«E’ in ritardo, contessa»
Jean Biscuit, seduto alla sua scrivania, accoglie con un sorrisetto Olena, entrata nella stanza senza far rumore. La russa, fasciata da pantaloni in pelle neri ed un pullover a collo alto, sempre nero, tiene i lunghi capelli biondi raccolti da una fascia in tessuto stampato con motivi di piccole matrioske variopinte, capelli che ricadono su un giubbotto rosso con stampata sul dorso la scritta CCCP, si avvicina lentamente alla scrivania, tenendo d’occhio il divano laterale sul quale è seduta Gilda, imbavagliata e con la pistola puntata alla testa da Carlos, in piedi dietro di lei.
«Toglietele il bavaglio, prego» intima calma, sedendosi di fronte a Biscuit. «Le hanno fatto del male, signora?» si informa, ma appena libera Gilda la rassicura propompendo in un diluvio di improperi nel vernacolo nativo, linguaggio a cui ricorre sovente nei momenti di tensione.
«Moriammazzati, che ve pijasse un colpo! Natascia, spaccheje la faccia e quarcos’antro, pago tutto io, non te sta a preoccupà pe’ li danni! Jean, bruttu pezzu de merda secca de vacca, pozzi casca’ dentro un puzzu a testa per in gnó, se pò sapé che ti si missu per la testa? Che voli, che cerchi? Tutta ‘sta manfrina per compratte la ditta mia? Tu si’ scemu sulla testa, te l’agghio ditto ‘na orta e te lo ripeto: none! Rassegnete, la Rana non è in vendita, e piuttosto che vennella a te je dò focu! La bbruscio, ì capito?»
Jean Biscuit sorride divertito allo sfogo della Calva Tettuta di cui se pur qualche vocabolo gli è sfuggito ha afferrato il succo, ma anche ammirato dal seno generoso che, mosso dalla indignazione, ballonzola trattenuto a stento dal Wonderbra.
«Gilda, carissima, non è il caso di prenderla così. Se non avessi avuto la testa così dura adesso l’affare sarebbe concluso e non ci sarebbe stato bisogno di questa piccola, come definirla, spintarella…»
«Spintarella la chiami?» ribatte Gilda, che sta recuperando il controllo. «Prima hai provato a farmi chiudere “convincendo”, immagino con che mezzi, i fornitori…»
«Te n’eri accorta?» chiede Biscuit, intrecciando le mani dietro la testa, curioso di sentire il resto. «Be’, con qualcuno è stato facile, è bastato pagarli di più di quello che facevi tu. Con qualcun altro invece, lo ammetto, è stato più… complicato»
«Poi , all’improvviso, le banche che fino al giorno prima mi leccavano i piedi, mi chiudono le linee di fido. Ma che coincidenza! E con loro come hai fatto, Jean?»
«Anche i direttori di banca sono umani, Gilda, ed hanno le loro debolezze ed i loro punti deboli. Prendi quel, come si chiama? Renato Galbiati…»
«Tina?» chiede sorpresa Gilda. «L’hai ricattato? Ma se lo sanno tutti che frequenta i locali gay travestito da majorette. L’hai minacciato di fare uno scandalo?»
«No, in realtà no, della sua vita sessuale non ci siamo nemmeno interessati, se vuoi saperlo. Ma il fatto è che la cara Tina aveva fatto perdere un bel po’ di soldi alla sua banca con speculazioni sulle borse asiatiche, ed io mi sono gentilmente offerto di coprire il buco. Un do ut des, insomma»
«Non cominciare a parlare in marsigliese, eh! Poi ci hai provato con i sindacati»
«Già, anche se quello è stato un totale fallimento. Devo congratularmi con te, Gilda, i tuoi dipendenti sono molto più attaccati alla ditta di quanto lo siano i miei. Come fai, mi incuriosisce molto? Carota e bastone, immagino…»
«Lo sai, “caro” Jean, dove te li puoi infilare la carota e il bastone? Non siamo qui per parlare di relazioni industriali, giusto? Mi spieghi perché ti sei fissato con la mia azienda, non è nemmeno così grande, ho capito che è un mercato che non coprite, ma non siamo mica gli unici che fanno tortellini!»
Jean Biscuit scuote la testa, e si appoggia allo schienale della poltrona con le mani intrecciate dietro la testa.
«In realtà Gilda, e non prenderla come un’offesa, non so che farmene della tua azienda. Tra l’altro i tortellini nemmeno mi piacciono…»
«Che cosa?» chiede Gilda, confusa. «E allora cos’è che vuoi?»
Il presidente della Talnone si alza lentamente, va fino alla vetrata da cui si ammira la visione dell’Arc de La Defence e, spalle agli ospiti, inizia a raccontare.
«Io ed Evaristo avevamo una passione in comune, ti ricordi Gilda? Oltre quella per i soldi, intendo. La caccia, ci piaceva andare a caccia»
«Si, lo so, bambinoni che giocano ancora agli indiani e cowboy» commenta caustica la Calva Tettuta.
«Non mi aspetto che tu capisca o tanto meno approvi, naturalmente. Comunque uno dei posti migliori al mondo per cacciare è l’Argentina, questo lo sai vero?»
«Jean, vuoi farmi un trattato sulla caccia? Vieni al dunque, per favore»
«Dopo le prime volte che andammo laggiù, Evaristo pensò che avrebbe potuto unire l’utile al dilettevole: comprare un terreno destinato ad allevamento, intestarlo alla società in modo da scaricare tutte le spese, ma in realtà tenerlo come riserva di caccia. L’appezzamento era molto grande, comprendeva perfino una vecchia fattoria in disuso, una hacienda come la chiamano loro, che aveva in mente di ristrutturare e farne una struttura di lusso per cacciatori come noi, e diverse stalle e magazzini diroccati. E fu proprio in uno di questi magazzini che una mattina ebbi la… sorpresa»
«La sorpresa?» chiede Gilda, sorpresa a sua volta.
«Vicino a questo paesino, Tres Lomas, c’è un laghetto che è un vero paradiso… c’è il passaggio di un’infinità di uccelli, il codone delle Bahamas, il Cicero, la Netta peposaca, lo streppolo ed, ovviamente, il beccaccino.¹»
«Ovviamente» interviene Gilda, ironica.
«Avevo intenzione di appostarmi in un casotto che avevo preparato qualche giorno prima, ma lungo la strada si scatenò un violento temporale e così, visto quell’edificio seminascosto dalla vegetazione, decisi di ripararmi lì in attesa che passasse»
«Ma Evaristo dov’era, non eravate insieme?»
«Tuo marito ogni tanto spariva, diceva di andare a visionare dei calciatori per la vostra squadra di calcio; ad un certo punto ho perfino pensato che avesse un’amante…»
«Un’amante?» scatta Gilda, punta nel vivo. «Se scopro che è vero, lo ammazzo! Ah, no, è morto, peccato. Ma ne sei sicuro?»
«Su questo punto era molto riservato, se non era un’amante era comunque qualcosa che non voleva io sapessi… ad ogni modo, quella mattina ero solo; mi feci largo tra gli sterpi e mi trovai di fronte qualcosa che non mi aspettavo: un portone blindato, lì, in mezzo al niente! La curiosità era troppo grande, corsi in paese a cercare un fabbro e mi feci aprire. Mi aspettavo una struttura fatiscente, e invece mi ritrovai all’interno di un magazzino ben conservato, ordinato, che all’apparenza non era stato aperto da molto tempo… aprii un paio di casse, e rimasi di stucco. Tutto mi aspettavo tranne che di trovare dei quadri nella pampa!»
«E naturalmente dicesti tutto a Evaristo, giusto?» chiede Gilda, incuriosita.
«Be’, pensai, perché disturbarlo? Lui aveva il suo piccolo segreto, quello sarebbe stato il mio… richiusi tutto, e una volta tornati a casa, presi un esperto di arte e lo portai in Argentina; alla vista dei quadri gli venne quasi un colpo, non riusciva a credere ai suoi occhi… gli chiesi di rimanere, di verificare tutto e di fare un inventario, senza dare nell’occhio naturalmente; per sicurezza gli misi alle costole un sorvegliante per controllarlo. Le sue ricerche portarono a risultati stupefacenti, quei pezzi erano tutti autentici ed originali; parecchi risultavano rubati durati la seconda guerra mondiale, altri addirittura distrutti; era come impazzito, diceva che erano opere di un valore incommensurabile, erano un patrimonio dell’umanità, bisognava restituirli ai proprietari, o renderli pubblici. Un idealista… mi dispiacque dover fare a meno della sua competenza»
«Che gli è successo, l’hai fatto fuori?»
«Ebbe un brutto incidente, purtroppo cadde dall’elicottero che lo stava riportando a Buenos Aires» risponde Biscuit. «Non aveva allacciato la cintura di sicurezza»
«Che sfortuna» commenta ironica la Calva Tettuta.
«Già, una vera disdetta. Cominciai a far la corte a tuo marito, se mi avesse venduto la proprietà avrei potuto gestire la situazione senza destare sospetti; ma lui svicolava sempre, diceva di essercisi affezionato; alla fine però mi contattò lui, e mi disse che era disposto a cedermi la proprietà»
«Davvero? Io non ne sapevo niente» dice Gilda, sorpresa.
«Mi disse che gli servivano dei fondi extra per un progetto che stava portando avanti; voleva essere pagato in nero, per buona parte, ma purtroppo non facemmo in tempo a concludere l’affare, perché Evaristo poco dopo morì»
«Pace all’anima sua» commenta Gilda, ripensando al progetto al quale suo marito stava lavorando, niente meno che inserire nei ripieni dei tortellini delle nanoparticelle programmate in modo da controllare il cervello di chi le avesse ingerite² .

¹ Scoprite l’intruso.
² cfr. Natale con Olena, 2017