Natale con Olena (VI)

Svengard sta tornando alla villa del cavalier Rana, ma il suo animo non è sereno. Nonostante la compagnia dei fidi amici Uppallo I e Uppallo IV, gemelli monozigoti compagni di mille scorribande, e del barile di aringhe, Svengard appare svogliato, quasi depresso. Nemmeno gli sforzi dei due gemelli, che intonano vecchie cover in norreno come le famosissime “Strandom! Oh oh Fiärdeklin!”¹ o “Kallax! Kvistbro Vivan Sollefte唲 o ancora “Flekke! Para para Pax Inseng!”³, sembrano sollevargli il morale.
E’ dunque un pensieroso Svengard quello che solleva il capo dalla mano su cui si appoggiava, per pronunciare le prima parole dall’alba:
«O fratelli! Compagni d’armi e di bevute. Apprezzo i vostri sforzi, ma ‘mo basta. Cominciate ad essere ripetitivi, e francamente avete rotto le palle»
«O Svengard! Vecchio orso pulcioso» – lo apostrofa il maggiore degli Uppallo con un tipico vezzeggiativo norreno – «Perché questa malmostositudine? Che Thor ti strafulmini! Il mare è calmo, le aringhe in stiva, il vento in poppa, si può sapere che accidenti ti piglia?» – domanda Uppallo I.
«Non nominare quella parola!» intima Svengard, come colpito da una scossa elettrica.
«Quale parola?» – è sempre Uppallo I a chiedere, il meno astuto dei due. «Pulcioso? Aringhe? Vento in poppa?»
Con un grido strozzato Svengard gli si lancia contro brandendo l’ascia bipenne.
«E dai, Svengard, si scherza!» – protesta il gemello, Uppallo IV, frapponendosi tra i due – «Ma possibile che ci pensi ancora? Devi togliertela dalla testa! Se non altro potresti cominciare a toglierti l’elmo, che ti fa venire cattivi pensieri.»
Svengard ritorna in sé, ferma l’ascia e lentamente si sfila l’elmo dalla testa. Alla vista delle corna che lo sovrastano, un velo gli offusca la vista e un gemito di dolore gli sfugge.
«Deficiente! Lo diceva sempre la povera mamma che sei deficiente» – sibila Uppallo IV al fratello, maggiore di qualche secondo.
«Non è vero!» – protesta Uppallo I – «la mamma diceva solo che la prima ciambella non viene mai bella»
«E’ lo stesso, cretino. Lo vedi che hai combinato?» – indicando Svengard, con lo sguardo perso sull’elmo cornuto.

Olena è nella camera di nonna Pina, la vecchia di cui è badante da due anni. Ripensa al giorno del suo arrivo, quando dopo appena dieci minuti la vecchia le rovesciò addosso la padella mettendo subito alla prova la sua resistenza. Ma soprattutto ripensò a quello che era successo due giorni prima, nell’agenzia dei servizi da cui dipendeva, dove era stata convocata dal suo superiore, colonnello Kutnezof.
«Capitano Olena Smirnoff, accomodatevi.»
«Grazie, colonnello.»
«Capitano Smirnoff, ho intenzione di affidarvi una missione della massima segretezza ed importanza. Dovrete infiltrarvi tra le file nemiche e restare in attesa di ordini. Non mettetevi mai in contatto con noi, anzi noi non ci siamo mai visti. Saremo noi a farci vivi con voi al momento opportuno.»
«E se dovessero esserci, diciamo così… dei contrattempi, colonnello? Come devo regolarmi?» – chiede Olena, conoscendo in anticipo la risposta
«Capitano, leggo dal vostro curriculum che avete prestato servizio in Afghanistan e Cecenia. Regolatevi come avete sempre fatto: niet testimoni»
«E’ tutto, colonnello?» – chiede la spia.
«E’ tutto. Il mio attendente vi darà istruzioni più dettagliate, leggetele e distruggetele. Domani stesso sarete in Italia.»
«In Italia, colonnello? Ma non c’è guerra, in Italia» – chiede Olena sinceramente sorpresa.
«Non ancora capitano, non ancora.» – la congeda il colonnello.

 

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¹ Finché la barca va, lasciala andare, finché la barca va, tu non remare
² Ho scritto t’amo sulla sabbia, e il vento a poco a poco l’ha portato via con sé
³ Fuori dal letto nessuna pietà