Se qualcuno mi avesse detto, non dico tanto ma un paio di anni fa, che nel mio paese natale ovvero Pollenza, Macerata, Marche, Italy, la Lega Nord avrebbe preso più del 20% alle elezioni politiche per la Camera dei Deputati l’avrei preso per un buontempone, per non dire un pazzo.
E’ vero che la buonanima (politica) di Bossi tempo fa nel suo delirio secessionista ci aveva graziosamente incorporati in quella invenzione storico-geografica che era la Padania; storicamente peraltro non con tutti i torti, dato che i Piceni con i Celti avevano diversi punti in comune:
https://www.cronachemaceratesi.it/2016/07/04/egizi-piceni-e-celti-la-storia-perduta-delle-marche-e-scritta-nellabbazia-di-rambona/818390/
ma la generosa apertura del celodurista era stata per lo più relegata a boutade da avanspettacolo dagli operosi marchigiani, più vicini allo Stato della Chiesa che ai riti pagani del dio Po.
La Padania comunque era bella che morta e sepolta già dal 2012, quando scoppiò lo scandalo dei rimborsi elettorali che dalla Lega Nord erano finiti in diamanti in Tanzania e non solo; il partito moribondo alle elezioni del 2013 prese a livello nazionale poco più del 4%, e nel mio paese secondo logica raccolse 20 (venti!) voti di qualcuno che di duro aveva solo la testa.
Se si considera che alle successive elezioni del 2018 la Lega di Salvini ha poi preso 828 voti (+4040%!), drenandoli in gran parte a Forza Italia ed al Partito Democratico e, cosa ancora più allarmante, senza che la destra tradizionale abbia perso voti anzi; che la Lega è il secondo partito, perché il primo è il Movimento 5 Stelle, votato da ben 1.363 cittadini (più o meno stabile dal 2013), si può riflettere sul cambiamento direi proprio antropologico intervenuto in questi ultimi sventurati cinque anni.
Ma come mai, mi chiederete, questo preambolo?
Perché tra pochi giorni si terranno le elezioni amministrative: il paese negli ultimi dieci è stato amministrato abbastanza bene (almeno a parere dei miei conoscenti) da una lista civica di orientamento di centrosinistra; avendo però esaurito i due mandati il sindaco uscente non può ricandidarsi.
Mi sono sorpreso nello scoprire che, a capo di una delle due liste sfidanti quella uscente, c’è un mio coetaneo, compagno di elementari e medie, di pallone, di banda e col quale abbiamo fondato l’orchestrina: Antonello!
Figlio d’arte tra l’altro, perché il padre, maestro elementare, fu un giovane sindaco democristiano dei primi anni ’60; fu anche mio maestro, per un anno, l’anno che sostituì la moglie perché incinta del terzo figlio.
Sinceramente, non vivendo più da quelle parti da oltre trentacinque anni, non partecipo alle vicende politico-amministrative e le conosco solo per sentito dire; con Antonello quando va bene ci vediamo una volta all’anno, perciò non saprei nemmeno dire di che orientamento sia, figurarsi a che impronta voglia indirizzare il suo impegno. Non mi sembra abbia mai svolto attività politica e tantomeno abbia avuto incarichi in qualsivoglia partito: questo in altri tempi sarebbe stato un handicap, oggi sembra essere un punto essenziale del curriculum vitae del buon candidato.
Lo voterei comunque sulla fiducia, la (nostra) classe era buona e come si sa la classe non è acqua; se riuscisse poi a far togliere qualcuno dei pannelli fotovoltaici che deturpano le colline gliene sarei grato, anche se temo che esuli dalle competenze dei sindaci.
Che dire, allora? Daje Antonè, facce sognà!