minibottle

Qualche anno fa, d’estate, con la famiglia facemmo un salto in Olanda, passando prima da Colonia e da Bruxelles. A Rotterdam, appena arrivati, ci recammo in un ufficio turistico vicino alla stazione ferroviaria con l’intenzione di prenotare i biglietti per il traghetto che portava a Kinderdijk, dove c’è il complesso degli storici mulini a vento, ben diciannove, patrimonio dell’umanità.
Sfoggiando il mio migliore inglese, chiesi al perplesso impiegato: “Excuse me, may I buy the ticket for the bottle¹?”
Mio figlio intanto dietro sghignazzava, e questo avrebbe dovuto insospettirmi. Ma io, non cogliendo i segnali, insistetti: “The battle! The battle to Kinderkijk!” meravigliandomi di quanto poco gli olandesi conoscessero l’inglese.

Una scena analoga si era già verificata a Londra, quando in un Mc Donald’s mi ostinavo a chiedere una birra, ed il ragazzo dei panini mi guardava con gli occhi sgranati: a beer, a biir, a biar, ecomecazzosidicebirra, a’ birra! Vaffanculo, una coca cola! (il fatto è che in Inghilterra da quanto ho poi capito la birra nei Mc Donald’s non la vendono: hai voglia a sfiatarmi). Il tutto ovviamente con mio figlio sempre sghignazzante, e mia moglie che scuoteva la testa.

Ma tornando a Rotterdam, ad un certo punto l’impiegato mosso a compassione mi mise davanti i biglietti per i mulini, dicendo “I presume the boat to Kinderdijk, sir?” e fu solo l’abbronzatura a nascondere parte del rossore che mi imporporò il volto mentre la mia autostima scendeva pericolosamente di livello.
Alla fine comunque tutto è bene quel che finisce bene, prendemmo quel battello e ci toccò sorbirci anche uno spettacolino folcloristico dove due attori recitavano la storia dell’Olanda in olandese: non mi azzardai a chiedere niente, limitandomi di quando in quando ad annuire gravemente.

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Quest’episodio mi è venuto in mente in questi giorni, in cui si fa un gran parlare di minibot, ma io credo si tratti solo di un grosso equivoco: non volevano dire minibot ma minibottle, minibottle!

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Questa foto non c’entra niente con il post ma anche l’occhio vuole la sua parte

¹ Mi vergogno un po’ a mettere questa nota: bottle=bottiglia – battle=battaglia – boat=barca

35 pensieri su “minibottle

  1. Incominciamo col dire che l’occhio è tutto e che il fatto che tu ne tenga conto ti va a grande onore. Compensa ampiamente le altre situazioni di cui dai conto.
    Il punto, piuttosto, verte sui mini-bot. Non ho capito cosa ci guadagnano i proponenti e pseudo-economisti al seguito a polverizzare salari, pensioni e risparmi di un’intera nazione, guadagnano in potere? Ma l’hanno già. A meno che non si pensi di dominare meglio un Paese di straccioni-affamati.
    Non capisco la mossa, forse qualcuno me la spiegherà quando sarò più maturo e grande.

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    • Premetto che non mi sono applicato molto a studiare questa “proposta” (peraltro votata dalla Camera all’unanimità, dove qualcuno ha fatto il furbo e qualcuno non ha capito di che si parlava _ questo la dice lunga su chi ci rappresenta _. Quindi dovrò dedicarci mio malgrado un post serio? Di primo acchitto l’idea di pagare i debiti dei fornitori (questo mi sembrava) con dei simil titoli di Stato non mi sembrava così male: si sposta solo il debito (non capisco perché Draghi dica che si fa più debito: in teoria sarebbe lo stesso) però non ho capito neanche che ci farebbero le imprese con questi minibot. Potrebbero forse metterli in banca facendoseli convertire dalle banche (con tutti i soldi che si sono prese potrebbero pure farlo, no?) potrebbero usarli per i pagamenti di tasse, iva etc.. ? in questo caso in pratica il credito verso lo stato verrebbe trasformato in credito d’imposta. Poiché la proposta e’ leghista c’è il sospetto-certezza che si cerchi di aggirare l’euro, introducendo una moneta fittizia, ma anche qui devo pensarci laicamente: sarebbe davvero una disgrazia? Nel frattempo devo avere ancora da parte qualche bottiglietta di cordiale dei tempi del militare, sarà ancora buona? un’ultima cosa, mentre cercavo la foto finale mi sono imbattuto in una ex miss universo morta di attacco di cuore a 20 anni… queste si che sono disgrazie.

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  2. Che il debitore sia lo Stato o un privato non vedo differenza: o sono onesti o non lo sono. Ergo, da un mio debitore – privato, pubblico o altro che sia e se onesto – mi aspetto oltre a un grazie per avere atteso e pazientato – che mi dia il pattuito e cioè dei bei suonanti solidi euro, solidi perchè ancorati a un’Europa, a un’economia che va oltre a quella asfittica nazionale come altrettanto il dollaro che è solido e buono perchè ancorato a un’economia del peso USA. Dal mio debitore non mi aspetto pezzi di carta colorati e stampati a suo uso e piacere.
    Tutto il resto sono alchimie, bizantinismi, mi tornano in mente gli imbonitori del gioco delle tre tavolette.

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    • Su questo non ci piove, però i pagamenti in ritardo sono cronici, non li hanno inventati i gialloverdi… e a parole hanno promesso tutti di eliminare i ritardi, ma nei fatti si va alle calende greche.. il problema c’è, e forse qualche strumento in più sarebbe utile. Certo, alle imprese devono andare soldi veri, non fuffa… quei soldi che adesso vanno a chiedere alle banche portando le fatture allo sconto e pagando fior di interessi, col rischio però di non vedersi rinnovare gli anticipi se i pagamenti ritardano ancora.

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      • Sì, il problema c’è eccome, ed è vero che non l’hanno inventato i giallo-verdi che anzi più allineati di così a una salda tradizione o meglio consuetudine! Infatti l problema è ahimè a monte, ed è di costume e di mentalità nazionali. Anni fa, lessi che le aziende giapponesi operanti con l’Italia iniziavano i pagamenti mesi prima per arrivare a saldare puntuali alla scadenza. C’era la lira allora.
        Gli spot pubblicitari è regola pagare un terzo a inizio, un terzo a metà, un terzo alla consegna. Il cliente (italiano) paga il primo terzo alla consegna. Quando venne la moda-snob di girare gli spot a Londra col regista trendy del momento, i bravi britannici esigevano la regola e i nostri zelanti committenti scucivano eccome e senza batter ciglio. E allora?
        A me a lavoro finito e consegnato chiedevano il preventivo. SIC!!! Poi a portare a casa i soldi dovevi sollecitare, risollecitare ed essere sempre molto ma molto gentile e garbato, per non offendere i nobili signori. Non saldavano il debito, elargivano!
        Questo se il committente è onesto! Perchè so di casi in cui dopo mesi di solleciti il committente chiede pretestuosamente di ridiscutere la cifra. (Ho in mente il caso di un noto fotografo che aveva lavorato per un noto cantante e gran moralista il quale aveva pure il coraggio di andare a concionare come un santone in TV!).
        Si sa d’altronde come funzionano i processi di recupero con la Giustizia, e così scatta il: Pochi, sporchi e maledetti ma subito.

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