E’ gradito l’abito scuro

Amiche e amici, ieri giornata piena. La mattina ho partecipato ad un raduno di cori parrocchiali, ovvero una messa nel duomo di Como dove hanno partecipato circa 40 cori da tutta la diocesi; il convegno si sarebbe dovuto svolgere nel 2020 ma a causa del Covid è stato rimandato fino ad oggi. Nel frattempo diversi cori e coristi si sono persi per strada; comunque eravamo un bel numero, io ne avevo stimati quattrocento ma l’articolo sul quotidiano locale stamattina parlava di 650; per una volta quindi ho fatto la parte della questura nelle manifestazioni.

La messa è stata officiata dal vescovo, neo cardinale; il mio contributo è stato ininfluente ma ad ogni modo mi ha dato l’occasione per rispolverare l’abito da cerimonia, un impeccabile nero a cui ho abbinato una cravatta di seta blu dipinta a mano con motivi floreali. Un figurone! Tra l’altro ho suscitato l’invidia della mia consorte perché erano quattro anni che non indossavo più il vestito e mi sta ancora a pennello, cosa che lei sostiene non le succeda con i suoi vestiti; si prepara quindi un periodo di vacche magre perché ha annunciato una nuova dieta, che ovviamente coinvolgerà tutta la famiglia. Comunque cantare con così tanta gente è sempre coinvolgente ed emozionante; i più affezionati ricorderanno le mie cronache dai convegni romani, quelli davvero oceanici (all’ultimo eravamo circa ottomila): e vi assicuro che cantare il credo in latino (Credo in unum Deum…) in ottomila non è per niente facile. Non è sicuro che tutti e ottomila, compreso il sottoscritto, capiscano quello che cantano, ma insomma una idea ce la hanno. Altre volte mi sono chiesto, partecipando a qualche messa all’estero e non capendo niente, se non fosse stato meglio lasciare almeno le preghiere in latino. Almeno saremmo stati ad armi pari: nessuno avrebbe capito niente!

Nel pomeriggio avevo la possibilità di partecipare alla visita guidata all’interno del Duomo, ma ho invece optato per una presenza che mi sembrava più importante: c’era infatti una manifestazione per la Pace, organizzata dal Coordinamento comasco per la pace che fa parte della rete Europe for Peace, di cui fanno parte numerose associazioni, tra cui Acli e Arci. Eravamo stati invitati a portare materassini da palestra e lenzuola bianche: l’idea era quella di stenderci tutti e fingerci morti, simulando le vittime di una guerra. Purtroppo pioveva; personalmente ho portato la stuoia da spiaggia perché il materassino da palestra non ce l’ho, mentre invece di lenzuola eravamo ben forniti perché una nostra amica lavora in una lavanderia industriale e di lenzuola ne hanno un sacco. Non c’è stato fortunatamente bisogno di stendersi ; solo tre si sono immolati, in rappresentanza dei presenti. Quando uno dei morti si è alzato per fare un interevento al microfono la cosa è stata anche divertente; sconfortante è stata invece la partecipazione, davvero bassa. Dato il numero di associazioni mi aspettavo che, se ognuna avesse portato almeno una ventina di persone, la piazza sarebbe stata piena; invece saremo stati al massimo una cinquantina, con pochissimi giovani. Mi è venuta in mente l’esortazione che il cardinale ci aveva rivolto al mattino: dovete essere attrattivi per i giovani, perché manca la loro presenza nelle assemblee. Visto che in chiesa non vengono mi aspettavo di trovarli tutti almeno a manifestare per la pace: ma dove diavolo sono finiti?

Una coppia che frequenta i balli popolari del martedì, una delle tante cose che faccio male ma senza sensi di colpa, anche loro presenti alla manifestazione, ci hanno dato una spiegazione che può essere condivisibile: sì, è vero che aderiscono tante associazioni, ma alla fine quelli che fanno parte di queste associazioni sono sempre gli stessi ed è come fare il gioco delle tre carte. Alla fine insomma ci si ritrova sempre tra gli stessi, e i giovani scappano. Potrebbe essere…

Comunque la manifestazione grande sarà quella a Roma del 5 novembre; mi sto organizzando naturalmente per esserci, speriamo di non essere bloccato da qualche sciopero, come ad ottobre.

Intanto il governo è fatto; fa un po’ impressione avere La Russa presidente del Senato e la Santanchè ministro, ci vorrà un po’ per abituarsi. Io ad ogni buon conto, come dicevo, l’abito scuro l’ho rispolverato, non si sa mai.

A noi (a presto)!

Mettete dei fiori nei vostri cannoni. Anche i carciofi vanno bene.

Semaforo rosso all’Imperatore!

Sabato scorso sono stato impegnato in una delle tante attività di cui farei volentieri a meno ma che intraprendo per troppa disponibilità e apertura d’animo; in questo caso si trattava di sostituire il portabandiera del nostro Borgo, costipato, nell’importante cerimonia che rievoca l’arrivo dell’Imperatore Federico Barbarossa a Como con tanto di Imperatrice, nel 1159. Si allestisce per questo un piccolo corteo che, partendo da Piazza Cavour, la grande piazza a lago sede in questi giorni della Fiera del Libro, sfilando fra bancarelle di dolciumi, salami e formaggi vari arriva fino alla suggestiva Piazza del Duomo; qui, una volta che Imperatrice, Imperatore e maggiorenti vari si sono sistemati davanti al Broletto,  viene declamato l’Editto di Roncaglia con il quale tra le altre cose l’Imperatore garantiva privilegi e guarentigie ai comaschi in ringraziamento dell’aiuto ricevuto contro gli odiati milanesi; i Capitani dei Borghi giurano fedeltà all’Imperatore, i trombettieri trombettano, i tamburini tamburano e gli sbandieratori sbandierano; quest’anno una simpatica coppia di saltimbanchi saltellava e sputava fuoco e, per non farci mancar niente, è stato condannato a morte un eretico Cataro. Mi aspettavo che l’Imperatore lo graziasse ma questi, un bancario ora in pensione, si è diplomaticamente  rimesso al giudizio di Santa Madre Chiesa nella persona del vescovo Ardizzone il quale, considerata la pertinace ostinazione dell’eretico nel rifiutare l’abiura, non ha potuto fare a meno di condannarlo al rogo. Se avesse aspettato una settimana sarebbe stato consegnato nelle mani amorevoli di mio cognato, il boia: perché in verità il Grande Corteo Storico si terrà la settimana prossima ,con la partecipazione di centinaia di figuranti, carri, cavalli, dame e cavalieri; io per fortuna ho ricevuto la dispensa imperiale e me ne terrò accuratamente alla larga. Per carità, non per snobismo o critica verso gli organizzatori: è che non sopporto più la gente. Problema mio, ma visto che non mi piacerebbe venire alle mani con qualche spettatore, dato che più passano gli anni più la maleducazione aumenta, preferisco astenermi. E poi alla mia età nel medioevo probabilmente sarei già morto: lasciamo quindi che la sfilata la facciano i vivi…

Un episodio buffo ha allietato l’arrivo del Barbarossa: una volta sbarcato dalle agili lucie, le barchette tipiche del Lario, il corteo è stato bloccato sul marciapiede dal semaforo rosso che consente l’attraversamento verso la piazza dove il popolo in calzamaglia lo attendeva festante. E che cavolo, mi sono detto, un Imperatore che deve aspettare il verde per passare non mi pare proprio una gran potenza, qualche suddito si sarebbe anche potuto sacrificare per bloccare il traffico! Ma l’Hoenstaufen, nella sua magnanimità, ha benedetto tutti lo stesso.

La serata si è conclusa, per i più affezionati, con una cena medievale che si è tenuta nella Chiesa sconsacrata di S.Francesco, di fianco al Tribunale: qui tutte le notti bivaccano, in mancanza di meglio, dei senza tetto; e proprio uno di questi ho visto lamentarsi con i poliziotti intervenuti per garantire la tranquillità dell’illustre consesso perché insomma, si era fatta una certa ora e lui era stanco di flauti tamburelli risate e brindisi. E che cacchio, ma che vadano a far casino un po’ più in là, ‘sti nobili!

La mia serata invece, più prosaicamente, si è conclusa al Bar Touring di Piazza Duomo, dove con famigliola e qualche amico ci siamo accontentati di una modesta apericena: modesta per modo di dire, perché per soli 12€ a testa abbiamo spazzolato il buffet (notevole) diverse volte, e con soddisfazione.

Lunga vita all’Imperatore!

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