Tre stelle per Olena – 36

«Mamma, sei sicura che sia una buona idea? A me sembra… ridicola!»
Anastasia Smirnova, Nastya per gli amici, vestita da crocerossina con un camice in verità più adatto ad una cena elegante¹ che ad un servizio infermieristico, spinge perplessa una sedia a rotelle dove è stato caricato, incosciente, Misha.
«Tu ne avevi una migliore?» ribatte Olena, che la segue guardinga. «Il tuo bello, qua, peserà una novantina di chili, che volevi fare, prenderlo in braccio? Spingi e non lamentarti»
«Potresti almeno aiutarmi. E che intenzioni hai con quel ferrovecchio?» la apostrofa la figlia, indicando la Tokarev TT-33 impugnata da Olena.
«Non è di questa che devi preoccuparti, il suo servizio l’ha sempre fatto bene e non immagini nemmeno quante volte… Tu piuttosto vedi di non fare scemenze, se incrociamo qualcuno metti in mostra le gambe»
«Scusa se te lo dico ma il tuo piano mi pare proprio balordo. Perché mai un soldato che è chiuso qua sotto da due mesi dovrebbe guardarmi le gambe? E’ assurdo!»
«Si vede che conosci poco gli uomini. A meno che non abbia qualche problema, e speriamo di no, è proprio perché è qua sotto da due mesi che ti guarderebbe le gambe, e lo farebbe anche se fossero molto meno belle di quelle che ti ho fatto io» constata Olena con compiacimento. «La natura è natura, stai tranquilla che una sbirciata gliela daranno. Giusto quel secondo che servirà a me…»
«Ma che vuoi fare?» chiede la figlia, preoccupata.
«Whatever it takes²» risponde Olena, applicando il silenziatore alla canna della pistola.
Come se avesse ascoltato il loro dialogo, attraversata una serie di corridoi un urside in divisa, con una inquietante barba rossiccia ed un ancor più inquietante stemma di croci uncinate al braccio, si para loro innanzi. Come Olena aveva previsto, lo stupore nel trovarsi davanti la bella infermiera gli rallenta i riflessi, e prima di poter alzare il mitragliatore che porta a tracolla si vede puntata alla testa la pistola della russa, che con un gesto lo dissuade dal tentare inutili eroismi.
«Tsk, tsk, tu piccolo sporcaccione» lo rimprovera Olena. «Si diventa ciechi a fare certe cose, non te l’ha detto la mamma?»
«Che cosa?» biascica l’uomo, confuso «Ma chi siete? E dove lo state portando?»
«Non sono affari che ti riguardano» lo zittisce Olena, prima di ordinare alla figlia:
«Disarmalo, legalo e imbavaglialo. Veloce»
«Non penserete mica di uscire di qua? E come? Le uscite sono tutte sorvegliate, non entra e non esce nemmeno uno spillo. Siete morte»
«Ascoltami bene» sibila Olena, fissandolo con occhi di ghiaccio. «Non ti sparerò in testa. Alla schiena, rimarrai paralizzato e morirai qua dentro mangiato dai topi. E’ questo che vuoi? Per me non c’è problema. Oppure puoi aiutarci, allora forse avrai una chance, se non ti ammazzano i tuoi. Decidi tu, ma fallo in fretta. Hai cinque secondi, quattro, tre…»

«James caro, pensi sia possibile bere qualcosa di fresco? Magari un chinotto, o una spuma. La rumba è divertente ma mette sete» afferma la Calva Tettuta, seduta a bordo pista, sventolandosi con un ampio ventaglio di pizzo nero regalo del compianto Evaristo.
«Naturalmente, signora. Gradirebbe magari un cubetto di ghiaccio, una fettina di limone?» suggerisce il fido maggiordomo.
«Perché no? Se riuscissi a rimediare anche un piatto di olive ascolane sarebbe perfetto. Ma guarda quei due che teneri» divaga Gilda, indicando una coppia impegnata in un animato cha cha cha. Sono contenta che Miguel e Paio Pignola si siano riappacificati, sono fatti l’uno per l’altra, o altro. Il costume di Miguel tra l’altro è particolarmente azzeccato, non trovi? »
«E’ decisamente, ehm, variopinto» concede James, rabbrividendo all’immagine del giardiniere in calzamaglia rossa attillata e giubbetto giallo e verde con maniche a sbuffo.
« Sai che ti dico James? El cumbachero³ mi ha risvegliato un certo appetito. E se ci facessimo una bella spaghettata aglio, olio e peperoncino?»
«Nessun problema, signora, vado a dare disposizioni in cucina. Per quante persone?»
Gilda si guarda intorno valutando i presenti con occhio clinico. «Facciamo un centinaio. Anzi, centocinquanta, che questi sono peggio delle cavallette» dice la padrona di casa. «A questo punto soprassediamo sul chinotto, vai di prosecco e bonarda dell’Oltrepò»
«Ottima scelta, signora» annuisce James, rinculando come suo solito prima di dirigersi all’uscita. Fatto qualche passo, la voce di Gilda lo richiama:
«James?»
«Signora?»
«Annuncia ai nostri la mobilitazione generale: domani con le buone o con le cattive buttiamo fuori tutti. Rintraccia Natascia, servirà l’artiglieria pesante»

«Era proprio necessario? Avevi promesso di non fargli del male» dice Nastya, con una punta di rimprovero nella voce, rivestendosi dopo aver superato il muro di cinta dell’acciaieria.
«Avevo promesso di non sparargli» puntualizza Olena, ripulendo il coltello dal sangue. «Stava tenendo bloccata la porta per far uscire i suoi amichetti, ho dovuto farlo. Gli è andata fin troppo bene, gli rimangono ancora otto dita, farà fatica a reggere le tazzine di tè, peccato, la regina non lo inviterà più ai ricevimenti. Me ne frego di quell’idiota, l’importante è che noi siamo uscite sane e salve ed abbiamo portato Misha con noi. Ah, Nastya, non devi raccontargli per forza come è andata. Adesso sbrighiamoci, si sta svegliando, dobbiamo allontanarci»
Infatti l’uomo, sofferente, ha aperto gli occhi e sta cercando di rendersi conto di dove si trova. Vede la sua compagna e un lieve sorriso gli stira le labbra.
«Nastya? Dove siamo, che è successo?»
«Sshh, non parlare, Misha. Non devi sforzarti» cerca di calmarlo la ragazza.
«Ma io non posso, devo tornare…» continua Misha tentando di alzarsi, prima di rendersi conto di una presenza conosciuta.
«Tua madre? Signora glielo dica anche lei, io devo…»
Olena gli si mette di fronte, cercando nei tratti dell’uomo che ha davanti quelli del bambino che giocava a cavalluccio con sua figlia, sorprendendosi a sorridere con affetto.
«Soldato Mikhail Olegoviĉ Petrakov, sei stato fatto prigioniero. Sei ferito e ti stiamo portando in ospedale. Poi avrai bisogno di convalescenza, molta convalescenza. Devi rimetterti in forze ed accudire la tua famiglia. La guerra è finita, game over»
«Ma io…» protesta flebilmente Misha, guardando Nastya che si massaggia la pancia.
«Ah, Misha, un’altra cosa» continua Olena, stavolta con voce autoritaria.
«Non azzardarti mai più a chiamarmi signora. Chiamami capitano, o mamma. Ci siamo capiti?»

Note:
¹ Ogni riferimento a cene eleganti svoltesi in casa di un anziano ex-premier è puramente casuale.
² Tutto quello che è necessario. Questa l’ho rubata all’attuale premier, di poco meno anziano di quello delle cene eleganti ma molto meno divertente.
³ Famosa rumba cubana.