Chiuso per lutto

Amiche e amici,

mi scuso se in questi giorni sono stato assente ma mercoledì scorso è morta mia madre. Se ne è andata in un attimo: al mattino la donna che l’assisteva l’ha trovata incosciente sulla poltrona dove abitualmente si sedeva per vestirsi, appena alzata. I miei fratelli mi hanno raccontato della chiamata al dottore, l’arrivo dell’ambulanza, la corsa in ospedale, la Tac che non dava speranza: emorragia cerebrale estesa.

Non c’era niente da fare, e ringrazio i dottori per non aver nemmeno tentato un intervento; a quel punto l’alternativa era solo tra l’aspettare la fine in ospedale o tentare il trasporto a casa: dopo qualche ora, quando sembrava che la situazione si fosse stabilizzata, i miei fratelli hanno deciso saggiamente di riportarla a casa. E’ arrivata alle 20, alle 23 è spirata, ma almeno nel suo letto.

Mia madre era del 1935, seconda di quattro fratelli, mio padre del 1928 il secondo di cinque; noi siamo quattro fratelli, dunque loro la media l’avevano mantenuta, media che abbiamo provveduto noi figli ad abbassare, dandogli in tutto sette nipoti ed una sola (per ora) bisnipote.

Quando sono arrivato io, e l’altro fratello che abita anche lui lontano, era tutto finito: lei era distesa nel letto matrimoniale, ricomposta con il vestito e le scarpe che aveva preparato da tempo per l’occasione, quasi sorridente, sembrava contenta di vederci tutti insieme,  appuntamento che negli ultimi tempi era diventato sempre più difficile da organizzare. Era bella, lei che alla sua età aveva ancora una carnagione invidiabile, e persino i piedi che tendevano a gonfiarsi erano sgonfi ed aveva potuto indossare le scarpe nuove, laccate, che le piacevano tanto ma non aveva mai potuto mettere.

Non ha sofferto, così ci hanno assicurato i medici, e nel dolore della perdita è almeno una consolazione; aspettava questo momento serenamente, ed a volte si augurava arrivasse presto, perché da quando mio padre ci aveva lasciati, due anni fa, aveva perso ogni interesse, lei che era stata sempre curiosa di tutto. Non riuscivo nemmeno più a tirarle fuori le storie della giovinezza, che pure raccontava sempre volentieri, infiocchettandole ogni volta con qualche particolare nuovo.

Il funerale è stato fatto presto, alle 9 di mattina di venerdì, con la chiesa piena di parenti, amici, conoscenti, e tanti mancavano perché non l’avevano saputo o saputo tardi, ma in paese è così, ci si conosce un po’ tutti e in queste occasioni si cerca di essere presenti, per far sentire la vicinanza anche fisicamente.

Si può dire che la commemorazione è stata quasi una festa: abbiamo pranzato tutti insieme, figli e nipoti nuore e generi, mangiato e bevuto alla salute dei nostri, scambiandoci ricordi e aneddoti (io, essendo il maggiore, sono quello che ne ha di più) ed abbiamo passato il pomeriggio a spulciare le foto che mamma collezionava da una vita, dove abbiamo ritrovato pezzi di noi che avevamo dimenticato (addirittura ho trovato delle foto di militare del ’79: ma chi sono quegli sconosciuti con i quali ridevo e scherzavo?). Ringraziamo che non esistevano le fotografie digitali, e sono rimaste le stampe come testimonianza: ma nel futuro non sarà così e di questo mondo digitale che sembra eterno non rimarrà più nulla, e tutti i ricordi svaniranno. Cosa vedranno i nostri figli e nipoti, le memorie dei nostri cellulari?

Alla fine, il mio stato d’animo è di tristezza ma anche di sollievo, non solo per lei ma soprattutto per i miei fratelli che l’hanno accudita quotidianamente e amorevolmente per tutto questo tempo, e mi chiedo se avrei saputo fare lo stesso.

Sabato sono ripartito; eredità da spartirsi non ce ne sono, e quindi nemmeno occasioni per litigare; delle incombenze pratiche si occupa mia sorella, già pratica avendo seguito le procedure per mio padre; ci rivedremo più in là, a primavera, più sereni, quando tutti avremo elaborato la mancanza e realizzato che ora siamo davvero orfani.

I miei amici, almeno quelli che ho visto, mi hanno chiesto di continuare a farmi vedere anche se i genitori non ci sono più, ho promesso ma lo farò veramente? Oppure, scomparsi loro, anche il richiamo del paese diventerà più blando, fino a sparire?

Confido comunque che i prossimi appuntamenti siano più lieti, ma ho degli zii che hanno superato abbondantemente l’ottantina, e non sono immortali neanche loro…

Amiche e amici, anche se questa è la vita quando accade lascia sempre un po’ d’amaro: ma noi ci rivedremo ancor, ci rivedremo un dì, dice la canzone… chissà. Se proprio non crediamo, almeno speriamo.

Cronachette della fase tre (23 giugno – 1 luglio)

Questa settimana non ho seguito molto le vicende del mondo, è morto mio padre e tanto mi è bastato; certo rispetto ai miei genitori sono stato molto più fortunato perché mia madre è rimasta orfana di sua madre a cinque anni e mio padre del suo a sedici;  come orfano sono abbastanza attempato dunque, e sono grato a mio padre di aver aspettato la fine dell’emergenza per mollare gli ormeggi, altrimenti non avrei potuto andare nemmeno al funerale.

Funerale con mascherine, distanziamento, ma non ho potuto né voluto evitare gli sbaciacchiamenti di parenti e amici… ero un po’ timoroso perché consapevole che erano loro a rischiare di più, sono io quello proveniente dalla regione ancora infetta! Abbiamo reso onore alla vecchia cerqua¹, se fossimo stati a New Orleans avremmo chiamato anche la banda comunque abbiamo passato due giorni a bisbocciare con i miei fratelli e qualche parente rimasto, più che un lutto è stato un bel rito di esorcizzazione. Il prete mi ha detto che in quest’ultimo periodo sono morti un sacco di anziani (e me ne ero accorto dalla quantità di manifesti appesi sui muri) ma non di Covid, perché mica si muore solo di quello, ma semplicemente di vecchiaia. Mio padre è morto in poltrona, buffo per uno che le comodità le ha sempre schifate: ci metterei la firma, ma non su questa poltrona da smart working che è scomoda, come sapete.

Comunque l’economia riparte: in autostrada per 550 chilometri una fila ininterrotta di camion e il prezzo della benzina sta pian piano ritornando ai livelli pre-Covid. Nessuno metterà mai un freno a questa deriva, possibile che andiamo su Marte e non siamo capaci di far viaggiare le merci su rotaia anziché su camion? A proposito di merci su rotaia, sono già passati 11 anni dalla strage della stazione di Viareggio… riporto dal Fatto Quotidiano dell’altro giorno: “La prescrizione ha già cancellato i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime. Gli unici capi d’imputazione rimasti, ovvero il disastro ferroviario e l’omicidio colposo plurimo, sono legati al filo dell’aggravante dell’incidente sul lavoro.” e non commento, ma mi chiedo come possa esistere prescrizione per certi reati. O ci sono o non ci sono, la prescrizione è solo una beffa per le vittime, ma nel paese dei cavilli e degli avvocati tutto è possibile.

Visto che il frigorifero era vuoto ho anticipato la visita alla Coop e ho constatato ancora una volta che non esiste più l’alcool. Purtroppo non mi sono ricordato di farmene una scorta al paese, perché lì si trova, ma tutto sommato meglio così perché non sarei stato troppo tranquillo a viaggiare con una tanica nel portabagagli, ricordo la fine che fece il povero Scirea in Polonia, quando venne tamponato…

Per il resto non mi sembra sia cambiato molto durante la mia assenza: Berlusconi (anzi, di più i suoi a dire la verità) strilla al complotto dei giudici politicizzati, l’Iran ha spiccato un mandato di arresto contro Trump per l’assassinio del generale Soleimani, oggi a Salerno sono state sequestrate 14 tonnellate (!) di droga per un valore di oltre un miliardo di euro. Roba da non credere… che fine farà? L’altro giorno dopo il funerale ho rivisto un pezzo di “Quelli della San Pablo” con Steve Mc Queen, dove gli americani per far sparire un carico di oppio lo bruciavano nelle caldaie della nave, creando una nuvoletta stupefacente. Succederà la stessa cosa agli 84 milioni di pasticche o con qualche cavillo dovremo restituire pure quelle e con tante scuse?  Tanto qua liberiamo tutti..

Amiche e amici, basta mugugni, basta reprimende: chi vuol essere lieto sia, del doman non v’è certezza; per farmi compagnia mi sono comprato un nano da balcone, l’ho nascosto tra le piante ed ho aspettato che la giardiniera se ne accorgesse; dopo qualche giorno l’ha scoperto ed ha guardato in alto, forse pensava fosse caduto dal cielo, volevo lasciarglielo credere ma purtroppo mi è scappato da ridere, mi ha sgamato e ha riguardato in alto scuotendo stavolta la testa. L’ho chiamato Pappolo, un po’ mi assomiglia, tiene le mani dietro la schiena e gli piace guardare chi lavora, e anche lui racconta pappole…

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¹ Non è un errore: da noi la quercia si chiama così…