Ieri mia madre, chiacchierando del più e del meno durante la telefonata domenicale, parlando dei fiori del mio balcone mi ha chiesto se non stessi curando il mio “orticello di guerra” e poi ha intonato una canzoncina chiedendomi se me la ricordassi. Considerando che la canzone è del ’41 non vedo come avrei potuto ricordarla, ma lei insiste che la cantavo da piccolo e quindi può darsi che qualcuno me l’abbia insegnata (secondo me si confonde un po’: nel ’41 aveva sei anni e mio nonno era in guerra, dunque senz’altro l’avrà cantata lei…).
In sottofondo ho sentito agitarsi allarmato mio padre al quale la canzoncina deve aver risvegliato ricordi non proprio piacevoli. Veramente non so se al mio paese gli orti di guerra ci fossero, dato che intorno era tutta campagna: loro quando avevano fame (sempre) cercavano di andare a rubare qualcosa ai contadini…
L’ho comunque cercata e la riporto, si intitolava “Caro papà” :
Caro Papà
ti scrivo e la mia mano
quasi mi trema, lo comprendi tu.
Son tanti giorni che mi sei lontano
e dove vivi non lo dici più.
Le lacrime che bagnano il mio viso
son lacrime di orgoglio, credi a me.
Ti vedo che dischiudi un bel sorriso,
e il tuo Balilla stringi in braccio a te.
Anch’io combatto, anch’io fo la mia guerra,
con fede con onore e disciplina
desidero che frutti la mia terra
e curo l’orticello ogni mattina,
l’orticello di guerra
e prego Dio
che vegli su di te babbuccio mio.
Caro Papà,
da ogni tua parola
sprigiona un “Credo” che non si scorda più
fiamma d’amore di patria che consola
come ad amarla mi insegnasti tu.
Così da te le cose ch’ho imparato
le tengo chiuse, strette nel mio cuor
ed oggi come te sono un soldato
credo il tuo Credo con lo stesso amor.
Anch’io combatto, anch’io fo la mia guerra,
con fede con onore e disciplina
desidero che frutti la mia terra
e curo l’orticello ogni mattina,
l’orticello di guerra
e prego Dio
che vegli su di te babbuccio mio
che vi devo dire, può darsi che l’abbia cantata veramente, perché ancora mi commuove…
Ogni epoca ha i suoi furori, le sue retoriche, le sue piazze piene, i suoi idoli e le sue… cazzate.
Nota: preso dai ricordi, ometti… eddaccapo!… l’unica cosa seria che mi aspetto da te, che tu sai bene quale, riuscirò mai a perdonartelo?
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Hai ragione, sto perdendo colpi! Eppure avevo visto una copertina del disco che era molto rappresentativa, e poi mi sono dimenticato di metterla!
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Che bella questa canzone e questi ricordi imprecisi.
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Dopo aver scitto questo post, mi sono fatto aiutare a ricordare da un vecchio alpino, classe ’32… se la ricordava tutta a memoria! E si commuoveva ancora. Ne sa tantissime, ogni tanto proverò a carpirgliene qualcuna.
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Non la conosco, ma anche senza la musica la trovo commovente.
Io nel cassetto dei ricordi ci tengo invece Faccetta nera.
Come la cantava mio papà, nemmeno Beniamino Gigli! (Che poi, io preferisco la versione di Buti).
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In casa mia, per ragioni politiche come capirai, Faccetta nera era vietata…
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Intuisco 😉
Nella mia famiglia non ci sono mai state prese di posizione particolarmente forti (e non intendo che non se ne parlasse o non si avessero convinzioni: ma mio padre è sempre stato un grande mediatore, e più riflessivo che passionale, mentre mia madre proprio non ci capiva nulla perciò… 😀 )
Del resto, anche se oggi la sopporto poco causa abuso e antipatia per come viene brandita, ho sempre avuto altrettanto cara la versione degli Modena City Ramblers di Bella ciao. Galoppante 🙂
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Una mattina mi son svegliato ed ho trovato l’invasor… fa sempre un certo effetto…
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