Niente sushi per Olena – 17

Nonna Pina, ancora incredula, fissa il nipote, il redivivo Evaristo Rana, che travestito da cameriera cinese spinge in fondo ad un pentolone di ripieno di agnolotti il corpo di un uomo a testa in giù.
Gilda, la vedova tutt’altro che inconsolabile, James il maggiordomo, i tre compagni nostalgici Luisito, Memo e Ambrogio, sono a bocca aperta. Persino Olena, per quanto avvezza ad ogni sorta di colpi di scena, arriccia il sopracciglio sinistro.
E’ nonna Pina che si incarica di rompere il ghiaccio:
«Evaristo, spostati da quel pentolone o quanto è vero Dio ti sparo in testa. Per la miseria, non sei nemmeno capace di morire senza rompere le scatole?»
Gilda, con gli occhi ancora sgranati dalla sorpresa, riesce a dire:
«Evaristo? Ma sei proprio tu, Evaristo? Ma che ci fai vestito da cinese? E soprattutto, che ci fai qua? Tu sei morto! E che cavolo, ti abbiamo pure seppellito!» e così dicendo si volta verso James, chiamandolo a testimone.
«Effettivamente, signore, i pigmei vi hanno mangiato, dovreste ricordarvene. Abbiamo trovato la vostra carcassa nel bosco, a meno di una tibia che Gnugnu deve aver portato via per ricordo» conferma James.

«Ah, ah, ah, poveri idioti!» E’ una risata insana quella che esce dalla bocca della cinese, che dopo aver tolto i denti sporgenti e la parrucca nera a caschetto si rivela per quello che è: il Cavalier Rana in carne ed ossa (non proprio con tutte le ossa a dir la verità). Che svela il mistero della sua ricomparsa:
«Quello che avete seppellito, cari miei, era Desmond, la terza riserva della squadra sudanese di curling. Quei maledetti pigmei mi hanno rosicchiato solo una gamba» e così dicendo mostra la gamba destra, dove appena sotto al ginocchio spicca una protesi al titanio. «Li ho supplicati, e gli ho dovuto promettere che li avrei rimandati in Africa e li avrei fatti lavorare come attrazioni per i turisti nei villaggi Ranatour, dove avrebbero potuto mangiare gli istruttori di zumba e pilates… oltre ad un bel gruzzoletto… così ho salvato le penne, ed ho potuto preparare in tutta calma la vendetta! Ah, ah,ah…»
«Evaristo, chi hai messo in quel pentolone? Toglilo subito di là, se arrivano i Nas ci fanno chiudere!» chiede una Gilda preoccupata per i risvolti occupazionali della pazzia del non più fu-marito.
«Toshiro era una mia creatura, gli avevo insegnato tutto!» sbotta il Rana, con disprezzo. «Tra di noi c’era un patto, ma all’ultimo momento si voleva tirare indietro, quel cacasotto! Non voleva essere complice di un crimine, diceva. Ah, ah, un crimine! Come se preparare ripieni al pollo tandori e gorgonzola non fosse già un crimine!»
«Effettivamente…» scappa detto ad Ambrogio, subito redarguito da Luisito e Memo.

«Ma che cos’è che ti passa per la testa stavolta?» chiede una frastornata Gilda. «Non sarà ancora quella storia dei manometri, vero? E’ una fissazione la tua, lasciatelo dire»
«Nanometri, non manometri, quanto ci vuole a farselo entrare in testa? Ah, ah, ma già, tu hai ben altro per la testa… a parte i capelli, che quelli invece grazie al tuo bellimbusto non li hai più da un bel pezzo!» dice con perfidia il cavaliere, facendo riferimento allo sfortunato incidente nel quale Svendard rovesciando in testa a Gilda un pentolone di ripieno le causò una calvizie permanente.¹
«Ti proibisco di parlare di Svengard in quel modo! Sven vale almeno dieci volte te!» urla a questo punto Gilda infuriata. «E’ forte e sensibile, non è un pazzo come te!»
«Ah, ah, pazzo, si, pazzo… anche il tuo amichetto, cara nonna, diceva che ero pazzo… peccato per quella brutta indigestione…»
«Che cosa? Sei stato tu? Ma per quale motivo, Emilio non faceva male a nessuno!»
«Il tuo Emilio mi aveva scoperto e per non parlare pretendeva che mi facessi da parte e lasciassi tutto a suo nipote, quel calciatore da strapazzo»
«Ehi, piano con le parole!» interviene Memo. «Nagatomo è nazionale giapponese, mica pizza e fichi come i vostri ripieni!» e poi, facendo mente locale: «Nipote? Ma come nipote, se è giapponese!»
«Adesso questo non interessa, è una storia lunga» tronca nonna Pina. «Che gli hai fatto, mostro?»
«Il Cynar non sempre fa digerire, cara nonna… specialmente se nella scorzetta di limone si aggiunge qualche goccia di tetrodotossina²…»
«Il cameriere! Eri tu, assassino! Sei un assassino!» urla nonna Pina tremante di rabbia. «E a Nagatomo cosa hai fatto?»
«Stai tranquilla, è un po’ ammaccato ma vivo. Almeno per ora… se succede qualcosa a me i miei uomini lo tagliano a pezzetti e lo mettono nel ripieno.»
«E Hidetoshi, il macchinista?» chiede una sempre più confusa Gilda.
«Uno sfortunato incidente. Ho preso il treno per andare in laboratorio senza farmi vedere, che ne sapevo che quello aveva l’abitudine di ispezionare i binari? Era una persona troppo coscienziosa!»
«E Olindo? Ha assassinato anche Olindo, vero? Perché?» chiede Ambrogio.
«E no, quello non sono stato io. Si era insospettito e mi ha seguito in cucina, ma sono stati i cinesi a farlo fuori. Col suo movimento no-sushi aveva proprio rotto le scatole.»
«Hai visto? Che ti avevo detto?» fa Memo a Luisito, ancora non convinto.
«E’ stato uno sbaglio, il piano era rapire Nagatomo e far ricadere la colpa su di voi» ammette Evaristo.
«Vedi che avevo ragione io?» dice Luisito ai due amici.
«Solo che quel coglione del vostro amico è venuto a chiedere informazioni proprio a me, e i cinesi si sono innervositi» conclude infine il Rana.
«Ma per l’amor del cielo Evaristo, a che pro tutto questo? Perché? Per i soldi? Ma ne avevi a bizzeffe! Potere? Vendetta?»
«Ah, ah, ma che soldi, ma che potere! Io sono al di sopra di queste quisquilie. E’ la GLORIA! Quella che inseguo e che merito. I libri di storia mi ricorderanno come il benefattore che ha salvato la civiltà occidentale dal declino!»

«James, la situazione è troppo ingarbugliata per il mio attuale abbigliamento. Qualche idea?» chiede sottovoce Gilda al fido maggiordomo.
«Al momento ne sono sprovvisto, signora.»
«Capisco. Bè, sarà quel che sarà³, mi pare cantasse quella tale. Te l’ho già detto che il fondotinta olivastro ti dona, James?»
«Grazie signora. Ho pensato che una nuance calda fosse appropriata.»
«Hai ragione, come sempre. Ah, James» dice Gilda con noncuranza «non vorrei allarmarti, ma Natascia è sparita. Pensi che a breve dovrai buttartimi ancora addosso? »
«E’ possibile, signora. Spero di non essere troppo di disturbo»

 

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¹ vedi  “Natale con Olena” – episodio IX.
² Tossina letale estratta dal fegato del pesce palla.
³ “Sarà quel che sarà”, cantata da Tiziana Rivale, è stato il brano vincitore del festival di Sanremo 1983.

Niente sushi per Olena – 16

«James caro, chi è quella gente laggiù? Non mi sembra di conoscerla. Sono operai in pausa? Non saremo un po’ troppo liberali con le maestranze? Non vorrei che se ne approfittassero, si sa come vanno a finire queste cose. Dagli un dito, prendi un braccio, quelle cose lì insomma»
Gilda, la Calva Tettuta, in divisa mimetica leopardata e babbucce foderate di pelo, in testa un foulard di seta Mantero ed in spalla un sovrapposto Beretta Imperiale Montecarlo con il quale il defunto cavalier Rana si esercitava nella caccia ai pigmei, osserva dal limite del bosco domestico un gruppetto di persone discutere animatamente all’ingresso del laboratorio.
«Tenderei ad escluderlo, signora, gli operai non possono uscire prima della fine del turno» risponde il maggiordomo abbigliato come Peter O’Toole in Lawrence d’Arabia, mostrando di essere ben al corrente delle regole aziendali. «Le fisionomie di alcuni di loro non mi sono nuove, potrebbero essere fornitori. Vuole che spari un colpo di avvertimento, signora?» continua James, non vedendo l’ora di provare un vecchio fucile Mauser trovato in soffitta. Gilda lo guarda interessata.
«James, sei un birichino. Dove hai trovato quel costume? Ti dona, dovresti vestirti più spesso da beduino. Niente spari però per adesso, non vorrei mi si risvegliasse l’emicrania»
«Come vuole, signora» dice James, leggermente deluso.

Se James nel ristorante cinese in cui era stato condotto da Olena non fosse stato distratto da un colpo di karatè all’orecchio ed un pugno nell’occhio, probabilmente nel capannello antistante il laboratorio avrebbe riconosciuto Luisito, Ambrogio e Memo come tre degli altri avventori di quella serata, e nei cinesi alcuni degli aggressori; anche se per quanto riguarda i cinesi bisogna ammettere che occorre essere più che fisionomisti per riuscire a cogliere sfumature somatiche. Non capita anche a voi di essere colti dal dubbio che la stessa persona tagli i capelli e contemporaneamente arrotoli involtini primavera, e che pratichi persino massaggi rilassanti? Ma non divaghiamo.

«Compagni lavoratori delle lavanderie!»
La voce di Luisito esce metallica dal megafono portatile da manifestazione, mentre si avvicina al gruppetto di cinesi vestiti di nero che sorvegliano l’entrata. Dietro di lui Memo e Ambrogio sorreggono uno striscione del Sindacato Unitario Lavoratori Lavanderie Industriali, il Sulli, realizzato con un lenzuolo di un letto king size espropriato dall’hotel Villa d’Este di Cernobbio.
«Compagni!» continua Luisito «Mi meraviglio di voi! In questo momento in cui il padronato ci vuole schiavi delle politiche neoliberiste e della globalizzazione, ed è stata trovata una intesa per una piattaforma unitaria di lotta, contro la precarizzazione ed il ricatto occupazionale, ed il vostro sindacato ha proclamato quattro ore di sciopero, voi che fate? Siete qui come cani alla catena a lavorare, contro i vostri stessi interessi! Vergogna! Crumiri!»
I cinesi, sorpresi dall’apparire del corteo, osservano interdetti i tre personaggi che avanzano verso di loro. Alla fine quello che sembra essere il capo, riavutosi dalla sorpresa, fa qualche passo in avanti e alzando un braccio con gesto autorevole intima:
«Felmi! Divieto di inglesso»
Al che Memo, facendo finta di niente, chiede ad Ambrogio: «Katanga, l’hai portata la chiave del 18?»
«Fidati, Zagor» risponde Ambrogio, recuperando parte della baldanza di quando entrambi facevano parte del servizio d’ordine alle manifestazioni sindacali.
«E allora mena!» e così dicendo Memo inizia a mulinare l’asta del cartello per crearsi un varco verso la porta, mentre Ambrogio estrae da un tascone dei pantaloni una chiave inglese e si accinge a picchiarla in testa al cinese più vicino.
Il generoso tentativo scatena un tafferuglio nel quale i nostri, digiuni di arti marziali, stanno avendo la peggio, quando uno sparo interrompe la lotta:
«Fermi tutti e alzate le mani! La prossima palla la pianto in testa al primo che si muove»

E’ un James impavido quello che esce allo scoperto, fiero del suo bel turbante e seguito da una fiammeggiante Gilda, anch’essa con turbante, e avanza verso il gruppetto spianando il vecchio Mauser 1903.
Ad un cenno del capo, uno dei cinesi si stacca dal gruppetto e va verso il maggiordomo. «Spala pule, tanto noi cinesi essele un milialdo quattlocento milioni, hai voglia a spalale» è la sfida che il cinese lancia a James. Questi, punto sul vivo, mira ad una spalla anziché alla testa, preme il grilletto ma al posto del rassicurante “bang” si sente solo un misero “clic”: il fucile si è inceppato. Cavallerescamente James si pone tra il cinese e Gilda, e brandendo il fucile per la canna si appresta ad usarlo come mazza, quando due ninja lo attaccano contemporaneamente e James è costretto a parare con l’occhio sano.
«All’anima e ci t’è stramuert’» scappa detto al maggiordomo in dialetto gallese. Mentre i cinesi iniziano a tempestarlo di colpi si sente una voce sbarazzina:
«Uhuh! Amuoruccio! Smetti te giocare con tuoi amici. C’è qui tua gattina per fare giuochetti insieme, da? Vieni casa e metti body in lattex, che poi io frusto te come piace tanto»

Una russa statuaria, in pantaloncini e maglietta attillati, stivali di pelle fino al ginocchio, occhiali neri e berretto da baseball in testa avanza tranquilla verso di loro.
«Grazie a Dio, Natascia. E mó è cazzi vóstri» proclama una inviperita Gilda, mani ai fianchi, recuperando l’idioma familiare.
Arrivata a tre passi il sorriso di Olena si trasforma in una smorfia, getta occhiali neri e berretto a terra, e dal fodero nascosto dietro la schiena compare una katana. Gli occhi di ghiaccio fissano i cinesi, e quasi senza muovere le labbra sibila:
«Finuocchietto, togli te da mie palle»

James, recepito il messaggio cifrato, si volta verso Gilda.
«Con permesso, signora» e senza attendere risposta si getta sulla Calva Tettuta buttandola a terra e coprendola col proprio corpo.
«Babushka, la finestra a destra» indica Olena a nonna Pina, piazzata al limitare del bosco con il fucile di precisione. Un attimo dopo si sente un colpo ed un cinese che vi era appostato vola di sotto.
«Che mi venisse un colpo, l’ho beccato!» esulta la centenaria.
Nel frattempo quattro teste stanno rotolando per il prato, e Olena ripulisce la lama della katana sul kaftano di James. Questi si rialza, con una mano sull’occhio dolorante, si avvicina ad Olena e senza farsi sentire dagli altri le chiede:
«Perché dovevi tirare in ballo il body in lattex? E’ roba da zoccola»
«Fatto bua all’occhietto, piccolino? Poi mammina da bacino te »
«Vaffanculo!» e James aiuta Gilda a rialzarsi. Quest’ultima, ancora un po’ stordita, si sistema il turbante in testa, poi recuperando un minimo di padronanza, dichiara:
«Non ho capito che sta succedendo ma adesso mi sono proprio rotta le scatole! Mo’ entro e li faccio neri» e, imbracciando il sovapposto, avvicina l’occhio al lettore di iride fino a quando sente, con soddisfazione, il clic attutito dell’apertura della porta blindata.

Nel buio del laboratorio una cinese claudicante si sta affaccendando attorno ad un pentolone dal quale spunta un paio di gambe.
«Toshiro!» un urlo strozzato esce dalla gola di Gilda.
«Nagatomo!» urlano Luisito, Memo e Ambrogio.
«Ma è la cameriera!» indica James ad Olena.
Nonna Pina entra per ultima, puntando il fucile sulla sagoma zoppicante. La squadra un attimo, e poi esclama:

«Evaristo, allontanati immediatamente da quel pentolone!»

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Niente sushi per Olena – 15

«Luisito, ma non era meglio chiamare la polizia?» chiede preoccupato Ambrogio, dal cespuglio nel quale lui, Luisito e Memo sono nascosti e dal quale osservano un gruppetto di cinesi scaricare da un furgoncino di una lavanderia industriale un sacco di consistente pesantezza.
«Niente polizia Ambrogio, questo affare ce lo smazziamo da soli. Lo dobbiamo al compagno Olindo! Che non sarà stato questa gran cima, ma non meritava di finire così. Dico io, non gli basta aver riempito Milano dei loro puzzolentissimi locali, adesso devono anche tappare la bocca a chi si oppone alla loro invasione! Il Pinna è stato fatto fuori perché evidentemente si stava avvicinando a verità scomode, il movimento No-Sushi dava fastidio ai poteri forti…»
Ambrogio e Memo si guardano perplessi, per niente convinti dalla tirata complottista del loro amico.
«Dì un po’» chiede Ambrogio a Luisito «non è che cominci anche tu a vedere le scie chimiche? Non sappiamo nemmeno se Olindo sia stato ammazzato o è morto per fatti suoi!»
«Per fatti suoi? Ma sentilo!» Luisito cerca comprensione da Memo, il quale però da buon migliorista non si sbilancia più di tanto.
«Altro che per fatti suoi!» continua Luisito infervorato «Olindo deve aver capito qualcosa, ve lo dico io, e l’hanno eliminato con qualche veleno strano… come quelle spie russe a Londra!»
«Luisito, da quando hai smesso di leggere Il Capitale e ti sei dato ai gialli svedesi non sei più tu» osserva Ambrogio, il pragmatico, e continua:
«Comunque facciamo così: andiamo a vedere che combinano ‘sti cinesi, e se c’è qualche movimento strano chiamiamo la polizia, ok?»
«Va bene, d’accordo, ma adesso sbrighiamoci, dai, che quelli sono entrati!» e i tre emergono dal cespuglio e si dirigono rapidi verso l’ingresso del fabbricato.

«O saggio Po, nonostante tu non abbia tirato il carretto nemmeno per un metro, devo ringraziarti» dice un accaldato Svengard al sornione Po, maestro di caccia alle zanzare con la racchetta elettrica e dispensatore di consigli di cuore.
«Fatica fisica è semple buona consigliela!» osserva Po, con gli occhi semichiusi da gatto mammone. «Dai letta a questo saggio, o glande uomo del Nold: la zappa è la migliole amica dell’uomo! Altlo che cani»
Svengard, ripensando alla predisposizione dei compaesani di Po nel fare stufato dei simpatici quattrozampe, scuote perplesso la testa.
«Sia come sia, Po, ci ho pensato e ripensato, nei limiti delle mie possibilità»
«Non cluccialti noldico, scienziati affelmano che uomo usa solo quindici pelcento del potenziale della mente. Tu sei un po’ sotto la media, ma se ti splemi qualcosa puoi tilale fuoli»
«Non interrompermi che sennò perdo il filo» dice Svengard spazientito «ecco, vedi, che dicevo? Ah, si, ci ho pensato»
Il cinese fissa Svengard, notando in lui uno sforzo creativo non proprio congeniale.Dopo un po’, lo sollecita a continuare:
«Bè, e allola? Che hai pensato?»
«Ho pensato… ho pensato…» Svengard tormenta l’elmo cornuto, torcendolo tra le mani.
«Ho pensato… ma chi se ne frega se Gilda vuole solo il mio corpo? Non le interessa quello che penso? Ma se nemmeno io mi interesso a quello che penso! Sai invece che ti dico, caro Po?»
«Tu essele su via di illuminazione! Vai a pallalle, dunque?»
«Ma che parlarle, Po! Mi pare di essere stato chiaro, io non sono capace ne di pensare ne di parlare!»
«Non posso contladdilti su questo punto, ma allola che vuoi fale glan.. ehm glosso uomo del Nold!»
«Farò quello di cui sono più capace! Adesso vado là, la sollevo di peso e la porto a letto. Chiamami tra una settimana, Po!» e così dicendo, Svendard apre il cancello della grande villa e si appresta ad entrare. Po lo guarda allontanarsi con passo deciso. Poi il cinese si alza, si guarda intorno circospetto e controlla che nessuno veda, prende il risció e lo nasconde in un cespuglio. Vede qualcosa brillare per terra, e incuriosito la raccoglie.
«Una tessela dell’Alci ghei? Chi è che lascia in gilo tessele? Luigi Cazzaniga… chissà chi è questo pilla» e così dicendo straccia la tessera. Poi apre il baule posto sul retro del risció, ne estrae la fida racchetta elettrica, si cala in testa un passamontagna ed entra nella villa, richiudendo il cancello lasciato aperto da Svengard dietro di sé.

«James caro, non potremmo prendere il treno per andare al laboratorio, come al solito?»
«Mi dispiace, signora, non è possibile» risponde un impassibile maggiordomo.
«Ah, no, caro? E come mai, c’è qualche sciopero? Non sapevo che il nostro macchinista aderisse a qualche sindacato. Se voleva un aumento, bastava chiederlo, no?»
«Non si tratta di rivendicazioni  salariali, signora. L’autista è stato trovato sotto il treno»
«In che senso “sotto” il treno, James? Stava controllando qualcosa, il motore, le pastiglie dei freni?»
«La dinamica non è ancora chiara, signora, tuttavia Hidetoshi è stato trovato schiacciato sotto il treno. Sembra che si stesse allacciando le scarpe sui binari indossando delle cuffiette per l’I-Pod, quando il treno si è messo in moto da solo»
«Ma santo cielo, e si che non era più un ragazzino! Ed ora che facciamo, James?»
«Ora andiamo a piedi, signora» poi si ferma, notando un dettaglio fuori posto nell’abbigliamento di Gilda.
«Signora?»
«Si, James, che c’è? C’è qualcosa che non va?» risponde Gilda sulla difensiva, già sapendo dove il suo maggiordomo vuol andare a parare.
«La tuta leopardata mimetica è ottima, signora, tra l’altro si intona con la doppietta. Però…»
«Però che, James?» poi seguendo la traiettoria dello sguardo di James, ne previene l’obiezione:  «No James, gli anfibi non li metto! Mi dispiace ma su questo punto sono ir-re-mo-vi-bi-le. O le babbucce col pelo, o niente» e con la bocca imbronciata, esce dalla grande portafinestra e si avvia nel giardino.

«Come vuole, signora» sussurra con un sospiro James, apprestandosi a seguirla.

Svengard ha sfruttato davvero tutta la potenzialità della sua mente? Cosa ha in mente Po, oltre al passamontagna? Le babbucce col pelo saranno davvero adatte per aiutare Toshiro? Lo scopriremo alla prossima puntata?

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Niente sushi per Olena – 14

Il biondo e aitante Svengard, reduce dai campionati internorreni di Laivaniemi dove ha dominato nella specialità della corsa con il barile, è in piedi pensieroso sul molo di Varazze. Ha appena lasciato gli  amici Uppallo I e Uppallo IV, che prima di dirigere il loro agile drakkar verso le terre dell’Aurora Boreale l’hanno salutato con il virile canto vichingo: “O-oh! O-oh! Gurli Korken! Proppmätt Arv! Flitighet o Ofantligt? O-oh? A-Ah!”.
Guardandosi in giro si gratta la testa, dopo aver scostato l’elmo cornuto ricevuto come premio, quando ode una voce amica che lo chiama:«O glande uomo del Nold, avele bisogno di passaggio?»
Svengard non crede ai propri occhi. Po il cinese? Ma se l’aveva lasciato su un catamarano azionato dal suo risciò!
«O saggio Po!» esclama meravigliato il vichingo «A parte che mi pare di averti già detto un po’ di volte di non chiamarmi glande, ma lasciamo stare, come diavolo hai fatto ad essere già qui se ti ho lasciato indietro di mille leghe?»¹
«Glan… ehm, glosso uomo del Nold, mio catamalano molto veloce!» dice con orgoglio il cinese.
«Non lo metto in dubbio, o membro della tua dinastia, ma dato che lo spingevi col tuo risció permettimi un po’ di stupore. Hai un motore fuoribordo, per caso?» chiede uno scettico norreno.
«No, ma avele cugino con glande motoscafo che avele tlainato me fino a liva.» Poi il cinese, ritenendo di aver concluso i convenevoli, passa agli affari:
«Andiamo in Blianza, uomo del Nold? Plezzo buono, venti euli.»
«Perché venti euri?» chiede un indispettito Svengard. «L’altra volta abbiamo fatto 15, ed ho tirato quasi sempre io.»
«Va bene, allola quindici euli ma consigli di amole a palte»
«Eh no, così allora ci rimetto. Ok, facciamo venti euri e non se ne parli più. Togliti da lì, che vai troppo piano» e così dicendo Svengard solleva il cinese e lo mette seduto a cassetta, e posizionandosi alle stanghe del risció comincia a correre verso casa.

«Ma bando ai sentimentalismi» dichiara nonna Pina tirando su col naso rumorosamente:
«Allora, come è andata coi cinesi?»
Olena guarda la nonna, con una certa ammirazione per la capacità di questa di lasciarsi tutto alle spalle. Poi sistema un ciuffo di capelli biondi che il vento le ha scompigliato, e risponde:
«Babushka voi aveva ragione, locale cinese è copertura. Appena arrivati, due scagnozzi hanno provato a fermare noi. Dentro notato cose molto interessanti, prima di arrivo di altri quattro finuocchietti di Triade. Sushi da schifo, comunque» puntualizza Olena, precisa.
Nonna Pina sbotta: «Ma possibile, Natascia mia, che con tutti i delinquenti che abbiamo in Italia dobbiamo importarli pure dalla Cina? Non mi pare logico. Che bei tempi quando ai cinesi bastava un pugno di riso e un libretto rosso… Credevano in qualcosa, cara mia. Adesso in che credono, me lo sai dire? Nel comunismo non penso proprio. In che cosa allora, nei soldi, nell’arricchitevi tutti? Un miliardo e mezzo di ricchi? Illusi… alla fine si ritroveranno con un pugno di milionari e milioni di poveracci, ne più ne meno che da noi, ma almeno noi non lavoriamo 24 ore al giorno stipati come topi. Chissà che ne penserebbe Mao? Si rivolterebbe nella tomba, secondo me»
«Pochi riescono a rimanere fedeli a ideali» osserva Olena, e la mascella le si serra leggermente. Poi continua:
«Dopo avere neutralizzato finuocchietti, maggiordomo andato a casa, io tornata indietro. Visto la cameriera ed una squadra di ninja portare via un uomo imbavagliato. Potevo provare fermare loro ma rischio per sicurezza prigioniero troppo alto. Messo segnalatore Gps sotto loro furgone, e ora so dove loro andati.»
«Natascia, sei una bomba figlietta mia! Che facciamo adesso, chiamiamo la polizia?»
Olena fa un sorrisetto divertito, prima di rispondere «Polizia, Babushka? Niet, non c’è bisogno di polizia. Andiamo noi a prenderli» e presa in spalla nonna Pina, inizia la discesa verso terra.

«James, sarà prudente recarci da soli nel laboratorio? Toshiro non sembrava essere del tutto in sé. Non sarà meglio aspettare che torni Sven?» dice una preoccupata Gilda.
«Temo non ce ne sia il tempo, signora. Ho preso comunque qualche precauzione» e così dicendo porge alla Calva Tettuta un giubbetto antiproiettile ed una Smith & Wesson M&P22. Gilda solleva il giubbetto con due dita, e chiede scandalizzata:
«Non vorrai che indossi questo orrore, vero James? Dico, se mi vedesse qualcuno?»
«C’è anche in verde oliva, la signora preferisce?» chiede premuroso James.
«Ma non si tratta del colore» protesta Gilda «E’ che mi… mi… ingrassa!» sbotta la Calva Tettuta, restituendo il giubbetto al maggiordomo.
«E poi, James, questa da te proprio non me la aspettavo» accusa Gilda, rigirandosi la pistola tra le mani.
«Una calibro 22? Ma per chi mi hai preso? Tira fuori la doppietta della buonanima di Evaristo, altro che pistoletta!»

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¹ Alzi la mano chi sa  a quanti metri corrisponde una lega. Anzi, esistono le leghe come unità di misura? Jules Verne oggigiorno si sarebbe guardato bene dallo scrivere “Centomila leghe sotto i mari”, sarebbe stato reputato politicamente scorretto. Per i curiosi comunque dirò che la lega nautica è pari a tre miglia nautiche.

M’ama, non m’ama (II)

Pensavo che dopo una degustazione di pregevoli vini della Valpolicella mi si sarebbe schiarita la visuale riguardo chi votare domenica prossima, ma la dose è stata solo sufficiente a rallegrare lo spirito altrimenti depresso dallo sferzare del Burian e dai notiziari dei telegiornali.

A sentire il TG1 sembrerebbe di vivere nella florida Corea del Nord tanto le cose vanno bene: Pil in crescita, debito e deficit in diminuzione, poi all’annunciatrice deve essere scappato un lapsus perché ha accennato ad una impennata temporanea della disoccupazione. Su tutto svetta però la cronaca nera: ‘ndrangheta in Slovacchia (amici slovacchi, mica vorrete che vi delocalizziamo solo le aziende, vero?), carabiniere che spara a mogli e figli (l’arma dovrebbe fare più attenzione, non è il primo caso… come si deve sentire una donna che va a fare denuncia di stalking o peggio se nelle caserme ci sono di questi tipi?), Ricucci (ancora in giro?) accusato di aver corrotto un giudice a suon di donnine compiacenti.

Bho, vedremo, non mi è rimasta molta verza da sfogliare, questo no, quest’altro no, quest’altro no… per fortuna in cantina ho altre bottiglie, può darsi che prima di domenica l’illuminazione verrà.

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