Proteggi i tuoi pelosi!

Ieri sera, tra le decine di mail che quotidianamente mi intasano la casella di posta, ne spiccava una che ha attirato la mia attenzione: “Proteggi i tuoi pelosi!” intimava e poiché sono notoriamente uno che ai suoi pelosi ci tiene ho infranto la regola di prudenza che consiglierebbe di non aprire messaggi di dubbia provenienza e sono andato a vedere di che si tratta.

Ho scoperto così che si tratta di una assicurazione francese che invita a premunirsi dal rischio di dover affrontare ingenti spese veterinarie per i propri animali domestici, evenienza tutt’altro che peregrina, anzi, conosco personalmente gente che si è svenata per le cure oncologiche dei propri cani e gatti, e poco aiuta la detrazione ammessa nella denuncia dei redditi (tetto massimo di 500 euro con franchigia di 129,11: in pratica al massimo si risparmia il 19% di 500-129,11 cioè 70,49 euro. Per carità, piutost che nagott l’è mei piutost come dicono da queste parti, è un piccolo aiuto ma in certi casi ci vuole ben altro).

Ho ripensato al mio cagnolino, di cui vi ho già parlato, morto per le conseguenze di un ictus (non avevo mai pensato fino a quel momento che anche gli animali potessero essere soggetti a queste malattie); negli undici anni in cui è stato con noi aveva subito un paio di operazioni per dei tumori alla pelle, e ne era sempre uscito abbastanza brillantemente; le spese si erano limitate all’operazione di asportazione e ce l’eravamo cavata abbastanza a buon mercato. L’assicurazione in effetti l’avevamo fatta ma era per danni causati a terzi: era un cane e faceva il suo mestiere, ovvero quando poteva rincorreva i gatti; lo portavamo sempre in giro con il guinzaglio ma un attimo di disattenzione può sempre capitare, e non mi sarebbe piaciuto dover ripagare come nuovo un ciclista della domenica o qualche vecchietta con la borsa della spesa… pensare che l’unica volta che ha fatto cadere qualcuno (ma non per colpa sua, è perché il guinzaglio era troppo lungo ed una signora sovrappensiero non l’ha visto e ci ha inciampato) non ho fatto nemmeno in tempo a chiedere scusa, perché la signora si è allontanata sistemandosi i vestiti e chiedendo lei “scusa scusa” come se la colpa fosse sua, cosa che mi ha fatto sospettare che forse non avrebbe dovuto trovarsi in quel posto e in quel momento, ma non ho indagato.

A proposito di assicurazioni, sta prendendo piede per le aziende medio-grandi stipulare ai propri dipendenti delle polizze sanitarie come succede negli Stati Uniti, a quanto mi dicono; a mio modesto parere sarebbe più corretto dare ai propri dipendenti dei soldi in più con i quali ognuno decida cosa fare, siano pure cene con escort: mi sembra una forma insopportabile di salario compassionevole, ma datemi i soldi per la miseria! Che al cosa farci ci penso io.
Per non parlare degli effetti sulla sanità pubblica, già in difficoltà.

Comunque grazie del pensiero, cara assicurazione francese, ma ai miei pelosi ci penso io: voi piuttosto tenete d’occhio i pelosi di qualche politico delle vostre parti, che pare facciano un po’ troppi danni…

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Zucche e zucconi

Chi l’avrebbe mai detto che in natura esistano più di duecento tipi diversi di zucche? A meno di non essere botanici credo siano in pochi ad esserne a conoscenza. E’ quello che ho appreso ieri visitando una Sagra della Zucca in una frazione di un grazioso paese lacustre, di cui non farò pubblicità perché è uno degli acerrimi avversari nel Palio; dovevo comunque immaginarlo perché un detto di queste parti recita più o meno “zucc e dònn brutt ghe n’è dapertutt” ma comunque la bellezza è soggettiva ed effimera mentre una zucca è per sempre.
Era in mostra la campionessa delle zucche: uno zuccone da 200 kg! Sulla quale due bambinetti, sfuggiti alle attenzioni dei genitori, si sono seduti, rompendone la scorza. L’addetto alla sicurezza dell’ortaggio c’è rimasto male, ed ha redarguito i monelli; al che i genitori invece di prenderli per le orecchie e magari sculacciarli hanno fatto spallucce giustificandoli: “eh, sono bambini!”.

Tempo fa, frequentando abbastanza spesso Roma per lavoro, mi era capitato di assistere ad una scena altamente istruttiva: dai finestrini di un bus un gruppetto di ragazzini, evidentemente appena usciti di scuola, bersagliavano le persone sui marciapiedi con gessetti ed altre munizioni improvvisate. Un uomo, sarà stato di una trentina d’anni, si è avvicinato ad uno dei buontemponi dai capelli rossi e gli ha appiccicato uno schiaffone che gli ha lasciato il segno delle cinque dita sulla faccia brufolosa; il ragazzino dopo l’attimo di smarrimento iniziale ha tentato, coraggiosamente devo dire, di ribellarsi, prontamente raggiunto da un manrovescio sull’altra guancia. Il colore delle guance a quel punto era uguale a quello dei capelli; il ragazzino ha minacciato di chiamare il padre, al che il signore si è augurato che lo facesse, così gliene avrebbe appioppati un paio anche a lui. Colpirne uno per educarne cento!

Ho sentito dire che un giudice spagnolo per impedire il referendum catalano sull’indipendenza ha ordinato, tra le altre cose, il sequestro delle schede elettorali. Ingegnoso! Quello si che ha una bella zucca. Si potrebbe prendere come esempio per i prossimi referendum leghisti e sequestrare, oltre alle schede, anche le matite, gli scatoloni e i separé. Sarà per questo che vogliono far votare elettronicamente? Come mai quando i referendum li richiedono gli altri sono sprechi di denaro pubblico e quando invece li indicono loro sono sacrosanti? Spero che i terremotati ai quali quei soldi avrebbero fatto più comodo se ne ricordino quando Salvini andrà a chiedergli i voti. Una delle pubblicità che questi dementi questi democratici propongono recita che l’autonomia permetterà di evitare i crolli dei ponti. Regione e Provincia sono loro da decenni; sono stati al governo per vent’anni più o meno e tutto quello che sono stati capaci di fare è esportare diamanti in Tanzania e importare in Lombardia camorra e ‘ndrangheta; crollano i ponti e la colpa è sempre degli altri. Ma andate a cagare (sulle zucche)!

Al ritorno dalla sagra ci siamo fermati a ristorarci in un bel bar nelle vicinanze del lago. L’intenzione era quella di bere un prosecchino ed andare poi a cena ma il buffet degli aperitivi ci ha indotti a cambiare idea ed al grido di “piatto ricco mi ci ficco” dopo un primo momento di disorientamento ho iniziato a fare la spola tavolo-buffet con piatti via via ripieni di ogni ben di Dio. Devo dire che io e la mia consorte abbassavamo abbastanza l’età media del locale ed i camerieri ci avevano messo infatti in un tavolino un po’ defilato; qualche ragazza lanciava degli sguardi impietositi, sospettando che fossimo due pensionati che non arrivavano alla quarta settimana e avevano scelto il loro locale in alternativa alla mensa della Caritas: con soli 6 euro spritz e cena! Temo che se tutti facessero come noi in breve tempo fallirebbero, ma per il momento il rimorso non mi assilla.

Il candidato premier del Movimento Cinque Stelle sarà l’onorevole Luigi Di Maio. L’hanno stabilito cliccando qualche decina di migliaia di fedeli, ovviamente democratici, scegliendolo tra candidati eccellenti tra cui spiccavano l’Uomo Invisibile, la vecchina di Hansel e Gretel, il custode del campo di bocce di Laigueglia e il famoso macaco del selfie. Non discuto se Di Maio sia bravo o meno, ma che queste siano primarie serie lo possono credere solo dei fanatici. Quasi quasi erano state più serie quelle del PD, con Renzi contro Bombolo, Franco Franchi e Maciste.

Infine un invito: andate a vedere, se vi capita, Barry Seal con Tom Cruise. Sono passati trent’anni e più, ma i metodi non sembrano cambiati di molto.

(161 – continua)

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Un uomo, un mito

Il signor Ivic Zvonomir Cicak, croato,  si è battuto per tutta la vita per il rispetto dei diritti dell’uomo. Il suo paese, nella persona della presidentessa della Repubblica signora Kolinda Grabar Kitarovic (che non credo fosse in carica quando il nostro premier in auge era un arzillo ottantenne, altrimenti ne avremmo viste delle belle) gliene ha giustamente reso atto conferendogli un diploma al merito.

Non capita tutti i giorni di ricevere apprezzamenti per l’impegno di una vita. Si fa un bel dire che la più grande soddisfazione nello spendersi per una nobile causa sia quella di sentirsi in pace con se stessi; ogni tanto però ricevere un grazie e magari una pacca sulla spalla fa piacere. Sempre che la causa sia nobile: io ad esempio non riesco ad apprezzare gli animalisti che sono andati a manifestare alla fiera degli O Bej O Bej di Milano contro le bancarelle che esponevano carne. Non bastava l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ci mancavano anche loro. Già mi sentivo in colpa per il livello di colesterolo LDL, davvero non si può più mangiare una fettina di salame in santa pace.

Devo confessare che in generale la Croazia non mi ispira grande simpatia. Ricordi storici, sia della prima (la questione istriana) che della seconda guerra mondiale (i famigerati Ustascia) e più recenti, legati alla guerra civile che ha portato alla disintegrazione della Jugoslavia e alla conseguente somma di problemi che ancora ci portiamo dietro, non mi inducono alla benevolenza. Anche nello sport spesso ce le suonano, intollerabile. A conferma del mio stato d’animo, aggiungerò che sono andato al mare in Croazia l’anno prima della guerra, non riuscendo a fare nemmeno un bagno dato che l’acqua era subito profonda ed io non sapevo nuotare, ed a tutt’oggi non ci sono più tornato.

“L’ora del cojó passa per tutti”, recita un proverbio delle mie parti che sta a significare che a qualsiasi uomo, per quanto intelligente o potente sia, accade almeno una volta nella vita di combinare qualcosa di cui non andare esattamente fiero. A me ad esempio uno di questi momenti,  e ringrazio la dottoressa Martelloni di cui vi parlai qualche tempo fa per avermelo fatto tornare in mente, passò durante il servizio militare, quando durante il corso ufficiali fui incaricato di innalzare la bandiera sul pennone posto nel bel mezzo del la piazza d’armi per la quotidiana cerimonia detta appunto dell’alzabandiera. Ogni mattina un allievo ufficiale doveva portare il drappo fino al pennone, legarlo alla corda scorrevole e poi, al comando del comandante, tirare la corda fino ad issarlo in cima, con i reparti schierati sull’attenti. Ancora non so se la mia tecnica di fissaggio non fosse adeguata o se fu colpa del vento maligno, fatto sta che la bandiera si avvoltolò attorno al cavo ed arrivata a metà non volle più saperne ne di salire ne di scendere. Passarono attimi interminabili, in cui la mia schiena si inzuppò di sudore; sentivo in sottofondo le risatine dei commilitoni e mi sarei volentieri vaporizzato se ne avessi avuto modo; ad un certo punto il sergente istruttore ruppe le righe per vedere che caspita spessi combinando e poi, dopo avermi rivolto un’occhiata schifata, fece un cenno al comandante che ruggì un “riposo!” che mi fece rizzare i peli sulla nuca. Temetti che come punizione mi facesse arrampicare sul pennone per sbrogliare la matassa; mi balenarono in mente immagini di marinai impiccati al pennone più alto, ma fortunatamente eravamo in contraerea e quel tipo di condanna non usava; poco tempo fa mi capitò di ripensare a quell’episodio quando girarono voci che in Corea del Nord il magnanimo e saggio Kim Jon-un avesse condannato alla fucilazione a colpi di cannone un generale colpevole di essersi addormentato durante una parata: spero che da quelle parti le bandiere salgano sempre senza intoppi.

Ma tornando al signor Ivic Zvonimir Cicak non si può non notare che ha un problema,  comune peraltro alla maggior parte degli uomini: ha solo due mani. E avendone già una impegnata dal bastone al quale deve appoggiarsi e l’altra occupata a reggere il diploma che l’avvenente presidentessa gli ha consegnato, ne avrebbe avuto bisogno di una terza per reggere i pantaloni incautamente indossati senza cintura ne bretelle. Così il nostro beniamino sopravvalutando le sue forze e il suo giro vita si è trovato in mutande nel bel mezzo della premiazione; i consiglieri presidenziali presenti, lungi dal dare quella mano di cui ci sarebbe stato gran bisogno, sono inopinatamente scoppiati a ridere; all’altezza della situazione, dimostrando di meritare pienamente il ruolo che occupa,  è stata solo la presidentessa Kitarovic che con prontezza di riflessi ha abbassato il diploma per coprire gli impresentabili boxer azzurrini di mister Cicak.

Quello che mi tormenta è: può un momento di distrazione cancellare decenni di impegno civile? Secondo me, no. Ed a tale proposito, propongo che il signor Cicak faccia parte della prossima delegazione della Croazia in Corea del Nord, per ricevere dalle mani del munifico e giusto Kim Jon-un la targa in ricordo dell’amicizia imperitura tra quei due popoli.

(76. continua)

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