Chi parla male pensa male

Questo è il testo, senza ne aggiunte ne correzioni, della mail ricevuta stamattina. Mi è venuto subito in mente il film di Nanni Moretti “Palombella rossa”, dove il protagonista Michele Apicella schiaffeggia la giornalista che lo intervista: “Come parla? Come parla? Le parole sono importanti.”

Buongiorno,
come discusso settimana scorsa, attualmente abbiamo una coda relativa alla US544 sul recupero dei warning.
Trovate la Storia nello Sprint 20, dove ho inserito l’effort rimasto da erogare.
Potete aggiungere anche la parte vostra in modo da smockare le forzature che avete messo appena Sara fixa i relativi problemi?
Grazie,

Intendiamoci, non voglio tornare all’epoca autarchica di Louis Armstrong-Luigi Fortebraccio, però mi avvilisce questo svilimento della nostra lingua quasi non avesse a disposizione abbastanza termini per definire a sufficienza le questioni.

Secondo me questo uso smodato di inglesismi, anche maccheronizzati, denota un complesso di inferiorità più che una apertura mentale: voglio dire, se parli con degli stranieri parla pure in inglese, ma se scrivi a me che mi smocki a fare? Sai già che io piuttosto smoccolerò.

 

 

37 pensieri su “Chi parla male pensa male

  1. I casi sono due:
    < o è un modo per mascherare il proprio analfabetismo, di cui il Paese ha nei suoi rappresentanti politici la degna rappresentazione
    < o più banalmente ci sono le premesse per un TSO*.

    *** TSO, acronimo di Trattamento Sanitario Obbligatorio – terapia che sostituisce quello che un tempo era il ricovero in manicomio.

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    • Per me è una forma di colonizzazione mentale, aggravata dal gergo di “casta”, come i preti che usavano il latinorum… senza contare che oggi l’inglese viene usato in diversi ambiti quando non si vogliono far capire le cose … Stepchild adoption… Jobs act… Spending review… quando si vuol far passare qualche strxxxata la si nomina in inglese, tanto ce lo chiede l’Europa…

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  2. Ho notato che tali orrori linguistici sono molto frequenti quando si parla con bauscioni (milanesi). Ricordo ancora una mail aziendale in cui il capo bauscione da Milano ci intimava di “curbare” il problema. Dopo parecchie ricerche, siamo riusciti a capire che aveva italianizzato il verbo inglese “to curb”, tenere sotto controllo. Altri orrori erano cose tipo “checckare”.

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    • In questo caso l’autore è campano (a Milano) ma poco cambia; capisco che a volte tra tecnici si possa usare un gergo da iniziati, ma il troppo stroppia ed è sempre meglio non abusare (anche della pazienza altrui). Grazie di essere passato di qua!

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      • Se permetti, io sono un tecnico specializzato e uso il mio linguaggio specifico (incomprensibile ai non tecnici) solo quando devo parlare di cose tecniche con altri tecnici. Ti posso assicurare che uno che usa termini tecnici a quel modo e’ uno che vuole darsi importanza e/o vuole nascondere la sua completa incompetenza. Tra parentesi, se vedi un milanese che si comporta come il milanese dei film dei Vanzina, puoi stare sicuro che i suoi genitori sono di Cutro.

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