle andare avanti tutte queste attività dovremmo pensare, che il sole ancora non è sufficiente. Voglio dire: e il nucleare no, e il carbone no, e il petrolio no, e il gas no, a qualcosa bisognerà pur dire si se vogliamo continuare a tenere accesi gli smartphone.

Certamente gli ultimi anni di crisi si sono fatti sentire, e sono cresciute disuguaglianze sociali, povertà e divario tra Nord e Sud del paese; a questo proposito rimando a questo articolo http://www.lookoutnews.it/istat-rapporto-2016-italia-economia/ che riepiloga quanto evidenziato dal rapporto Istat.

Il problema dei problemi è la disoccupazione giovanile, che rende difficilmente sostenibile tutto il resto; lo dico provocatoriamente: non è pensabile il continuare a spendere oltre 4 miliardi l’anno per l’accoglienza ai migranti col 40% di disoccupazione giovanile e col precariato che nonostante il (o forse grazie al?) jobs act aumenta invece di diminuire, così si creano solo guerre tra poveri. Il governo, tutti i governi, dovrebbero pensare da mattina a sera al lavoro, lavoro, lavoro: Trump il furbacchione l’ha capito, e infatti cosa è andato a dire ai lavoratori spaventati? Riporterò il lavoro in America. Finché anche qua non si capirà che a chi non ha lavoro poco importa della liberalizzazione della cannabis, della legge elettorale o del matrimonio gay, i Trump nostrani avranno praterie aperte.

Vogliamo parlare della natura? Montagne, colline ubertose, laghi, fiumi, migliaia di chilometri di coste; ospitalità cordiale e professionale dovunque. Posti che non sempre curiamo come dovremmo, anche se la salvaguardia del territorio dovrebbe essere anch’essa in cima alle priorità politiche, più che le correnti di partito. Vogliamo forse definire la varietà e bontà della nostra cucina e dei nostri vini un luogo comune? Personalmente non me la sento.

L’Italia è il paese che detiene il record di maggior patrimoni dell’Umanità dell’Unesco nel mondo; è il paese compassionevole dove nessuno muore di fame, a meno che non voglia; è il paese dove ci sono volontari per tutto: anche per far attraversare la strada ai ricci o alle rane nelle notti di luna; è il paese fantasioso dove si reinventa anche l’acqua calda: così ogni volta che c’è un terremoto la soluzione è sempre nuova e sempre diversa da quella precedente.

Potrei continuare per mesi, ma mi fermo qua: italiani, siamo coscienti di dove viviamo? Chiediamoci anche se ne siamo degni, quanto di nostro di menefreghismo noncuranza cialtronaggine evvabbè ecchessarammai ci mettiamo per renderlo un posto peggiore di quel che sarebbe.

Su la testa, perbacco!

(132 – continua)

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