Noella

Che splendore! Giornata migliore per andare in gita non poteva esserci. Il sole brilla e il verde smeraldo della foresta spicca contro l’azzurro del cielo. Sul Nyiragongo c’è la solita nuvoletta, ma non vale la pena preoccuparsene, non pioverà.

Da tanto tempo pensavamo di andare, ma c’era sempre qualcosa di più importante da fare: Adelio, mio marito, è un architetto, ed ha sempre da fare tra il tirare su scuole, scavare pozzi, costruire ospedali… quassù, nel Kivu, se non ci fossero ad aiutarci questi italiani saremmo messi proprio male.

Adelio… mi ricordo la prima volta che lo vidi, ero una ragazzina, e di bianchi finora avevo visto solo le suore che ci insegnavano a leggere e scrivere. Quest’omone, con quelle mani grandi e grosse, mi faceva un po’ impressione. Carboncino, mi chiamava; pian piano abbiamo fatto amicizia, e a poco a poco ha iniziato a mancarmi il suo sorriso quando se ne ripartiva per quel paese così lontano, quell’Italia di cui mi parlava sempre come il più bello dei posti. Bè, se si sta così bene come dici, che vieni a fare qua? Gli chiedevo. Lui faceva una risata, e poi mi rispondeva: se no, come facevo a conoscerti?

Il giorno che mi chiese di sposarlo mi sentii schizzare il cuore in gola. Perché proprio io? Pensai. Mi metteva paura il pensiero di andar via dal mio paese. Ma lui mi rassicurò, come sapeva fare: non preoccuparti, vivremo un po’ qua e un po’ là, hanno bisogno di noi da tutte e due le parti…

Quando arrivai la prima volta in Italia mi sentii persa. Ero arrivata in aeroporto con il mio vestitino, non avevo idea del freddo che facesse là… mi venne da piangere, avrei voluto tornare subito a casa… poi Adelio mi portò a casa, sua mamma mi vide infreddolita e corse ad abbracciarmi: tra donne ci si capisce subito.

Ne è passato di tempo! Ora abbiamo tre bellissimi figli, Roberta, Samuele e Raffaella: quest’ultima, la più grande, stavolta non ci ha seguito, doveva rimanere a casa a studiare, le scuole in Italia sono molto migliori di quelle qua in Zaire. Non vedo l’ora di tornare ed abbracciarla, e stavolta per sempre… è dura, ma la famiglia ha bisogno di rimanere unita, e per fare avanti e indietro ci vuole il fisico! Largo ai giovani… tanti amici continueranno, gli daremo una mano come potremo. Certo che la situazione è sempre più difficile; l’anno scorso in Ruanda, appena oltre le montagne, è successo il finimondo…

Avrei voluto tornare subito dalla mia Raffaella, ma i bambini hanno insistito tanto: dai mamma non fare la musona! Ed eccoci qua, comodi (si fa per dire) nel nostro furgone scassato, dentro a questo magnifico parco naturale, il Virunga, per cercare di vedere questi famosi gorilla di montagna. Figurati se si faranno vedere da noi!, dico, per farli arrabbiare. C’è una bella atmosfera… siamo insieme a Luigi, Flavio, Michelangelo e Tarcisio, tutti volontari italiani e amici di Adelio da lungo tempo; si scherza sul fatto se siano più brutti i gorilla o più brutti i volontari. Dipende, dico io, e i bambini ridono.

Eccoli là! Una intera famiglia ci attraversa la strada! Quello davanti è il maschio, è enorme! Si gira appena verso di noi, ci da uno sguardo, si gratta il sedere e se ne va ondeggiando. Dietro lo seguono una femmina e due cuccioli, il più piccolo in groppa alla madre; mentre cammina le toglie i pidocchi dalla testa e se li mangia beatamente. Quello più grandicello dev’essere un maschio, cammina imitando il padre, è proprio buffo!

Di fronte a noi, in lontananza, scorgiamo una nuvola di polvere. Una jeep, senz’altro, ma dove vanno così veloci su queste strade, sono matti? Ci incrociamo, non riusciamo nemmeno a vederli tanto corrono. Dopo qualche metro li sentiamo inchiodare, far manovra e tornare verso di noi. Che vorranno, avranno bisogno di aiuto?

La jeep ci supera, si mette di traverso. Ma che fanno, per l’amor del Cielo! Scendono in due, vengono di corsa verso di noi, hanno in mano qualcosa… armi! Iniziano a sparare. Sono  impietrita, aiuto, non ho il coraggio di voltarmi. Luigi, che fai? Ha lasciato il volante, è pieno di sangue,  mi cade addosso. Urlo. Non sento più le gambe, non riesco a muovermi: Adelio salva i bambini! Adelio scende, è ferito, lo sento, urla di prendere tutto, di risparmiare almeno i bambini; poi gli spari. Gli spari.

Questo è successo, veramente, il 6 agosto del ’95, nel Parco Virunga, nell’ex-Zaire ora Repubblica Democratica del Congo. Furono massacrati suo marito Adelio ed i loro due bambini; i loro amici Luigi, Michelangelo e Tarcisio. Si salvarono solo Flavio, perché si finse morto, e Noella che colpita e coperta di sangue fu creduta anch’essa morta. Gli assassini non furono mai scoperti, ma forse neppure veramente cercati: gli scannamenti erano e sono ancora all’ordine del giorno.

Noella si riprese, lentamente: paralizzata dalla cintola in giù, senza milza, con un polmone collassato. Non ricordava nemmeno più di avere ancora un’altra figlia, tanto era lo shock subito.

Poi si riprese. A modo suo. Avrebbe potuto maledire Dio, maledire il suo destino, sfogare tutto il suo odio per chi gli aveva fatto tutto questo. Ne avrebbe avuto il diritto.

Invece no. E c’era un motivo. Noella non poteva permettersi di odiare: aveva troppo da fare.

“Li ho perdonati. Mi sono detta: il Signore ti ha sempre perdonata. Ho pensato a mio marito e ai miei bambini: ho ricevuto tanto, devo dare tanto. Potevo morire con mia sorella a dieci anni. Potevo finire bruciata in un incendio a Goma e invece sono ancora qui, con le mani, i piedi e le braccia coperti da ustioni ma viva. Che abbiano ucciso per odio o che abbiano ucciso per soldi, anche loro non sono tranquilli. Vorrei parlarci insieme solo per questo, perché so che sarebbe l’unico modo di restituirgli un po’ di pace.  Alzando la mia mano contro di loro, che otterrei? Sangue chiama sangue.”

Noella Baghora Chikuru Castiglioni ha fondato un’associazione, la Parsac Onluc, in memoria di suo marito e dei figli scomparsi; la sua missione è quella di soccorrere i bambini e le bambine più bisognosi del suo paese, gli orfani, i disabili, gli abbandonati; in venti anni tra enormi difficoltà è riuscita a portare a termine due progetti in diverse aree della RD del Congo, ed il terzo è in dirittura di arrivo.

Il suo motto è: “il poco per l’Italia è tanto per l’Africa”. E’ una di quelle persone di cui sono orgoglioso di essere amico.

(67. continua)

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