Tre stelle per Olena – 37

Il sole è già alto nel cielo quando un tossicchiare leggero e discreto interrompe il sonno di Gilda che, nuda come mamma l’ha fatta, si stiracchia mollemente scostando le lenzuola di raso rosa, impiegando qualche secondo a realizzare che il buio dal quale è avvolta non è dovuto ad una improvvisa eclissi di sole ma alla mascherina in seta naturale che è solita indossare per non farsi disturbare dalla luce mattutina.
«Ah, sei tu James, sia lodato il cielo» è il saluto che rivolge al suo maggiordomo, tirandosi intanto a sedere senza curarsi di coprire le parti del corpo per le quali è conosciuta come Calva Tettuta. «Pensa che stavo sognando che degli ometti in maglietta verde ci avevano conquistato e ci obbligavano a produrre una assurda zuppa di barbabietole¹. Il nostro Haruki aveva armato le maestranze ed animato la resistenza ma era stato sopraffatto; una volta catturato, in barba alla convenzione di Ginevra, era stato sottoposto a tortura, o rieducazione come la chiamavano loro: dopo una settimana di letture del libro del loro capo “Come lavare la maglietta verde a 60 gradi senza farla scolorire” aveva ceduto e si era affogato nel pentolone di zuppa.»
«Il nostro Haruki è un valoroso» commenta James con un lieve inchino, omaggiando così il direttore della produzione Haruki Laganà, fratello di quel Toshiro Laganಠcaduto effettivamente nell’adempimento del proprio dovere per mano di Evaristo, il defunto marito di Gilda, il cui spirito erra ancora inquieto nella residenza di famiglia.

Il pensiero fa rabbrividire Gilda, causando peraltro un turgore dei capezzoli che la convince ad indossare la vestaglia che il maggiordomo amorevolmente le offre. Si alza, indossando delle pantofole pitonate del premiato calzaturificio Cucchiaroni che suscitano un fremito di invidia nel maestro di buon gusto James, e si dirige al grande terrazzo dal quale si può ammirare buona parte del giardino. Mentre beve il suo bicchiere di estratto di mellifrace depurativo e tonificante osserva la vita che procede lieta: ed ecco là il giardiniere messicano Miguel rastrellare le foglie saltellando al ritmo di Llàmame, canzone rumena vincitrice morale dell’Eurovision song contest 2022, almeno a detta di Cristiano Malgioglio; e verso il limite del boschetto scorge il suo amante norreno Svengard che, a torso nudo, sta abbattendo una betulla a colpi d’ascia, ripromettendosi la notte successiva di non lasciargli così tante energie; mentre sulla collinetta che svetta in lontananza la coppia ultracentenaria formata dal generale cinese Po e da Nonna Pina saluta il sole, peraltro come detto già alto, con lenti movimenti di Tai Chi; intanto dalla cucina salgono le voci della cuoca Palmira e di sua nipote Isolina, e soprattutto un inconfondibile odore di ragù di papera, da abbinare alle pappardelle che le due, dopo avere impastato la farina con le uova, stanno spianando con matterelli reduci da mille battaglie. Che pace, che serenità! Gilda sorride, incurante dell’ennesimo bicchiere di cristallo di Boemia scivolatole a terra; respira a pieni polmoni godendo dell’arietta ancora frizzante, e si compiace nel constatare che l’opera del Creatore³ è buona e giusta. Poi si volta, recuperando l’atteggiamento efficientista che le permette di dirigere con polso fermo l’impero della pasta ripiena lasciatole dal marito.


«James caro, hai diramato l’allerta generale? Direi di dare inizio all’operazione speciale subito dopo colazione. Cominciamo a sgomberare a partire dai piani alti: se qualcuno oppone resistenza siete autorizzati ad usare la forza. Nel boschetto non c’è rimasto qualche pigmeo?» chiede la vedova Rana, alludendo alla tribù di pigmei antropofagi che dimorava nel parco della villa ai tempi della buonanima, ai quali saltuariamente veniva concesso di banchettare con qualche sindacalista fastidioso o cliente inadempiente. Al cenno negativo di James continua, rammaricandosi:
«Peccato, sarebbe stato un aiuto prezioso. E di Natascia⁴ cosa mi dici, sei riuscito a rintracciarla? Non per sfiducia, ma la sua presenza mi renderebbe più tranquilla. Sento che l’artiglieria pesante potrebbe non essere eccessiva»
Il maggiordomo, con un cenno del capo deferente, mette al corrente della situazione la sua padrona.
«Natascia sarà di ritorno a breve, ha avuto degli affari di… ehm, famiglia, da risolvere. Invece riguardo l’operazione, signora, suggerirei di rimandare»
«Che cosa?» si inalbera la Calva Tettuta, scandalizzata. «Se non ti conoscessi bene, James, potrei sospettare un’insubordinazione. Cosa sono questi capricci? Non ho nessuna intenzione di sfamare ancora questa compagnia di giro di coreuti, ammesso che coreuti sia la parola giusta. Dammi una ragione valida per non buttarli fuori a calci prima di pranzo!»

«Il maresciallo Montesi ha convocato tutti i sospettati per oggi pomeriggio»
«Ah, bene, era ora! Ci vorrà uno stadio per metterceli tutti»
«Sembra che la cerchia sia più ristretta signora, mi sono permesso di suggerire il salone verde, ho fatto male?»
«A parte che ti ho appena detto che con il verde ho avuto degli incubi, ma ti pare il caso caro James? Vogliamo offrire anche dell’insalatina, dei cetriolini, delle olivette naturalmente verdi già che ci siamo?»
«Ecco, ho pensato che fosse più opportuno mantenere la discrezione»
«Apprezzo il tuo scrupolo, James, ma è un mese che siamo su tutti i giornali scandalistici, i paparazzi assediano la villa, le azioni crollano, e ora che si arriva finalmente al dunque non ti sembra fuori luogo mantenere la discrezione?»
«Comprendo la sua riserva, signora» concorda James, serio, porgendo a Gilda la lista dei convocati ricevuta da Montesi e indietreggiando immediatamente dopo elegantemente. Gilda scorre l’elenco perplessa, fino ad arrivare ad un punto che la fa trasecolare:
«Ci siamo anche noi? Passi per te, senza offesa James caro ma è noto che in caso di omicidio il maggiordomo è il primo sospettato. Ma io che c’entro?»

¹ Si tratta del borsch; sembra che gli ucraini ne rivendichino la primogenitura, contraddetti da russi e polacchi. L’Onu dovrebbe intervenire per dirimere la questione, prima che i contendenti passino ad ulteriori vie di fatto.
² cfr. “Niente sushi per Olena”, 2018.
³ Anche l’Autore ci ha messo lo zampino, a essere precisi.
⁴ I lettori più affezionati sanno che a Villa Rana tutti si ostinano a chiamare Olena Natascia, fin dai tempi in cui era stata ingaggiata come badante di Nonna Pina (cfr. “Natale con Olena”, 2017)

Olena à Paris – 31

Gilda, affondata nella morbida poltrona Frau, si massaggia i piedi provati dall’impervia impresa di affrontare la processione dalla chiesa al cimitero in equilibrio su scarpine tacco 12. Di fronte a lei James sta posando su un tavolinetto in stile impero un vassoio in argento contenente vari generi di conforto inviati giornalmente dalla Premiata Pasticceria Giustozzi di Serrapetrona, paese natale della padrona di casa, come mostaccioli ricoperti di cioccolata, scroccafusi affogati nell’alchermes e cicerchiata al miele, accompagnati da vino cotto dolce proveniente dalla cantine di Loro Piceno.
«Una bella cerimonia, non trovi James? Dovremmo farne più spesso. Peccato per quel piccolo incidente…» sospira la Calva Tettuta, addentando un mostacciolo.
«Davvero spiacevole, signora» concorda il maggiordomo. «Tutto era andato bene fino alla tumulazione nella cappella di famiglia, Sua Eccellenza il Vescovo ha proferito parole molto toccanti sui meriti della defunta signora»
«Hai ragione James, anzi ricordami di firmargli un bell’assegno prima che riparta per Ladispoli. Ma cosa può essere successo, tu l’hai capito?» chiede Gilda, sorseggiando un bicchierino di vino cotto.
«Una volta deposta la bara, i calciatori sono tornati alla villa prendendo la scorciatoia che taglia per il bosco. Probabilmente il rumore della brass band che ha attaccato “When the Saints go marchin’ in” deve aver eccitato gli animi dei pigmei antropofagi che colà dimorano» ipotizza James.
«Ma santo cielo, non li avevamo rimandati tutti a fare gli animatori, anzi a mangiare gli animatori, nei villaggi Ranatour in Africa¹? Che ci fanno ancora qua?»
«Pare che un nucleo familiare, quello di un certo Gnugnu², si sia rifiutato di partire. E’ bizzarro, ma sembra che venerino un’immagine della nostra Natascia»
«Adesso si spiega il mistero del come mai continuano a sparire i portalettere. Passi per i postini, ma si può sapere perché hanno mangiato Alvaro Recoba?»
«Sembra che tra Gnugnu e l’uruguagio ci fossero degli antichi screzi» spiega il maggiordomo « Talvolta il fantasista ,quando i compagni non gli passavano il pallone, per palleggiare rubava al pigmeo la zucca che gli funge da indumento intimo restituendola tutta ammaccata. “Maltrattate la zucca ad un pigmeo ed egli non sarà mai ben disposto nei vostri confronti”, diceva sempre il mio professore di antropologia culturale»
«Bhè, a questo punto non posso dargli tutti i torti. Del resto mi pare che il calciatore si fosse ritirato, giusto James? L’assicurazione ci farà senz’altro uno sconto. Ma a proposito di Natascia, che fine ha fatto la ragazza? Non l’ho vista al funerale»

«Natascia era provata, sapete quanto fosse legata alla signora» riferisce James, ripensando ai due anni nei quali la russa sotto le mentite spoglie di badante aveva svuotato le padelle della centenaria allettata. «L’ho vista dirigersi verso l’hangar e montare le armi sul bimotore, mi ha detto che aveva bisogno di sfogarsi, credo andasse a mitragliare le auto parcheggiate in seconda fila vicino Piazza Castello, a Milano»
«La capisco James, anch’io a volte vorrei mitragliare. Buono questo scroccafuso» dice Gilda, leccandosi le dita dall’alchermes colato. In quel mentre si sente bussare e James, cogliendo lo sguardo interrogativo della vedova Rana, va alla porta per tornare subito dopo seguito da un anziano uomo di colore che indossa una marsina violetta, dei pantaloni neri con una riga dorata ai lati, in mano una tromba e sotto il braccio un alto cappello a cilindro nero.
«James?» chiede la Calva Tettuta sorpresa, ricomponendosi e posando a malincuore lo scroccafuso sul cabarè.
«Il signore è il direttore dell’orchestrina che ha animato la processione, prima di tornare a New Orleans ci teneva a salutarla»
«Che caro, ma prego, si sieda» lo invita Gilda, indicandogli l’ampio divano Chesterfield. «Gradisce un po’ di cicerchiata? Dalle sue parti dubito che se ne trovi»
«Thank you, signora, ma io deve andare presto, airport» ringrazia l’uomo, in un italiano stentato.
«Lei parla la nostra lingua?» chiede stupita Gilda
«A little, missis, poco poco. Io voleva dire che dispiace a lot per signora morta, io conosciuto lei many many years ago»
«Lei ha conosciuto nonna Pina? Ma in quale occasione, un altro funerale? James, aiutami con la traduzione per favore. Ma prego, si accomodi, non stia lì in piedi, e non si preoccupi per l’aereo, se lo perde la farò accompagnare con il nostro. Ecco, così, bravo» elogia l’uomo, che intanto si è seduto. «Assaggi un po’ di questo vino, altro che il vostro bourbon. Mi stava dicendo, allora?»

¹ cfr. “Niente sushi per Olena”, 2018
² cfr. “Natale con Olena”, 2017

Natale con Olena (IV)

Prima di continuare osserviamo un minuto di silenzio in memoria di Everardo Dalla Noce. Ha spaziato dall’economia al softball, un esempio per tutti noi.

«James caro, mi reco un attimo dal mio consorte. Pensi che sia presentabile? » – chiede Gilda al compunto maggiordomo
«Lei è sempre impeccabile, signora» – risponde James, fissando avidamente gli occhiali da sole con  montatura arancio costellata di strass che troneggiano sul nasino di Gilda
«Te l’ho già detto che sei un bricconcello adulatore, vero? A proposito James, il caffè era stupendo, come al solito»
«Troppo buona, signora» – si schermisce con modestia James, ripensando alle due palline marroncine sottratte dalla gabbietta del criceto Ciucci ed aggiunte al Lavazza di Totò.

Nella foresta domestica intanto la colonia pigmea è in subbuglio. Il giovane Gnugnu, orgoglio della tribù per scaltrezza e appetito, è sparito. La cerbottana è al suo posto, così come il randello, ma di Gnugnu nessuna traccia. I pigmei, nell’idioma da loro utilizzato per comunicare, che ad un orecchio non allenato potrebbe richiamare il dialetto di Locorotondo, o anche Martinafranca, commentano la scomparsa.
C’è da dire che nel periodo trascorso presso il cavalier Rana la loro cultura ha fatto notevoli passi avanti, e il loro lessico si è arricchito enormemente: “bono”, “bona”, “cotto”, “crudo”, “passa sale”, “duro” ed al momento studiano i verbi transitivi.
I pigmei sospettano infatti di un gruppo di pastori sardi transumanti, ai quali avevano tentato di sottrarre qualche capo di bestiame senza successo, imparando a loro spese che quando un uomo con un randello incontra un uomo con una pattadesa, quello col randello è un uomo morto o giù di lì.

Gilda scende con l’ascensore nel sotterraneo, che si collega con il laboratorio con un tunnel attraverso il quale passa un treno Maglev guidato da Hidetoshi Nakata, vecchio centrocampista in disuso.
Dopo 5 secondi il treno la deposita sulla banchina sotterranea del laboratorio. Gilda scende con agilità ed imbocca l’ascensore per il piano superiore. All’ingresso del laboratorio avvicina gli occhi al lettore di iride, e la porta si spalanca con un clic appena accennato.
«Amoreee!» – cinguetta Gilda – «Eccomi qua, mi cercavi?»
Il cavalier Rana alza la testa dal tavolo su cui sono sparsi decine di libri di erbe, muschi e licheni.
«Gilda sono un po’ perplesso, mi serve un tuo parere» – dice il Rana
«Ma certo amore, c’è qui la tua Gilda, non preoccuparti. Tra l’altro ti ho portato qualche biscottino di mosto, di quelli che ti piacciono tanto» – dice Gilda svelando il contenuto del paniere che aveva portato con se dalla villa. «Li ho fatti con le mie manine, sono ancora caldi» – in realtà i biscotti provengono dal panificio Sigismondi, via monti Sibillini 23 Serrapetrona, un suo lontano cugino a cui Gilda commissiona una fornitura quotidiana. Il cavaliere ne prende uno e lo morde.
«Mmhh, che bontà! Gilda, tu hai le mani d’oro, ma non devi sciuparle così, come te lo devo dire. C’è la servitù per questo! »
«Non è niente amore, lo faccio volentieri. Vuoi che ti dica qualche parolaccia?» – fa Gilda ammiccante
«Magari più tardi Gilda cara, come avessi accettato»
«Sicuru sicuru porcelló de Gilda tua?»
«Gilda ti prego » – resiste il Rana, slacciandosi il colletto della camicia
«Stanotte non facìi tantu lu schizzinusu, quanno te frustavo le chiappe!»
«Gilda!!! Per favore..» – ansima il Rana. Gilda si ricompone.
«E va bene Evaristo, come vuoi. Tanto lo so che non mi ami più come una volta» – declama una melodrammatica Gilda, portandosi il dorso della mano alla fronte.

I pigmei non credono ai proprio occhi. Una gigantessa con stivali di pelle, un buffo costume ed un roditore scuoiato in testa sta trascinando qualcosa con un sottile cordino di cuoio. Dalla cintura della gigantessa  pende una zucca vuota con cui gli uomini del piccolo popolo sogliono coprire e proteggere le pudenda. Un’occhiata più attenta al sacco informe che viene trascinato suscita un moto di orrore nei suggestionabili primitivi: Gnugnu! Del guerriero vigoroso del giorno prima non è rimasto che l’involucro esterno, pelle avvizzita e cadente, un relitto umano con gli occhi fuori dalle orbite, che muove convulsamente le mani davanti a se, singhiozza e grida “agnagna! agnagna!” che come tutti sanno nel linguaggio pigmeo significa “basta! basta!” . Maleficio! Timorosi i pigmei rinculano, non bene come lo farebbe James ma decentemente.
La gigantessa scioglie la zucca, e la getta ai piedi dei terrorizzati indigeni. Il metro e ottantadue di Olena più tacchi sovrasta gli annichiliti tappetti.
«Finuocchietti!» – li apostrofa sprezzante
«Inginocchiate voi di fruonte a me!» – e per meglio convincerli lancia Gnugnu o quel che ne resta ad una decina di metri di distanza.
I pigmei, convinti, si prostrano.
Olena alza il volto al cielo, ed un raggio di sole si riflette nei suoi occhi azzurri andando a colpire la zucca vuota. Un sorriso di trionfo illumina il suo volto.

«Io suono Oliena, vuostro dio!»

 

Evaristo e il cavalier Rana sono la stessa persona? Cosa sono i biscotti di mosto? Che arti ha messo in pratica Olena per soggiogare i pigmei? Lo scopriremo nelle prossime puntate.

COLBA

Natale con Olena (III)

Il laboratorio del cavalier Rana si erge staccato dal corpo della villa, e precisamente nel bel mezzo del boschetto di palme, banani e piante tropicali che il cavaliere ha fatto piantumare nel parco, di fronte ad una riproduzione in scala 1:10 del duomo di Milano.
Per rendere estremamente verosimile l’ambientazione il cavaliere ha scritturato una intera tribù di pigmei antropofagi dalla Repubblica democratica del Congo, che paga in natura con noci di cocco, impasti mal riusciti e sporadicamente con qualche riserva della squadra di curling sudanese.
I pigmei, abilissimi nell’uso della cerbottana e dei randelli in osso, sono anche incaricati della difesa del laboratorio da intrusioni esterne; a seguito di spiacevoli incomprensioni con alcuni fornitori che avevano dimenticato di mostrare il badge è stato loro vietato di rosolare ospiti allo spiedo, limitazione che non ha mancato di creare qualche rimostranza ma che è stata superata concedendo loro di rosicchiare Gamarra e Kily Gonzales¹.

Il laboratorio è schermato dalle onde radio per evitare intercettazioni, e comunica con la villa tramite interfono. E’ questo che trilla con un suono autoritario nel soggiorno della villa, ed è un James più che flemmatico, dal look impreziosito da un braccialettino di argento con perle di acqua dolce che gli cinge il polso destro, che va a rispondere.
«Pronto, casa Rana. Chi parla?» – chiede formalmente con voce baritonale James.
«James, pezzo di coglione, chi vuoi che sia? Si è alzata mia moglie?»
«La signora sta completando la toilette, signore. Devo riferire qualcosa?»
«Svengard è lì in giro?»
«Non lo vedo dall’altro ieri, signore, credo sia andato a piazzare trappole per alci nella tundra. Vuole che esca a cercarlo?»
«No, lascia stare, lo chiamo più tardi con il corno tibetano»
«Come desidera, signore»
«Dì a mia moglie, appena pronta, di fare un salto qua da me»
«Senz’altro signore»
«James?»
«Signore?»
«Togliti quel ridicolo braccialettino. E’ frivolo»
«Provvedo immediatamente, signore»

Chiusa a doppia mandata nella sua camera, dopo aver addormentato la vecchia facendole inalare sevoflurano² , la bella Olena si è posta in ascolto. Il sensibilissimo microfono piazzato nel braccialettino fatto recapitare a James è in grado di captare un sospiro di mosca ad un chilometro di distanza. Olena ascolta e prende nota mentalmente di tutto, specialmente di “pezzo di coglione” (annuisce) e “Svengard” (rabbrividisce), e poi decide di aver sentito abbastanza. E’ ora di passare all’azione, e lo farà quando la Calva Tettuta andrà a trovare il cavaliere.
Ma prima si tratta di neutralizzare quei maledetti pigmei.

Gilda entra raggiante nel soggiorno, dopo aver effettuato l’accurata opera di restauro quotidiana. Indossa una tutina fucsia attillata, costellata di Swaroski, abbinata ad un turbante di seta cangiante.
«La signora è splendida, se posso permettermi» – la saluta James, reprimendo l’invidia
«Grazie James, sei sempre caro. Non sarò un po’, come dire, eccessiva? » – riferendosi più che altro alle pantofoline foderate di pelo di castoro.
«Lei è la sobrietà in persona, signora»
«Sei un birbante adulatore, James. Senti, James caro, mi faresti uno dei tuoi caffè? Sento proprio di averne bisogno» – chiede Gilda, schioccando le labbra.
«Sarà un piacere, signora. E’ giusto stamani arrivata una partita di Kopi Luwak, se lo gradisce»
«Mi hai letto nel pensiero, James, adoro gli escrementi di zibetto»
«Ottimo signora, vado a preparare, con permesso»

James esce rinculando, movimento in cui è maestro, ed appena varcata la soglia del salotto cambia espressione. «All’anima ‘e ci tè stramuert’!» è il benevolo commento. Prende la cornetta del telefono e fa un numero. Dopo pochi squilli risponde una voce nota:
«Bar La tazzina d’Oro, dicaaa!»
«Totò, so’ James. Mandami un solito. Caldo, mi raccomando»
«Oh, sei tu Giemesse! Che gli prepariamo oggi alla tua signora?»
«Oggi cacca di zibetto. E non è la mia signora! Fai il Lavazza lungo, come al solito, che poi gliela condisco io. Caldo, no come ieri che l’ho dovuto scaldare con la fiamma ossidrica!»
«Ok Giemesse, cinque minuti che te lo mando da Alessia»
«Perché da Alessia? Non puoi mandare Salvatore?»
«No che a Salvatore gli fai perdere troppo tempo. E non è ora che impari a preparartelo da solo, ‘sto caffè? Lo dico contro i miei interessi, eh»
«Totò, una pigna di cazzi tuoi te la sai fare? Mandami ‘sto caffè e non rompere le palle»
«Obbedisco! Statte ‘bbuono, Giemesse!»

Cosa vorrà il cavaliere da Gilda? Come farà Olena a penetrare nel laboratorio? Qual è il segreto di James? Lo scopriremo nelle prossime puntate.

kiirainter

¹ Vecchi giocatori dell’Inter per i quali all’epoca i tifosi chiesero la pena capitale
² Anche se è una precisazione inutile per i lettori, si tratta di un anestetico derivato dall’etere