Scusate l’interruzione (sono stato preso da un’onda arancione)

Capita, ed a volte spesso, di non riuscire a mantenere gli impegni presi. Contro la proprio volontà, perlopiù; o per cosciente indolenza. Avrei dovuto illuminare i fratelli minori sul come riconoscere quei segnali che possono fare di loro, se non vigilanti, delle vittime dei loro fratelloni; senonché, e spero che nel frattempo qualcuno non sia caduto in qualche fraterno tranello, ho avuto altro da fare. Volendo incidere un’altra tacca tra le tante cose che so fare male, e non essendo momentaneamente disponibile uno stage di ballo tip tap, ho colto questa opportunità che già due anni fa mi aveva fatto lippi-lappi. Insomma, mi sono iscritto ad un workshop di canto Gospel e sono stato un po’ impegnato. Non so a voi, a me quando si parla di canto Gospel vengono immediatamente alla mente quelle chiese americane, ripiene di gente colorata con delle voci da far paura che vestita di tuniche variopinte si  dimena, nonostante la mole,  con leggerezza prodigiosa.

Innanzitutto spero che tutti sappiano cos’è un workshop. In italiano sarebbe un laboratorio, cosa che richiama immediatamente alla mente martelli e lime a me forse più adatti che non gorgheggi  e trilli; ma workshop fa tutto un altro effetto.

Ci siamo dunque ritrovati in poco meno di duecento in un teatro per due giorni e mezzo straordinari. Non pensiate che avessi chissà quali obiettivi. Che sia un cantante diciamo medio(cre) lo sapete; che il mio inglese traballi, pure; e che nel mio animo rimanga sempre una qual certa riserva verso la religione (quell’oppio dei popoli caro all’amico _ compagno si può ancora dire? _Vladimir Ilyich Ulyanov in arte Lenin) credo l’abbiate intuito, specialmente quando vira verso il fanatismo.  Certo detto da uno che canta in un coro parrocchiale può sorprendere ma l’uomo è fatto di contraddizioni e poi insomma, non si sa cosa si troverà di là, come disse l’imperatore Costantino facendosi battezzare in punto di morte, ma se qualcosa c’è io mi porto avanti.

Quindi un workshop di Gospel non poteva che farmi bene.

Innanzitutto ho avuto la conferma statistica che il rapporto uomo-donna in cori che non siano alpini è di uno a cinque. Sembra che gli uomini ritengano disdicevole dedicarsi al canto; se qualcuno fosse preoccupato per la propria virilità lo rassicuro, non è più di moda castrare per poter fare le vocine da soprano; e comunque l’operazione andava fatta in tenera età. Meglio così, piatto ricco mi ci ficco potrebbe dire qualcuno non attratto esclusivamente dalle performance vocali.

Quindi dicevo eravamo lì, un bel gruppone di impiegati, operai, casalinghe, studenti e qualche pensionato, quando sono arrivati questi due mostri sacri. Anzi gli altri due, perché il primo era il maestro del coro Gospel Always Positive Carlo Rinaldi (sempre sia lodato) che è l’anima di questo evento. Ho già detto che un atteggiamento fiducioso e ottimistico predispone ad ottenere buoni risultati, ed è uno stile di vita al quale di norma cerco di attenermi. Ecco, c’è da dire che questo atteggiamento interiore al maestro Rinaldi non manca di certo: quando ci ha comunicato che il giorno dopo avremmo cantato all’Expo di Milano, sul sagrato del Padiglione della Veneranda Fabbrica del Duomo proprio sotto alla riproduzione della Madunina, perfino a me questo ottimismo è sembrato un pelino eccessivo.

A dire la verità, una decina di giorni prima avevamo ricevuto un elenco dei pezzi che avremmo fatto, ed i relativi link youtube: peccato non aver fatto una foto della mia faccia la prima volta che li ho sentiti. Nei giorni seguenti ho stimolato i sorrisetti di compatimento di mia moglie, che scuotendo la testa si chiedeva tra se e se, ma a voce non troppo bassa, dove volessi andare con la mia vocetta a cantare Gospel; grazie a questi suoi amorevoli incoraggiamenti  avevo quasi imparato tutti i pezzi, se non altro abbastanza da non sbagliare labiale in caso di playback.

Esistono in giro molti grandi artisti che non amereste avere come coinquilini. I nostri due, Chris Mazen e Chantéa Kirkwood, avremmo voluto adottarli a turno: in questo modo però gli avremmo impedito di donar gioia anche agli altri e così, anche se a malincuore, alla fine li abbiamo dovuti lasciar andare.

Abbiamo iniziato a cantare alle 19:30 di venerdì, e con brevi interruzioni siamo andati avanti fino alle 23 di domenica: il mio stato d’animo è passato dal: a) o cacchio, quando ci hanno detto che metà dei canti imparati non li avremmo fatti, ma in compenso ne avremmo fatti  altrettanti sconosciuti ; b) mannaggia ai Genesis (ricorderete le mie lezioni di inglese!), quando dopo due ore capivo appena tre o quattro parole di un discorso, e scopiazzavo senza vergogna gli appunti del vicino; c) cavolo mi sono messo a fare con i tenori che non ci arrivo… va bè, meglio qua che i bassi sono troppo bassi; d) no per favore i testi lasciateceli leggere, io non mi ricordo dal naso alla bocca;  e) pensa te, vogliamo fare gospel e manco le mani a tempo battiamo! f) verso le 23 di venerdì, ormai in crisi mistica: si… può… fare!

E si è fatta. Dovessi dire come ci siamo riusciti non saprei; abbiamo cantato anche un canto in lingua Zulu, con una coreografia improbabile. Duecento persone che cantano, bisogna riconoscerlo, fanno un certo effetto anche se non sono dei Bocelli; e cantare con alle spalle la Madunina ci ha dato una spinta particolare.

Apro una piccola parentesi sull’Expo. Io sono fortunato, abito vicino e ci sono già stato un paio di volte. A me piace. Come quelle cose belle che non sai bene a cosa servono: ma belle. Fatte bene, organizzate, vive. Non sembra nemmeno di stare in Italia, nemmeno le code sono italiane. Nutrire il pianeta è un po’ un optional, a quel che ho visto; ma di bellezza del mondo se ne vede tanta. E non è nemmeno tanto caro per mangiare come dicono.

Insomma, abbiamo cantato un’ora e mezza; disturbati dagli occupanti il padiglione del Gambia che forse innervositi dal canto zulu hanno pensato che volessimo dichiarare guerra, ed hanno messo gli amplificatori a manetta.

Poi di corsa allo spettacolo dell’Albero della vita! Una fiumana di gente ed un’onda arancione che cercava di farsi largo! E si, perché avevamo delle belle magliette arancioni, una macchia di colore che spiccava in mezzo alla folla.

Pensavo quindi di aver toccato la vetta della mia carriera canora, quando invece domenica l’abbiamo dedicata a preparare i pezzi per la messa in Duomo; mica gli stessi, se no sarebbe stato troppo facile. Menzione speciale alla polenta e brasato preparata da dei valentissimi cuochi valtellinesi; gli avevano detto che c’era da cucinare per un coro, e da quelle parti i cori mangiano leggero.

Domenica sera in Duomo c’erano, così riportano i giornali, duemila persone, e senza gambiani intemperanti. Qualche titolo, solo per rendervi conto dell’emozione che potevamo avere, e che credo abbiamo trasmesso: Holy Spirit, Halleluja salvation and glory, Total Praise, Come let us worship the Lord, Holy Lord, You Can no stop no more… Certo, eravamo in duecento, se anche non ci fossi stato non se ne sarebbe accorto nessuno, e forse non se ne è accorto nessuno anche se ci sono stato. Ma c’ero! Ed è meglio che lo scriva, altrimenti fra un po’ finirà che non ci crederò nemmeno io…

(59. continua)

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19 pensieri su “Scusate l’interruzione (sono stato preso da un’onda arancione)

  1. Bellissimo! Il pezzo, naturalmente (anche se a leggere “amico Lenin” ho strabuzzato gli occhi, ma credo ti perdonerò 🙂 ), e poi l’esperienza in sè, tutta la gioia che, ti garantisco, esce perfino dallo schermo, non vorrei esagerare ma mi è sembrata addirittura felicità… Bellissimo!
    La gioia è fatta per le persone che la riconoscono, come te. 🙂

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  2. Ciao Ivano, sono contento di essere riuscito a trasmettere un po’ dell’emozione e della gioia, si, che ho provato! Ogni volta che faccio qualcosa penso sempre in effetti a quanto sia fortunato nel poterla fare, quando altri per mille motivi non possono. In genere vado in giro con un sorriso in faccia, a rischio di esser preso per scemo. Durante il workshop una signora ha detto: per me, la gioia e’ una scelta. Certo, facile quando le cose vanno bene, un po’ meno quando ci sono dei problemi… ma a questo serbe il Gospel, che a questo punto Lenin o no consiglio a tutti! Have a nice day and smile! Ciao Ivano alla prossima! (hai messo su qualche pezzo che mi mancano i tuoi Babà? Adesso guardo…riciao)

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  3. Caspita! Ma mi spieghi come hai fatto in soli due giorni a imparare canzoni gospel e persino un canto zulu? Io canto ( in un gruppo hard rock-metal) e in una sola settimana non riesco nemmeno a memorizzare un testo. Dammi un consiglio almeno perchè mi è venuta la crisi appena ho letto!
    Anche se ti avessero dato gli spartiti ( cosa che di solito si fa, lo so visto che ho anche cantato in un coro polifonico) avresti dovuto sempre conoscere le melodie bene per rispettare le pause e tutto. Quindi cos’è questa storia? Come hai fatto? Mi sto scorticando le mani adesso! 🙂

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    • Ah, ah, innanzitutto devi tener conto della potenza intrinseca del Gospel… 🙂
      no, niente spartiti perché comunque tanta gente non avrebbe saputo che farsene; una decina di giorni prima come ho detto ci avevano mandato i testi e i link youtube, per non arrivare del tutto impreparati. Una parte del coro ospitante, il GAP Always Positive di Como, aveva fatto una prova al mercoledì con i due mostri di cui parlavo, Chantéa Kirkwood e Chris Mazen (se ti va prova ad ascoltare Holy Spirit; se ti interessa posso darti i link dei canti..); non avevano provato tutte le canzoni e solo per poche ore, ma gli era bastato per orecchiarle e guidare gli altri. Per il resto, che dire… non lo so! Io canto in un coretto, parrocchiale per altro e polifonico quando ci sono abbastanza coristi, cioè poche volte, e ci mettiamo settimane e mesi per provare canti di chiesa, pensa te! Ci hanno diviso per voci, soprani contralti tenori e bassi; ci facevano sentire qualche volta la nostra voce, e poi via insieme. Nel Gospel il coro ha spesso la parte di sostegno, ripete spesso le stesse frasi, dialoga con il o i solisti… io non avevo esperienza in merito, ma tanti dei partecipanti erano appassionati se non membri di altri cori. Non so com’era, ma partiva Chantéa a cantare ed era impossibile non starle dietro. E’ stato molto emozionante… il canto zulu poi… ah, ah… poi avevamo anche l’adrenalina del dover “esibirci”, se fosse stato solo tra di noi in teatro forse saremmo stati meno caricati. Io dico la verità, ho scoperto un mondo del tutto nuovo, non sapevo nemmeno che in Italia ci fossero così tanti appassionati di Gospel… ed anche come canti, come artisti, non ne sapevo niente. Ma c’è gente eccezionale! Delle voci incredibili. Io ora ritornerò al mio coretto… con un pò di rimpianto.

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